Testamento biologico
una X per la libera scelta
di Francesco Costa *
Una X da disegnare, da indossare, da esporre sul balcone o sui vetri della propria auto. Una X che vuol dire libertà: la libertà di scegliere. Parliamo infatti della X che fa da logo a FammiScegliere, un’iniziativa che chiede che si faccia una buona legge sul testamento biologico. «Vogliamo una legge - recita il manifesto-appello della campagna - che lasci piena libertà di scelta alla persona per quanto riguarda la fine della propria vita. Diciamo "fammi scegliere" perché ciascuno possa decidere liberamente quali trattamenti vuole che gli vengano somministrati e quali no, in caso si trovi in stato d’incoscienza». La campagna è stata ideata e promossa da un gruppo di ragazzi tra i venticinque e i trentacinque anni e non ha alcun preciso segno di appartenenza partitica: «Ci rivolgiamo direttamente a tutte le persone che credono nella libertà dell’individuo e nella sua capacità di scelta. Mettiamo al centro l’esperienza personale, senza nessun altro riferimento ideologico». Dopo solo pochissimi giorni dal lancio della campagna, questo approccio aperto e laico sembra funzionare: già sfondato il muro delle mille adesioni sul sito www.fammiscegliere.com, l’iniziativa si sta facendo largo anche su Facebook, dove ha raggiunto un seguito di quasi quattromila persone. Tutti uniti nel chiedere una buona legge sul testamento biologico e tutti a disposizione per dare una mano alla causa. Come?
Virale
Vi ricorderete sicuramente delle bandiere della pace che durante il 2003 e il 2004 spuntavano fuori da ogni balcone, così come è facile che abbiate memoria di quando nell’autunno del 2007 il Free Burma Day invitò tutti a indossare un capo d’abbigliamento di colore rosso, come simbolo di solidarietà verso il popolo birmano oppresso dalla dittatura. Piccoli gesti che possono dare segnali importanti, per la forza cui indicano un desiderio, una sensibilità e una posizione precisa: uno schierarsi limpido e propositivo. I ragazzi e gli aderenti a FammiScegliere vogliono replicare il successo di quelle campagne virali e propongono che la X che fa da logo alla campagna venga replicata dappertutto: venga affissa sui muri degli uffici, utilizzata come sfondo del desktop in ufficio, disegnata su un lenzuolo appeso alla finestra, indossata come spilla sul bavero del cappotto, appiccicata al parabrezza della propria auto, eccetera. Si legge nel manifesto-appello, infatti, che «l’adesione alla campagna si concretizza nell’esposizione di un semplice simbolo: una X che rappresenta la scelta, con due linee di diverso colore che si incrociano, perché ognuno è libero di prendere la strada che preferisce».
L’iter della legge
Il tempo non è molto. Il governo punta sul ddl Calabrò, che di fatto annulla ogni possibilità di decidere della propria vita in condizioni di incoscienza: rende il testamento biologico un atto estremamente tortuoso da redigere e per nulla vincolante le decisioni dei medici, che comunque non potrebbero in nessun caso procurare la morte del paziente, nemmeno se questo era il dettato del suo testamento biologico. Martedì si concluderà la discussione generale in commissione, venerdì scade il termine per presentare gli emendamenti; poi, nel giro di due o tre settimane, il disegno di legge arriverà in aula. I promotori della campagna FammiScegliere pensano che una grande mobilitazione popolare sia possibile e possa essere determinante: «Siamo convinti che la maggioranza degli italiani pensi che le persone siano in grado di decidere da sole quando si tratta della propria vita e che non vogliano delegare questa scelta a nessun altro. E allora facciamola vedere questa Italia diversa da quella che viene rappresentata in tv e in parlamento: un’Italia più libera e più umana». Già: facciamola vedere, quest’Italia. L’indirizzo lo conoscete, la parola d’ordine pure: X.
* l’Unità, 15 febbraio 2009
ATTENTATO ALLA COSTITUZIONE? GIA’ FATTO!!! Un appello al Presidente Napolitano
Il nostro appello di libertà
di Furio Colombo (l’Unità, 18 febbraio 2009)
Può darsi che vi siano scetticismi e anche dichiarazioni di non gradimento per l’appello che molti di noi stanno lanciando (Umberto Eco, Stefano Rodotà, Gianrico Carofiglio, Margherita Hack, Paolo Flores, Francesco Pardi, Gad Lerner, Lorenza Carlassare, Barbara Spinelli, Andrea Camilleri e io): sabato prossimo a Piazza Farnese.
Non ci saranno vessilli partitici né interventi satirici. Sarà un forte grido di allarme per l’allargarsi della "cosa" berlusconiana nel disciplinato quasi silenzio di tutto ciò che dovrebbe essere opposizione.
Un confuso scambio di battute, feroci da destra, educate e, a volte, anche accomodanti dall’opposizione ci fa assistere al rimbalzare di proposte indecenti. Una sorta di ipnosi inspiegabile blocca, adesso e fra poco, il Partito Democratico sulla legge del testamento biologico. Ci dicono che possiamo liberamente decidere tutto ma poi dobbiamo depositare questo tutto nelle mani della Chiesa che appone i sigilli del presunto dogma e vanifica ogni espressione di autonoma volontà. Siamo tutti dichiarati credenti per obbligo.
Invano il Capo dello Stato, usando il più cauto ma anche un chiaro linguaggio, ha detto di desiderare "una legge equilibrata". "Equilibrata" non vuol dire una legge anfibia, un po’ laica e un po’ cattolica. "Equilibrata" è una parola mite che vuol dire "senza divieti autoritari" che automaticamente spingono via gli equilibri. Non a caso molti telegiornali e giornali radio hanno sostituito la parola "equilibrata" con la parola "condivisa". "Condividere" qui significa rinunciare. Perché la prescrizione cattolica vuole il diritto di svuotare ogni volontà di sottrarsi all’accanimento terapeutico attraverso l’obbligo (l’obbligo) della nutrizione col sondino, che non è nutrizione ma prescrizione medica di vita artificiale.
Mentre lo schieramento conservatore-lefevriano di maggioranza e di opposizione impone e stringe le regole ammonendo che chi si ribella spacca il proprio partito (nel caso, solo il Partito Democratico, perché quello detto Popolo delle Libertà, salvo poche onorevoli eccezioni, è il braccio secolare della volontà vaticana) e annuncia che Eluana Englaro sarà la prima e l’ultima persona italiana ad andarsene libera (sia pure dopo diciassette anni di obbligo alla vita artificiale forzata), vengono avanti nuove leggi, decreti, editti, annunci, dichiarazioni di intenzioni che negano o violano o cambiano materialmente la Costituzione.
I vigilantes, (ovvero le ronde) considerate onta e vergogna inaccettabile in ogni Paese democratico, entrano, escono e ritornano varie volte nello stesso giorno, nei progetti di decreti anti-violenza e anti-stupro, accolti da qualche cedimento di una opposizione sproporzionatamente mite e sottovoce. La discussione in corso sulla legge anti-intercettazioni, che non esiste nel mondo libero, si arricchisce ad ogni seduta della Commissione Giustizia, di nuovi emendamenti, come la condanna alla prigione dei giornalisti che divulgano notizie disponibili e legali. Il modello liberticida del dispotismo alla Putin si fa strada giorno dopo giorno, voto dopo voto, mentre la soglia di resistenza o rigetto dell’opposizione è troppo bassa o inesistente. L’idea stessa di ridisegnare l’intero modo di governare attraverso decreti legge immediatamente esecutivi, svuota il potere legislativo proprio mentre più intenso e più vicino al successo finale è il piano per eludere o far tacere la Magistratura.
L’introduzione del reato di clandestinità garantisce una persecuzione permanente contro chi riesce a sbarcare in Italia mentre tutte le vie legali sono precluse.
L’aggressione alla Costituzione è ormai continua e quotidiana. L’appello di Piazza Farnese vuol dire che gli italiani chiusi fuori dalla violenza di governo e dal disorientamento dell’opposizione politica, sanno con chiarezza e allarme di vivere in un Paese pericoloso per le libertà fondamentali, e ritengono che la Costituzione in tutte le sue parti vada difesa con la stessa determinazione con cui viene attaccata.
È ciò che diranno e faranno i cittadini in Piazza Farnese, a Roma, sabato 21 febbraio, alle ore 15. Intendono porre fine al lungo inverno della Costituzione.
La legge del governo sul fine vita viola i diritti umani
No alla legge-tortura, sì al testamento biologico
Tutti a Piazza Navona sabato 21 febbraio ore 15.
Aderisci alla manifestazione
I professori di diritto civile contestano punto per punto le aberrazioni della proposta di legge governativa.
1. Nelle ultime concitate settimane si sono verificate attorno al caso Englaro forzature istituzionali molto preoccupanti in sé e per sé, ma assolutamente inaccettabili quando si controverte di valori fondamentali della persona come il significato del diritto alla vita, la dignità dell’uomo, l’habeas corpus, il diritto all’autodeterminazione: temi che per rispetto delle radici stesse della convivenza civile in una società pluralistica richiedono di essere affrontati, in sede normativa, sulla base di approfondite e documentate conoscenze, di mediazione ed ascolto delle diverse posizioni etiche, e con procedure adatte a consentire la discussione, il confronto, la ricerca di un attento bilanciamento.
2. Ora il Parlamento sta per approvare in tempi stretti una legge in materia di direttive anticipate (c.d. testamento biologico). A quanto è dato di conoscere, la maggioranza pare intenzionata ad una discussione rapida di un testo fortemente limitativo del fondamentale diritto all’intangibilità del corpo. Verso questo obiettivo si procede a passi spediti, senza tener conto dei principi costituzionali di diritto interno e sovranazionale ed ignorando l’esigenza di rispetto di posizioni morali diverse.
3. Sembra quindi necessario richiamare alcuni capisaldi giuridici in materia:
a) La Convenzione di Oviedo, che l’Italia ha sottoscritto e di cui è stata approvata la legge di ratifica, dispone all’art 5, che “Un intervento nel campo della salute non può essere effettuato se non dopo che la persona interessata abbia dato consenso libero e informato. Questa persona riceve innanzitutto una informazione adeguata sullo scopo e sulla natura dell’intervento e sulle sue conseguenze e i suoi rischi. La persona interessata può, in qualsiasi momento, liberamente ritirare il proprio consenso”. La previsione non riguarda solo le terapie in senso stretto, ma ogni “intervento nel campo della salute”, espressione più ampia che può corrispondere a quella di “atto medico”, vale a dire qualsiasi atto che, anche a fine non terapeutico, determini un’invasione della sfera corporea.
All’art 9 si prevede che “I desideri precedentemente espressi a proposito di un intervento medico da parte di un paziente che, al momento dell’intervento, non è in grado di esprimere la sua volontà saranno tenuti in considerazione”, ove se da un lato non si qualificano i “desideri” come vincolanti, dall’altro è evidente che il rispetto va dato non soltanto alle “dichiarazioni di volontà” (men che meno alle sole dichiarazioni solenni come l’atto pubblico) ma ad ogni espressione di preferenze comunque manifestata.
b) La Carta dei diritti fondamentali dell’Unione Europea protegge il diritto alla vita (art.2) e il diritto all’integrità della persona (art.3) nel titolo dedicato alla Dignità, che è anche il primo, fondamentale diritto della persona (art.1). All’integrità della persona, in ragione della dignità, è consustanziale il principio di autodeterminazione stabilito nel secondo comma dell’art. 2, secondo il quale “Nell’ambito della medicina e della biologia devono essere in particolare rispettati: il consenso libero e informato della persona interessata, secondo le modalità definite dalla legge, ecc.” Ancora una volta il principio non è limitato ai trattamenti terapeutici, ma riguarda la libera determinazione nel campo medico-biologico.
c) La Costituzione italiana, che tutela l’autodeterminazione all’art. 13, configura all’art. 32 il principio del consenso come elemento coessenziale al diritto alla salute, e prevede che anche nei casi in cui il legislatore si avvalga del potere di imporre un trattamento sanitario, “in nessun caso possa violare i limiti imposti dal rispetto della persona umana”. Tale dignità non può essere intesa solo in un senso affidato a criteri oggettivi, ma implica il rispetto dell’identità senza la quale cade la ragion d’essere della dignità dell’uomo.
d) Il principio che consente il rifiuto di atti medici anche benefici è un’acquisizione consolidata della giurisprudenza europea, a valle di una evoluzione che risale alla fine dell’800; e più volte si è confermato che anche di fronte allo stato di necessità il libero, consapevole, lucido dissenso dev’essere rispettato. Un tale diritto di rifiutare le terapie, anche di sostegno vitale, non ha nulla a che fare con l’eutanasia, che consiste invece in una condotta direttamente intesa a procurare la morte.
e) Egualmente estraneo all’eutanasia è il principio condiviso in bioetica e in biodiritto per cui l’interruzione delle cure, anche senza volontà espressa del paziente divenuto incapace, debba essere praticata non solo quando le cure sono sproporzionate (c.d. accanimento terapeutico) ma anche quando esse siano inutili o abbiano il solo effetto del mantenimento in vita artificiale (cfr. l’art. L 1110-5, 2° comma, del Code de la santé publique, modificato dalla L. n. 2005-370 del 22 aprile 2005 “Relativa ai diritti del malato ed alla fine della vita”, e l’art. R 4127-37 del Code de la santé publique, modificato dal decreto n. 2006-120 del 6 febbraio 2006).
Confidiamo che il legislatore italiano saprà e vorrà tenere in conto questi principi e adeguare ad essi la disciplina delle direttive anticipate, evitando di espropriare la persona del diritto elementare di accettare la morte che la malattia ha reso inevitabile, di combattere il male secondo le proprie misure e - se ritiene - praticando soltanto il lenimento della sofferenza, senza rimanere prigioniera, per volontà di legge, di meccanismi artificiali di prolungamento della vita biologica.
Il documento è sottoscritto dai seguenti Professori di diritto civile: (in ordine alfabetico)
Guido Alpa - Università di Roma La Sapienza
Giuseppe Amadio - Università di Padova
Tommaso Auletta - Università di Catania
Angelo Barba - Università di Siena
Massimo Basile - Università di Messina
Alessandra Bellelli - Università di Perugia
Andrea Belvedere - Università di Pavia
Alberto Maria Benedetti - Università di Genova
Umberto Breccia - Università di Pisa
Paolo Cendon - Università di Trieste
Donato Carusi - Università di Genova
Maria Carla Cherubini - Università di Pisa
Maria Vita De Giorgi - Università di Ferrara
Valeria De Lorenzi - Università di Torino
Raffaella De Matteis - Università di Genova
Gilda Ferrando - Università di Genova
Massimo Franzoni - Università di Bologna
Paolo Gaggero - Università di Milano Bicocca
Aurelio Gentili - Università di Roma Tre
Francesca Giardina - Università di Pisa
Biagio Grasso - Università di Napoli Federico II
Gianni Iudica - Università Bocconi Milano
Gregorio Gitti - Università di Milano Statale
Leonardo Lenti - Università di Torino
Francesco Macario - Università di Roma Tre
Manuela Mantovani - Università di Padova
Marisaria Maugeri - Università di Catania
Cosimo Marco Mazzoni - Università di Siena
Marisa Meli - Università di Catania
Salvatore Monticelli - Università di Foggia
Giovanni Passagnoli - Università di Firenze
Salvatore Patti - Università di Roma La Sapienza
Paolo Pollice - Università di Napoli
Roberto Pucella - Università di Bergamo
Enzo Roppo - Università di Genova
Carlo Rossello - Università di Genova
Liliana Rossi Carleo - Università di Napoli
Giovanna Savorani - Università di Genova
Claudio Scognamiglio - Università di Roma “Tor Vergata”
Chiara Tenella Sillani - Università di Milano Statale
Giuseppe Vettori - Università di Firenze
Alessio Zaccaria -Università di Verona
Mario Zana - Università di Pisa
Paolo Zatti - Università di Padova