Emigrazione

I giovani vanno via. Le menti non rimangono perché mancano spazi

lunedì 30 maggio 2005.
 
Lucio, 25 anni, è agli sgoccioli: presto sarà ingegnere. Spera nel ritorno, dopo gli studi, per operare in Calabria. Salvatore e Giovanni sono fratelli, uno a Milano, l’altro a Bologna. Laureati, non vogliono rincasare. Un’attività politica alle spalle, costata tanto, troppo: denuncia e condanna, per una manifestazione pacifica in strada. Francesco, che incontro in una libreria a Cosenza, sta ultimando la tesi. Nel tempo libero, legge Pasolini e Bukowski, ascolta De André e non intende sprecare tempo per San Giovanni in Fiore. “Il cerchio s’è chiuso, non ci sono possibilità né spazi. C’è gente, caste, che da tempo va alla cieca. S’inserisce nei partiti e perpetua i modi soliti, ingannando tutti e levando la parola a chi pensa” - dice Francesco, con un sorriso staccato quanto amaro. Antonio, che sa di storia per averla studiata bene, militava cogli amici in un movimento politico, buttato fuori perché intelligente e reattivo. Con lui, Luigi, laurea e specializzazione tecnica, minacciato per vie traverse: in ballo, il suo rapporto professionale col Comune. Paolo e Mario, grafici e creativi, sono stati premiati da Slow Food, a Reggio Emilia, per un bel corto sul peperoncino, girato in Sila. Nessuno, a palazzo, ne parla o esprime qualche riconoscenza. In fondo, il buon nome di San Giovanni in Fiore non dipende solo da Gioacchino. Gianfranco Gallo, artista, è con Massimo Giletti, dopo pranzo: lo si vede sorridere e in forma. Stefania Conte, cantante, era con Mara Venier, ogni domenica. Kal Guglielmelli faceva Notre dame de Paris, come ballerino. Questi ragazzi, non tutti, vengono da una lunga esperienza col coreografo Franco Greco, che, negli anni Novanta, presentava vari spettacoli di danza, musica e cabaret. Nonostante le difficoltà in un luogo privo di strutture sociali, riusciva a coinvolgere giovani di talento, a vincere l’angoscia ordinaria d’una comunità rassegnata, sepolta nell’inverno dell’animo. Alessandro Cimino suona, a Milano, con Gigi Cifarelli e Piero Orsini. Non può tornare: al massimo, qui, duetterebbe con lo zio Peppe. Saverio Basile dirigeva la tv locale, con adolescenti e maggiorenni attorno, tanti dei quali sono giornalisti. Giuseppe Madia, manco 30 anni, è uno scienziato che gira il mondo. “Qui, i segnali sono chiari, non cambia nulla. Le menti non rientreranno. Faranno la fortuna d’altri lidi”, scandisce. Francesco è in dirittura d’arrivo, a scienze politiche. Rimarrà fuori a lavorare, come Domenico. Entrambi avevano la tessera d’un partito, abbandonato perché immobile, pieno di contraddizioni e progetti di carriere veloci. Diversi giovani hanno perfino cambiato residenza: Pieremilio e Gianluca ce l’hanno da tempo a Firenze, come Betto. Saverio, per protesta, è nelle liste elettorali del Comune di Caccuri. Possiamo credere che San Giovanni in Fiore s’è ridotta a un pugno di mosche? E, soprattutto, quale sarà il suo futuro, appena fra qualche anno? Ci sono le condizioni perché i laureati e i professionisti dell’ultima generazione si stabiliscano in città? Nella campagna elettorale per il consiglio e la giunta provinciale, di tutto s’è parlato, compresi gli europei in Portogallo, il caso Baggio, gli amuleti di Trapattoni. Queste domande fondamentali, però, sono state evitate in modo furbo. Anche perché le risposte sono risapute e amarissime. Giusto sul terreno dell’energia intellettuale, gli agronomi della politica avrebbero dovuto e dovrebbero concentrarsi, più che su piccole, vecchie e inutili questioni.

Gianni Vattimo e Emiliano Morrone - La foto è stata scattata nel corso di un incontro con giovani di San Giovanni in Fiore
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