EU-ropa: Italia...

"SINISTRA EUROPEA": Oggi la “costituente”. Per la CALABRIA, a partire da CROTONE, UN PONTE TRA MOVIMENTI E PARTITI.

domenica 24 settembre 2006.
 

[...] il “sistema” Calabria, che oggi fa scandalo e che vede la magistratura impegnata nella ricerca delle responsabilità penali, racconta di una società che non rispetta le sue identità culturali, che presenta sacche importanti di illegalità, di emarginazione e di disagio diffuso; di un territorio che subisce scempi e saccheggi, con città stuprate da un’edilizia illegale, ecosistemi inquinati e coste deturpate; di una disoccupazione, prevalentemente giovanile, che non ha pari in Europa.

Oggi sentiamo, quindi, l’estremo bisogno di dare slancio ad un progetto unitario di sinistra alternativa, smarcato da vincoli di tipo spartitorio e clientelare, discendente diretto dei bisogni e delle aspettative della gente. Per ridare forza all’idea di un mondo diverso, più equo, più solidale, più giusto.

La nascita della Sezione Italiana della Sinistra Europea sarà forse uno strumento importante [...]

Calabria, un ponte tra movimenti e partiti

Nel 2005 la prima “cellula” a Crotone.Oggi è diventata una realtà radicata e autonoma

di Francesco Perri (www.liberazione.it, 24.09.2006)

Nata da un esigenza movimentista di rilancio della partecipazione e dell’attenzione nei confronti della politica di sinistra, la Sinistra Europea è stato il primo vero passaggio formale dei compagni del movimento crotonese, verso un organizzazione politica più strutturata e completa.

Dopo l’esperienza elettorale del movimento “Aranceto - Sinistra Plurale”, nel giugno 2004, si è deciso di seguire un percorso con il Partito della Rifondazione Comunista di Crotone, aderendo alla Sinistra Europea e contestualmente aprendo un tavolo di consultazione permanente con la dirigenza del Prc, sui temi che di volta in volta hanno investito la politica nella risoluzione dei problemi.

Questo confronto ha registrato una significativa apertura politica del Partito alle istanze ed alle proposte del movimento, che ha portato alla candidatura, per le passate elezioni regionali, del compagno Sergio Arena, già Capogruppo al Consiglio Provinciale per la Sinistra Europea, nelle liste di Rifondazione Comunista.

Tutto questo per cercare di dare una scossa politica a quei partiti di sinistra, Rifondazione inclusa, troppo spesso appiattiti su discussioni tutt’altro che politiche e su spartizioni governiste.

Ci siamo, allora, ritrovati nel manifesto della Sinistra Europea, in cui vengono richiamati tutti i valori del movimento comunista, socialista, ecologista, della pace, della solidarietà internazionale e dei diritti umani. Quasi fosse un ritorno alle origini, alle radici del termine sinistra.

Nel luglio 2005, dunque, abbiamo voluto formalizzare la nascita della Sinistra Europea di Crotone pubblicamente, organizzando un incontro dibattito “Verso La Sinistra Europea: ponte tra movimenti e partiti”, partecipato e seguito da molti di quei compagni scontenti ed ormai scoraggiati dall’agire politico dei partiti della sinistra nel crotonese.

La Sinistra Europea a Crotone, è oggi una realtà radicata e autonoma, raccoglie quei compagni e quelle compagne della società civile e del movimento che si rivedono nelle scelte politiche, nelle battaglie e negli obbiettivi che il Prc porta avanti a livello nazionale.

Siamo intervenuti su una serie di temi, per lo più scottanti e di estrema attualità. Dal dramma del lavoro precario negli enti pubblici provinciali, alla lotta per la difesa dei posti di lavoro dell’azienda Cellulosa 2000, ultima realtà industriale del nostro territorio. Abbiamo iniziato a porre, ai partiti dell’Unione, i nostri interrogativi e le nostre proposte rispetto al programma politico ed amministrativo per il futuro governo della città di Crotone. E ancora, alla presenza della sottosegretaria Patrizia Sentinelli, del Procuratore della Repubblica di Crotone, del Commissario Prefettizio di Isola Capo Rizzuto e di esponenti del panorama politico crotonese, abbiamo voluto dare un segnale chiaro e deciso rispetto alla lotta contro mafia, per i diritti, per la democrazia e per il lavoro.

Altre iniziative di più ampio respiro hanno caratterizzato il lavoro politico della Sinistra Europea a Crotone, dalla campagna “Cambiare SI può”, lanciata a livello nazionale dal movimento e dalle più importanti organizzazioni di sinistra (Arci, CGIL, Prc, SE, etc.), alla battaglia per la chiusura dei Centri di Permanenza Temporanea (il più grande dei quali si trova nel territorio della provincia di Crotone) e più in generale per l’abolizione dell’impianto normativo della legge Bossi - Fini sull’immigrazione. Fino a portare all’attenzione dei vertici nazionali del Prc e della Sinistra Europea il caso “Europaradiso”, un mega villaggio turistico da costruire su circa 7 Km di costa protetta, per un investimento privato di circa 10 milardi di euro, verso il quale da tempo abbiamo manifestato la nostra più totale contrarietà.

Un agire politico, il nostro, diretto a conoscere i problemi della gente, a portare avanti vertenze importanti, a rimettere in moto il processo di partecipazione e di attrazione politica dei cittadini.

Oggi possiamo dirci soddisfatti del lavoro fatto, con tutti gli errori di rito, ma la volontà di portare un vento nuovo nella nostra sinistra ci spinge inevitabilmente a continuare il percorso di azione politica partecipata e dal basso. Dobbiamo essere capaci di incidere veramente ed in modo significativo sulle decisioni e sulle scelte politiche che determineranno la gestione pubblica dei prossimi anni. Dobbiamo scardinare i mille blocchi di potere che hanno di fatto rallentato l’azione politica della sinistra. Dobbiamo continuare a stare nel movimento e con il movimento, raccogliendo i mille stimoli che da questo provengono e traducendoli in risoluzione e attività politica.

Altrimenti corriamo il rischio di abbandonare la nostra Calabria a un sistema privo di riferimenti ancor prima che di risorse.

Si perché il “sistema” Calabria, che oggi fa scandalo e che vede la magistratura impegnata nella ricerca delle responsabilità penali, racconta di una società che non rispetta le sue identità culturali, che presenta sacche importanti di illegalità, di emarginazione e di disagio diffuso; di un territorio che subisce scempi e saccheggi, con città stuprate da un’edilizia illegale, ecosistemi inquinati e coste deturpate; di una disoccupazione, prevalentemente giovanile, che non ha pari in Europa.

Oggi sentiamo, quindi, l’estremo bisogno di dare slancio ad un progetto unitario di sinistra alternativa, smarcato da vincoli di tipo spartitorio e clientelare, discendente diretto dei bisogni e delle aspettative della gente. Per ridare forza all’idea di un mondo diverso, più equo, più solidale, più giusto.

La nascita della Sezione Italiana della Sinistra Europea sarà forse uno strumento importante per raccogliere il dissenso, alimentare il conflitto e sedimentare definitivamente un consenso libero e partecipato.


Il discorso del segretario del Prc alla festa di Liberazione.

Oggi “costituente” della Sinistra europea

Giordano: «I vecchi poteri hanno fallito, tocca alla sinistra, è la sua occasione»

di Stefano Bocconetti (Liberazione, 24.09.2006)

E se una volta tanto la notizia fosse data dal clima? Beninteso, la manifestazione di ieri alla Festa di Liberazione di di notizie politiche ne ha date una montagna. In ordine. E’ di fatto avviato il percorso che porterà - entro la primavera - alla nascita di una nuova formazione, la sezione italiana della Sinistra europea. Percorso che già oggi vivrà un altro momento decisivo con l’assemblea all’Angelicum, dove sarà scritto una sorta di manifesto del nuovo soggetto politico. E poi ancora: “notizie” sono sicuramente le cose che ha detto Franco Giordano alla sua prima volta nel tradizionale appuntamento settembrino. Notizie politiche sono i suoi giudizi sulla Telecom, sulle privatizzazioni fatte in Italia (un po’ come la storia di Totò, «si vendono la Fontana di Trevi che non è loro»), su come queste vicende raccontino di un capitalismo malato. Malato ma sempre arrogante: esattamente come la richiesta di Montezemolo di tener fuori la politica dallo scorporo della Tim. «Vogliono tener fuori la politica quando difende il lavoro, la vogliono tenere dentro quando copre i loro intrallazzi». E ancora. Una notizia è la richiesta - «pacata, come è giusto che sia quando ci si rivolge ad un Presidente del consiglio» - perché l’Italia ridiscuta con gli altri partner la presenza italiana in Afghanistan. Per arrivare al ritiro delle nostre truppe, in modo da concentrare ogni sforzo a risolvere il drammatico conflitto in Medio Oriente.

Tanti, insomma, gli spunti. Ma forse stavolta il “fatto”, il fatto politico, è soprattutto nel clima che si respira qui al parco della Resistenza. Dove migliaia di persone stringono d’assedio quel palco, che già “fisicamente” racconta non più solo di Rifondazione ma di qualcos’altro che sta per nascere. Con Agnoletto, Danielle Mazzonis, Pietro Folena, con Anna Rita Mastrangelo, con Anna Lisa Clark, assieme ai dirigenti del partito. Ai ministri e ai sottosegretari. La “notizia” forse più che nelle nelle parole è nei toni del segretario. Che sgomberano immediatamente - e ad ascoltarle bene, definitivamente -il campo dalle tesi di chi, ancora in queste ore, racconta di un partito molto, troppo interessato alle istituzioni. Giordano invece racconta di ambizioni. Da far valere domani, certo, ma da far vivere oggi. E in questo clima, allora, più che i singoli passaggi dei discorsi contano alcuni gesti. La dedica della Festa ad Angelo Frammartino, per esempio. Ma c’è uno sugli altri: l’abbraccio fra Bertinotti - arrivato a metà comizio, e accolto da qualcosa che non può essere definita solo gioia, visto che era accompagnata da commozione; commozione visibile, lacrime agli occhi, insomma -; l’abbraccio di Bertinotti, si diceva, con Giordano, al termine del comizio. Durante il quale il segretario s’era rivolto così al Presidente della Camera: «Grazie, Fausto. Grazie per le tue intuizioni, per la tua passione che ci hanno portato fin qui». Anche quello fra i due, comunque, è stato un abbraccio irrituale. Col Presidente della Camera in piedi sotto il palco, col segretario - anche lui commosso - che si inginocchia. E con Bertinotti che lo trascina giù, facendogli fare un bel salto. E con i due che restano così per quasi un minuto, davanti ad un muro di persone un po’ sorprese.

Ecco come è nata, di fatto, la Sinistra europea. Con la politica, si diceva. Se con questa parola si intende, come fanno troppi osservatori, solo ciò che riguarda la contingenza. C’è anche questo, c’è anche l’attualità. Che dice della conferma della fedeltà della sinistra d’alternativa allo schieramento che ha permesso di mandare a casa le destre. Una lealtà che non impedisce però di analizzare quel che sta accadendo. Si parte allora dalla Telecom, per disegnare un capitalismo che non rischia mai soldi propri. «Un capitalismo capace solo, in pochi anni, di liquidare un immenso patrimonio di competenze», come aveva detto Anna Rita Mastrangelo, lavoratrice che ha vissuto sulla propria pelle cosa abbia significato la svendita delle telecomunicazioni. Un capitalismo che ha fallito nelle privatizzazioni. Di più, come racconta la cronaca: un sistema che ha fatto crescere - sono di nuovo le parole di Giordano - «un meccanismo occulto e per certi versi criminale di spionaggio». Un sistema, insomma, che ha messo a rischio la stessa democrazia. Ed ora i rappresentanti di quel sistema, Montezemolo e altri, tornano alla carica. Chiedono alla politica di restare fuori dalla discussione su un settore strategico, sono tornati a chiedere sacrifici. Ovviamente, solo per gli ultimi. Giordano risponde citando solo due cifre: in Italia su 2 milioni e 350 mila imprese, oltre due milioni dichiarano redditi da 0 a 40 mila euro. In Italia su 14 milioni di pensionati, 3 milioni sono sotto i 560 euro al mese. Questi ultimi, i pensionati, così come i lavoratori, i precari, i giovani, le famiglie del Sud, non possono più «dare nulla. Hanno già dato». Ed è ora che si cominci a «risarcirli, colpendo quei settori, dagli evasori alla rendita, che hanno goduto durante gli anni del berlusconismo».

C’è la politica, c’è l’attualità, allora. Fatta anche di una riflessione sulla politica estera. Che s’è già distaccata dai dicktat americani, scegliendo la strada del governo multilaterale del mondo. Col ritiro dall’Iraq ma anche con la missione in Libano, che ha messo fine «all’occupazione illegale di Israele». Passi importanti ma pur sempre primi passi. A cui devono seguire tante altre cose. «Perché non basta una missione militare, se non c’è il resto». Deve seguire la politica in Europa, con la messa al bando della vendita di armi, come chiede Lisa Clark, e come «non vuole Prodi», invece che chiede di togliere l’embargo alla Cina su questo mercato.

Politica, fatta di negoziati, di trattative. Con la fine degli atti unilaterali, siamo essi la guerra preventiva o il ritiro da Gaza. Politica fatta di trattative, è di nuovo Giordano, riconoscendo gli interlocutori. Politica alla quale non ci sono alternative: perché la sicurezza di israele - «tema che ci sta a cuore come poche altre cose» - la si raggiungerà solo con la pace, con la fine dell’occupazione militare dei Territori.


Il nuovo soggetto politico internazionale ha un ruolo di primo piano nelle scelte dell’Europarlamento

Il partito plurale che guarda all’Europa come alternativa a guerra e neoliberismo

di Roberto Musacchio (Liberazione, 24.09.2006)

Siamo sicuramente ad un tornante importante della vita della Sinistra europea come soggetto politico internazionale. Le vittorie nei referendum costituzionali in Francia e in Olanda e contro il contratto di primo impiego sempre in Francia, insieme alla crisi manifesta dell’impianto liberista, ci hanno consegnato un grandissimo spazio di presenza politica e di iniziativa. Si è confermata quanto mai giusta l’intuizione di lavorare ad un partito plurale capace di muoversi sulla dimensione europea come luogo di una possibile alternativa. Ancora nella recente vicenda della crisi libanese il nostro ruolo è stato assai marcato e capace di influire fortemente sul comportamento del Parlamento europeo.

Naturalmente come partito plurale, viviamo di situazioni differenziate. A partire dall’esperienza stessa del gruppo europeo il Gue-Ngl, che, come è noto, è più largo dei partiti che aderiscono alla Sinistra europea, comprendendo partiti comunisti come il Kke greco o il Pcp portoghese che non intendono aderire al nostro progetto o che sono solo osservatori come il partito ceco o Akel di Cipro e partiti rossoverdi nordici più “euroscettici”. Ma proprio l’impostazione marcatamente segnata dalla ricerca di una alternativa alla guerra e al neoliberismo con un radicato rapporto con i conflitti e i movimenti sociali, fa sì che si determini una forte convergenza nell’azione del Gue e un ruolo assolutamente significativo di quelle forze come il Prc, la Pds Link, il Pcf, il Pce, il Blocco di Izquierda portoghese e il Sinaspismos greco che sono circa la metà dei parlamentari del gruppo.

Ci sono poi le differenti collocazioni nazionali che hanno il loro peso. All’esperienza italiana si guarda con grandissima attenzione e tantissime domande che ci spingono a dare risposte all’altezza. Abbiamo parlato per l’Italia di un’inedita alleanza tra alternanza ed alternativa, con una sinistra radicale che lancia una sfida di egemonia. Esperienza del tutto diversa dalla grande coalizione tedesca o dall’autosufficienza delle sinistre moderate come in Spagna. Ma questa strada richiede di poggiare su una forte spinta di trasformazione che non può non investire tutta l’Europa. L’abbiamo vista positivamente sul Libano. Lo abbiamo vissuto assai meno positivamente con la pressione del monetarismo europeo sulla finanziaria italiana.

Andare avanti ad agire come partito europeo è per noi dunque imprescindibile e bisogna farlo tenendo forti e insieme la radicalità e la sfida di alternativa. In primo luogo per la pace investendo tutti i luoghi di conflitto a partire dalla Palestina. Sul trattato costituzionale abbiamo agito come partito europeo vincendo una prova di massa. Ma ora è necessario rilanciare per evitare operazioni gattopardesche che pure vengono avanzate ma anche la semplice tutela del no referendario.

Proposte importanti vengono dal movimento che lavora a una carta per l’altra Europa. Il Parlamento europeo ne può essere investito. Anche perché pur in assenza di una costituzione agiscono i trattati che pesano come macigni. Ma le lotte per affermare diritti costituzionali positivi si legano a quelle per un’altra idea di Europa. Abbiamo fatto una grande lotta sulla Bolkestein che deve continuare per avere in Europa nuovi beni comuni. E insieme possiamo legarvi una lotta contro la precarizzazione del lavoro che rilanci quella francese e incontri le altre come quelle italiane. E c’è la campagna per i migranti, contro i Cpt e per la cittadinanza che andiamo svolgendo anche come Gue. Possono essere parti di una diversa idea di costituzione e di una alternativa ai trattati monetaristici. Sono terreni insieme di lotta sociale e di battaglia parlamentare che possono dare spazio e slancio al partito della Sinistra europea e incalzare il partito e il gruppo socialista. Per alcuni in Italia l’identità del possibile partito democratico è legata al suo essere o meno nella famiglia socialista. In realtà questa famiglia è assai divisa e noi dobbiamo premere su di essa costruendo autonomamente il progetto della Sinistra europea.

Rafforzare il nostro vivere come partito europeo è anche indispensabile in un tornante che dicevo importante in cui ci sono ancora rischi di regressioni di ortodossia identitaria e di torsioni neonazionalistiche che renderebbero più difficile le lotte che siamo chiamati a fare. Al contrario per il nostro progetto c’è uno spazio grande e crescente che possiamo e dobbiamo occupare.


Il partito raggruppa 15 formazioni nazionali, dal Belgio alla Repubblica ceca passando per la Svizzera. Si riunisce oggi la sua ”costituente“. Lo statuto prevede anche adesioni individuali. Parola d’ordine: partecipazione

Sinistra Europea: pronta per trasformare l’esistente Mascia: «Il primo esperimento è la sezione italiana»

di Stefano Bocconetti (Liberazione, 24.09.2006)

Sta per nascere. Magari è stata annunciata tante altre volte, ma ora sembra davvero che la sezione italiana della Sinistra europea ce la faccia a vedere la luce. Stando a quel che si dice, però, non sarà l’unica novità politica della stagione. Fra un po’ dovrebbe esserci il varo del partito democratico, si parla di altre aggregazioni. A sinistra come a destra. Perché allora questo nuovo arrivato dovrebbe essere diverso dagli altri? Lo domandiamo a Graziella Mascia, vice presidente del gruppo di Rifondazione alla Camera ma soprattutto nell’esecutivo della Sinistra europea, il partito che raggruppa quindici formazioni nazionali, dal Belgio alla Repubblica Ceca, passando per la Svizzera.

Allora, Mascia, dov’è la differenza?

Una su tutte: la dimensione europea del soggetto politico che vogliamo costruire. Ci sarà la sezione italiana, certo. Ma questa o si collegherà alle battaglie che la sinistra d’alternativa sta conducendo nel vecchio continente o semplicemente non sarà.

Detta così suona facile.

Io la vedo esattamente al contrario: sarà difficilissimo.

Diciamoci la verità, però: un po’ delle difficoltà derivano anche dall’atteggiamento di molti dei partiti che fanno parte della Sinistra europea. Dall’atteggiamento di qualche partito comunista, non è così?

Esiste forse un metro - non è il solo, certo, ma è un metro - per valutare la disponibilità a nuove forme di pratica politica. E’ la possibilità offerta dallo statuto del nostro raggruppamento: quella che prevede le adesioni individuali alla Sinistra europea, senza dover per forza transitare dai partiti nazionali che ne fanno parte. E’ una possibilità. Da qualche partito aspramente contestata, guardata con prudenza da altri. Ci sono anche partiti interessati alla cosa ma che fino ad ora non hanno investito molto su quest’aspetto. Insomma, il primo esperimento siamo noi, è la sezione italiana. Ecco perché molti ci guardano con interesse, stanno a vedere se riusciremo a determinare qualcosa di nuovo. Vogliono capire se riusciremo a creare un’aggregazione più vasta, a farla pesare in Europa. O se al contrario anche noi sceglieremo di rintanarci fra le vicende di casa nostra.

Avete gli occhi puntati, insomma.

Sì. E ti ripeto non sarà facile. Costruire una sinistra d’alternativa e unitaria è un’impresa enorme. Pensa alla Francia. Ad un paese che ha avuto un movimento forte, capace di sconfiggere le logiche liberiste che si volevano far passare nella costituzione europea. Che ha dovuto fare i conti con l’esplosione delle banlieu. Che ha combattuto - e vinto - contro le leggi sulla precarietà. Che ha vissuto, insomma, un movimento per tanti versi simile al nostro. Bene, lì, è ancora tanto difficile anche solo immaginare una convergenza di tutta la sinistra d’alternativa alle prossime elezioni presidenziali. Ci si sta provando, con le primarie, ed altro. Ma l’esito non è affatto scontato. E allora, anche per questo, il nostro esperimento, l’esperimento italiano è guardato con molta attenzione.

Attenti all’Europa, insomma. E poi, in cosa altro sarà diversa la sezione italiana dalle altre formazioni?

Scontato dire sui contenuti. In più però ti ci metto che una diversità, una profonda diversità da tutti gli altri, sarà nella modalità diversa di fare politica.

Stai parlando della partecipazione, di queste cose qui?

Io non banalizzerei. Avvertiamo che c’è un’esigenza diffusa, soprattutto fra i giovani - dopo che si sono logorate o concluse le esperienze degli anni ’80 e ’90 - di un nuovo approccio alla politica. E’ ritornata la voglia, insomma, di far politica. La spia è stato il movimento di questi anni.

E la Sinistra europea è pronta a sposare questo nuovo modo di far politica?

Il manifesto che apre la fase costituente della sezione italiana parte da lì. Quel che sapremo costruire, lo vedremo. Ma intanto non è poco. Prima mi chiedevi delle differenze col resto dell’offerta politica - chiamiamola così - vecchia e nuova. Pensa allora a quel che sta avvenendo nel partito socialista europeo.

Che sta avvenendo?

Che s’è avviato un dibattito, anche aspro, sulle finalità del socialismo. Stanno discutendo, insomma, di come riattualizzare quel pensiero ma lo fanno sempre e solo dentro una logica di vincoli e compatibilità. Un’armatura diventata insopportabile per i bisogni delle persone, dei movimenti che quei bisogni interpretano. Ecco qui sta un’altra differenza. Pensa al tema della precarietà. Non sto parlando di cose da fare subito - a come si tradurrà questa nostra impostazione nelle battaglie che faremo, e le faremo ti assicuro, a partire da questa finanziaria - ma sto parlando della nostra analisi sulla globalizzazione capitalista. Siamo convinti che questa fase segni una precarietà che non riguarda solo il lavoro ma l’intera vita delle persone. Noi siamo capaci di leggere l’esistente e di proporre qualcosa che va molto al di là dei limiti, dei confini imposti dall’attuale sistema dominante.

Stai definendo una sfida a sinistra coi socialisti, non è così?

Guardiamo cosa accade davvero in Europa. Un dato su tutti: il fallimento della strategia della destra. E allora accade che i poteri economici forti provano a riciclarsi dentro una logica di centro, o addirittura di centro-sinistra. O mettendo tutte e due le cose insieme, con l’ipotesi di Grande Coalizione. Che affascina sempre più i partiti socialisti. Producendo una contraddizione, però. Perché se non vedi fino in fondo che cosa produce la logica delle compatibilità, se la sinistra sposa quelle teorie, non fa altro che aprire la strada alle spinte di estrema destra. Sì, sono convinta che sia una necessità uscire - e uscire subito - dalla filosofia dei vincoli.

Uscire dalle filosofie dominanti. Tanto più sulla guerra, immagino.

Ora Siamo fuori dalla fase più buia, da una delle fasi più buie che abbia vissuto il mondo, con la guerra preventiva. Ci siamo riusciti - perché non dirselo? - grazie anche all’Italia, che sta facendo recuperare un ruolo all’Europa, grazie al manifestarsi dei primi segnali di un governo multilaterale delle crisi. E quando dico queste cose sto pensando anche alla missione in Libano. Ma ovviamente non basta tutto ciò, non può bastare. E io vedo un’alternativa secca: o la sinistra è capace di costruire un terreno effettivo di pace, o si rischia grosso. Insomma, anche la presenza dei nostri militari in Libano o è propedeutica ad un percorso politico - e sto parlando di cose concrete: di una conferenza di pace per il Medio Oriente - o le cose fatte in queste settimane avrebbero poco senso.

Cosa volete fare è chiaro. Con chi?

Una prima risposta è presto formulata: con tutti. Vogliamo esattamente dare voce, visibilità, valore a tutti i modi possibili di fare politica. A tutti coloro che vogliono fare politica ma sono convinti che l’appartenenza ad un partito sia totalizzante. Vogliamo, insomma, provare a fare politica partendo dal mestiere che uno fa. Lui è medico? Fare politica significherà soprattutto per lui fare bene il suo lavoro, significherà mettere in rete le sue competenze. Anche quelle specifiche.

Dì la verità: Rifondazione è attrezzato a fare un salto di questo genere?

Io vedo che fino ad ora la discussione sulla Sinistra europea è rimasta all’interno del gruppo dirigente. Il corpo del partito ha soprattutto voglia di capire, di discutere. Di sapere. Vorrebbe non avere dubbi sulle finalità dell’operazione. Per questo credo che sia quanto mai opportuna la scelta della conferenza di organizzazione. Detto questo, ti rispondo: e dico che non dobbiamo mai dimenticarci che il nuovo soggetto politico nasce da qui. Da qui, da questo partito arriverà la spinta più rilevante. Un partito che sceglierà di cedere sovranità al nuovo soggetto politico. E se fosse un altro partito quella spinta non ci sarebbe stata.

Rischi?

Uno su tutti. Che era comunque nel conto. La crisi di altre forze politiche porta, porterà all’adesione di un enorme numero di persone, di dirigenti. Il rischio, allora, è che questo comporti un appannamento della discussione e un ritorno su vecchie logiche organizzativistiche. Le vecchie battaglie per l’egemonia, insomma.

Rischi che si superano come?

Con una riflessione politica sulle esperienze di questi anni. Che significa soprattutto una riflessione sul movimento. Sul quel nuovo modo di fare politica che ci ha insegnato. Da Genova e dintorni. Una riflessione sui suoi caratteri straordinari - la sua capacità di mettere in retre un’infinita serie di esperienze sociali - ma anche sui suoi limiti.

Limiti? Quasi nessuno parla dei limiti del movimento. Quali sono secondo te? Che nel corso degli anni, anche lì, si sono riproposte le classiche sfide per il predominio. Abbiamo visto ritornare le competizioni che hanno rischiato - ma solo rischiato - di far smarrire le eccezionali intuizioni di questi anni. Dobbiamo riflettere su questo, per evitare che nel futuro si ripetano altri errori, visto che la prima scelta della Sinistra europea è e resta quella di investire sui movimenti. Sulla loro capacità di aprire conflitti, anche quando siamo al governo. Ecco perché aggiungo che dobbiamo sciogliere alcuni nodi irrisolti.

A cosa ti riferisci?

Per dirne una, penso alla scelta della non violenza. Tema che è stato un po’ banalizzato in questi anni ma che è ancora il cuore del discorso politico. Perché si corre il rischio o di essere completamente subalterni ai governi o, al contrario, si rischia un rifiuto di qualsiasi missione. Anche quando si muove in sintonìa con le richieste del movimento pacifista. Ecco, su questo dobbiamo mandare avanti la riflessione. Dobbiamo rileggere la nostra intuizione originale, quella per cui la non violenza è soprattutto critica del potere. Se vogliamo critica dei governi.

Qualcuno ti accuserà di voler disegnare una sinistra d’opposizione, non è così?

Insieme faremo una sinistra d’alternativa.

Non sarà per oggi, ma disegnamo una sinistra che si candida a trasformare l’esistente. E a vincere.


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