Berlusconi: «è l’ora della pacificazione nazionale»
«Capire i ragazzi di Salò». Polemiche sull’incontro con Ciarrapico. Bagnasco fischiato a Genova
Giorgio Bocca: «E’ opportunismo, come Violante. Per questo contestai anche Pertini»
di Paolo Conti (Corriere della Sera, 26.04.08)
ROMA - Ha letto le dichiarazioni di Berlusconi sul 25 aprile e i ragazzi di Salò, Giorgio Bocca?
«Non fingiamo di credere che si tratti di un genuino desiderio di ottenere una vera unità nazionale sulla Liberazione. La prova? Dell’Utri che vuole riscrivere i libri di storia»
Allora di che si tratta?
«Pura convenienza politica. Berlusconi ha sdoganato i fascisti portandoli al governo. Fini presiederà la Camera, così pare. E quindi deve giustificarli, questi fascisti, a pieno titolo»
Però il Cavaliere evoca Luciano Violante che, insediandosi alla presidenza della Camera il 10 maggio 1996, chiese di «riflettere sui vinti di ieri» e sulle ragioni di chi si schierò con la Repubblica di Salò.
«Un altro episodio di chiarissimo, evidente opportunismo. Era arrivato alla presidenza di Montecitorio e allora... Mi ricordò De Gasperi che per vincere il referendum istituzionale quasi usò i fascisti contro la monarchia. Siamo alla solita storia. Per opportunismo politico c’è chi viene meno alle ragioni di intransigenza che costituiscono i fondamenti morali di una democrazia. Se non sei più intransigente con chi fino all’ultimo si alleò con i nazisti che sterminarono milioni di ebrei nelle camere a gas... ecco, mi chiedo, con chi sarai in futuro intransigente? E chiedo ancora: quali ragioni di questa gente si devono ancora capire?»
Lei contestò Violante, in quel momento.
«Certo che lo contestai. Lo feci anche con Sandro Pertini quando a non so quale cerimonia si fece salutare da ex fascisti col pugnale alzato. Gli scrissi: "Caro Sandro, sarai anche il presidente di tutti gli italiani. Ma qui sbagli"».
Berlusconi comunque propone un 25 aprile di tutti.
«Scopre l’acqua calda. I primi a provarci furono a Milano Paolo Grassi e Giorgio Strehler il 25 aprile 1945. Organizzarono una festa simile al 14 luglio francese. Ma i fascisti non accettarono. Infatti poco dopo fondarono il Msi: una fiamma che usciva dalla tomba di Mussolini. E qui torniamo all’oggi. Pensiamo a Roma. Berlusconi ha scelto un candidato sindaco che si chiama Gianni Alemanno. Valentino Parlato ha una bella definizione: un fascista al cento per cento. Per di più genero di Pino Rauti, capo di veri terroristi fascisti ».
Allora, per citare le sue parole, possiamo dire che Giorgio Bocca è l’ultimo dei veri intransigenti...
«I miei nemici mi chiamano "l’uomo di Cuneo" per darmi del tetragono testardo conservatore dell’intransigenza partigiana. Mi sta benone. Era il fondamento di "Giustizia e libertà"».
Sul tema, nel sito, si cfr.:
Veltroni attacca il cavaliere: «Grave ricevere ciarrapico in questa giornata»
Berlusconi: «Il 25 aprile sia il giorno della pacificazione nazionale»
Il leader del Pdl: «Grati a chi combatté per la libertà, ma bisogna capire anche le ragioni dei ragazzi di Salò»
ROMA - «Il 25 aprile indica simbolicamente il ritorno dell’Italia alla democrazia ed alla libertà». Lo afferma il leader del Pdl, e presidente del Consiglio in pectore, Silvio Berlusconi in un comunicato diffuso in occasione delle celebrazioni per la Festa della Liberazione. «In quel giorno di 63 anni fa - aggiunge - si videro le piazze festanti attorno alle truppe alleate e ai combattenti per la libertà. Purtroppo - sottolinea Berlusconi - seguì la guerra civile, l’occupazione da parte dei tedeschi, che creò un segno di sangue nella memoria italiana. Generò un odio tra vincitori e vinti che segnò la coscienza del Paese». «Ormai - rimarca il leader del Pdl - tutto questo è storia e adesso è tempo di dare al 25 aprile un senso italiano popolare e nazionale, un senso di libertà e di pace. Il giorno della Liberazione è un alto simbolo di libertà, e così deve essere vissuto da tutto il popolo italiano». «Credo fermamente che oggi - afferma il Cavaliere - ci siano le condizioni storiche e politiche perché questo 25 aprile possa rappresentare un salto di qualità verso la definitiva pacificazione nazionale. Quando, quasi dieci anni fa, autorevoli esponenti della sinistra invitavano a capire anche le ragioni dei ’ragazzi di Salò’, e quando più recentemente hanno invitato a saldare il debito contratto con gli esuli Istriano-dalmati e con chi, più sfortunato, finì infoibato - scrive ancora Berlusconi -, hanno indicato la strada giusta. Togliere quei veli, capire quelle ragioni non può in qualche modo ledere l’orgoglio di chi combatté per la libertà contro la tirannia. Non c’è revisione storica che possa cambiare la gratitudine che dobbiamo a quei combattenti - sottolinea - che posero le basi per la libertà delle generazioni successive e per il ritorno dell’Italia nel consesso delle democrazie. Ma non c’è gratitudine che possa impedire la ricostruzione obiettiva di quegli anni. L’anniversario della Liberazione - conclude - è dunque principalmente l’occasione per riflettere sul passato, sul presente e sull’avvenire del Paese. Se oggi riusciremo a farlo insieme, avremo reso un grande servizio non a una parte politica o all’altra, ma al popolo italiano e, soprattutto, ai nostri figli che hanno il diritto di vivere in una democrazia finalmente pacificata».
POLEMICA SU CIARRAPICO - In precedenza, Berlusconi era stato attaccato dal leader del Pd, Walter Veltroni, per aver ricevuto in giornata a Palazzo Grazioli Giuseppe Ciarrapico, neo senatore del Popolo della libertà, che poche settimane fa ha dichiarato di non aver rinnegato il fascismo. «Siccome le cose hanno un valore simbolico - ha affermato Veltroni - il fatto che Berlusconi abbia voluto ricevere un uomo che non ha mai smesso di dichiarare la sua continuità politica con il fascismo è evidentemente un segnale politico che marca una distanza molto profonda e molto grave con tutti gli italiani che festeggiano il giorno in cui in Italia si è ritrovata la libertà». Secondo il leader del Pd quella di oggi «è una grande festa di libertà e Berlusconi ha voluto celebrarla ricevendo coloro i quali stavano dalla parte di chi la libertà l’ha proibita. Un atto di questo genere è un gesto anche di sfregio nei confronti dei democratici e di questa grande pagina che ha riguardato la storia italiana».
REAZIONE PDL - Immediata la replica del Pdl. «Dall’alto di quale pulpito Veltroni si permette di impartire lezioni di democrazia anche al presidente Berlusconi che ha ricevuto almeno 30 persone in una mattinata di lavoro intenso?» affermano Paolo Bonaiuti, portavoce del presidente Berlusconi, e Fabrizio Cicchitto, vicecoordinatore nazionale di FI. «La polemica di Veltroni, rivolta nei confronti di un senatore democraticamente eletto, la stessa persona ricevuta con tutti gli onori dal coordinatore Goffredo Bettini alla prima assise del Partito democratico, è meschina e volgare. Appare chiaro che Veltroni è un uomo stordito dalla sconfitta, senza argomenti e senza qualità, che tenta soltanto di replicare una polemica elettorale di basso livello già fallita in precedenza».
«CAPIRE LE RAGIONI DEI RAGAZZI DI SALO’»- Poi arriva la nota del Cavaliere sul 25 aprile: «Capire le ragioni dei "ragazzi di Salò", si legge, come hanno sostenuto in passato anche diversi esponenti della sinistra, e saldare il debito contratto con gli esuli Istriano-dalmati» è la strada giusta che non può in qualche modo ledere l’orgoglio di chi combattè per la libertà contro la tirannia». «Non c’è revisione storica - aggiunge Berlusconi nella nota - che possa cambiare la gratitudine che dobbiamo a quei combattenti che posero le basi per la libertà delle generazioni».
* Corriere della Sera, 25 aprile 2008
La ciliegina di Roma
di Ida Dominijanni (il manifesto, 26 aprile 2008)
È di moda essere post-ideologici ed è per questo che Silvio Berlusconi invoca la pacificazione nazionale attaccando la «memoria di parte» della Resistenza mentre Walter Veltroni (sull’Unità di ieri) salva la memoria di parte della Resistenza invocando la pacificazione nazionale. Sempre di deideologizzare si tratta, anche se per il primo inchinarsi alla memoria dei vinti è una tassa da pagare alla gratitudine per i vincitori mentre per il secondo la memoria dei vinti va ascoltata senza perdere il senso delle distinzioni. Del resto, non è per caso che Berlusconi può far leva, perorando oggi le ragioni dei «ragazzi di Salò», sullo storico discorso di insediamento di Luciano Violante alla presidenza della camera nel ’96. Così come non è per caso che, deideologizzando oggi deideologizzando domani, siamo arrivati dove siamo arrivati, cioè a festeggiare il 25 aprile con Alemanno che rischia di prendersi il Campidoglio il 28. Una prova della pacificazione nazionale avvenuta?
Il presidente della Repubblica ci ricorda che la Resistenza vive nella Costituzione. Ha ragione e infatti conviene spostare qui il discorso. Su un piano che finora è rimasto misteriosamente in ombra nei commenti al voto del 13 aprile, ma che urge riportare alla luce in attesa di quello del 28. Di cambiare la Costituzione si riparlerà in modo «tecnico» di qui a poco, non appena il governo si sarà insediato. Ma non si tratterà affatto di un cambiamento tecnico, qualche parlamentare in meno, le tasse alle regioni, la sanzione formale di un presidenzialismo già praticato. La destra che ha vinto nel 2008 è la stessa che ha vinto nel ’94, e oggi come allora, a onta di chi spera in qualche litigata fra Bossi e Berlusconi, è saldamente tenuta assieme, nelle sue componenti post, anti e extracostituzionali, dal progetto di cambiare la Costituzione formale dopo aver cambiato quella materiale del paese. Gli appelli generosi a un patriottismo costituzionale che dovrebbe prima o poi superare i conflitti sulla memoria del 25 aprile si infrangono su questa semplice evidenza: il patriottismo costituzionale non conquista questa destra, perché questa destra non si riconosce nella Costituzione nata dalla Resistenza.
Conviene spostare qui il discorso, invece di attardarsi esclusivamente sulle rivelazioni «territoriali» del voto del 13 scorso, perchè le divisioni territoriali dell’Italia non sono estranee alla sua tormentata storia costituzionale, come sa chiunque non ignori totalmente la vicenda repubblicana. E come dimostrano le litanie sulla «questione settentrionale», se solo facessimo lo sforzo di tradurle nel linguaggio costituzionale dell’uguaglianza, della solidarietà, del lavoro e via dicendo. Risulterebbe chiaro allora che l’unità materiale e valoriale del paese è già fortemente compromessa (nel Nord ricco come nel Sud preda delle mafie globalizzate), e che ogni appello al patriottismo costituzionale rischia di essere fuori tempo massimo.
E’ in questo quadro che il ballottaggio romano di domenica prossima acquista una valenza simbolica particolare, per quanto «deideologizzata» possa essere, in tempi di globalizzazione, la funzione di una capitale nazionale. Col voto del 13 aprile, la destra post-costituzionale s’è presa tutta intera la torta. Col Campidoglio avrebbe anche la ciliegina. Meglio sarebbe un boccone di traverso.
La Repubblica ferita
di Domenico Gallo *
Il terremoto politico del 14 aprile non è frutto del fato cinico e baro, né si può attribuire al progetto della sinistra arcobaleno, per quanto giusto o sbagliato che fosse, una responsabilità per un risultato che non discende dai comportamenti dei gruppi dirigenti dei partiti della sinistra, ma deriva dalla logica del sistema politico come ridisegnato dal sistema elettorale.
Nel corso degli ultimi quindici anni, il modello di democrazia, prefigurato dalla Carta costituzionale, è stato oggetto di attacchi ripetuti ed insidiosi. I tentativi più aggressivi e diretti di demolizione dei caratteri originali e progressisti della democrazia italiana, a cominciare dalla bicamerale presieduta dall’on. Massimo D’Alema, per finire alla riforma Calderoli del 2005, che cancellava completamente l’ordinamento democratico e lo sostituiva con un ordinamento semidittatoriale, sono sostanzialmente falliti, a fronte di una straordinaria capacità di resistenza della democrazia in Italia, suggellata dal referendum costituzionale del 25/26 giugno 2006.
E tuttavia se le aggressioni dirette alla democrazia repubblicana nel nostro paese, attraverso la modifica formale della Costituzione, sono, per cause varie, fallite, l’attacco più insidioso alla democrazia è venuto attraverso il sistema elettorale. Le leggi elettorali, anche se non sono di rango costituzionale, concorrono a determinare la “costituzione materiale”, delineando la fisionomia del sistema politico, sia per quanto riguarda l’esercizio concreto della rappresentanza, sia per quanto riguarda la forma di governo.
Con l’introduzione del maggioritario e la logica del bipolarismo forzato il principio democratico è stato azzoppato attraverso una compressione innaturale della rappresentanza. Con la legge Calderoli (il c.d. porcellum) è stato portato a compimento il processo di involuzione oligarchica dell’ordinamento politico attraverso il sistema elettorale, avviato con il maggioritario, espropriando gli elettori della benché minima possibilità di concorrere a determinare la composizione della rappresentanza politica in Parlamento ed esasperando ancor di più il bipolarismo attraverso il premio di maggioranza.
Con l’ultima campagna elettorale si è verificato un ulteriore passo verso la compressione della rappresentanza e la riduzione del pluralismo politico attraverso l’interpretazione che i capi delle principali forze politiche (Berlusconi e Veltroni) hanno dato della legge Calderoli, smantellando le coalizioni ed articolando la sfida elettorale per il premio di maggioranza sostanzialmente su due listoni contrapposti, sulla falsariga della legge Acerbo, utilizzata dal Mussolini nel 1924 per demolire il pluralismo parlamentare.
In questa scelta ci sono le radici del disastro elettorale. Quando Veltroni ha smantellato la coalizione delle forze democratiche che si opponevano al Berlusconismo, ha deciso coscientemente di consegnare l’Italia nelle mani della destra più antidemocratica che ci sia in Europa e nello stesso tempo di demolire il pluralismo politico che è il principale antidoto che le democrazie hanno inventato per resistere al pericolo della dittatura della maggioranza. Non si è trattato di un divorzio consensuale. Il divorzio consensuale è ammissibile solo in un contesto di libertà, ma non quando le leggi elettorali pongono delle costrizioni insuperabili alle forze politiche attraverso la tenaglia del premio di maggioranza e delle soglie di sbarramento. In realtà si è trattato di un ripudio. Ma non è stata ripudiata solo l’alleanza con alcune forze politiche democratiche. E’ stata ripudiata una versione della democrazia, pluralista, partecipata, rappresentativa, che la Costituzione garantiva al popolo italiano, in favore di un sistema di governo fondato su un bipartitismo forzato, asfittico e miserabile.
E’ questo il colpo più grave che abbia mai ricevuto la Costituzione italiana da quando è iniziato il calvario delle riforme. Le istituzioni repubblicane ne escono profondamente ferite. Oggi c’è un’emergenza democratica, ancora più grave di quella che ha attraversato il nostro paese nel quinquennio 2001-2006, che, non a caso, si aprì nel segno del manganello con il G8 a Genova e si concluse con le carte di Pio Pompa, che dimostravano l’attitudine ad utilizzare i servizi segreti come una sorte di polizia politica di regime, dedita alla sorveglianza e alla “disarticolazione” degli oppositori.
Adesso ritornano quella stessa cultura, quegli stessi personaggi e quelle stesse pratiche politiche, ma la capacità di resistenza delle istituzioni democratiche alle degenerazioni della politica, oggi risulta notevolmente più indebolita. In questa situazione tutti ci chiediamo da dove ripartire. Ebbene, il problema è la democrazia, dalla democrazia non si può prescindere. Ripristinare il pluralismo, per ripristinare la partecipazione e la rappresentanza politica, restituendo alle forze politiche la libertà del confronto, del conflitto, della mediazione e rendere di nuovo i cittadini italiani partecipi ed attori della vita della comunità politica, invece che tifosi passivi di schieramenti imposti per legge.
Domenico Gallo
Articolo tratto da:
FORUM (94) Koinonia
http://www.koinonia-online.it