Felicità

Cancellate la bella espressione “un altro mondo è possibile”: io voglio questo mondo, il mio mondo e non un altro - di Francesco Parise

giovedì 2 novembre 2006.
 

Tanto tempo fa, in una città che oggi non esiste più, viveva un giovane ragazzo dagli occhi verdi. Grande era la sua passione per le stelle, per il mondo e le persone. Così, all’età di 17 anni, decise che la sua città era troppo piccola per lui. Riempì uno zaino con lo stretto indispensabile e prese il primo treno, per una meta sconosciuta. Passò degli anni a girare il mondo, ad osservare come le stelle cambiassero nei diversi paesi, ma come, sotto cieli diversi, vivessero sempre uomini e donne con gli stessi sentimenti. Uomini e donne che sorridevano al poco cibo che la vita gli concedeva, uomini e donne che vivevano con un costante spirito di ringraziamento verso qualcosa che ignoravano, uomini e donne. Ora ci siamo noi, di fronte al mondo. Vediamo uomini e donne, che non sorridono, che non ringraziano: non sono più uomini e donne. Se apro gli occhi, non vedo altro che odio e invidia. Se apro gli occhi, mi è impossibile non rammaricarmi, non piangere. Ma io gli occhi li apro lo stesso e anche se osservo sempre le stesse situazioni, nonostante sia a 800 Km di distanza da casa, non demordo. Non demordo dalla mia speranza di vedere uomini e donne che sono felici solo per il gusto di esserlo e perché vivono di ciò di cui vogliono vivere. Dopotutto è solo un problema di alienazione. Marx, la sapeva lunga. Ciò che mi ha insegnato Marx, più di tutto, è stato che l’alienazione è il problema dei mali del mondo. Immaginate, in questo momento, di poter fare esattamente ciò che volete fare (non nel senso anarchico della situazione). Volete scrivere? Scrivete. Volete piangere? Piangete. Ma vi prego, fate ciò che sentite. Odio le prigioni mentali che gli uomini si costruiscono, in cui dicono di vivere felici, e in cui ogni azione è uno sforzo. Quando due corpi sono troppo vicini e cercano di muoversi, non si può fare a meno di creare attrito. E allora, due persone che fanno esattamente ciò che non vogliono fare e si incontrano non potranno fare altro che crearsi barriere. Barriere che impediscono di amare ciò che abbiamo di fronte, uomini e donne come noi. Al di fuori dei tratti cattolici che può avere questo discorso(seppure partito da una base marxista), non c’è bisogno di essere credenti per volere un mondo migliore. I grandi uomini credevano, prima di tutto, nella forza degli uomini e poi in quella di Dio(qualunque egli fosse, non importa). Cancellate la bella espressione “un altro mondo è possibile”: io voglio questo mondo, il mio mondo e non un altro. Voglio vivere con la speranza che non ci sia gente in qualche parte del mondo, che vive, ancora, con la paura delle bombe che gli cadono addosso. Vivere con la speranza che non siano singole persone ad intaccare il mio libero arbitrio. Vivere con la speranza che se chiamo il mio Dio, Signore, Allah, Buddha e quanti altri ne esistono con il nome che più preferisco, nessuno verrà a dirmi che sbaglio, non nel 2006. Mazzini era convinto che il primo dovere dell’uomo fosse la fratellanza. Ma perché le idee vere sono nate prima di noi ma sono morte con noi? Se a metà dell’800 si poteva osare dare una tale interpretazione del destino dell’uomo, perché oggi ci chiudiamo nelle nostre prigioni per dimenticare ciò che ci circonda? Chi ci ha fatto tutto questo? Chi ci ha fatto tutto questo se non noi stessi? Liberatevi, unitevi, vivete, viviamo. “Per quanto l’uomo si possa ritenere egoista, vi sono evidentemente alcuni principi, nella sua natura, che lo inducono a interessarsi della sorte altrui, sebbene egli non ne ricavi alcunché, eccetto il piacere di constatarla”. Sono parole di Adam Smith ne “La teoria dei sentimenti morali”.

Francesco Parise


Rispondere all'articolo

Forum