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Giuseppe Marra: ’’E ora faccio la Media Company’’. In atto la trasformazione di Adnkronos, storica agenzia di stampa italiana, il direttore ne spiega le caratteristiche in un’intervista pubblicata su vari quotidiani

sabato 11 novembre 2006.
 

Perché il Gruppo Adnkronos, di cui lei è presidente e azionista, ha deciso di lanciarsi nel difficile, oggi più di ieri, mondo del cinema?

L’associazione d’impresa della Giuseppe Marra Communications (GMC) con Mediaset-RTL/Martinelli Film Company Int., che sta realizzando un film su Primo Carnera (La montagna che cammina), è un nostro primo passo (presto altri ne seguiranno) nel mondo del cinema. Un mondo, come lei ha sottolineato giustamente, quanto mai rischioso oggi. In futuro confidiamo di realizzare fiction in forme nuove. E questa attività sarà un altro ramo del nostro albero multimediale.

Come è nato l’incontro fra lei e il produttore/regista Renzo Martinelli?

E’ stato del tutto casuale. Ma non è stata casuale l’intesa che ci ha condotti ad associarci. Da tempo pensavo di infoltire l’albero del Gruppo Adnkronos. Renzo Martinelli, affermato regista di film di approfondimento su eventi di storia e di cronaca, era l’uomo giusto per i nostri obiettivi. Cito a memoria alcuni dei suoi film: Il mercante di Pietre, Porzus, Vajont-la diga del disonore, Piazza della Cinque Lune, Sarahasarà, La Bambina dalle mani sporche.

Sono allo studio altri film o fiction?

Sì. In un incontro con il direttore di Rai Fiction, Agostino Saccà, abbiamo esaminato l’idea di una coproduzione sulla storia di Hina, la giovane pachistana uccisa dal padre a Sarezzo, nel Bresciano. La vicenda di Hina ha commosso l’opinione pubblica e sollevato tutta una serie di questioni, delicate e complesse, sui problemi dell’integrazione nei paesi occidentali dei giovani, e soprattutto donne, che provengono da paesi di cultura, tradizioni e religioni diverse: Medio ed Estremo Oriente, Africa maghrebina, Europa orientale. E dunque fiction come quella sulla storia di Hina possono contribuire a non seppellire nell’oblio, drammi sui quali riflettere. Naturalmente, queste storie non devono trasmettere un messaggio didattico o, peggio ancora, propagandistico, ma oggettivo e veritiero. Solo così potremo comprendere una realtà complessa come quella islamica senza demonizzarla. Al tempo stesso le donne di cultura islamica sentiranno che è arrivato il tempo della loro autodeterminazione. Così si creeranno le premesse morali, ideologiche e di costume per stabilire una reciproca e armoniosa convivenza tra paesi e mondi diversi.

Tuttavia non è ancora del tutto chiara, mi permetta, la ragione più profonda per la quale un Gruppo editoriale come quello dell’Adnkronos, da sempre nell’informazione e comunicazione, ha deciso, come dire?, di uscire dalla sua pelle per entrare in quella di produttore di film o fiction.

Il discorso è piuttosto lungo. Cercherò di riassumerlo. Intendo trasformare la GMC in una vera e propria Media Company. Saremo così pronti a sfruttare tutte le occasioni e le opportunità che si offrono con la cosiddetta banda larga.

Politici e mass-media parlano sempre più spesso di banda larga. Ma cosa essa sia ancora sfugge alla comprensione del grosso pubblico. Vuole aiutarci lei, da giornalista e direttore piuttosto che da editore, a spiegare cosa significa e quali ne siano le potenzialità?

Con banda larga si indicano quelle tecnologie che consentono il collegamento a Internet e alle reti locali con una velocità di trasmissione dei dati superiore a quella dei Modem tradizionali. Grazie alla banda larga si garantiscono servizi semplici, efficienti e meno costosi. Questa tecnologia si distingue da altre connessioni (tipo ISDN, ADSL, satellite) per l’alta velocità di trasmissione e di ricezione. Tramite le fibre ottiche, le reti possono trasportare quantità enormi di informazione a velocità superiore a quella dei tradizionali cavi in rame. La banda larga è una sorta di tubo attraverso il quale arriverà, anzi già arriva, nelle nostre case tutta una serie di contenuti relativi all’informazione, alla comunicazione, all’intrattenimento, e altro. Contenuti che prima erano visualizzabili esclusivamente attraverso la televisione. Questa tecnologia suggerisce di per sé di pensare ai film, alle fiction. E dunque di portare la televisione nel cavo.

Qual è la maggiore novità?

L’interattività, resa possibile dal mezzo e dalla banda larga, prevede una fruizione non solo passiva, ma attiva e intelligente, così che l’utente può crearsi un palinsesto personale. Parlo di contenuti d’informazione tradizionale e multimediale (testo, audio, video). A questi contenuti sono affiancati l’infotainment e la fiction vera e propria. La parola inglese infotainment dice tutto. E’ un neologismo che deriva dalla fusione d’informazione (information) e intrattenimento (entertainment). Identifica la mescolanza di vari generi: per esempio, fare spettacolo all’interno di programmi d’informazione. Naturalmente queste combinazioni fra generi diversi impongono di esplorare nuovi linguaggi visivi: cortometraggi, approfondimenti tematici, programmi di alleggerimento.

Quali sono i maggiori problemi che si pongono per un gruppo editoriale come il vostro?

Di ogni tipo. Tutto passa, infatti, attraverso una riorganizzazione dei processi produttivi tradizionali, peraltro già in atto nel nostro Gruppo (Agenzia Adnkronos, Aki, Agenzia Salute, audiovisivi e relativi Tg, web). Tutte queste attività, che io chiamo l’albero GMC, avranno le loro radici in una piattaforma multimediale di produzione. I vari soggetti saranno integrati nei nuovi processi. Anzi, la piattaforma sarà disegnata su di essi, nel modo più idoneo a creare contenuti, pronti per il nuovo mezzo, dove il web va a convergere sulla televisione interattiva: la cosiddetta IPTV, che è quella che gli operatori di telecomunicazioni porteranno nelle nostre case: a larga banda, appunto. Tutto ciò richiede nuovi linguaggi di comunicazione visiva e interattiva. E’ su questo terreno che il Gruppo Adnkronos, animato da sempre da spirito pionieristico, dovrà sfidare i suoi concorrenti.

Queste tecnologie richiedono, ovviamente, nuove professionalità e nuovi modi di lavorare del personale.

Certamente. E qui il sindacato, permettetemi di parlare da editore in questo caso, fa registrare ritardi inquietanti nell’impostazione delle sue battaglie. Infatti i nuovi mezzi di diffusione e la piattaforma di produzione multimediale impongono di disegnare una figura del tutto nuova di operatore dell’informazione. Il quale deve utilizzare al meglio la piattaforma. E padroneggiare sia gli strumenti tecnici (piccole telecamere, ecc.) che i nuovi linguaggi, che lui stesso dovrà creare. Così potrà guidare il pubblico, non più solo “ascoltatore”, nel bosco ceduo del nuovo medium aiutandolo ad acquisire piena consapevolezza di come fruire i contenuti. In questo senso l’operatore dell’informazione è anche un esploratore apripista.

Con questi mezzi, dunque, si entra nel futuro.

Siamo già nel futuro, anche se editori e giornalisti stentano a prenderne atto per pura e irresponsabile pigrizia. E invece, nelle fasi tecnologicamente rivoluzionarie, non si può essere conservatori, tradizionalisti, senza rischiare di mettere in crisi aziende e creare le premesse al loro fallimento. Per quanto mi riguarda non posso capire chi si rifiuta di partecipare a un’avventura professionale avvincente.


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