Fecondazione

Il cardinale Ruini pontifica sul referendum: l’astensione difende i valori. Il presidente Pera filosofa sulla terza via, dimenticando uno dei fondamenti della logica: il principio di non contraddizione

Storia di un istituto maldestro in Italia, il referendum, sinistro, non centrato sulll’effettiva volontà popolare
sabato 28 maggio 2005.
 

Prescindo, qui, per ragioni ovvie, dall’argomento più interessante del prossimo referendum: è l’embrione persona umana?

Che cosa discende, di fatto, dal considerarlo tale ovvero dal ritenerlo qualcosa di ben diverso? Quali sono le effettive preoccupazioni ideologiche, teologiche e politiche, a riguardo, della Chiesa cattolica? Può essa chiudersi nella difesa dell’ortodossia o può accettare il principio della laicità dello Stato, dedicandosi prioritariamente alla cura dello spirito e alla pratica d’una risposta continua al bisogno primario di giustizia?

Si può dire ben poco, sull’attualità della faccenda referendaria, se non che il dibattito incalza, infiamma e produce rumore per nulla. Molto, moltissimo: anche con l’improbabile vittoria del sì, il centrosinistra unito, che vincerà forse le prossime politiche, in ultimo bilancerà, comporrà, arriverà a giusta sintesi con noi cattolici, per coerenza sistematica. In fatto di referendum, lo scontro non è più, come in democrazia, fra due posizioni distinte, alternative: sì abrogativo e no di conferma. La faccenda è ridotta al triste dilemma tecnico, sul piano procedurale, e poco emotivo, fra il votare o lo starsene a casa in comodità, a difendere i valori dell’incoscienza politica e della subordinazione al potere dominante. Nonostante la sovrabbondante retorica del presidente del Senato, che argomenta in prima persona sul Corriere della Sera di oggi, forte d’una metodologia laicamente scientifica e d’una epistemologia che in politica sarebbe gradualistica ma dimentico che «A non è non A», non risultano affatto convincenti le argomentazioni proposte, in questo periodo, dai sostenitori dell’astensione. Va ricordato, però, che ogni blocco sociale (?!), ogni forza politica, utilizza il referendum come gli pare e piace, prima accreditandone il valore costituzionale e, a breve distanza, delegittimandolo con l’estensione delle due, sole opzioni possibili. Si prova, cioè, in base alle circostanze, a far cadere la proposta referendaria o a spalmarla nel tessuto sociale. Il che può significare, da un lato, che s’intende difendere, a prescindere, il proprio operato di legislatore; dall’altro, invece, che si sperimenta la capacità di penetrazione politica e consenso, dissentendo sulla concreta disciplina d’una specifica materia di legge e, inequivocabilmente, raccattando materiale per le elezioni. Oggi, la Chiesa cattolica, tramite il cardinale Ruini, sostiene con potenti mezzi la campagna per l’astensione, sulla base non tanto d’un ragionamento di tipo politico, in senso ampio, e giuridico - o, ancora, in prospettiva futura. Nonostante le ragioni dei cattolici (o cattoliche), l’istituzione Chiesa, con l’astensione, sembra difendere, di fatto e forse anche involontariamente, il canale privilegiato con la Casa delle libertà. Si potrebbe citare, a eventuale conferma, il finanziamento statale alle scuole private e, per altri versi, una certa simpatia di prelati per il nostro primo ministro, che, a rigore, non sarebbe, poi, un cattolico troppo ortodosso. Bisogna dire che l’attuale normativa - preferiamo senz’altro questo termine ad altri più numerici e da Porta a Porta - sulla fecondazione medicalmente assistita ha recepito le istanze del cattolicesimo istituzionale e le ha tradotte senza deviazioni. Concepita, in parte, dalla vigente maggioranza, specie per quanto concerne l’area entro cui si possono svolgere determinate operazioni riguardanti la fecondazione, è abbastanza coerente con l’esigenza politica - del Polo - di confondere un certo liberismo non liberalistico con la tradizione democratica e cristiana di De Gasperi ed eredi. A contrario, lo provano, per alcuni aspetti, scoppiata la peste all’interno della Casa delle libertà, le profonde e strumentali divisioni - che apparentemente rispondono alla naturale e giusta autonomia politica all’interno - fra la posizione di Casini, ad esempio, sulla legge 40 del 2004, e quella della ministra Stefania Prestigiacomo. Ma, in tempi di pluralismo, flessibilità politica, inevitabili e rapidi cambiamenti, ravvedimenti in campo - perfino Sgarbi o Rutelli - e pratica coerente del pensiero debole di Vattimo, tutto si può ammettere, finanche gli imperdibili sberleffi quotidiani alla forma repubblicana, da parte della Lega. La politica parlamentare si riscopre avventuriera, votata all’esotico, al viaggio, all’esplorazione, alla sperimentazione, all’eterno ritorno. In ultimo, infatti, qualunque sia lo schieramento di temporanea appartenenza, qualunque sia l’idea o l’ideologia smentita e professata, qualunque collocazione e visione d’un problema aperto, che chiede risposte improrogabili, il referendum, inteso come istituto, si svuota e mortifica secondo esigenze di parte. Si può anche essere titolati come Pera o rispettabili come Ruini, non importa. La via dell’astensione, la terza via, è un ulteriore - e se vogliamo più grave - colpo per gli elettori, purtroppo solo per loro, noi, che testimonia l’incapacità della politica di palazzo, anche con imponenti ingerenze religiose, di condurre il gioco democratico degli opposti e pervenire a una corretta sintesi della volontà popolare.

Emiliano Morrone


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