Referendum sulla fecondazione

L’embrione e la persona, del prof. Giovanni Sartori

Contraddizioni dei sostenitori della legge 40
domenica 29 maggio 2005.
 

La legge 40 che sarà sottoposta tra poco (il 12-13 giugno) a referendum è una legge su che cosa? Ufficialmente è una legge sulla «fecondazione artificiale», o assistita, anche detta, seppur impropriamente ed erroneamente, sulla fecondazione eterologa. In verità è molto molto di più. È una legge che stabilisce che l’embrione è già vita umana, e che perciò correda l’embrione di «diritti». Ora, nessuno contesta che l’embrione sia vita. Un sasso non ha vita; ma tutto ciò che nasce, si sviluppa e muore, è vita. Le piante sono vita, gli animali sono vita. E da un punto di vista biologico il genoma (i geni) di uno scimpanzé è quasi eguale - al 99,5% - a quello di un essere umano. Eppure la differenza tra uno scimpanzé e un homo sapiens è immensa. Qual è? Perché l’embrione umano va protetto e quello dello scimpanzé no? Se dobbiamo proteggere la vita, allora di questa «vita e basta» esistono miliardi di miliardi di specie e di varietà. Ma se ci interessa specificamente la protezione della vita umana, allora la dobbiamo definire, allora dobbiamo stabilire quale vita è umana e perché. Fino a circa mezzo secolo fa, lo sapevamo. Grosso modo (ci sono eccezioni) per la Chiesa e per la fede l’uomo è caratterizzato dall’anima, e l’«anima razionale», per dirla con San Tommaso, arriva tardi, non certo con il concepimento. Invece per la filosofia, o per la riflessione razionale, l’uomo è caratterizzato dalla ragione, dalla autocoscienza o quanto meno da stati mentali e psicologici coscienti. Per Locke, per esempio, la persona è «un essere consapevole di sé», e «senza coscienza non c’è persona» ( Saggio , II, 27). Ma ecco che d’un tratto, la Chiesa cattolica dimentica l’anima (e con essa tutta la sua teologia) e si affida alla biologia, alla quale fa dire che tra il mio embrione e me non c’è differenza: vita umana la sua, vita umana la mia. Ma purtroppo la differenza c’è; ed è anche addirittura a mio danno. Se, come mi augura un simpatico lettore, io fossi stato ucciso in embrione io non me ne sarei accorto e nemmeno avrei sofferto; invece io come persona umana so che dovrò morire e forse anche soffrire. E il discorso serio, l’argomento logico, è questo: che se un embrione sarà una persona, ancora non lo è come embrione. E sfido qualsiasi ruiniano a fornire una definizione di «persona umana» che si applichi all’embrione. Passo ai risvolti pratici e agli aspetti concreti della questione. Un primo argomento dei sostenitori della 40 è che proteggere l’embrione è proteggere il più debole, la vita più debole. Ma da questo punto di vista gli embrioni non se la stanno cavando tanto male. I testi di demografia di quando nascevo prevedevano per il 2000 una popolazione di 2 miliardi; invece siamo addirittura più di 6 miliardi e si prevede che saliremo fino a 9. Ne risulta un eccesso di successo degli embrioni: una sovrappopolazione che porta alla distruzione della Terra, del pianeta Terra, e così anche al suicidio tendenziale del genere umano. In questo contesto, il diritto alla vita si capovolge in una straziante condanna a morte per i già nati, i viventi in eccesso. Un altro argomento è che la 40 tutela la donna. Questa poi. Se l’embrione è sacro e inviolabile, anche la pillola (contraccettiva) del giorno dopo deve essere proibita. Così centinaia di milioni di minorenni inesperte o anche violentate si devono tenere un bambino indesiderato o altrimenti ricorrere all’aborto. Che però dovrà essere anch’esso lestamente proibito, perché se passa la 40, la legge 194/78 sull’aborto non potrà essere mantenuta: la contraddizione non lo consente. E così torneremo alle «mammane» clandestine che spesso massacrano e ammazzano le loro clienti. Davvero una bella tutela.

di Giovanni Sartori

sul Corriere della Sera del 29 maggio 2005 (www.corriere.it)


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