Evangelo - buona notizia!!! Non il "van gélo" del "Dio Mammona" (="Deus caritas" ) - laico e religioso!!!

PIANTO E RABBIA, CONTRO IL "VAN GéLO" DELLA GUERRA E DELL’INFERNO!!! Carissime e carissimi, sono le ore 17 di martedì, 27 marzo 2007 d. C. Una lettera di don Aldo Antonelli - a cura di pfls

martedì 27 marzo 2007.
 
[...] Al senato della Repubblica Italiana avranno iniziato a votare per il rifinanziamento della “Missione Afganistan”. L’Iraq di sicuro avrà anche oggi pagato il suo quotidiano ticket funereo per il passaggio alla democrazia. In Afganistan continuano a piovere le innumerevoli bombe salvavita della guerra umanitaria che i popoli della beneficenza tengono su per la proria “dignità” e per l’altrui “libertà”! [...]

Carissime e carissimi,

sono le ore 17 di martedì, 27 marzo 2007.

Sono seduto nel mio studio, disaffezionato a tutto, con lo sguardo che non trova un punto su cui fermarsi: un punto solo, dei milioni di punti di cui consta la parete di fronte e lo scaffale di libri che parzialmente la ricopre. Al senato della Repubblica Italiana avranno iniziato a votare per il rifinanziamento della “Missione Afganistan”. L’Iraq di sicuro avrà anche oggi pagato il suo quotidiano ticket funereo per il passaggio alla democrazia. In Afganistan continuano a piovere le innumerevoli bombe salvavita della guerra umanitaria che i popoli della beneficenza tengono su per la proria “dignità” e per l’altrui “libertà”!

Mi viene una voglia irrefrenabile di pianto.

La luce che filtra dalla finestra è una luce buia, una luce quasi nera, non più sufficiente a distinguere il giorno dalla notte....; e non so perché non piova.

Accendo l’abatjour e dal dorso lucido di un libro che mi sta di fronte mi viene un seducente invito.

.............

“Biskashì” di Gino Strada.

Lo prendo e lo sfoglio al rovescio.

Nell’ultima pagina trovo, appuntati a matita, l’ora e il giorno in cui ho terminato di leggerlo: 27 Ottobre 2002, ore 23,45!

Poi trovo, a pagina 168, la lettera con la quale Gino chiude il libro: si tratta di una bellissima lettera indirizzata alla figlia Cecilia.

La leggo.

Cara Cecilia

spero tu riesca a leggere questa mail. Oggi torno a casa, o almeno mi metto in viaggio. Mi sembra di essere via da un tempo lunghissimo, ho bisogno di casa.

È stato un periodo difficile, passato tra stanchezza, rabbia, paura e soprattutto tristezza.

La guerra rende tristi. I morti che non abbiamo potuto vede­re, e quelli che abbiamo visto morire nei nostri ospedali. E i fe­riti... quante vite segnate, molte per sempre.

Ci sarà chi ricorderà questi mesi per aver perso un occhio, o una mano, o entrambe, e chi non ricorderà niente per quella maledetta scheggia che gli ha toccato il cervello, e chi ricorderà tutto, ogni volta che si troverà ad arrancare su una carrozzina.

Molte famiglie sono in lutto, molte stanno ancora soffrendo e molte sono in rovina, più povere di prima e con una bocca in più da sfamare. Più numerosi di prima sono gli orfani e le ve­dove.

Ho visto le vittime. Vere, reali, ho ancora negli occhi le loro facce di esseri umani sofferenti.

Non credere una parola, quando diranno che hanno “sconfit­to il terrorismo”. Sono bugie, enormi bugie che difenderanno con i denti per coprire i propri crimini e i propri interessi.

Ma i morti e i feriti sono lì, se ne trovano i resti e la memoria, se si ha il coraggio di farlo.

Abbiamo curato più di duemiladuecento persone, in questi mesi: l’ottantasette per cento erano civili.

Anche questa volta hanno assassinato migliaia di civili inno­centi, hanno fatto la stessa cosa dei terroristi che dicevano di vo­ler punire.

Non credere una parola, ogni volta che cercheranno di spie­gare come sarà bella la guerra futura, tecnologica, selettiva, “umanitaria”.

Sarà solo un altro carico di morte e di miserie umane.

Venendo qui abbiamo fatto il nostro dovere, ed è stato utile. In questi mesi all’interno della guerra abbiamo lavorato molto, rattoppando ferite. E abbiamo capito che non possiamo tacere di fronte ai crimini, anche quando compiuti in nome della “ci­viltà”.

Non ho visto giustizia, in questi mesi, né pietà, non ho visto ragione né umanità. Forse anche per questo ho bisogno di casa.

Sarò sempre contro la guerra, perché non sarei capace di vi­vere pensando a te in mezzo all’orrore. Ti voglio bene, a presto

un bacio, Gino

Ora mi accorgo che mi è passata la voglia di pianto.

Ma mi è subentrata una rabbia che non so come e dove sfogare!.........

Quanto vorrei che questa lettera la leggessero i nostri parlamentari!

Avrebbero ancora il coraggio di parlare di guerra o, sinonimo traditore, di interventi umanitari?

Ectoplasmi le loro facce, non più umani volti.

Aldo [don] Antonelli


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