Tbc, un’altra tragedia cambogiana
La tubercolosi , aggravata dalla fame, miete migliaia di vittime e rischia di diffondersi. Da mesi il Programma alimentare mondiale, senza fondi, ha sospeso gli aiuti
di JEAN ZIEGLER* (La Stampa,31.03.2007)
Nonostante la questione sia dibattuta in tribunale, il popolo cambogiano deve ancora riuscire ad accettare la tragedia di Pol Pot e lo spietato retaggio dei Khmer Rossi. Una società che si rivolta contro se stessa con tale ferocia finisce col diventare insensibile alle proprie sofferenze. Ora all’orizzonte si profila una nuova tragedia. Una combinazione insidiosa di fame e malattie sta mietendo vittime tra le fasce più povere della popolazione. Il fatto che siano in migliaia e non milioni è di poco conforto. Oltre 70 mila cambogiani sieropositivi e 18 mila malati di tubercolosi sono rimasti senza cibo. Perché le magre razioni del Programma Alimentare Mondiale che garantivano la loro sopravvivenza sono sospese da mesi perché non ci sono sufficienti finanziamenti. Per pochi milioni di dollari decine di migliaia di persone rischiano la vita. In Occidente abbiamo smesso di riflettere sull’importanza del cibo e della salute, tranne quando vogliamo ridurre la circonferenza del girovita.
Ma in Cambogia il cibo rappresenta ancora una potente forza vitale. Migliaia di poveri affetti dalla tubercolosi si presentano ogni giorno, in cambio d’un pugno di riso e un cucchiaio d’olio, per ricevere i farmaci e completare la cura. Senza cibo, i pesanti effetti collaterali dei medicinali e la lontananza da casa durante la terapia sono un peso troppo gravoso che spesso induce a interrompere il trattamento. Ma che importa questo al cittadino di Bruxelles o di Boston? La Banca Mondiale e un esercito di economisti sarebbero pronti a confidarvi che certi programmi favoriscono ben poco la crescita economica. Che cosa offre un malato di Aids o Tbc al prodotto interno lordo e all’inesorabile avanzata della globalizzazione? Poco o niente, e forse questo spiega la mancanza di fondi: questa gente non rappresenta un buon investimento.
Ma stavolta la nostra indifferenza davanti al fondamentale diritto al cibo potrebbe ritorcersi contro di noi. Si pensa alla tubercolosi come a una malattia dell’800 che seminava morte nei quartieri popolari di Londra, Berlino, Parigi. In realtà la malattia è ancora tra di noi e miete oltre 1,5 milioni di vittime l’anno. Più alto è il numero di pazienti che interrompono il ciclo di cure, maggiori sono le probabilità che si diffondano ceppi aggressivi e resistenti ai farmaci. Non solo in Cambogia e nel Sud-Est asiatico, ma in tutta Europa. Focolai di tubercolosi farmacoresistente sono stati registrati nelle carceri statunitensi, nella Federazione Russa, in Sud Africa. Durante la breve pandemia della tubercolosi nota come XDR in Sud Africa sono morti 52 pazienti su 53. Nell’ipotesi che i malati abbiano accesso alle cure più avanzate, il costo di una terapia supererebbe i 50 mila dollari a paziente. Ai poveri non resta che morire. Perché lasciamo che tutto questo accada? Gli esperti puntano il dito contro i media che, ossessionati dall’influenza aviaria tra i tacchini della Gran Bretagna, ignorano la minaccia globale della tubercolosi XDR.
Una persona su tre al mondo ha contratto il suo microbatterio e rischia di sviluppare la malattia, specie se individui denutriti. Allo stato attuale, la tubercolosi è la principale malattia curabile a mietere vittime tra la popolazione giovane e adulta. E lasciamo che i malati soffrano la fame. Quello che noi europei cerchiamo in Cambogia - una sciarpa di seta, un giro in elefante, un’istantanea dei templi al crepuscolo - resterà nostro anche se chiuderemo ancora una volta gli occhi davanti alle sofferenze di questo popolo, lasciando che i malati di AIDS e TBC muoiano discretamente di fame. Continuiamo pure a immergerci nei piaceri offerti da Paesi come la Cambogia e i suoi impoveriti omologhi africani, ma forse tra non molto sarà meglio evitare di respirare a fondo.
* Relatore Speciale delle Nazioni Unite per il diritto all’alimentazione
ALLARME TBC SUI VOLI, MINISTERO SANITA’: IN ITALIA RISCHI RIDOTTI *
WASHINGTON - Un allarme Tbc è stato lanciato dalle autorità sanitarie di Stati Uniti e Canada, che hanno invitato i passeggeri di un volo dell’Air France Atlanta-Parigi e di uno della Czech Airlines Praga-Montreal a farsi visitare per accertare di non essere stati infettati da un passeggero affetto da una forma di tubercolosi resistente alle cure. Nei giorni scorsi l’allarme e’ scattato anche a Roma, dove l’americano stava trascorrendo la luna di miele. Le autorità Usa, ha detto la Gerberding alla Cnn, sono entrate in contatto con l’uomo mentre era in Italia nei giorni scorsi, ma per una serie di circostanze non sono riuscite a metterlo sotto sorveglianza medica fino a quando non è rientrato negli Usa su un volo di linea. L’ambasciata degli Usa in Italia, secondo la Gerberding, ha seguito la vicenda. Il Cdc ha reso noto di star lavorando per verificare provvedimenti da prendere per l’equipaggio e i passeggeri dei voli transatlantici su cui ha viaggiato l’uomo. Il malato, che da Montreal ad Atlanta ha viaggiato via terra, si trova ora in quarantena e ricoverato nella città della Georgia, ha spiegato in una conferenza stampa a Washington la direttrice dei Centri federali per il controllo e la prevenzione delle malattie (Cdc), Julie Gerberding. "Per la grande maggioranza delle persone che si trovavano a bordo di quegli aerei non ci sono seri rischi di restare infettati", ha detto la Gerberding, aggiungendo però che "questo rischio non è nullo". E’ la prima volta che il Cdc impone un controllo e una quarantena di questo tipo dal 1963, ha spiegato poi un portavoce dei Cdc. Sollecitazione simile ai passeggeri perché si facciano visitare è stata fatta a Ottawa dal portavoce dell’autorità sanitaria canadese, Jean Riverin, il quale ha precisato anch’ egli che comunque il rischio di contagio è "molto basso". Il passeggero in questione sapeva di aver contratto la tubercolosi prima di imbarcarsi sui voli Air France Af385 e Czech 0104, ma non poteva sapere che si trattava di una forma ultra-resistente a diversi antibiotici.
AMERICANO SFUGGITO AD AUTORITA’ ITALIANE L’americano affetto da una rara forma di tubercolosi che ha messo in allerta vari paesi, è sfuggito giorni fa alle autorità italiane, alle quali gli era stato ordinato dagli Usa di consegnarsi. Lo ha raccontato lui stesso, in un’intervista concessa in forma anonima al quotidiano Atlanta Journal-Constitution. L’uomo è rimasto tre-quattro giorni a Roma, intorno al 21 maggio, prima di fuggire con la neo-moglie verso la Repubblica Ceca, da dove il 24 maggio si è imbarcato su un aereo per il Canada. Da qui, in auto, ha raggiunto Atlanta, dove è stato chiuso in un ospedale, isolato e protetto da guardie armate. Il paziente ha raccontato di aver avuto paura che in Italia non sarebbe stato curato in modo adeguato e di aver quindi fatto di tutto per rientrare negli Usa. Il CDC di Atlanta, l’agenzia federale che si occupa di epidemie, lo ha contattato a Roma il 21 maggio, dopo che sono arrivati i risultati di alcuni test che segnalavano la gravità della sua situazione. L’uomo ha detto che gli è stato chiesto di cancellare i programmi di viaggio e rientrare negli Usa. La coppia ha così annullato la partenza da Roma il giorno dopo per Firenze ed è rimasta in attesa in un albergo romano. Il giorno successivo, però, secondo il racconto, dagli Usa é stato ordinato all’uomo di consegnarsi immediatamente alle autorità italiane, per essere ricoverato in isolamento. "Ho pensato: ’Questi sono pazzi, non lo faro’ maì", ha raccontato. La fuga è stata decisa da lui e la moglie, ha detto, mentre attendevano che arrivasse qualcuno a prelevarli. "Eravamo seduti in una stanza d’albergo in Italia - ha raccontato - e ci siamo guardati negli occhi: eravamo in viaggio di nozze e le autorità sarebbero venute a prenderci". Entrambi hanno deciso di non aspettare e sono scappati.
MINISTERO, AVVIATI CONTROLLI MA RISCHIO RIDOTTO Sono state avviate le iniziative di vigilanza e segnalazione in merito al caso del del cittadino americano affetto da Tbc e in transito a Roma, ma "non esistono rischi di contagio per contatti occasionali". Lo afferma il ministero della salute in una nota, precisando che la ricerca degli eventuali ’contatti’ avuti durante il viaggio aereo è necessaria solo per i voli superiori alle 8 ore. Il Centro di Controllo delle Malattie di Atlanta (CDC), si legge nella nota, "ha informato il Ministero della Salute italiano su un caso di tubercolosi multifarmacoresistente occorso in un cittadino americano di 32 anni che ha soggiornato a Roma per due giorni e che ha lasciato l’Italia con un volo diretto a Praga nei giorni scorsi. Le Autorità sanitarie italiane sono in continuo contatto con le Autorità sanitarie americane e degli Stati Membri per coordinare le misure di controllo, che si applicano normalmente in questi casi". Secondo le indicazioni delle Linee Guida dell’Organizzazione Mondiale della Sanità (OMS), precisa il ministero, "la rete di sorveglianza italiana è stata attivata, in via precauzionale, e si sta procedendo all’identificazione e contatto dei passeggeri che occupavano i posti delle due file anteriori e posteriori rispetto a quello occupato dal passeggero americano. In proposito è bene sottolineare che le linee guida dell’Oms - aggiunge il ministero della salute - prevedono che la ricerca dei contatti sia necessaria solo per i voli di durata superiore alle 8 ore, e non è questo il caso del volo Roma-Praga, e ciò perché in caso di voli di minore durata i rischi di contagio sono pressoché nulli". Il Ministero della Salute ha inoltre previsto l’avvio dell’identificazione di eventuali ulteriori contatti relativi al soggiorno del cittadino americano nella città di Roma.Il cittadino americano era, ed è tuttora, asintomatico e al momento, conclude il ministero, "non si è verificata alcuna infezione tra le persone a suo contatto stretto (familiari e conoscenti). Eventuali contatti occasionali avuti in Italia non rappresentano fonte di rischio".
* ANSA» 2007-05-30 16:10
La tubercolosi torna a colpire. In Italia 5mila nuovi casi all’anno
Pensavamo fosse un brutto ricordo. Invece, la tubercolosi uccide ancora. A renderla forte, è lo stretto legame con l’Hiv che è cresciuto più del doppio. L’Organizzazione mondiale delle Sanità ha scelto la data del 24 marzo per la Giornata mondiale sulla tubercolosi e punta il dito proprio su questo: nonostante la tubercolosi uccida più malati di Aids rispetto a qualsiasi altra malattia, spiegano, nel 2008 solo l’1% delle persone con l’HIV si era sottoposto a uno screening per la Tbc. Eppure l’Aids, una sindrome da immunodeficienza, «disabilita» il sistema immunitario, consentendo a infezioni come la tubercolosi di dilagare.
È anche per la mancanza di informazione, quindi, che ogni anno due milioni di persone nel mondo muoiono di tbc: Africa e Asia sono i Continenti più colpiti, ma anche in Italia si contano 5 mila nuovi casi ogni anno di cui il 40% si verifica tra gli stranieri. È di pochi giorni fa la notizia di una donna nigeriana morta a Bari: Joy Johnson, 24 anni, si prostituiva ed è stata trovata per strada, stroncata da una «polmonite carnosa tubercolare». Aveva vissuto per un periodo nel Centro richiedenti asilo del capoluogo pugliese: ora un’interrogazione al ministro Sacconi e Maroni, presentata dalla deputata radicale-Pd Rita Bernardini, si chiede «quanti siano i casi di tubercolosi registrati nell’ultimo anno nei centri di accoglienza in tutta italia; se la donna nigeriana, durante la sua permanenza nel centro di Bari fosse stata visitata da personale medico, come previsto dalle procedure e se le fosse stato o meno diagnosticato il male che ha causato la sua morte; se non ritengano i ministri interrogati che occorra d’urgenza modificare le politiche finora qui seguite riguardo il fenomeno della prostituzione che anzichè far emergere la clandestinità, per tenere sotto controllo il fenomeno, la alimentano con il risultato di incrementare gli atti di violenza e la trasmissione di malattie».
Insomma, le concause e le responsabilità sono tante. Per questo Medici Senza Frontiere ha lanciato oggi la sua campagna per «inserire questa patologia nelle agende di istituzioni, mondo sanitario e media». E ha deciso di fotografare con un a ricerca l’impegno degli italiani e il flusso di finanziamenti che il nostro Paese destina alla lotta contro la tubercolosi. Come ultimo dato, va sottolineato che la tubercolosi è una delle malattie più diffuse nelle carceri: si calcola che a settembre scorso, su una popolazione carceraria di 55.960 persone, erano circa 3mila i detenuti affetti ha Hiv e ben il 15% erano in fase di Aids conclamata; il 38 per cento dell’intera popolazione detenuta era colpita dall’epatite virale da Hcv e il 25 % era positivo al test per l’infezione da tubercolosi.
* l’Unità, 24 marzo 2009
L’allarme di medici senza frontiere: situazione drammatica in Africa e Asia
Il ritorno della tubercolosi: due milioni di morti all’anno
Nelle zone dove è diffusa l’Hiv «i farmaci interagiscono fra loro e il loro effetto si indebolisce» *
MILANO - I medici pensavano di averla sconfitta negli anni ’70. Ma la tubercolosi (Tbc) è tornata, più forte che mai con le sue forme resistenti ai farmaci e l’alleanza letale con l’Hiv. Ancora più pericolosa perché sottovalutata, e a lungo dimenticata da politici e case farmaceutiche: nove milioni di casi l’anno, quasi due milioni di morti e 2 miliardi di persone contagiate dal batterio, cioè un terzo della popolazione. Mezzo milione sono invece i casi di "super-Tbc", quella multiresistente. «La maggior parte dei casi si concentra in 22 Paesi, tutti a basso o medio reddito. È nell’Africa subsahariana che la situazione si fa davvero critica, perché c’è anche un’alta prevalenza di Hiv». E’ l’organizzazione internazionale di Medici senza frontiere (Msf) a rilanciare l’allarme e a riportare la malattia sotto i riflettori. Possibilmente anche sul tavolo dei "potenti" del G8. E’ per questo che viene lanciata la campagna «Tubercolosi: i nuovi volti di una vecchia malattia». L’invito avanzato dal direttore generale di Msf Italia Kostas Moschochoritis che serve «un maggiore accesso alle cure, farmaci innovativi e test diagnostici più adeguati. E vanno estesi anche i programmi di cura della Tbc resistente, favorendo l’accesso ai farmaci di seconda linea. La cura per la Tbc, infine, deve essere integrata con quella per l’Hiv».
AFRICA: ESPLOSIVO L’ABBINAMENTO CON L’HIV - Nell’Africa subsahariana la situazione è drammatica «perchè c’è anche un’alta prevalenza di Hiv», avverte Moschochoritis. Altra area problematica è il Sudest asiatico. «All’alta incidenza della tubercolosi in queste zone - ha aggiunto il direttore di Msf - si aggiunge il fatto che spesso i sistemi sanitari non funzionano bene, e le cure sbagliate sono nel mirino per l’aumento dei casi di Tbc multiresistente». Quando la Tbc si affianca all’Hiv le cose si complicano ulteriormente, «perchè spesso i farmaci interagiscono fra loro e il loro effetto si indebolisce». Nei Paesi ad alta prevalenza di Hiv, spiega Moschochoritis, i casi di tubercolosi sono praticamente triplicati.
* Corriere della Sera, 24 marzo 2009
Test al centro immigrati metà sono positivi alla Tbc
Il prefetto: nessun allarme, ma screening di massa. Sono 870 stranieri e 180 dipendenti
Radiografia al torace per gli ospiti del centro
di Francesca Savino *
Escluso ogni rischio di epidemia, anche se i primi test registrano il 50 per cento di positività agli anticorpi della tubercolosi fra le oltre mille persone esaminate finora. Massima attenzione alle informazioni e alla prevenzione, con screening approfonditi e radiografie su tutti gli ospiti e i dipendenti del Cara, ma nessun allarmismo. Il comitato per l’ordine e la sicurezza, riunito ieri in Prefettura, cerca di ammorbidire i toni sulla questione Tbc a Bari. Dopo la morte per collasso polmonare di Joy Johnson, la 25enne nigeriana stroncata due settimane fa da una forma acuta della malattia, e la positività al test di una interprete della Questura entrata in contatto con la ragazza lo scorso novembre, adesso si pensa anche a imporre un trattamento sanitario obbligatorio a chiunque si presenti in ospedale con i segni di patologie contagiose. «La ragazza nigeriana poi stroncata dalla Tbc era risultata positiva nel corso di un controllo al Di Venere poche settimane prima della morte» spiega il prefetto Carlo Schilardi. «La sua fuga ha impedito di approfondire la diagnosi e curarla: un caso limite che non deve ripetersi, a costo di richiedere l’eventuale intervento dell’autorità giudiziaria».
Nelle stesse ore in cui la Prefettura ospitava il vertice con il questore Giorgio Manari, il comandante provinciale dei carabinieri Antonio Bacile e della guardia di finanza Gianluigi D’Alfonso, nei laboratori di analisi della Asl di Bari arrivavano i primi risultati sui test della tubercolina, che indica la presenza di anticorpi specifici per un contatto pregresso dell’organismo con il germe. Sui primi 870 immigrati e 180 dipendenti del Centro accoglienza richiedenti asilo di Palese da cui era passata Joy Johnson, i primi dati scrutinati registrano un 50 per cento degli esaminati positivo al test. Da oggi partiranno nel Cara le radiografie al torace su tutti i richiedenti asilo presenti nella struttura, grazie a un mezzo mobile in dotazione alla Asl, mentre il personale della questura potrà recarsi nel centro di pneumotisiologia territoriale.
I test sono stati estesi anche ad altri agenti, soccorritori e interpreti che hanno avuto contatti con la ragazza. «Ogni mestiere ha i suoi rischi» riflette il prefetto Schilardi. «Questo mi sembra un pericolo meno grave di altri: se anche una tubercolosi conclamata, va ricordato che è una malattia curabile». Fra poliziotti e mediatori culturali analizzati c’è anche l’interprete di origine marocchina che due giorni fa è risultata positiva al test cutaneo. La radiografia succesiva ha escluso la presenza di focolai polmonari: la donna non dovrebbe aver contratto la malattia. «L’infezione è diversa dal contagio» precisa Schilardi al termine del vertice in Prefettura. «I test stanno rilevando la presenza di anticorpi a una malattia che è endemica in Africa: non significa che la malattia sia stata contratta». Il Cara resta una comunità protetta anche dal punto di vista sanitario. «Ha un servizio medico robusto in ingresso e uscita: finora gli screening su oltre mille persone ne ha trovate 11 affette da sindromi tubercolari e solo per tre si è resa necessaria la terapia: numeri minimi, per cui la massaia di Enziteto o quella di Poggiofranco non ha nulla da temere» conclude il prefetto.
* la Repubblica, 20 marzo 2009
Interprete contagiata dalla Tbc
Lavora per la prefettura con gli immigrati, allarme tra gli agenti.
La giovane fa parte della commissione che ascolta i richiedenti asilo del Cara
Si è sottoposta al test dopo la morte di Joy Johnson
di Mara Chiarelli *
Primo esito positivo ai test antitubercolosi, avviati dopo la morte della giovane nigeriana Joy Johnson. Vittima del contagio, diffusosi con ogni probabilità all’interno del Cara, è una interprete di origine marocchina, che fa parte della commissione prefettizia per i richiedenti asilo politico. La donna, di 30 anni, è stata sottoposta a controlli come tutti gli altri presenti nel Campo di Bari Palese, dove Joy Johnson, 24 anni, era arrivata il 14 novembre scorso.
Un mese dopo la nigeriana era andata via, trasferendosi a casa di altre connazionali al quartiere Madonnella e finendo a battere il marciapiede alla periferia sud di Bari. Lì è stata trovata agonizzante il 9 marzo scorso da un cliente, che aveva dato l’allarme. L’autopsia, poi, aveva confermato la tubercolosi polmonare in forma avanzata come causa del decesso. Da allora, e già tra le polemiche, erano partiti i controlli al Cara: nei confronti degli ospiti, un migliaio cresciuto di altri 47 arrivati da Lampedusa due giorni fa, ma anche del personale venuto a contatto con la giovane prostituta.
E il primo risultato positivo al test (occorrono tre giorni dalla puntura sotto pelle) è arrivato proprio due giorni fa: l’interprete marocchina, è stato accertato, aveva avuto due colloqui con Joy Johnson, proprio per la sua richiesta di asilo politico. Ora dovrà sottoporsi a una terapia farmacologica della durata di sei mesi minimo. E già dalle 9 di oggi il questore Giorgio Manari, avvierà la profilassi nei confronti del personale dell’Ufficio Immigrazione e delle interpreti: sarebbero in tutto una cinquantina le persone più "a rischio contagio", e oggi saranno una dozzina quelle sottoposte a test. Ma per il Sap, il sindacato autonomo di polizia, non è misura sufficiente: «Chiediamo che i controlli siano estesi anche al Cie - spiega il segretario provinciale barese John Battista - e al personale della sezione Volanti. Si tratta, in questo ultimo caso, di agenti sempre a contatto con i cittadini e che, quindi, potrebbero maggiormente diffondere il contagio».
Il sindacato punta il dito anche contro l’Ufficio sanitario che, dichiara il segretario, non organizza «corsi di formazione per tutti i coloro che lavorano a contatto con il pubblico. I colleghi - dice - non sono al corrente dei rischi che corrono e delle precauzioni da utilizzare». Carente, secondo John Battista, anche l’assistenza in questo momento critico: «Avrebbero dovuto fare prima i controlli, non sarebbe costato molto, se non il prezzo esiguo del kit per il test. Invece ora, c’è chi lo sta pagando di tasca propria: 17 euro per stare più tranquilli».
* la Repubblica, 19 marzo 2009
Il caso.
Bari, per i sanitari la donna era malata da mesi: una semplice visita poteva salvarla
Il primario: la tubercolosi va curata subito, basta un colpo di tosse per contrarla
Teme la denuncia e non va in ospedale
prostituta muore di Tbc, rischio contagio
di MARA CHIARELLI *
BARI - Era clandestina da alcuni mesi, per vivere faceva la prostituta e per paura non è andata in ospedale: è morta per tubercolosi polmonare avanzata, e dunque altamente contagiosa. E ora scatta l’allarme sanitario: Joy Johnson, la giovane nigeriana di 24 anni, trovata agonizzante da un cliente venerdì sera nelle campagne alle porte di Bari, potrebbe aver contagiato decine di persone che avevano avuto rapporti con lei, gli stessi soccorritori e i connazionali del centro d’accoglienza dove per un mese aveva vissuto. Per precauzione ieri è stato chiuso l’istituto di medicina legale del Policlinico. E medici e poliziotti invitano chi avesse avuto rapporti con la nigeriana a contattare il più vicino ospedale.
Quella di Joy era una tragedia annunciata. All’arrivo dei sanitari del 118, Joy Johnson, da novembre in città, perdeva sangue dalla bocca. La ragazza era malata da diversi mesi, ma se si fosse sottoposta a un esame del sangue o a una radiografia, oggi sarebbe ancora viva. L’allarme, ora, e l’invito a farsi controllare è rivolto ai clienti e a tutti coloro che dal 14 novembre (data di arrivo al Cara di Bari) hanno avuto contatti ravvicinati con lei. Tra questi, quell’uomo che, usando il telefono cellulare di Joy Johnson, ha chiesto aiuto alla polizia.
"La tubercolosi va curata subito - dichiara il primario di Pneumologia del Policlinico di Bari, Anna Maria Moretti - perché anche le forme inizialmente non contagiose, senza terapia adeguata, lo possono diventare". Basta un colpo di tosse per contrarla, visto che si diffonde per via aerea. "È consigliabile sottoporsi a un test, l’intradermo reazione alla turbercolina, da fare in ospedale - spiega la specialista - Si tratta dell’inoculazione sotto cute di una sostanza che produce una reazione, da monitorare a casa per tre giorni. Se fosse positiva, va fatta la radiografia al torace, ma questo lo deve decidere il medico".
Si associa all’invito, ridimensionando l’allarme, il questore di Bari, Giorgio Manari: "E’ idoneo e opportuno - dichiara - rispettare ciò che un medico e le autorità sanitarie dicono in questo senso". Subito dopo aver ricevuto il referto dell’autopsia, effettuata dal medico legale Francesco Introna, il pm incaricato delle indagini, Francesco Bretone ne ha dato comunicazione alle Asl, come prevede la legge. Immediati è scattata la profilassi nel Cara e nei confronti di chiunque abbia avuto contatti con la giovane donna, anche dopo il decesso. In caso di contagio accertato, la terapia, di tipo farmacologico, è lunga (dai sei ai nove mesi) ma dà il controllo totale della malattia.
Bisogna però, sostengono i medici, tenere più alta l’attenzione su una patologia che, considerata scomparsa, si sta nuovamente manifestando in Italia a causa di due fattori: scarsa prevenzione e l’arrivo di extracomunitari che si portano dietro malattie endemiche nei loro Paesi, come la tubercolosi e l’Aids.
* la Repubblica, 13 marzo 2009
Roma-Praga, il mio volo con il virus
di Vincenzo Vasile *
Ore 9,20 del mattino. «Pronto?» «Pronto...» In inglese: «Siamo delle linee aeree ceche». «Mi dica». «Volevamo dirle una cosa, può ascoltarci in lingua inglese?» «Sì, certo». «Allora, senta: era lei, mr. Vasile, che viaggiava il 24 maggio scorso da Roma a Praga su un nostro volo?» «Sì, certamente». «Allora, vorremmo dirle che lei viaggiava accanto - very close - a un uomo infetto, infected». «Infected?» «Infected. Yes, sure». «Are you sure?» «Sure». Sciuar...
«Thanks, but what have I to do?», «che devo fare?».
«Si rivolga alle autorità italiane, suddenly, immediately...».
«Immediately?...».
Ore 10.
«Pronto, vorrei parlare con l’unità di prevenzione delle malattie infettive del ministero della Salute...».
«Con chi vuole parlare?»
«Con chi si occupa delle malattie infettive...»
«Non sappiamo con quale ufficio...»
«Io vorrei parlare immediatamente...»
(...)
Ore 11
«Pronto, siamo delle linee aeree ceche. Vorremmo parlare urgentemente con il dottore Vassili...»
«Vasile».
«Lei è rumeno?».
«No, sono italiano, I was born in Palermo, Italy...».
«You are infected, mr. Vasile».
«Thank you. Infected of what?» (In romanesco: infetto, de che?).
«Non sappiamo. I think: tbc»
«Tibbissi?, tubercolosi?»
«Yes, una grave forma. Però è necessario accertarsi per bene, non si preoccupi. Deve prendere contatto adesso con un’autorità italiana...»
«Thank you, m’m», grazie signora
«You’re welcome», prego, non c’è di che...
(...)
Ore 18
«Pronto...»
«Sono la dottoressa XXYY del ministero della salute...»
«E io sono Vasile, faccio il giornalista, viaggiavo il 24 maggio ultimo scorso sul Roma-Praga (volo Alitalia operato dalle linee aeree ceche, Csa), e adesso mi dicono che sono infetto, sospetto tubercolotico, di una forma letale, mortale; sapete dirmi se sono per davvero in pericolo?»
«Guardi che del caso del passeggero del volo di Praga abbiamo scritto moltissimo sul nostro sito web del ministero. E sappia che i protocolli di rischio sono molto diversi, cambiano stato per stato, in Europa e nel mondo: attraverso le nostre Asl, ma solo per eccesso di zelo, abbiamo avvertito in questo caso soltanto coloro che occupavano una fila avanti e una fila dietro al viaggiatore che risulta infettato dalla tbc, sì quello che poi ha preso il volo per il Canada. E quindi lei, mr. Vasile, non risulta a rischio secondo questi protocolli, almeno a quanto pare, se nessuno finora l’ha chiamato...»
«Guardi dottoressa, che a me proprio questa mattina, invece, una settimana dopo, da Praga mi hanno chiamato. E mi hanno imposto dei controlli, da fare - hanno detto - in accordo con le autorità italiane. E badi che io quell’uomo infetto me lo ricordo bene, era molto agitato, molto strano, e urlava: ’I have a problem, I have a problem’, ho un problema; e le hostess a un certo punto gli hanno fatto cambiare il posto diverse volte; alla fine era seduto proprio dietro a me, anche se nei tabulati non risulterà, e scatarrava...»
«Non ho capito, ma lei mi vuole dire che viaggiava proprio su quel volo?»
«Sì, dottoressa: Roma-Praga del 24 maggio, e con me c’erano diversi altri giornalisti, al seguito del presidente della Repubblica, che stava andando a Brno, nella repubblica ceca...»
«Allora bisogna che lei sappia che gli standard internazionali non ci impongono affatto simili controlli, e questa volta noi li stiamo compiendo soltanto per eccesso di attenzione».
«Capito. Eccesso di zelo, calcolo probabilistico. Ma scusi, perché mai nessuno sino a oggi, ormai da una settimana, mi aveva tuttora chiamato dall’Italia, dal ministero della Sanità, o dalla Farnesina, per avvertirmi che anch’io risulto un soggetto a rischio, e invece questa mattina mi hanno avvertito da Praga..., come mai?»
«Sa com’è, loro usano altri protocolli...»
(...)
Ore 18,30
«Parlo con l’Ospedale Spallanzani? Sa com’è, professore, io ero su quel volo Roma-Praga, seduto accanto al matto che se n’è volato con i suoi bacilli per l’Europa, e poi fino al Canada... Adesso mi dica lei, che mi consiglia di fare?»
«Venga quando vuole, facciamo tutti i controlli...»
* l’Unità, Pubblicato il: 01.06.07, Modificato il: 01.06.07 alle ore 8.39
L’uomo, del quale è stato diffuso il nome, Andrew Speaker, un avvocato di 31 anni sostiene che non gli era pervenuto alcun divieto di viaggiare, solo una raccomandazione
Tbc super resistente, il turista americano chiede scusa ai compagni di viaggio *
WASHINGTON - Il cittadino statunitense rimasto diversi giorni in Italia, nonostante gli fosse stata diagnosticata una forma di tubercolosi super resistente, chiede scusa ai compagni di viaggio che potrebbe aver contagiato sul volo di ritorno negli Stati Uniti. La notizia è stata diffusa dal network ABC.
"Vuole che tutti sappiano come è giunto alla sua decisione - spiega la ABC - in base al fatto che riteneva con sicurezza che non avrebbe potuto mettere in pericolo nessuno. Chiede inoltre perdono a tutti quelli che erano con lui a bordo dell’aereo e che adesso verranno sottoposti al test".
Andrew Speaker, 31 anni, avvocato di Atlanta (è la prima volta che ne viene diffuso il nome, finora si era sempre parlato di un turista americano), sostiene comunque di avere le prove del fatto che gli era stato solo consigliato di non viaggiare, non gli era stato radicalmente vietato. Tuttavia è in corso un’indagine del Dipartimento della Sicurezza Usa per verificare come l’uomo sia riuscito ad andare all’estero nonostante ci fosse l’ordine di non farlo espatriare.
Speaker è adesso tenuto in isolamento in un ospedale specialistico di Denver per essere curato dall’infezione, conosciuta come tubercolosi super resistente o XDR TB.
Alcuni esperti stanno contattando le circa 100 persone che hanno viaggiato con lui in aereo per otto ore, cercando di convincerle a sottoporsi a un test per verificare che non ci sia stato il contagio.
Una forma aggressiva e pericolosa e non c’è l’antibiotico risolutivo ormai diffusa in Cina, in Africa ma anche in tutta l’Europa e negli Usa
Allarme Tbc super resistente
Anche in Italia i primi otto casi
di MAURIZIO PAGANELLI *
ROMA - Una forma di tubercolosi, aggressiva e pericolosa, contro cui non c’è antibiotico risolutivo, che non risponde a quasi nessuno dei farmaci, anche di seconda linea, conosciuti: l’allarme mondiale, lanciato da oltre un anno, ora giunge in Italia, con 8 casi "certificati" anche dall’Organizzazione Mondiale della Sanità, studiati e diagnosticati dai centri di riferimento nazionali tra il 2003 e il 2006.
"Con l’Italia", afferma il Dipartimento Stop TB dell’Oms, "tutti i paesi del G8 (i paesi più ricchi) hanno ora la conferma della presenza della XDR-TB, (tubercolosi a estesa farmacoresistenza extensively drug-resistant TB)". Spiega Mario Raviglione, Direttore Stop TB, Organizzazione Mondiale della Sanità, a Ginevra "Queste forme di TBC-XDR sono presenti anche in Italia, dove almeno una decina di casi è già stata segnalata all’Organizzazione Mondiale della Sanità (OMS). In Italia, inoltre, ha fatto comparsa anche una forma di TBC resistente a tutti i farmaci di prima e di seconda linea esistenti oggi, senza eccezione, resistenza che sinora era stata rilevata solo per alcuni malati delle prigioni siberiane, dove la TBC e le sue forme più farmaco-resistenti mietono migliaia di vittime ogni anno". E’ come essere tornati all’era pre-antibiotica.
Lo studio italo-tedesco, primo firmatario Giovanni Battista Migliori della Fondazione Salvatore Maugeri di Tradate (uno dei Centri di eccellenza nella lotta alla Tbc e centro di riferimento Oms) che apparirà sulla rivista Usa di infettivologia "Emerging Infectious Diseases", è un lavoro durato anni, che ha individuato, come affetti da tubercolosi XDR , 4 italiani (età 41-49 anni) e 4 stranieri (età 27-61 anni, provenienti da Europa dell’Est, America Latina e Africa) con una mortalità del 50 per cento. "Due donne italiane", spiega Migliori, "di 43 e 49 anni sono morte ed erano resistenti ad ogni tipo di trattamento. Una delle pazienti deceduta aveva 625 giorni di ricovero: anni di malattia, una tragedia umana. Nessuno dei casi individuati era sieropositivo. E’ la prima volta che si riesce a descrivere i risultati sui trattamenti di Tbc in paesi a bassa incidenza della malattia".
L’inizio della debacle sul fronte della lotta alla Tbc, è arrivato con l’intreccio perverso e l’avanzare dell’HIV/AIDS. In una persona con un sistema immunitario compromesso, il micobatterio ha avuto campo libero per mietere vittime. Prima era una malattia quasi "sconfitta", per molti legata all’Ottocento, la tisi, quella tosse e quel pallore mortale, un morbo da Opera italiana ("La Boheme" di Puccini), finale di una vita fatta di genio e sregolatezza (il pittore Modigliani), o sfondo letterario come nella Montagna Incantata di Thomas Mann.
Solo verso la fine del Novecento apparvero le prime resistenze ai farmaci, la MDR-TBC (ceppo batterico resistente ad almeno due dei farmaci principali utilizzati contro la malattia: isoniazide e rifampicina), spesso dovuta a cicli di cure non portate a termine. La risposta della medicina è stata il ricorso a farmaci del passato, con maggiori effetti collaterali, più tossici e che prevedono anche due anni di terapia, contro i 6-8 mesi dei medicinali relativamente più moderni (sulla Tbc solo adesso si torna a fare ricerca...). Di fronte all’epidemia di XDR, invece, sembra che "l’armadietto del medico non abbia più risposte", come dice sconsolato Raviglione.
Paesi dell’Est Europa, Russia, paesi Baltici e Romania ma anche Cina e Africa hanno avuto negli ultimi anni un incremento di casi di multifarmaco resistenza che, conti alla mano, fanno salire i morti per TBC a 1 milione 600 mila l’anno, 4400 al giorno. "La forma estesa di resistenza è stata definita solo un anno fa", spiega Migliori, "come un ceppo batterico refrattario sia alle due principali medicine di prima linea, come nella MDR, che ad almeno tre dei sei farmaci di seconda linea". Le cause? "Principalmente due: interruzione dei trattamenti o scelta del trattamento inadeguato, troppo pochi antibiotici".
Nel continente africano è micidiale l’intreccio con l’Aids. In Sud Africa, il ceppo XDR, "insensibile" alle terapie, ha fatto registrare nella provincia del KwaZulu Natal, in malati di Hiv, una mortalità vicino al 100 per cento. Sembra vivere nell’incubo della nuova epidemia mondiale di Tbc descritto dallo scrittore John Le Carré nel "The Costant Gardener" (da cui è stato tratto anche il film).
"Non bisogna fare allarmismo", sostiene la microbiologa del San Raffaele, Daniela Maria Cirillo, una dei 10 autori dello studio italo-. tedesco, "in Italia si contano circa 4500 casi l’anno di Tbc: ma non si deve sottovalutare la questione". "Se non individuati, questi pazienti", aggiunge Migliori, "sono vere e proprie bombe biologiche che possono infettare facilmente le persone con cui vengono in contatto".
Cresce l’attenzione del mondo scientifico: articoli sul New England Journal of Medicine dei responsabili dell’Oms Raviglione e Smith, sul Lancet per l’intreccio con l’Hiv, e, ultimo, un lavoro di due ricercatori spagnoli sul bollettino CDC, Centro prevenzione e controllo malattie degli Usa. E questo anche per l’emergenza sudafricana, con l’altissima mortalità riscontrata. Da lì è rimbalzata una forte polemica per un articolo apparso sulla prestigiosa rivista PLOS Medicine Journal. a firma di esperti dell’Università di Toronto, Canada, e del Centro di ricerca sull’Aids di Durban, Sudafrica , che ipotizza la detenzione e l’obbligo di trattamento per i pazienti che rifiutano le cure nei casi di forme di Tbc resistenti ai farmaci. Un estremo tentativo di bloccare l’espandersi dell’epidemia, seriamente preso in considerazione dalle autorità sanitarie. D’altra parte, come ricordano gli stessi autori, nel 1990 a New York, le autorità sanitarie imposero il trattamento obbligatorio, per casi di Tbc, con ricovero coatto in due ospedali. "Non si tratta di lasciare carta bianca alle autorità sanitaria di imprigionare i pazienti", sostengono gli autori dell’articolo, "Non è eticamente scorretto restringere la libertà di chi, infetto, pone a rischio la salute pubblica".
Sul fronte italiano, se i dati generali del decennio 1995-2004 segnalano una costante discesa dei tassi di incidenza di Tbc (-23%: 7 casi ogni centomila abitanti; 28% immigrati) con 4215 decessi nel periodo 1995-2002, l’allarme Oms non è da sottovalutare. Non si hanno cure disponibili per i casi di XDR-TB. La ricerca mondiale ha sette diversi farmaci in fase di sperimentazione. Ma quando Raviglione, per un malato di Torino che non rispondeva a nessuna terapia, ha chiesto per "uso compassionevole" l’utilizzo di uno dei farmaci, ha dovuto rinunciare perché ancora non vi sono dati attendibili dai trial sulla tossicità.
Le previsioni? Forse nel 2009-2010. Ma servono molti fondi per le diagnosi e i trattamenti (l’Oms calcola almeno 650 milioni di dollari solo per il milione e mezzo di pazienti di Tbc farmacoresistente fino al 2015, e in cassa mancano 400 milioni), e ancora di più per la ricerca. Servirebbero per il piano 2006-2015 circa 56 miliardi di dollari: ne riparleranno il 24 marzo, Giornata Mondiale della TBC.
* la Repubblica, 11 marzo 2007
Il Cdc di Atlanta ha in cura un uomo con una rara forma di tubercolosi
E’ un cittadino americano che ha volato il 13 maggio da Atlanta a Parigi
Usa, allarme Tbc super resistente per i passeggeri di due voli internazionali
Allarme anche in Italia: l’uomo stava trascorrendo la luna di miele a Roma
Il batterio non sta reagendo alle cure antibiotiche più forti
WASHINGTON - Il Centro internazionale per le malattie infettive di Washington lancia un allarme tubercolosi per i passeggeri di due voli internazionali. Il primo, Air France 385, ha volato da Atlanta a Parigi il 13 maggio; il secondo - Czech Air 0104 - da Praga a Montreal il 24 maggio. Su questi due voli ha viaggiato un uomo, un cittadino americano, adesso è ricoverato presso il Centro di malattie infettive di Atlanta, che ha una forma di tubercolosi che non reagisce agli antibiotici.
L’uomo era già stato contattato dal Centro per le malattie infettive (Cdc) statunitense mentre era a Roma in viaggio di nozze, nei giorni scorsi. Informato di essere vittima di una forma di tubercolosi resistente ai farmaci, l’uomo non ha seguito le disposizioni che gli ordinavano di presentarsi alle autorità sanitarie italiane per essere messo in quarantena, e ha preferito far ritorno a casa.
E’ la prima volta, dal 1963, che il governo degli Stati Uniti lancia un simile allarme su richiesta del Centro di controllo e prevenzione delle malattie infettive. Il direttore del Centro Julie Gerberding ha spiegato che il paziente ha una speciale forma di tubercolosi, la XDR-TB, che resiste a tutti i tipi di antibiotico utilizzati per combattere la tubercolosi. "Abbiamo a che fare con una forma veramente inusuale di Tb, un tipo molto, molto difficile da curare. Dobbiamo essere certi che abbiamo fatto tutto il possibile per identificare le persone che possono essere a rischio". Non è noto quanti possono essere i paesi coinvolti. Dal 1993 a oggi sono stati segnalati 49 casi di questa rara forma di tbc.
L’uomo infetto si è volontariamente presentato in un ospedale di New York. "I passeggeri più a rischio - ha continuato Geberding - dovrebbero essere quelli seduti vicino a questo uomo. Queste persone devono sottoporsi il prima possibile a un test sulla tubercolosi". La direttrice, che si è rifiutata di dire in quale posto fosse seduto, ha spiegato che "i passeggeri considerati più a rischio saranno contatti uno per uno dalle autorità dei rispettivi paesi". Più generale, chi era in quei voli, deve sottoporsi ai test.
Il paziente adesso è ricoverato nel centro di Atlanta. "Da Monteal è tornato negli Stati Uniti guidando la macchina. Da New York è stato trasportato ad Atlanta con un volo del governo".
* la Repubblica, 29 maggio 2007
ANSA» 2008-10-26 18:30
SANITA’: MEDICI INTERNISTI, TBC IN ITALIA DA EST EUROPA
GENOVA - "La Tbc sta rientrando in Italia anche dalle frontiere aperte dell’Europa Unita" e soprattutto dall’Est. Per questo i medici internisti riuniti a Genova per il 109mo congresso nazionale propongono "studi a campione su gruppi di immigrati a rischio tubercolosi". Non è caso di fare "allarmismi" dicono, ma invitano alla "prudenza" giustificandola con i dati.
"La tubercolosi non diminuisce e alla base sono i flussi migratori dall’Est Europa". In Italia ci sono 4500 casi notificati (Istat) e circa 1500 non ufficiali, circa 6mila casi pari a 10 ogni 100mila abitanti. "Dal nostro osservatorio della realtà italiana - dichiara Luigi Ruffo Codecasa responsabile del Centro Regionale di riferimento per la Tubercolosi, Istituto Villa Marelli-Az.Osp. Niguarda Cà Granda - sappiamo che circa il 50% dei nuovi casi arrivano da gruppi di immigrati. In particolare quelli dell’Est europeo sono più a rischio".
Tra i Paesi più in difficoltà c’é la Romania, con oltre 50 casi ogni 100 mila abitanti, seguita quasi alla pari da Ucraina, Moldavia e Bulgaria. Gli esperti ritengono impossibile pensare a vaccinazioni o test in funzione preventiva su tutti gli immigrati e propongono di effettuare studi campione nei gruppi più a rischio dicendosi pronti a collaborare con le istituzioni per censire e analizzare la composizione dei gruppi etnici di immigrati presenti nelle principali città italiane ed avviare una sequenza di studi campione sulla Tbc per constatare la realtà effettiva.