Fedel-tà

Commento sulla vicenda di Padre Fedele Bisceglia

venerdì 27 gennaio 2006.
 

La partecipazione alla vicenda mediatica del cappuccino padre Fedele Bisceglia è impressionante. L’opinione pubblica è fortemente divisa tra colpevolisti, innocentisti e prudenti. Qualcuno ci ha scritto che io non penso, che siamo ciechi e ottusi e che non vogliamo renderci conto dell’evidenza. Vorrei, a riguardo, precisare alcune cose. Secondo le ultime notizie, pare che il frate missionario abbia commesso violenze indicibili, che le abbia programmate con attenzione e che, addirittura, si sia servito, per attuarle, della violenza psicologica, quella, cioè, che non lascia scampo alle vittime. Sappiamo quale ricostruzione si sta dando ai fatti e non siamo certo resistenti a oltranza. Tuttavia, mi permetto umilmente di osservare che per Enzo Tortora ci fu un complotto incredibile, tale da persuadere gran parte dell’opinione pubblica della sua colpevolezza sicura. Poi, se i fatti contestati a padre Fedele fossero veri, dovremmo legittimamente chiederci se le alte sfere della Chiesa sapevano di certe pratiche all’interno dell’Oasi francescana di Cosenza. Pur non pensando, come mi ripete costantemente l’avveduto Antonio Scoppettuolo, non penso di bestemmiare rilevando che padre Fedele è stato per due volte consecutive Provinciale dei Cappuccini della provincia di Cosenza. Ora, se non crediamo al complotto nei suoi confronti, non possiamo credere a un suo complotto, ben nascosto, finalizzato al soddisfacimento di bisogni sessuali continui e personali. In altri termini, non possiamo pensare che, se tutto fosse effettivamente accaduto come per gli inquirenti, nessun "responsabile" della Chiesa fosse al corrente delle abitudini del monaco. Chi mai, Scoppettuolo, lo farebbe? Lei, Scoppettuolo, è molto in gamba e certamente è più robusto di me, anche sul piano morale. Lei è colto, appassionato, analitico ma anche offensivo. E, se lo lasci dire, non mi pare che con le sue incursioni sintetiche e quasi televisive offra un esempio di modalità dialogiche cristiane. Io non ho puntato il dito contro monsignor Nunnari, a cui lei è molto vicino. Se vogliamo dircela tutta, dobbiamo essere onesti intellettualmente e porci delle domande. D’altra parte, visto che lei è un filosofo con la lode, sa molto meglio di me che si conosce se ci si interroga.

Semplicemente, io resto convinto del fatto che bisogna attendere le conclusioni della giustizia, prima di assolvere o condannare, noi, padre Fedele. La Chiesa, inoltre, non può essere chiamata in causa in modo qualunquistico. Preferisco credere, sapendo di non illudermi, che la Chiesa esercita, nella sostanza, una funzione essenziale in questo mondo. Sarebbe un errore generalizzare o condannarne l’operato, sulla base di certi orientamenti morali che, agli occhi del contemporaneo, possono anche risultare anacronistici e contraddittori. Dove andremmo, se non ci fosse la Chiesa? Vogliamo sbarazzarci del messaggio cristiano, dei valori del Vangelo e dello spirito di Carità di tutta la comunità dei fedeli? Penso che anche un laico serio ci rifletterebbe un po’, prima di demolire in un colpo solo l’istituzione Chiesa, a partire dalle fondamenta. Su tutto si può discutere. Credo che l’esempio di Federico La Sala sia molto interessante, dato che le sue riflessioni sono sempre organizzate, articolate e circostanziate. A me non piacciono, invece, i pensatori generici, astratti e assolutisti.

Emiliano Morrone


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