Bartolo Pellegrino, leader di "Nuova Sicilia" già assessore regionale al Territorio e Ambiente
Sarebbe stato "a disposizione" delle cosche del trapanese interessate agli appalti
Trapani, arrestato per mafia
l’ex vicepresidente della Regione
Sequestrati beni per dieci miioni di euro ad un imprenditore edile siciliano.
Accusato di concorso esterno in associazione mafiosa anche l’ex direttore del Demanio di Trapani
TRAPANI - Manette a Trapani per l’ex vicepresidente della Regione siciliana Bartolo Pellegrino, 73 anni, leader del movimento politico "Nuova Sicilia". Il politico è accusato di concorso esterno in associazione mafiosa e corruzione. Gli inquirenti ritengono fosse la cerniera fra i clan mafiosi e la politica. Coinvolti nell’indagine anche tre imprenditori edili e l’ex direttore tributario dell’Agenzia del Demanio di Trapani.
Accordi boss-politici. Le intercettazioni ambientali hanno permesso alla polizia di evidenziare rapporti fra il politico con esponenti di Cosa nostra trapanese, tra cui Filippo Coppola, Francesco Bica e Francesco Orlando, quest’ultimo già segretario particolare del politico. Per l’accusa i continui rapporti di Pellegrino con le cosche, avrebbero "permesso alla mafia di assicurarsi il controllo di rilevanti attività imprenditoriali nel settore edilizio ed urbanistico, programmando la realizzazione di speculazione mediante il mutamento della destinazione d’uso da verde agricolo a zona edificabile di ampie aree nel quartiere Villa Rosina di Trapani, modificandone gli indici di edificabilità nel contesto del piano regolatore di Trapani".
"Pagato dalla mafia". Il quadro che ne deriva è quello di un sistematico appoggio di Pellegrino, già assessore regionale al Territorio e Ambiente nell’amministrazione Cuffaro fra il 2001 e il 2003, alle attività ed agli interessi della mafia nel settore edilizio. L’ex vicepresidente della Regione, come sottolineano gli inquirenti, avrebbe fatto "mercimonio delle proprie funzioni di assessore", per avvantaggiare gli interessi dei mafiosi.
Un giro di migliaia di euro. L’ex deputato regionale avrebbe accettato, come si legge ancora nel provvedimento cautelare, una somma di denaro da parte di Francesco Pace (al quale stamani è stato notificato in carcere il provvedimento cautelare), Antonino Birrittella (l’imprenditore arrestato per mafia due anni fa e adesso pentito) e dall’imprenditore Vito Agugliaro, la promessa di 500 euro per ciascuno degli appartamenti progettati dalla società Mediterranea Costruzioni (cui Augugliaro era interessato). L’affare riguardava un ampio programma edilizio che si doveva realizzare nel quartiere Villa Rosina a Trapani e che prevedeva la costruzione di 600 appartamenti di edilizia residenziale.
"Sbirro è una definizione positiva". Il nome di Pellegrino è stato tirato in ballo cinque anni fa, a causa di alcune intercettazioni telefoniche e ambientali, nell’ambito di un’inchiesta della Procura di Palermo sulla cosca mafiosa di Monreale. In una conversazione intercettata, l’esponente politico avrebbe pronunciato le parole "sbirro" e "infame", rivolgendosi a carabinieri e pentiti. Ascoltato dai magistrati come ’persona informata sui fatti’, Pellegrino sostenne che "la definizione ’sbirro’ ha un significato positivo" e negò di avere utilizzato il termine "infame".
Concessi gli arresti domiciliari. Dopo avere mancato per una manciata di voti l’elezione al Senato alle ultime Politiche, il leader di "Nuova Sicilia" proprio nei giorni scorsi aveva ufficializzato un accordo elettorale con la nuova Dc e il sostegno al candidato sindaco di Trapani per la Cdl Mimmo Fazio nelle prossime amministrative. Il gip Antonella Consiglio gli ha concesso gli arresti domiciliari per via dell’età avanzata. L’indagine della squadra mobile trapanese, denominata "Progetto mafia e appalti Trapani" costituisce uno sviluppo di attività investigative che il 24 novembre del 2005 avevano già portato all’arresto di Francesco Pace, 65 anni, "reggente" di Cosa nostra a Trapani, e di altre 11 persone. A Pace oggi è stato notificato in carcere un nuovo ordine di custodia.
Conivolti tre imprenditori. L’inchiesta ha coinvolto anche l’ex direttore tributario dell’Agenzia del demanio Francesco Nasca, 61 anni, e gli imprenditori Vincenzo Mannina 46 anni, a cui sono stati sequestrate quote sociali, impianti industriali di calcestruzzo e beni aziendali per un valore di dieci milioni di euro; Michele Martines, 37 anni, e Mario Sucamele, 52 anni, quest’ultimo in passato già indagato per mafia.
Arrestato l’ex direttore del Demanio a Trapani. Francesco Nasca, 61 anni, direttore tributario dell’Agenzia del Demanio di Trapani fino al giugno scorso ed ex responsabile del servizio preposto alla gestione ed alla destinazione dei beni confiscati alle organizzazioni mafiose, è stato arresato con l’accusa di concorso esterno in associazione mafiosa. La polizia ha accertato che Francesco Nasca avrebbe rallentato le procedure amministrative previste dalla legge nel settore della gestione e della destinazione dei beni confiscati alle organizzazione mafiose affinchè i beni ritornassero nella disponibilità dei boss.
* la Repubblica, 4 aprile 2007
L’accusa per Francesca Adamo: faceva favori ai boss
Coinvolto anche il padre dell’attuale presidenre della Provincia
Trapani, in manette anche i politici con l’avvocato a servizio dei mafiosi
di FRANCESCO VIVIANO e ALESSANDRA ZINITI *
Parlava con in boss latitanti, procurava "teste di paglia" ai mafiosi e conosceva anche uno dei nascondigli del capo di Cosa Nostra, Bernardo Provenzano. E’ quanto emerge dall’inchiesta di carabinieri e polizia di Trapani che hanno arrestato politici locali, mafiosi e l’avvocatessa Francesca Adamo, finita in carcere con l’accusa di concorso esterno in associazione mafiosa.
Era proprio lei, intercettata dalle microspie mentre parlava con i boss di Trapani, a rivelare di essersi incontrata più volte con il latitante, Cosimo Raccuglia, il numero di Cosa Nostra dopo Matteo Messina Denaro. E di questi rapporti l’avvocatessa se ne vantava pure dicendo di essere in grado anche di procurare "manovalanza" da mettere al servizio dei boss trapanesi.
Undici i provvedimenti cautelari di vario tipo emessi dal gip presso il Tribunale di Palermo. Tra i destinatari dei provvedimenti cautelari il reggente della famiglia mafiosa di Alcamo, Ignazio Melodia, detto "u rizzu", finiti agli arresti, e il consigliere provinciale dell’Udc, Pietro Pellerito, sottoposto all’obbligo di firma. Altri dieci indagati sono stati interessati da perquisizioni e contestuale notifica di informazioni di garanzia. Tra i delitti commessi, tutti aggravati per essere stati commessi con il "metodo mafioso", figurano, oltre alle numerose estorsioni, anche l’interposizione fittizia di alcune società, reati di falso, danneggiamenti, attentati incendiari, simulazione di reato ed altro. Tra gli indagati Vito Turano, padre dell’attuale presidente della Provincia di Trapani Mimmo Turano dell’Udc, e per anni sindaco democristiano di Alcamo: è accusato di concorso esterno in associazione mafiosa.
Secondo le intercettazioni l’avvocato, parlando con alcuni indagati, avrebbe detto che incontrava ad Altofonte (Palermo), il latitante Domenico Raccuglia. Avrebbe parlato anche di Matteo Messina Denaro e di Bernardo Provenzano come se avesse già avuto contatti con loro. Nell’ambito dell’operazione antimafia nel trapanese che ha fatto luce sulle estorsioni e sui rapporti tra Cosa nostra e politica, il gip di Palermo ha disposto il sequestro della "Medi Cementi" di Alcamo, riconducibile al boss Diego Melodia, arrestato in nottata insieme al nipote Ignazio Melodia.
In base alle indagini la famiglia mafiosa era riuscita ad ottenere il sostanziale monopolio per la fornitura del calcestruzzo per tutti gli appalti pubblici e privati sul territorio di Alcamo. Dopo aver eliminato tutte le altre ditte concorrenti, gli arrestati, attraverso una serie di attentati e danneggiamenti, avevano imposto a tutte le imprese operanti nel settore di approvvigionarsi unicamente presso lo stabilimento sequestrato.
I rapporti tra l’avvocatessa ed i boss vengono definiti dal pm, Paolo Guido, "inquietanti". "Appare quindi evidente, al di là di ogni ragionevole dubbio, che il ruolo rivestito dall’avvocato Francesca Adamo, non è certo quello proprio di un avvocato, ma bensì quello di un consigliere fidato, a conoscenza di ogni aspetto delle dinamiche criminali che interessano le famiglie "d’onore" del territorio alcamese, la quale ragiona e suggerisce la adozione di misure dalla tipica connotazione mafiosa, laddove induce Liborio Pirrone a coinvolgere nella propria società dei personaggi palermitani di sicuro peso criminale al fine di coartare la volontà della famiglia Melodia, secondo un tipico modo di agire della criminalità organizzata locale".
* la Repubblica, 27 ottobre 2008.