Fontamara

Il pizzo nazionale. Lettera da Fontamara - di Nicola Bonelli

Spreco infinito e legalità perduta
lunedì 9 aprile 2007.
 

In omaggio al coraggio dei tanti Giovani calabresi e siciliani, che si vanno mobilitando per contrastare le mafie locali, e per opporsi al pagamento del pizzo, vorrei spiegare come e dove nasce il padre di tutti i Pizzi: quello imposto dal Comitato d’Affari Nazionale attraverso l’allegra gestione della Spesa Pubblica; prelevato dagli Appalti Pubblici: di opere, forniture e prestazioni varie; preteso da una Politica malata e sprecona; gestito da una Burocrazia corrotta e famelica; tollerato da una Giustizia inconsistente ed a volte collusa. Il Pizzo che cresce a dismisura per soddisfare le crescenti esigenze del Malaffare Nazionale; che soffoca con nuove tasse l’attuale popolazione; che grava sulle generazioni future con un Debito pubblico in aumento.

Il tutto avviene - secondo un Oscuro Disegno - nella logica dell’emergenza. Che, quando non arriva naturalmente, la si crea con artifizi e stratagemmi. Tali da innescare le procedure della somma urgenza, o della gestione commissariale; tali da vanificare ogni controllo previsto dalla gestione ordinaria.

Partendo da quel ch’è accaduto e tuttora accade in Basilicata, descrivo gli strumenti legislativi di questo Disegno, nonché le sedi istituzionali dove si decidono strategie e tattiche, “Accordi di programma” e diavolerie simili: tutti rivolti alla spartizione delle pubbliche risorse. La cabina di regia è nel C.I.P.E. (Comitato Interministeriale della Programmazione Economica): una specie di Governo Parallelo, inventato dalla prima repubblica in sostituzione del vituperato Sottogoverno (occulto) di una volta, attraverso il quale - si ricorderà - avveniva allora la spartizione della torta.

Due clamorosi esempi di allegra gestione effettuate dal CIPE negli anni ottanta sono senz’altro le due Delibere: del 6 febbraio 1886 (Gazzetta Ufficiale n. 71 del 26.03.1986) e del 12 maggio 1988 (Gazzetta Ufficiale n. 144 del 21.06.1988). Con le quali furono stanziati dei fondi destinati allo sviluppo: Fondi F.I.O. (Fondi Investimento Occupazione), per circa 11.000 miliardi di lire (di cui 500 miliardi per la Regione Basilicata) che non produssero un solo posto duraturo di lavoro.

Esaminando le suddette delibere, si ha la dimostrazione di come si inventa l’emergenza: si approvano interventi multimiliardari senza uno straccio di progetto, e si stabilisce l’avvio dei lavori entro 120 giorni, pena la revoca del finanziamento. In tal modo scatta l’urgenza, e la “necessità” di ricorrere alla “procedura dell’Appalto concorso”, disciplinata dall’art. 24 - primo comma - lettera b), della legge 584/77; con il metodo dell’offerta “economicamente più vantaggiosa”.

E’ una norma che prevede l’aggiudicazione della gara sulla base di una ”serie di elementi di valutazione”, tra cui il minor prezzo, unico elemento oggettivo, che però conta poco (o niente) a confronto degli altri elementi: tutti fantasiosi, pretestuosi e soprattutto discrezionali. E’una norma che permette di affidare i Lavori a chi chiede il prezzo più alto. E’ “vantaggiosa”, ma non per l’Ente pubblico, bensì per l’Impresa aggiudicataria, che in tal modo riesce a realizzare utili fino all’80%. Per colmo, non si usa più la contabilità dei Lavori; che vengono liquidati “a corpo” e non “a misura”. Così si evita ogni effettiva verifica sulle opere realmente eseguite.

Si tratta insomma di un diabolico marchingegno normativo che - grazie alla totale discrezionalità consentita - sottrae di fatto la gara alla libera concorrenza e la riserva alle poche imprese “del giro”, facendo lievitare a dismisura il costo delle opere.

E’ una specie di gioco di prestigio - inventato da Tangentopoli - che trasforma la gara d’appalto in una partita al “mercante in fiera”, in cui l’opera è solo un pretesto: una “base” per costruirci l’Operazione spartitoria.

In questo modo, il “Grande Appalto” di opere pubbliche diventa una tavola imbandita. Dove c’è posto per tutti, e l’importo da appaltare viene commisurato non più al reale costo dell’opera ma al numero e all’appetito dei commensali. L’alto margine di guadagno, prodotto da questa norma, consente di compensare ogni acquiescenza e di tacitare ogni resistenza. Il banchetto di solito è organizzato dalle Grandi Imprese di livello nazionale: per carità, tutte aziende al di sopra di ogni sospetto. Ma tra i commensali ci deve essere necessariamente, tra cottimisti, fornitori, progettisti, consulenti, subappaltatori etc... anche chi è disposto ad emettere fatture false. Senza fatture false non è possibile costituire fondi neri... e distribuire mazzette.

La stessa norma, si badi bene, (sotto altro nome, ma con l’identico marchingegno) muove anche i pianeti di Forniture, Prestazioni, Servizi, Pulizie, etc...

Grazie a questa famigerata norma, i suddetti 500 miliardi di lire - Fondi FIO spesi in Basilicata negli anni 80 per “Sistemazioni idrauliche” lungo i fiumi lucani - produssero opere semi-fantasma di cui è difficile trovarne traccia; opere realizzate a metà ma pagate per intero; opere pagate due volte. Furono insomma delle truffe miliardarie: organizzate, avallate e “collaudate” dalla Burocrazia regionale; ed impunemente consumate nella consapevole indifferenza dell’Autorità Giudiziaria e della Corte dei Conti. Sulla stessa falsariga si continua tuttora: vedi Accordo di programma col CIPE in data 28.07.2003 (DGR 1383/2003), con il quale sono stati dilapidati altri 25 milioni di euro lungo i fiumi lucani, con vere e proprie “rapine” come quella commessa per la “Sistemazione del torrente S. Nicola di Nova Siri”.

Riferendosi alla suddescritta serie di appalti degli anni 80 in Basilicata, l’allora deputato On. Nicola Savino di Potenza, in una interrogazione parlamentare (n. 5-01750 del 13.10.1989), esprimeva tra l’altro la seguente inquietante preoccupazione: “l’adozione del metodo della contabilizzazione “a corpo” e non “a misura”, per quanto legale, rende tanto superficiali i controlli da consentire guadagni illeciti, i quali possono innescare processi di degrado sociale... e fenomeni di criminalità diffusa”.

Infatti, dopo qualche anno (1992) esplose lo scandalo di Tangentopoli. E fu proprio questa norma a produrre la “Dazione ambientale” che procurò tanto “lavoro” a “Mani Pulite” ed al Magistrato Antonio Di Pietro, a cominciare dal Pio Albergo Trivulzio.

Dopo lo scandalo di Tangentopoli questa norma era andata in disuso, ma poi ricomparve con la legge 109/1994 (art. 21). Tornata poi di nuovo in ombra per qualche incidente tangentizio, è stata di recente dissotterrata col Decreto legislativo n. 163 del 12.04.2006 (art. 83), perchè “imposto” da una Direttiva CE.

A quanto pare, sfruttando l’ombrello europeo, si riesce a camuffare le “porcate” legislative nazionali in “Leggi ispirate dall’Alto”. Non so dove ci porta l’Europa, ma una cosa è certa: la norma in questione disonora il Parlamento italiano; sconcerta chi crede nello stato di diritto; produce più “Pizzo” di cento Mafie; ed è destabilizzante più di cento Brigate rosse. Consentire l’uso di questa norma ai tanti Gaglioffi annidati nella struttura pubblica, è come fornire un grimaldello ad uno scassinatore. Anzi, è come consegnare le chiavi di un condominio a dei ladri d’appartamento.

Per ironia della sorte ora tocca proprio al Ministro Antonio Di Pietro (II°) applicare questa assurda norma nella gestione dei Lavori Pubblici. E’ auspicabile che se ne renda conto, e si adoperi per abrogarla. Che non si limiti ad usare il naso del Poliziotto (come fece il Di Pietro I°), alla ricerca perpetua dei malfattori. Che usi piuttosto la testa del Politico. E che riesca a individuare e neutralizzare gli oggettivi strumenti finalizzati al Malaffare: le Leggi, appunto.

E’ altresì auspicabile - la speranza è sempre l’ultima a morire - che il Parlamento provveda a ripristinare, e con maggior rigore, il reato penale di “Abuso d’Ufficio”, da cui si genera l’Arroganza-menefreghismo-strapotere della Burocrazia, nonché il vergognoso lassismo della Magistratura ed il conseguente Sfascio del Paese. E provveda a smantellare la miriade di Strutture parallele, a cominciare dal CIPE, nate nella logica della spartizione del potere gestionale, e scevre da ogni responsabilità.

Per un futuro migliore, per il loro futuro, è sperabile infine che i Giovani prendano coscienza anche di questi problemi, e che si mobilitino per debellare questi due Mostri: lo Spreco e l’Illegalità. Due mostri che si inseguono e si alimentano a vicenda e che stanno divorando la società civile. Il Potere li usa per rafforzarsi, creando sudditanza e servo-assistenza. La Società li subisce perdendo cittadinanza e possibilità di sviluppo. Nel contesto che ne deriva prevale il Malcostume; si mortifica la Dignità; non c’è più spazio per operare nella Legalità. E così via, verso la morte dello stato di diritto. Dopo di che arriva la giungla... ed alla fine rimaniamo fregati TUTTI.

Nicola Bonelli

nicolabonelli@fontamara.org

Questo ed altro sul sito: www.fontamara.org


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