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IL "GRIN" E IL "CYBERGRIN": PARLARE, DISCUTERE, CONFRONTARSI. A BAMAKO (MALI), DAL BAOBAB AD INTERNET. Un ’resoconto’ di Alessio Antonini e Chiara Giovetti - a cura di pfls

mercoledì 11 aprile 2007.
 

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Al circolo del grin

MALI Ovvero: parlare, discutere e confrontarsi. Su qualsiasi argomento. Accade a Bamako, dove la tradizione di ritrovarsi attorno a un baobab è tornata di moda. E dai cortili arriva fino al web

di Alessio Antonini e Chiara Giovetti *

"Come faccio a spiegare a un bianco che cos’è un grin?". Pasteur distoglie per un attimo gli occhi dalle braci del fornello a carbone acceso sotto la teiera. Seduto nel cortile della sua casa alla periferia di Bamako si guarda intorno, cercando la complicità di un amico: "Un grin non si spiega, si fa e basta", ride General accendendosi una sigaretta.

"Vedi, questo è un grin", aggiunge, indicando i ragazzi che cominciano a entrare nel cortile per prendere posto sulle sedie - quindici in tutto - sistemate in circolo. "Grin, nella nostra lingua, significa semplicemente gruppo". Tra le vie polverose della città, ogni giorno i bamakois - come vengono chiamati gli abitanti di Bamako - si radunano in gruppi di venti o trenta persone.

Parole in libertà

Per parlare di musica, cinema, calcio e politica. Sorseggiando l’immancabile tè verde. Ecco, un grin è questo: una riunione fra amici che segue regole non scritte e un rituale che si tramanda di generazione in generazione.

E a Bamako, oggi, il grin è tornato di moda. Quelli della "Maison Blanche de Kalaban City" - ogni grin ha un nome; questo deriva da Kalaban, il quartiere dove si riuniscono - stasera ci sono tutti. Pacche sulle spalle, lunghe strette di mano. In pochi minuti la conversazione decolla. "Un grin per parlare di grin?", ridacchia ironico Vieux. Gli altri lo seguono divertiti. "Perché no? Ci troviamo tutte le sere e l’argomento dipende da chi intavola la discussione. L’importante è confrontarsi, giocare a prendersi in giro e stare bene insieme". Ancora risate, battute e sfottò.

Uno alla volta i protagonisti si presentano. Ognuno qui ha un soprannome perché, "tra amici, si usa così". C’è Pasteur che, naturalmente, studia medicina e c’è appunto Vieux, il Vecchio, che avrà poco più di vent’anni ma è il chaklaka, ovvero il saggio che trova sempre il modo di placare gli animi. General invece è il dugutiki, il capo che assicura l’esistenza stessa del gruppo: raccoglie i soldi per comprare il tè, si assicura che tutti abbiano una sedia e possano intervenire, risolve i contrasti e custodisce i beni della comunità. Perché ognuno, nel grin, ha un ruolo specifico e le relazioni si basano su regole ferree. Anche se le caratteristiche principali rimangono quelle di sempre: incontrarsi, confrontarsi, perdere tempo.

Il ruolo di queste riunioni informali è talmente importante nella società maliana che anche i giornali dedicano ampio spazio ai contenuti dei grin: vengono considerati i "guardiani della democrazia". Attraverso i gruppi si ricompongono i conflitti di quartiere, si scambiano informazioni, si danno e ricevono consigli di ogni genere. Le sfere di interesse sono le più svariate; spesso ci si spinge anche oltre i confini del Mali. È così che può capitare di trascorrere una serata intera con i ragazzi del grin Ithai a parlare di politica internazionale in modo approfondito o sindacalismo in un Paese dove i sindacati non sono certo sviluppati.

La rivolta democratica che nel 1992 rovesciò la dittatura del generale Moussa Traoré è partita dai grin. E a guidare la transizione fu proprio Amadou Toumani Toure, l’attuale presidente del Mali eletto nel 2002.

"I grin sono stati la spina dorsale della rivoluzione", ha scritto in proposito lo studioso maliano Manthia Diawara. "La dittatura fu spazzata via da migliaia di maliani consapevoli dei propri diritti e che grazie ai grin erano in grado di sostenersi a vicenda e tenersi informati".

La riunione può iniziare.

Ma come funzionano questi incontri? "Ogni grin è diverso dagli altri", spiega Ousmane Maiga, giornalista del quotidiano locale Essor. "Tutto può partire da una decina di persone - si arriva a un massimo di trenta - sedute sulle stuoie all’angolo di una strada o in una stanza affittata e arredata ad hoc per i partecipanti. Ci si raduna per parlare e ascoltare la radio, guardare le partite o commentare le notizie". Senza vincoli o divieti. Ci sono però un paio di requisiti essenziali: i partecipanti devono appartenere alla stessa generazione, e preferibilmente anche allo stesso sesso.

I più giovani parlano soprattutto di ragazze e di calcio. Gli adulti, invece, chiacchierano di politica, lavoro e famiglia. I più anziani ricordano i tempi che furono e spesso rimangono a lungo in silenzio, come se a una certa età non ci fosse più bisogno di parlare per capirsi. Le ragazze, come accade nel resto del mondo, sono capaci di passare ore a dare i voti ai corteggiatori o a raccontare i loro incontri amorosi.

Il grin, però, non è fatto solo di parole. Nella maggior parte dei casi, anzi, assume connotazioni pratiche. "Il gruppo a cui appartengo ha salvato la mia moto", racconta Mohamed. "Ero così preso dalla discussione in un grin per strada che non mi ero accorto dei due tipi intenti ad armeggiare con la mia motocicletta. Per fortuna li hanno notati i miei amici. Eravamo in venti: li abbiamo presi e portati al commissariato". Storie di reciproca protezione, nelle strade di Bamako.

"Noi abbiamo fatto di meglio", sorride compiaciuto Pasteur. "Una volta siamo riusciti a catturare un ladro che era entrato nel nostro circolo: lo abbiamo "processato" costringendolo a pulire accuratamente l’intero cortile. Poi lo abbiamo lasciato andare. Non abbiamo bisogno di chiamare la polizia". La reputazione, nei grin, è un elemento fondamentale. I ragazzi se la costruiscono giorno dopo giorno, incrociando avventure immaginarie a problemi quotidiani.

La competizione è elevata e uno dei principali motivi di vanto è rappresentato dal racconto delle vittorie riportate sui circoli rivali. Il principale motivo di contesa sono le ragazze. "Per le donne c’è sempre bagarre", conferma Oudou sfoggiando la maglietta del calciatore camerunense Samuel Eto’o. È così che nascono storie più o meno fantasiose di amori travagliati che rimbalzano da un grin all’altro con piccole varianti.

Il racconto più famoso ha già assunto i contorni di una leggenda metropolitana e ognuno è pronto a giurare che sia capitato al proprio gruppo di amici. La storia è quella della bella del quartiere che preferisce uscire con un vecchio ricco invece di flirtare con un ragazzo del giro. E, alla fine, la conclusione è sempre la stessa: la vittoria del gruppo che impedisce all’attempato corteggiatore di uscire con la ragazza e aiuta l’amico a conquistare la sua amata.

Dietro a queste storie, vere o inventate che siano, la morale è sempre dimostrare che il gruppo è solidale. Aiutare un amico, per un bamakois, è la versione moderna di una pratica antica, quella del cousinage. "Tra famiglie, clan e gruppi etnici", sostiene Yaya, trentenne artista maliano che ha viaggiato in Africa e in Europa, "ci sono legami antichi che impongono di risolvere con la parola anche i conflitti più aspri. Non rispettare questi accordi attirerebbe l’ostilità della famiglia e degli amici e, secondo le credenze tradizionali, persino una maledizione".

Affari di famiglia

Anche se i rapporti che si instaurano nei grin possono essere così stretti da sembrare quasi vincoli di parentela, i legami familiari all’interno dei gruppi sono sempre più rari. La vita nella metropoli è totalmente diversa da quella che si conduceva nei villaggi, e nei grin non c’è più posto per divisioni di casta o di etnia.

"Negli anni Sessanta, all’alba dell’indipendenza, i maliani si scoprirono senza identità. Fu attraverso il confronto nei grin che iniziarono a definirsi bamakois, maliani e panafricani", riprende Manthia Diawara, che al tempo faceva parte del grin "I Beatles di Medina Coura". "Nessuno voleva tornare alle separazioni tra le diverse tribù - peul, bambara, senoufo, soninké e dogon - incoraggiate dalle amministrazioni coloniali. Nessuno voleva più imposizioni sul modo di vestire o di pensare".

"L’importante, oggi come allora, è la compatibilità tra i membri del gruppo", conferma Maimouna Coulibaly, direttrice di Gringrin, rivista dedicata al pubblico giovanile. "Il grin è aperto anche agli stranieri e l’arrivo di un toubab, di un bianco, non cambia l’atmosfera né gli argomenti di discussione". Basta essere pronti allo scherzo e non lasciarsi intimidire dal linguaggio diretto dei maliani. "Lo sfottò è un aspetto ricorrente", riprende Yaya. "I legami di amicizia sono così forti che ci si può prendere in giro senza che questo abbia conseguenze". Gli insulti diretti e gratuiti, però, non sono mai ammessi, e chi viola il codice viene punito.

A Bamako esistono anche grin al femminile nonostante preconcetti e pregiudizi. "Non mi piacciono", dice Doussou. "Queste ragazze si danno un sacco di arie e finiscono per scambiarsi consigli su come tenere sulla corda tre o quattro ragazzi contemporaneamente". Ma Fatoumata non ci sta. "È la solita accusa sciocca di chi non riesce a rimorchiare", ribatte lei agitandosi sulla sedia. "Nel nostro gruppo si parla di tutto, non solo di uomini. Si discute dei professori, del lavoro e della disoccupazione, che qui in Mali è ormai un problema enorme".

La crisi economica infatti ha creato una generazione di diplomati che non trovano lavoro e che trascorrono le loro giornate nei grin. "Se continua così l’amministrazione non dovrà nemmeno più preoccuparsi di piantare alberi ai bordi delle strade", scherza Babaye. "Ci penseranno i diplomati senza impiego: per procurarsi, almeno, un po’ d’ombra per il grin".

Dal baobab a Internet

Un piccolo fenomeno a parte è quello degli espatriati. Da Bamako sono stati in tanti a partire per cercar fortuna all’estero. Ma anche lontano da casa bastano una teiera e qualche sedia per fare gruppo tra connazionali. "Per chi emigra diventa ancora più importante", sottolinea Yaya. "Non solo perché avere qualcuno con cui parlare fa sentire meno soli. I grin infatti arrivano a fornire servizi utili: il passaparola indispensabile per creare un fondo per le spese mediche urgenti o per quelle burocratiche. Ma anche, più semplicemente, per aiutare un connazionale a trovare lavoro".

I giovani che vivono in Paesi stranieri stanno cominciando anche a trasferire il grin dal cortile alla rete: pur senza la teiera che gorgoglia sul fuoco, Internet permette di mantenere vivi i contatti con gli amici rimasti a Bamako. I cybercafé della capitale maliana sono sempre più frequentati da ragazzini che alimentano le chat e mantengono i rapporti con chi vive lontano da Bamako. "È incredibile pensare che il cybergrin di oggi sia figlio del grande baobab", sorride Maimouna, di Gringrin. Ovvero, il gigantesco albero che stava al centro del villaggio: "Fu intorno al baobab che iniziò il rito delle riunioni".

A proposito di baobab. "Quell’albero", scriveva Ryszard Kapuscinski in Ebano, "è più di una pianta: è la vita. Se viene abbattuto, gli uomini non potranno più ripararsi dal sole né riunirsi. E se non potranno riunirsi non saranno più in grado di prendere decisioni, ma soprattutto non potranno più raccontare la loro storia. Allora la dimenticheranno, e diventeranno uomini senza passato, cioè nessuno". A Bamako, grazie al grin il pericolo di perdersi sembra essere scongiurato.

* la Repubblica/D, n. 543, ripresa parziale - senza le foto, 07.04.2007)


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