di Mario Lodi (l’Unità, 30.08.2008)
Un articolo di Ernesto Galli della Loggia, pubblicato sul Corriere il 21 agosto invita a una riflessione seria sul problema educativo della scuola italiana di oggi. È vero che la scuola pubblica in Europa da due secoli ammette che non è solo un sistema per impartire nozioni, ma qualcos’altro, Che cosa? Rousseau scrisse che il bambino nasce libero e la società lo corrompe. Il grande scrittore Tolstoj aveva provato a realizzare per i figli dei contadini poveri la scuola di Jasnaia Poliana dove i bambini scrivevano i libri sui quali studiavano. Gli ultimi due secoli non sono stati avari di riflessioni e di esperienze singnificative.
Basta ricordare Maria Montessori che aprì le Case dei bambini, la Escuela moderna di Francisco Ferrer, la Cooperative Laic del Freinet che si diffuse in Italia con il Movimento di Cooperativa Educativa dopo la seconda guerra mondiale come pedagogia del buon senso, lasciando numerose opere pubblicate da Case Editrici famose. E contemporaneamente l’idea del priore don Lorenzo Milani di trasformare la sua parrocchia in scuola finalizzata ai valori della Costituzione, vale a dire la collaborazione nella libertà, invece della competizione. In Italia la strumentalizzazione della scuola per fini politici fu attuata dal fascismo, durò vent’anni e portò alla guerra.
Con la Liberazione fu necessario cambiare le leggi del nuovo stato democratico e in sede in Assemblea Costituente pochi sanno che l’11 dicembre ’47, fu approvato all’unanimità e con vivi e prolungati applausi, un ordine del giorno di Aldo Moro in cui si chiedeva che «la Carta Costituzionale, trovi senza indugio adeguato posto nel quadro didattico delle scuole di ogni ordine e grado, al fine di render consapevoli le giovani generazioni delle conquiste morali e sociali che costituiscono ormai sicuro retaggio del popolo italiano».
Quel giorno era nata l’idea di una nuova scuola italiana con il fine di formare i cittadini futuri. Il loro libro di orientamento era la Costituzione italiana ma non è stato usato con il fine di contribuire a formare i futuri cittadini, di cui la nostra società aveva bisogno. Nelle esperienze del dopoguerra troviamo alcune idee semplici che insegnanti sensibili e preparati possono applicare nella scuola di oggi con il fine di formare i cittadini democratici di domani. I bambini a sei anni sanno già parlare correttamente dei loro bisogni e della loro vita.
L’educatore può subito usare il linguaggio della parola per costruire le fondamenta della scuola democratica. Usando quel linguaggio ogni giorno, abituandoli ad ascoltare e a pensare senza interromperli come di solito fanno i politici in tv, si può parlare di tutto, conoscere gli altri, sapere come vivono. E si scoprirà che, pur sotto la divisa di un grembiule uguale per tutti i bambini sono, per fortuna, tutti diversi. La scuola della parola ci offre la chiave per entrare in quel mondo sconosciuto.
La scuola quindi è la prima società in cui entrano da protagonisti i bambini. È possibile renderla bella e funzionale? Assegnare a ogni cosa il suo posto? Dai quadri alle pareti, all’angolo del computer, dal posto della biblioteca, ai vasi di fiori freschi da cambiare ogni giorno, la nostra aula-laboratorio sarà d’ora in poi un po’ del nostro mondo da conoscere e rispettare. Come era la Casa dei bambini della Montessori.
I bambini che sentono come propria l’aula-laboratorio nel quale cominciano a vivere pensando e parlando e ci resteranno per otto anni, lavorando insieme. E insieme esprimeranno le regole della comunità nascente, rappresentata dall’assemblea-classe, entro la quale si formeranno di volta in volta i cittadini che hanno il diritto alla libertà espressiva sintetizzato dall’articolo 21: «Tutti hanno il diritto di esprimere il proprio pensiero con la parola, lo scritto e ogni altro mezzo».
Sembra tutto facile, ma senza educatori professionisti, capaci e appassionati al loro lavoro, non è possibile. Ma chi li forma questi professionisti dell’educazione? Questo è il compito di un ministro che ha una visione politica di un futuro positivo della società che i nostri legislatori hanno progettato alla fine della guerra e alla nascita della democrazia come partecipazione attiva. Formare gli educatori della nuova scuola dei cittadini, significa creare dei centri di sperimentazione specializzati e volontari che ogni anno immettono nella scuola la pedagogia dell’educazione civica.
Nella scuola-laboratorio ragazzi diversi per cultura imparano a studiare e lavorare insieme aiutandosi quando c’è bisogno come si faceva a Barbiana sostituendo la solidarietà alla competizione. È in questo ambiente che si impara l’educazione dell’ascolto invece della interruzione come si usa spesso in televisione. In questo ambiente dove c’è rispetto per tutti comincerà a essere sostituito il linguaggio volgare, con parole di rispetto verso chi vive insieme a noi. Allora, imparando dall’esempio acquisterà anche l’educatore quell’autorevolezza che in questi tempi sembra smarrita nei giovani e nei genitori, al Nord e al Sud
Sul tema, in rete e nel sito, si cfr.:
Mario Lodi (Wikipedia)
2001*
PER IL DIALOGO E LA PACE TRA LE GENERAZIONI E I POPOLI:
Apriarno gli occhi, saniarno le ferite dei bambíni (deí ragazzi)
e delle bambine (delle ragazze), dentro di noí e fuori di
noí...Riannodiamo i fili della nostra rnemoria e della nostra dignità
di esseri umani. Fermiamo la strage...
Linee per un Piano di Offerta Formativa della SCUOLA dell’AUTONOMIA, DEMOCRATICA E REPUBBLICANA.
***
CHI siamo noi in realtà? Qual è íl fondamento della nostra vita? Quali saperi? Quale formazione?
SCUOLA, STATO, E CHIESA: CHI INSEGNA A CHI, CHE COSA?!
IL "DIO" DEI NOSTRI PADRI E DELLE NOSTRE MADRI...
E IL "DIO" ZOPPO E CIECO DELLA GERARCHIA DELLA
CHIESA CATTOLICA, EDIPICO-ROMANA.
Alla LUCE, e a difesa, DELLA NOSTRA DIGNITA
DI CITTADINI
SOVRANI E DI CITTADINE SOVRANE E
DI LAVORATORI
E LAVORATRICI DELLA SCUOLA PUBBLICA (campo
di RELAZIONE educativa, che basa il suo PROGETTO e la sua
AZIONE sulla RELAZIONE FONDANTE - il patto costituzionale
sia la vita personale di tutti e di tutte sia la vita politica di
tutta la nostra società),
Per PROMUOVERE LA CONSAPEVOLEZZA (PERSONALE,
STORlCO-CULTURALE) E
L’ESERCIZIO DELLA SOVRANITA’ DEMOCRATICA
RISPETTO A SE STESSI E A SE
STESSE, RISPETTO AGLI ALTRI E ALLE ALTRE, E RISPETTO
ALLE ISTITUZIONI
("Avere il coraggo di dire ai nostri giovani
che sono tutti sovrani": don Lorenzo Milani; "Per rispondere
ai requisiti sottesi alla libertà repubblicana una persona deve essere
un uomo o una donna indipendente e questo presuppone che essi
non abbiano un padrone o dominus, che li tenga sotto il suo potere,
in relazione ad alcun aspetto della loro vita. [...] La libertà richiede
una sorta di immunità da interferenze che diano la possibilità di
[...] tenere la propria testa alta, poter guardare gli altri dritto negli
occhi e rapportarsi con chiunque senza timore o deferenza": Philippe
Pettit)
e un LAVORO DI RETTIFICAZIONE E DI ORIENTAMENTO
CULTURALE, CIVILE, POLITICO e religioso (art.7 della Costituzione
e Concordato),
per evitare di ricadere nella tentazione
dell’accecante e pestifera IDEOLOGIA deII’INFALLIBILITA e
deII’ANTISEMITISMO (cfr. la beatificazione di PIO IX) e di un
ECUMENISMO furbo e prepotente, intollerante e fondamentalista
(cfr. il documento Dominus Jesus di Ratzinger, le dichiarazioni anti-
islamiche di Biffi, e il rinvio sine die dell’incontro fissato per il
3.10.2000 tra ebrei e cattolici) e di perdere la nostra lucidità e sovranita
politica,
e per INSTAURARE un vero RAPPORTO DIALOGICO e DEMOCRATICO,
tra ESSERI UMANI, POPOLI e CULTURE, non
solo d’Italia, ma dell’Europa e del Pianeta TERRA (e di tutto
I’universo, cfr. Giordano Bruno),
IO, cittadino italiano,figlío di Due IO, dell’UNiOne di due esseri
umani sovrani, un uomoj ’Giuseppe’, e una donna:’Maria’ (e, in
quanto tale, ’cristiano’ - ricordiamoci di Benedetto Croce; non cattolico
edipico-romano! - ricordiamoci, anche e soprattutto, di Sigmund
Freud),
ESPRIMO tutta la mia SOLIDARIETA a tutti i cittadini e a tutte
le cittadine della Comunità EBRAICA e a tutti i cittadini e a tutte lecittadine della comunità ISLAMICA della REPUBBLICA DEMOCRATICA
ITALIANA,
e
PROPONGO
di riprendere e rilanciare (in molteplici forme e iniziative) la riflessione
e la discussione sul PATTO di ALLEANZA con il qúale tutti i
nostri padri (nonni...) e tutte le nostre madri (nonne...) hanno dato
vita a quell’UNO, che è il Testo della COSTITUZIONE, e il ’vecchio’
invito dell’Assemblea costituente (come don Lorenzo Milani
ci sollecitava nella sUa Lettera ai giudici, cfr. L’obbedienza non è più
una virtù) a "rendere consapevoli le nuove generazioni delle raggiunte
conquiste morali e sociali" e a riattivare la memoria
dell’origine dell’uno, che noi stessi e noi stesse siamo e che ci costituisce
in quanto esseri umani e cittadini - sovraní, sla rispetto a
noi stessi e a noi stesse sia rispetto agli altri e alle altre, e sui piano
personale e sul piano politico,
e di RAFFORZARE E VALoRIZZARE, in TUTTA la sua fondamentale
e specifica portata, IL RUOLo e LA FUNZIONE deila
SCUOLA DELLA nostra REPUBBLICA DEMOCRATICA.
P.S.
"A molti, individui o popoli, può accadere di ritenere, più o meno
consapevolmente, che ogni straniero è nemico. Per lo più questa
convinzione giace in fondo agli animi come una infezione laiente,
si manifesta solo in atti saltuari e incoordinati, e non sta all’origine
di un sistema di pensiero. Ma quando questo avviene, quando il
dogma inespresso diventa premessa maggiore di un sillogismo*,
allora, al termine della catena, sta il lager.
Esso è il prodotto di una
concezione del mondo portata alle sue conseguenze con rigorosa
coerenza: finché la concezione sussiste, le conseguenze ci minacciano"
*
"Tutti gli stranieri sono nemici.
I nemici devono essere soppressi.
Tutti gli stranieri devono essere soppressi".
Primo Levi, Se questo è un uomo, Prefazione, Torino, Einaudi,
1973, pp. I 3-14.
Andiamo alla radice dei problemi. Perfezioniamo la conoscenza
di noi stessi e di noi stesse. Riattiviamo la memoria dell’Unita,
apriamo e riequilibriamo il campo della nosha, personale e collettiva,
coscienza umana e politica.
Sigmund Freud aveva colto chiaramente la tragica confusione in
cui la Chiesa cattolico-romana si era cacciata (cfr. L’uomo Mosè e
la religione monoteistica): "scaturito da una religione del padre, il
cristianesimo divenne una religione del figlio. Non sfuggì alla fatalità
di doversi sbarazzare del padre" ... Giuseppe (gettato per la seconda
volta nel pozzo) e di dover teorizzare, per il figlio, il ’matrimonio’
con la madre e, nello stesso tempo,la sua trasformazione in
’donna’ e ’sposa’ del Padre e Spirito Santo, che ’generano’ il figlio!
Karol Wojtyla, nonostante tutto il suo coraggio e tutta la sua sapienza, fa finta di niente e, nonostante il ’muro’ sia crollato e lo ’spettacolo’ sia finito, continua a fare l’attore e a interpretare il ruolo di Edipo, Re e Papa.
QUIS UT DEUS? Nessuno può occupare il posto dell’UNO. Non è meglio deporre le ’armi’ della cecità e della follia e, insieme e in pace, cercare di guarire le ferite nostre e della nostra Terra?
"GUARIAMO LA NOSTRA TERRA": è il motto della
"Commissione per la verità e la riconciliazione" voluta da Nelson
Mandela (nel 1995 e presieduta da Desmond Tutu). In segno di attiva
solidarietà, raccogliamo il Suo invito...
"La realtà è una passione. La cosa più cara" (Fulvio Papi). Cerchiamo
di liberare ii nostro cielo dalle vecchie idee. Benché diversi,
i suoi problemi sono anche i nostri, e i nostri sono anche i suoi...
E le ombre, se si allungano su tutta la Terra, nascondono la luce e portano il buio, da lui come da noi... "nell’attuale momento focale
della storia - come scriveva e sottolineava con forza Enzo Paci già
nel 1954 (cfr. E. Paci, Tempo e relazione, Milano, Il Saggiatore,
1965 - Il ed., p. 184) - la massima permanenza possibile della libertà
democratica coincide con la massina metamorfosí verso un
più giusto equilibrio sociale, non solo per un popolo ma per tutti i
popoli del mondo".
* Cfr. Federico La Sala, L’enigma della Sfinge e il segreto della Piramide. Considerazioni attuali sulla fine della preistoria ..., Edizioni Ripostes, Roma-Salerno, Febbraio 2001, pp. 49-53.
SCUOLA PUBBLICA
un bene comune in grave pericolo
di Il Forum Insegnanti
Appello alla mobilitazione contro la privatizzazione della Scuola Pubblica
in difesa della libertà d’insegnamento e dei diritti dei lavoratori
Di seguito il testo dell’appello da scaricare e far firmare ed il link dove è possibile firmare on-line
Testo dell’appello (PER LEGGERLO CLICCARE SULLA ZONA ROSSA)
l’Unità 02.09.2008
La scuola di Mariastella: meno lezioni per tutti
Il nuovo slogan del ministro Gelmini: semplicità, autonomia, merito. Ma intanto taglia fondi e ore
Il GELMINI-PENSIERO val bene, così pensa lei, una vera strategia mediatica. Ed ecco che la ministra all’istruzione ha deciso di affidare a Famiglia Cristiana e a Radio City le sue riflessioni in materia scolastica. Che si declinano in uno slogan. Un po’ come «Tre parole: sole, cuore amore», la Gelmini riparte da «Tre parole: semplicità, autonomia, merito».
Semplicità «significa chiudere tutti i cantieri lasciati aperti negli anni scorsi, mettere a sistema tutto quanto di positivo è stato fatto dai miei predecessori, a partire da Letizia Moratti e Giuseppe Fioroni: dai nuovi cicli scolastici al recupero dei debiti formativi, alla possibilità di frequentare il biennio di obbligo scolastico anche nel sistema di istruzione e formazione professionale, così che ogni giovane e ogni famiglia possano scegliere la scuola più adatta. Ma semplicità significa anche farla finita col burocratese... Per questo ho voluto reintrodurre i voti, compreso quello in condotta, perchè la scuola deve tornare a insegnare a leggere, scrivere, far di conto e aiutare ogni giovane a diventare un buon cittadino e a rispettare l’istituzione scolastica». Per Gelmini autonomia significa invece «valorizzare la libertà di insegnamento e la specificità delle singole scuole, statali e paritarie, che sono tutte pubbliche... Non è vero, inoltre, che la qualità della scuola dipende solo dalla quantità di fondi pubblici destinati all’istruzione. La spesa dell’Italia in questo settore infatti è in linea con quella degli altri Paesi europei, ma non lo è la qualità. Il problema dunque non è quanto, ma come spendere al meglio i soldi dei contribuenti...». Merito: «Significa premiare gli insegnanti e le scuole migliori. Significa anche dare finalmente attuazione al principio costituzionale che garantisce agli studenti ’capaci e meritevoli’, ma che non possono mantenersi agli studi, le risorse necessarie per studiare. È indispensabile che la scuola sia la più formidabile leva di emancipazione e di sviluppo sociale. La meritocrazia è la più alta forma di democrazia. La speranza di modificare le cose che non vanno deve sostituirsi alla rassegnazione».
Fin qui i cosiddetti buoni propositi. Nella realtà la ministra sembra piuttosto lavorare alla destrutturazione dell’istruzione. A cominciare dalla riduzione del numero delle ore di lezione, prevista dal piano di razionalizzazione della spesa per la scuola, messo a punto dal Governo durante l’estate, che verrà presentato ai sindacati nei prossimi giorni.
Sempre a Famiglia Cristiana, il ministro ha spiegato le ore di lezione saranno ridotte «non in base a una logica di risparmio, ma di necessità perchè in questi anni, con le sperimentazioni e il prolungamento a oltranza dell’orario, abbiamo ottenuto tutt’altro che un aumento della qualità».
Il predecessore di Gelmini, Giuseppe Fioroni del Pd, tutto questo lo definisce una «strategia della distorsione che il Governo mette in atto sulla scuola». «Il problema vero - osserva Fioroni alla Festa democratica a Milano - è che Tremonti applica assieme a Bossi un federalismo sull’istruzione» che comporta «tagli per 130mila docenti e 4mila scuole». Il che vuol dire che non è garantita pari opportunità di apprendimento ai diversamente abili, ai figli degli immigrati, e alle famiglie emarginate. «Si passa ad una scuola per pochi, garantita solo a chi ha soldi e a chi è nato nel posto giusto. E questo - a sessant’anni dalla Costituzione - significa lo smantellamento dell’istruzione pubblica in Italia».
Svolta alle elementari dal prossimo anno
Scuola, il maestro unico è già diventato legge
Inserito nel decreto. I sindacati: aggressione alla qualità
La novità è contenuta nel provvedimento firmato dal presidente della Repubblica
di Giulio Benedetti (Corriere della Sera, 02.09.2008)
ROMA - Ritorna il maestro unico. Dal prossimo anno. Ormai è certo. E sempre dal prossimo anno scatta il divieto di adottare libri «usa e getta». Finora c’era stato soltanto l’annuncio, in coda al decreto del 5 in condotta, dei voti al posto dei giudizi alle elementari e medie e del ritorno dell’educazione civica appena approvato dal governo. «Ce ne occuperemo nella Finanziaria », ha detto il ministro, dopo la riunione del governo che aveva varato i tre provvedimenti. Poi è successo qualcosa. Il testo di quel provvedimento: «Disposizioni urgenti in materia di istruzione e università» è stato ritoccato in tempo record, rispetto alle versione illustrata dalla Gelmini. Ieri il presidente della Repubblica ha firmato il provvedimento. Ci sono dentro, a sorpresa, anche il maestro unico e l’adozione dei libri con cadenza quinquennale.
Il senso della modifica del decreto? Anzitutto rendere più cogente il ritorno al modello tradizionale di scuola elementare. A quel maestro unico che per secoli ha insegnato a leggere e far di conto, sostituto agli inizi degli anni ’90 dal team dei maestri.
Nel comma 4 dell’articolo 64 del decreto 112, approvato nei primi giorni di agosto, si parla genericamente di riorganizzazione della scuola primaria. Un’indicazione troppo vaga, per un tema scottante che vede nella maggioranza posizioni non sempre coincidenti. Il senso dell’integrazione è fin troppo chiaro: «Classi affidate a un unico insegnante e funzionanti con orario di ventiquattro ore settimanali». Si tratta di «paletti» che non potranno essere ignorati nelle prossime trattative tra ministro e sindacati dei prof. Secondo i dati del ministero dell’Istruzione le maestre assunte a tempo indeterminato sono 238 mila. Le classi ammontano a 137 mila 598: 33 mila 224 mila sono a tempo pieno e 104 mila 374 a tempo normale. L’adozione del maestro unico è destinata a ridurre il numero delle cattedre. In che tempi? Questo dipenderà dagli accordi tra i sindacati e il governo. «Abbiamo studiato un piano di razionalizzazione della spesa - ha dichiarato il ministro al settimanale Famiglia Cristiana - che ci consentirà di agire sul numero delle ore di lezione, che verrà abbassato. Così potremo far quadrare i conti e salvare le scuole di montagna. Ma attenzione: non agiremo in base a una logica di risparmio, ma di necessità, perché in questi anni, con le sperimentazioni e il prolungamento a oltranza dell’orario, abbiamo ottenuto tutt’altro che un aumento della qualità». Anche nel caso del ritorno al maestro unico, ha aggiunto la Gelmini, si tratta di «una scelta pedagogica, perché il bambino, almeno nei primi anni della primaria, ha bisogno non di discipline specifiche, ma di un punto di riferimento». «La scuola farà sentire la sua voce - è la risposta di Francesco Scrima, segretario confederale della Cisl scuola , il sindacato leader nella primaria -. Siamo in presenza di un’aggressione alla qualità.
Il ministro sta destrutturando per decreto la migliore scuola che noi abbiano. Vuole essere ricordata per questo? ». I prof, ecco l’altra novità inserita nel decreto, potranno adottare soltanto testi per i quali gli editori si siano impegnati a mantenere inalterato il contenuto per un quinquennio, «salvo le appendici di aggiornamento eventualmente necessarie da rendere separatamente disponibili». «L’adozione dei libri di testo - si legge nel decreto - avviene con cadenza quinquennale, a valere per il successivo quinquennio». Un aiuto alle famiglie non attraverso il contenimento del prezzo ma, indirettamente, con l’allungamento della «vita» del libro. Dopo un anno o due non sarà più carta straccia. Potrà essere passato al fratello minore o rivenduto.
La norma contro il caro-libri
Dal prossimo anno scolastico scatterà anche la norma sui libri. I prof potranno adottare solo testi per i quali gli editori si siano impegnati a mantenere inalterato il contenuto per almeno cinque anni
Scuola, le riforme della Gelmini non toccano il cuore del problema
Nessuno può insegnare con 1200 euro al mese
di Pietro Citati (la Repubblica, 02.09.2008)
La naftalina mi è sempre piaciuta moltissimo: al contrario che a Michele Serra, il quale trova un forte odore di naftalina nelle riforme scolastiche proposte dal ministro Gelmini. Ricordo la beatitudine con cui, a tarda primavera, aprivo gli armadi dove mio padre e mia madre avevano chiuso i cappotti e le pellicce invernali, e aspiravo l’odore di naftalina, che mi rammentava profumi molto più squisiti.
Michele Serra ha perfettamente ragione su un punto capitale. Non potrà esserci nessun rinnovamento della scuola italiana, se il governo non aumenterà in modo considerevole gli stipendi dei maestri elementari e dei professori delle medie e del liceo. Non è possibile insegnare con uno stipendio di 1200 euro al mese. Con questa somma non si possono comprare libri e nemmeno giornali: né si acquistano vestiti, cappotti e golf nuovi, senza i quali nessuno avrà mai il rispetto degli alunni, visto che oggi la dignità esiste solo se è accompagnata da danari. Leopardi con il vecchissimo cappotto sfilacciato e Baudelaire con le scarpe bucate non sono eroi del nostro tempo. Come il governo trovi i soldi, non so e non mi importa di sapere. So soltanto che dal 1945, quando qualcuno tocca questo argomento, la risposta è sempre la stessa: "Non c’è danaro". Mentre il danaro c’è, sempre, per le cose più sciocche.
Una di queste cose fu, appunto, quella di moltiplicare gli insegnanti nella scuola elementare: con un costo enorme. Un maestro solo (a parte l’insegnante di lingue straniere) è del tutto sufficiente. Ricordo maestre intelligenti ed eroiche che, nei piccoli paesi, fronteggiavano nello stesso tempo tre classi, alternando italiano e aritmetica, geografia e storia. Per quanto so, la scuola elementare italiana, negli anni dal 1935 al 1970, era piuttosto buona. Sarebbe sbagliato, invece, aumentare il numero degli scolari nelle classi, in specie nelle scuole elementari e medie. Non si può insegnare l’italiano a quaranta ragazzi contemporaneamente, come facevo negli anni tra il 1954 e il 1959, quando ero professore negli avviamenti. C’è un problema: i maestri e le maestre del 2008 sono ancora capaci di insegnare cinque o sei materie?
La scuola elementare e media non ha bisogno di computer, come diceva Silvio Berlusconi anni fa. Il computer è anche troppo usato, oggi, in Italia. Col risultato che ragazzi di tredici anni lo usano meravigliosamente, come un gioco spettacolare, ma non sanno scrivere una lettera in italiano.
Credo che tra voto e giudizio scolastico non ci sia una vera differenza. Tutti i professori sanno che i voti riflettevano un discussione tra professori e preside in camera di consiglio: "tu a quello togli due materie a settembre, e a questo ne aggiungo una io". Quanto ai giudizi psicologici, la pretesa di comprendere, analizzare e giudicare un bambino o un ragazzo, è completamente insensata. Nessun professore sa chi è veramente un alunno di otto o quindici anni: non lo sanno nemmeno il padre o la madre, e nessun altro essere umano.
Settantacinque anni fa, Giorgio Manganelli, il quale è stato lo scrittore italiano più intelligente dell’ultimo mezzo secolo, veniva ritenuto da tutti (presidi, maestri, professori, compagni) un idiota. Dobbiamo dare pochissimo peso ai voti e ai giudizi della scuola: sono, fatalmente, un meno peggio.
I libri scolastici sono troppi, e spesso sono cattivi. Ricordo una immensa e mostruosa antologia per i ginnasi-licei, che non spiegava i testi, ma cercava di diffondere la terminologia strutturalista ("diegesi", "attante"). Forse sarebbe necessario istituire una specie di concorso statale, con cui stabilire quali libri scolastici sono adatti, e quali no. Capisco che si tratta di una proposta pericolosa, perché non ho fiducia negli eventuali giudici.
I ragazzi non leggono, o leggono troppo poco. Spesso, i professori non sono in grado di consigliare i libri giusti. Non è possibile far leggere a un quindicenne La coscienza di Zeno (libro per lui noioso e incomprensibile), invece che I ragazzi della via Paal o Delitto e castigo, che egli amerebbe appassionatamente. Forse è ingenuo sperare in una buona lista di libri, proposta dal Ministero dell’Istruzione.
Ansa» 2008-09-02 19:20
MAESTRO UNICO DAL PROSSIMO ANNO SOLO IN PRIMA
ROMA - Il ritorno del maestro unico sara’ soft. ’’Dall’anno scolastico 2009-2010 sara’ introdotto solo nella prima classe del ciclo e quindi entrera’ a regime gradualmente’’. Lo ha precisato all’ANSA il ministro dell’Istruzione, Mariastella Gelmini.
SULLA GAZZETTA IL DECRETO LEGGE
E’ pubblicato sulla Gazzetta Ufficiale in edicola il decreto legge sulla scuola approvato dal Consiglio dei ministri il 28 agosto scorso. Nel testo sono inserite tutte le novità adottate, compresa quella del ritorno del maestro unico.
Nell’articolo dedicato all’antica e contemporaneamente nuova figura di insegnante (l’articolo 4 del decreto) non è specificata la data d’introduzione del maestro unico.
Nel provvedimento, di 8 articoli, sono inseriti anche il nuovo insegnamento ’Cittadinanza e costituzione’, la valutazione del comportamento degli studenti, cioé il ritorno del voto in condotta che riguarderà anche le attività organizzate dalle istituzioni scolastiche fuori dalla propria sede, il ritorno dei voti numerici, cioé espressi in decimi e l’impegno ad adottare i libri di testo pubblicati da editori che si siano impegnati a mantenere invariato il contenuto del quinquennio.