IN PELLEGRINAGGIO SUI LUOGHI DEI «CENTO PASSI»
Saviano, la memoria per battere le mafie
Lo scrittore simbolo della resistenza alla camorra sulla tomba di Impastato, ucciso da Cosa nostra
di FRANCESCO LA LICATA (La Stampa, 27/8/2009) *
CINISI (Palermo) Immobile, in piedi davanti alle tombe di Peppino Impastato e della sua straordinaria madre, Felicia, Roberto Saviano guarda fisso la foto del «militante comunista» ucciso dalla mafia (per la verità le parole esatte scolpite sul marmo recitano: «mafia democristiana»). Guarda anche il sorriso di Felicia Bartolotta, morta a 88 anni, gran parte dei quali spesi a cercare la condanna per don Tano Badalamenti, il boss dei Centi passi. Tanta era la distanza che separava le abitazioni dei due grandi nemici: Peppino, appunto, e don Tano.
Sembra davvero conquistato, lo scrittore. Posa lo sguardo sui bigliettini lasciati dalle centinaia di giovani che ancora oggi, a più di trent’anni dall’assassinio, vengono a Cinisi e, prima di qualunque divagazione turistica, si fermano al cimitero per lasciare un pensiero dedicato al ragazzo che rifiutò, fino al sacrificio finale, la cultura mafiosa del padre. Avversato dall’intero paese, ma non dalla sua «madre coraggio» che lo protesse finché potè e, quando glielo strapparono con una bomba, non finì di battersi a fronte alta. Fino a quando, quattro anni fa, chiuse gli occhi appagata per aver sentito la Corte d’Assise pronunciare la formula di condanna per Badalamenti.
Si guarda intorno, Roberto Saviano. Nota che il cancelletto della «gentilizia» di famiglia è senza lucchetto e si rivolge a Giovanni, fratello di Peppino: «Sta sempre aperto, questo luogo?». «Sempre», è la risposta di Giovanni, «come “Casa Memoria” in paese, la casa dei Cento passi che Felicia ha voluto fosse trasformata in un luogo aperto a tutti. In una difesa perpetua del ricordo di Peppino, che avevano cercato di far passare per terrorista uccidendolo con una bomba». E Saviano: «È un messaggio importantissimo, perché oltre all’esercizio della memoria - che la mafia, tutte le mafie vorrebbero cancellare - si trasmette il senso del coraggio della verità. Chi combatte per una causa giusta può guardare dritto negli occhi gli avversari, non ha bisogno di celarsi dietro lucchetti e chiavistelli; sono loro, i mafiosi, a cercare il buio e il silenzio omertoso. E questo vale per la Sicilia come per la Campania e per tutto il nostro martoriato Sud».
È una presenza significativa, quella di Saviano a Cinisi. Lo scrittore che con il suo bestseller Gomorra è divenuto il simbolo della resistenza alla camorra campana ha accettato di venire a presentare il libro scritto da Giovanni Impastato con Franco Vassia (Resistere a Mafiopoli, ed. Stampa Alternativa). Ha accettato l’invito anche il Procuratore nazionale antimafia, Piero Grasso, felicissimo di contribuire a quella difesa della memoria, ormai patrimonio collettivo della resistenza alla mafia.
Sulla tutela dell’«onore» dei caduti nella lotta alle mafie Saviano non si è risparmiato. Lo ha fatto di recente, insorgendo in difesa della onorabilità di don Peppe Diana, che l’avv. Gaetano Pecorella - parlamentare presidente della commissione Ecomafie - stentava a riconoscere come vittima della camorra. «Quella della diffamazione delle vittime - chiarisce Saviano - è una delle peggiori ingiustizie che si possano subire. Più ancora della privazione della vita. La distruzione del ricordo di un uomo onesto serve a giustificare l’omicidio, a convincere i cittadini-spettatori che la mafia uccide solo “chi se lo merita”. È un messaggio culturalmente devastante, un metodo che ha contribuito al radicamento del vivere mafioso in gran parte del Sud Italia».
Si accalora, Saviano, quando tocca questi temi. Tanto da suscitare il sospetto di un coinvolgimento personale. Ancora la vicenda Pecorella? «Non ci penso più: le scuse fatte pervenire ai familiari di don Peppe mi rasserenano sul fatto che quella polemica andava sollevata, soprattutto in difesa di una “verità” che non è vero fosse ancora aperta, come sosteneva il parlamentare, ma era già codificata in più d’una sentenza».
Lo scrittore si concede una pausa, poi riprende: «No, non difendo una mia personale presa di posizione, sento semmai l’esigenza di non indietreggiare di fronte all’aggressione e al furto della memoria. Bisogna far sentire la propria presenza, devono sapere che noi ci siamo e restiamo vigili ad arginare i “venticelli” di una certa Italia e i giochi sporchi di politici, sedicenti cronisti e pseudo opinione pubblica, tutti pronti alla facile calunnia». E perché oggi a Cinisi? «Ho letto il libro di Giovanni, ho conosciuto la tenacia di Felicia: un esempio di dignità e di difesa dell’onore dei propri caduti. Sì, proprio onore: una parola che appartiene alla gente perbene e che, invece, è stata scippata e stravolta da questi maestri dell’inganno».
«Anche stamattina - prosegue - a Casa Memoria ho respirato l’aria buona di chi non si è arreso: i libri di Peppino, i testi di Pasolini, le foto, l’amore e il garbo con cui questi brandelli di memoria vengono conservati... Sono contento di essere stato qui». Ma non è che Saviano abbia già sentito attorno a sé lo spiffero di qualche “venticello”? «Non mancano le accuse di protagonismo, a Napoli mi gridano contro “ti sei fatto i soldi”, oppure “la scorta te la paghiamo noi, sai?”, o anche “perché non vai in tv a infangarci ancora?”». Ancora ironia sulla sovraesposizione mediatica. Ma a rasserenare Saviano ci pensa Giovanni Impastato: «Robbè, futtitinni che ti dicono che sei mediatico. Vai in tv, tieni alta la luce su di te».
Tutti i morti ammazzati di quel 9 maggio ’78 *
...quanti morti, quel 9 maggio del ’78... non solo Aldo Moro, di cui ieri, colpevolmente, abbiamo scritto solo un breve epitaffio, ma anche Peppino Impastato, il giovane idealista ammazzato dalla mafia perchè blaterava troppo. Ieri quasi TUTTI ci siamo scordati di lui. Colpevolmente, perchè la nostra attenzione era concentrata tutta, o quasi, sulla lettera ad Augias di un “Uomo Qualunque”. Ci scusiamo con la famiglia Impastato, e cerchiamo, sia pur tardivamente, di emendarci.
Giuseppe Impastato nasce a Cinisi, in provincia di Palermo, il 5 gennaio 1948, da una famiglia mafiosa (il padre Luigi era stato inviato al confino durante il periodo fascista, lo zio e altri parenti erano mafiosi e il cognato del padre era il capomafia Cesare Manzella, ucciso con una Giulietta al tritolo nel 1963).
Ancora ragazzo rompe con il padre, che lo caccia via di casa, e avvia un’attività politico-culturale antimafiosa. Nel 1965 fonda il giornalino L’Idea Socialista e aderisce al PSIUP. Dal 1968 in poi partecipa, con ruolo dirigente, alle attività dei gruppi di Nuova Sinistra. Conduce le lotte dei contadini espropriati per la costruzione della terza pista dell’aeroporto di Palermo, in territorio di Cinisi, degli edili e dei disoccupati.
Nel 1975 costituisce il gruppo Musica e Cultura; nel 1976 fonda Radio Aut, radio libera autofinanziata, con cui denuncia i delitti e gli affari dei mafiosi di Cinisi e Terrasini, e in primo luogo del capomafia Gaetano Badalamenti, che avevano un ruolo di primo piano nei traffici internazionali di droga, attraverso il controllo dell’aeroporto. Il programma più seguito era Onda pazza, trasmissione satirica con cui sbeffeggiava mafiosi e politici.
Nel 1978 si candida nella lista di Democrazia Proletaria alle elezioni comunali. Viene assassinato nella notte tra l’8 e il 9 maggio del 1978, nel corso della campagna elettorale, con una carica di tritolo posta sotto il corpo adagiato sui binari della ferrovia. Gli elettori di Cinisi votano il suo nome, riuscendo ad eleggerlo al Consiglio comunale.
Stampa, forze dell’ordine e magistratura parlano di atto terroristico di cui l’attentatore sarebbe rimasto vittima e, dopo la scoperta di una lettera scritta molti mesi prima, di suicidio.
Grazie all’attività del fratello Giovanni e della madre Felicia Bartolotta Impastato, che rompono pubblicamente con la parentela mafiosa, dei compagni di militanza e del Centro siciliano di documentazione di Palermo, nato nel 1977 e che nel 1980 si sarebbe intitolato proprio a Giuseppe Impastato, viene individuata la matrice mafiosa del delitto e sulla base della documentazione raccolta e delle denunce presentate viene riaperta l’inchiesta giudiziaria.
Nel maggio del 1984 l’Ufficio Istruzione del Tribunale di Palermo, sulla base delle indicazioni del Consigliere Istruttore Rocco Chinnici, che aveva avviato il lavoro del primo pool antimafia ed era stato assassinato nel luglio del 1983, emette una sentenza, firmata dal Consigliere Istruttore Antonino Caponnetto, in cui si riconosce la matrice mafiosa del delitto, attribuito però ad ignoti. Il Centro Impastato pubblica nel 1986 la storia di vita della madre di Giuseppe Impastato, nel volume La mafia in casa mia, e il dossier Notissimi ignoti, indicando come mandante del delitto il boss Gaetano Badalamenti, nel frattempo condannato a 45 anni di reclusione per traffico di droga dalla Corte di New York, nel processo alla Pizza Connection.
Nel gennaio 1988, il Tribunale di Palermo invia una comunicazione giudiziaria a Badalamenti. Nel maggio del 1992 il Tribunale di Palermo decide l’archiviazione del caso Impastato, ribadendo la matrice mafiosa del delitto, ma escludendo la possibilità di individuare i colpevoli e ipotizzando la possibile responsabilità dei mafiosi di Cinisi alleati dei corleonesi.
Nel maggio del 1994 il Centro Impastato presenta un’istanza per la riapertura dell’inchiesta, accompagnata da una petizione popolare, chiedendo che venga interrogato sul delitto Impastato il nuovo collaboratore della giustizia Salvatore Palazzolo, affiliato alla mafia di Cinisi. Nel marzo del 1996 la madre, il fratello e il Centro Impastato presentano un esposto in cui chiedono di indagare su episodi non chiariti, riguardanti in particolare il comportamento dei carabinieri subito dopo il delitto.
Nel giugno del 1996, in seguito alle dichiarazioni di Palazzolo, che indica in Badalamenti il mandante dell’omicidio assieme al suo vice Vito Palazzolo, l’inchiesta viene formalmente riaperta. Nel novembre del 1997 viene emesso un ordine di cattura per Badalamenti, incriminato come mandante del delitto. Il 10 marzo 1999 si svolge l’udienza preliminare del processo contro Vito Palazzolo, mentre la posizione di Badalamenti viene stralciata.
Nell’udienza del 26 gennaio 2000 la difesa di Vito Palazzolo chiede che si proceda con il rito abbreviato, mentre il processo contro Gaetano Badalamenti si svolgerà con il rito normale e in video-conferenza. Il 4 maggio, nel procedimento contro Palazzolo, e il 21 settembre, nel processo contro Badalamenti, vengono respinte le richieste di costituzione di parte civile del Centro Impastato, di Rifondazione comunista e dell’Ordine dei giornalisti.
Nel 1998 presso la Commissione parlamentare antimafia si è costituito un Comitato sul caso Impastato e il 6 dicembre 2000 è stata approvata una relazione sulle responsabilità di rappresentanti delle istituzioni nel depistaggio delle indagini. Il 5 marzo 2001 la Corte d’assise ha riconosciuto Vito Palazzolo colpevole e lo ha condannato a 30 anni di reclusione. L’11 aprile 2002 Gaetano Badalamenti è stato condannato all’ergastolo.
Per onorare la vita di Peppino ha fatto di più Marco Tullio Giordana, col suo film “I cento passi”, di quanto non abbiano fatto le istituzioni. Il film è una ricostruzione abbastanza libera dell’attività di Peppino; i "cento passi" erano quelli che metaforicamente separavano casa sua da quella del boss Tano Badalamenti, mandante dell’assassinio.
Il materiale fotografico e bibliografico è tratto ed elaborato da Wikipedia e dal sito dedicato a Giuseppe Impastato. Alle elezioni politiche del ’94, in un collegio di Palermo, la sinistra candida Antonino Caponnetto, Forza Italia candida Gianfranco Micciché. Vince Gianfranco Micciché.
* Il Tafanus 2007-05-10
Carissimo Pierluigi,
"guida spirituale" è troppo, per me. Sono una persona che ha solo voglia di vedere una San Giovanni in Fiore diversa. Ringrazio te, i giovani di Officina e quanti vorranno condividere il nostro bisogno di giustizia. E ringrazio Federico, che, ormai, è davvero, con Gioacchino da Fiore, Gianni Vattimo e Biasi (Biagio Allevato), il fiore più bello di questa nostra Voce. Spero che l’iniziativa di sabato sia partecipata e che il dibattito ci offra molti spunti di riflessione e ancora più motivi per crederci e agire. Un pensiero affettuoso anche allo "scomparso" e forte Mauro Diana, all’onnipresente, e mitico, Cosmo, al presidente Francesco Basile e all’instancabile Renato Pierri. Vi ricordo che Vattimo è a Roma, il 12 maggio, al Festival internazionale della filosofia. La sua presenza è confermata. L’ho sentito ieri.
Pieroni e Ziparo, dove siete?
Un saluto a tutti. Di cuore.
emiliano