Editoriale
Né mercanti né grandi sacerdoti
di Giovanni Sarubbi *
(Le foto rappresentano la cacciata dei mercanti dal tempio - quadro del pittore El Greco (1541-1614) - ed il profeta Muhammad in preghiera davanti alla Ka’bah).
La vita di Gesù di Nazareth e di Muhammad è stata caratterizzata da un episodio del tutto identico. Il primo ha cacciato i mercanti dal tempio, episodio riportato in tutti e quattro i Vangeli; il secondo ha cacciato gli oltre trecento idoli che i mercanti della Mecca avevano posto nella Ka’bah, antico altare eretto da Abramo al Dio unico. La loro missione profetica è iniziata da qui, da una lotta senza quartiere contro l’uso della religione per opprimere l’umanità, contro l’uso del sacro per sostenere sistemi di potere che stanno portando l’umanità alla sua autodistruzione.
Si discute molto fra cristiani e musulmani su ciò che li unisce e su ciò che li divide. I nemici del dialogo mettono ovviamente l’accento su ciò che divide perché in questo modo si può aizzare l’odio reciproco. Si discute di velo alle donne, delle differenti abitudini alimentari, del tipo di rapporto fra maschi e femmine, persino la lingua araba viene considerata un pericolo tanto che si vuole imporre agli imam di tenere i loro sermoni in italiano, cosa che fra l’altro già avviene. E chi divide, chi semina odio ha un animo malevole o, per dirla con terminologia biblica, è un “diavolo”, un nemico del bene.
Della cacciata dei mercanti dal tempio e della cacciata degli idoli dalla Ka’bah nessuno parla. Eppure sono questi gli episodi cruciali della vita di Gesù e di Muhammad. Nei Vangeli Sinottici quest’episodio è narrato alla fine dei rispettivi vangeli ed è considerato come il motivo ultimo che portò poi Gesù alla crocifissione. Nel Vangelo di Giovanni questo episodio è narrato invece all’inizio del Vangelo, come segno costitutivo dell’azione di Gesù.
La cacciata degli idoli dalla Ka’bah costituisce per Muhammad il punto di svolta decisivo per la sconfitta dei padroni della Mecca e per il ristabilimento del monoteismo nella penisola arabica. E’ un episodio molto ben raccontato in un film di molti anni fa, intitolato “Il messaggio”, con attori principali Antony Quinn ed Irene Papas, realizzato sotto la supervisione della università islamica del Cairo. E’ un film che consigliamo vivamente di vedere per comprendere appieno lo spirito che animò Muhammad. In questo film si vede per esempio che la lotta contro l’idolatria è stata per Muhammad strettamente legata alla lotta contro lo schiavismo e l’oppressione delle donne, altro elemento che lo unisce strettamente a Gesù la cui resurrezione venne annunciata da donne, la cui testimonianza in Israele era assolutamente nulla.
Le radici che uniscono cristiani e musulmani sono dunque molto forti e solide. E sono le stesse radici che è possibile ritrovare in tutti i testi dei profeti di Israele, che hanno contestato l’uso distorto della Torah che la classe sacerdotale e i vari Re che si sono susseguiti avevano imposto al popolo ebreo. Basti ricordare, fra l’altro, l’episodio del Vitello d’oro distrutto da Mosè come primo esempio di ciò che fecero poi Gesù e Muhammad secoli dopo.
Dio non appartiene a nessuno, né ai mercanti né ai grandi sacerdoti. Questo il messaggio che ci trasmettono le azioni di Gesù e di Muhammad e di tutti i profeti prima di loro. Nessuno può usare Dio a proprio uso e consumo. Nessuno è proprietario di Dio e nessuno se ne può fare interprete esclusivo. Nessuno può usare Dio per decidere sulla sorte dei popoli o dell’intera umanità. Quando ciò avviene, sia nell’ambito cristiano che in quello islamico, vi è la negazione delle radici di fondo di entrambi questi movimenti la cui origine è la liberazione dei popoli dall’oppressione religiosa dei “padroni di dio”, dei trafficanti che sulla paura hanno costruito i loro imperi economici, politici e militari..
Ed è questo il messaggio di fondo che abbiamo scritto ai nostri fratelli musulmani in occasione della sesta giornata del dialogo cristiano islamico a cui dedichiamo gran parte di questo numero. Riscopriamo le nostre radici comuni, le più importanti, quelle che ancora oggi sono fondamentali per dare un futuro all’umanità e che vedrebbero sicuramente insieme Gesù, Muhammad e tutti i profeti che li hanno preceduti e tutti coloro che dopo di loro hanno deciso di seguire le loro tracce. Non serve a nulla litigare sul velo, o su altre norme legate a specifiche tradizioni culturali. Impegniamoci invece a cacciare dal tempio chi ancora oggi utilizza il nome di Dio per fomentare odio e per costruire imperi.
Crediamo fermamente che tutte le religioni oggi esistenti possano vivere insieme senza alcun problema se esse si sapranno liberare dalla tentazione dell’idolatria, dal trasformare se stesse in altrettanti idoli da adorare, in regole senza le quali si verrebbe esclusi dalla salvezza o dal paradiso di questa o quella divinità. E le contrapposizioni nascono proprio dalla perdita delle radici ideali originarie dei fondatori delle rispettive religioni. Paradossalmente sia il cristianesimo che l’islam sembrano aver dimenticato che sia Gesù sia Muhammad si sono battuti per la liberazione femminile.
E quando la religione diventa rito, regole, organizzazione con tanto di casta sacerdotale incaricata di gestire il rapporto con Dio, li nasce l’odio, la violenza nei confronti di altre religioni, la pretesa di essere gli unici depositari della verità e della “salvezza”. In campo cristiano emblematico di tale situazione patologica è lo stato dell’ecumenismo che, dopo l’impulso del Concilio Vaticano II, è oggi sicuramente in crisi, come si è visto nella recente assemblea ecumenica tenutasi a Sibiu in Romania dal 4 al 8 settembre scorso. La crisi la si tocca con mano leggendo il documento finale dove non aleggia alcuno spirito profetico, tutto attento a bilanciare i vari interessi ecclesiali e a riproporre una visione molto particolare di ecumenismo, quello sulle cose cattive, quelle azioni che negano lo spirito dell’evangelo e che vedono oggi, per esempio, le chiese cristiane assolutamente impotenti se non addirittura schierate a favore della guerra mondiale che stiamo vivendo. Così come c’è ecumenismo fra le chiese cristiane sul sostegno ai rispettivi sistemi economici, siano essi protestanti che cattolici o ortodossi. In realtà l’ecumenismo ha molte facce e si presta a molteplici usi.
Lo spirito profetico della “Nostra Aetate” del Concilio Vaticano II è stato via via annacquato e progressivamente distorto. Le profezie hanno bisogno di testimoni viventi che ne incarnino la forza e la propaghino ulteriormente trasformando le idee in vita vissuta di milioni e milioni di persone. Poco importa sapere al bambino dell’Africa che muore di fame o sotto un bombardamento che questa o quella chiesa è depositaria dei “doni della salvezza divina” elargiti da questa o quella divinità. Quel bambino terrà invece in gran conto tutti quei cristiani che dal basso si impegnano a buttare fuori i mercanti dal proprio tempio e schierino le proprie chiese contro la guerra, contro la distruzione dell’ambiente, per la condivisione delle risorse.
Ed è questo che manca oggi. Mentre l’ecumenismo di vertice, quello basato sulle cose cattive, sui rispettivi insulti o pretese di superiorità, sulla negazione dei principi di fondo enunciati nei Vangeli è vivo e vegeto, l’ecumenismo dal basso, quello di chi si riconosce cristiano non per le troppe chiacchiere che ognuno dice ma per le azioni concrete che attualizzano il Vangelo, batte la fiacca, c’è paura di prendere posizione, di schierarsi contro questo o quel “grande sacerdote” dimenticando la testimonianza dei profeti come Gesù o Muhammad che non hanno badato alla propria vita per opporsi alle nefandezze dei padroni del sacro dei loro tempi. E questo impegno non lo si può delegare a nessuno, ognuno deve dare il proprio contributo, ognuno deve spendere la propria vita per dare una prospettiva a questa umanità. Dunque né mercanti né grandi sacerdoti, ma uomini e donne impegnati a dare il meglio di se stessi per un mondo nuovo, un mondo di pace, un mondo dove ci si possa rispettare come membri dell’unica umanità a cui tutti apparteniamo.
Editoriale del Numero 9 stampato del nostro periodico
Morte di Giovanni Sarubbi, direttore de “Il dialogo”. Il cordoglio della Cgil di Avellino *
La Cgil di Avellino esprime profondo cordoglio per l’improvvisa scomparsa di Giovanni Sarubbi, ex segretario provinciale del Partito dei Comunisti italiani.
“Ci ha improvvisamente lasciati il compagno Giovanni Sarubbi”, dice il segretario generale Franco Fiordellisi. “Un compagno storico e leale, dal profondo senso etico, quotidianamente esercitato. La sua storia politico sindacale viene dalle battaglie metalmeccaniche a Pomigliano ex Alenia e presso la struttura Cgil Camera del lavoro di Pomigliano”.
“Studioso, attento e sensibile, lettore della società, giornalista direttore de Il Dialogo, Sarubbi era un fervente pacifista, comunista nell’accezione totalizzante del combattere le disuguaglianze e le ingiustizie sociali ed economiche”.
“È andato prematuramente, all’improvviso, lasciandoci attoniti, lasciando la famiglia, e come in tanti altri casi, troppi, in questi lunghi mesi di pandemia non potremo l stare vicini ed onorare adeguatamente il compagno Giovanni”.
Tutta la Cgil si stringe alla famiglia, Giovanni: che la terra ti sia lieve.
* Fonte: IRPINIA-NEWS, 07.04.2021 (ripresa parziale).
Nona Giornata ecumenica del Dialogo cristiano-islamico del 27 ottobre 2010
Amare la Terra e tutti gli esseri viventi!
Testo dell’appello. Di seguito vi è la possibilità di aderire all’appello.
«Ecco, al Signore tuo Dio appartengono i cieli, i cieli dei cieli, la terra e quanto essa contiene». (Bibbia Deuteronomio 10,14)
«Certamente appartiene ad Allah tutto ciò che è nei cieli e ciò che è sulla terra. Cosa seguono coloro che invocano consoci all’infuori di Allah? Non inseguono che vane congetture, e non fanno che supposizioni. Egli ha fatto per voi la notte affinché riposiate e il giorno affinché vi rischiari. In verità in ciò vi sono segni per la gente che ascolta». (Corano Sura X,66-67)
L’emergenza ambientale è oramai una costante dei nostri tempi. Le catastrofi naturali sono ingigantite dalle responsabilità umane e dai disastri causati dall’uomo e dalle tecnologie che spesso gli stessi uomini che le hanno realizzate non riescono a controllare. La nostra Terra è ferita profondamente e sanguina, come ha scritto recentemente, con riferimento al gravissimo incidente petrolifero del Golfo del Messico, un Capo spirituale cheyenne in un appello a tutte le religioni del mondo alla preghiera per la Terra ferita e per tutti gli esseri viventi che la abitano.
Ma più la situazione diventa grave, più si moltiplicano gli appelli al rispetto dell’ambiente, più acuti e violenti diventano gli atteggiamenti di quanti rifiutano il cambiamento di uno stile di vita irrispettoso della Terra che ci ospita che nessun essere umano ha creato e che nessun essere umano dovrebbe poter impunemente distruggere.
La violenza, come è scritto nel documento finale del Convegno “Chiese strumento di pace?” - svoltosi a Milano il 2 giugno 2010, «è diventata parte del nostro quotidiano e ci siamo abituati a considerarla inevitabile». E le religioni l’hanno spesso giustificata e ancora spesso continuano a farlo.
La produzione di strumenti di morte continua inarrestabile. Neppure la crisi economica ha prodotto alcun taglio nei fondi destinati all’acquisto di armi di distruzione di massa. Mentre non si trovano soldi per i servizi sociali di base, per la scuola, per la sanità, i fondi per la partecipazione alle guerre sono sempre disponibili ed anzi sono aumentati. Pur di non mettere in discussione l’idolo del mercato e del massimo profitto si sceglie di continuare a produrre prodotti che aumentano all’infinto l’inquinamento atmosferico attaccando allo stesso tempo anche i diritti fondamentali della persona umana e le stesse libertà democratiche delle persone che quei prodotti sono chiamati a produrre.
Cristiani e musulmani sono interpellati nel profondo della loro fede da questi che sono i segni dei nostri tempi. Oggi come nel corso della storia dell’umanità in discussione è l’idolatria che si manifesta nel mancato rispetto per la nostra Terra attraverso il perpetrarsi di distruzioni della natura, di guerre devastanti e violenze disumane, di divisione profonda dell’umanità in oppressi e oppressori.
Forze politiche miopi che agitano la paura del diverso e di ciò che non si conosce e che per aumentare questa paura mistificano la realtà con l’uso di menzogne sempre più spudorate, vorrebbero che cristiani e musulmani continuassero a fare guerre fra loro come ai tempi delle Crociate. Si vorrebbe irreggimentare il grande spirito di pace, che pervade queste due grandi religioni della storia dell’umanità, in congreghe religiose di Stato, asservite a logiche politiche che contribuiscano a prolungare all’infinito quello stile di vita insostenibile che sta portando l’umanità sul baratro della propria autodistruzione.
Crediamo invece sia necessario che cristiani e musulmani, insieme a tutte le altre religioni, assumano posizioni e comportamenti all’altezza dei tempi che viviamo e delle sfide che ci pongono i nemici dell’umanità e della sua riconciliazione con l’unico Dio che insieme adoriamo.
Per questo le associazioni cristiane e musulmane che da 9 anni promuovono ed insieme celebrano la giornata del dialogo cristiano-islamico, vogliono mettere al centro del prossimo incontro del 27 ottobre 2010 i temi della salvaguardia del creato, del rispetto e dell’amore per la nostra Terra e per tutto ciò che essa contiene e a cui da vita. E vogliamo farlo nel nome dell’unico Dio che insieme adoriamo e a cui insieme, ognuno per la propria strada, vogliamo ricondurre questa umanità, verso quel Regno di Dio dove non ci saranno più lacrime, né lutto ne lamento ne affanno e dove l’amore trionferà.
Amare la Terra e tutti gli esseri viventi!
Il comitato organizzatore
Roma 22 giugno 2010
*Il testo dell’appello con la possibilita’ di adesioni on-line si trova al seguente link:
www.ildialogo.org/cEv.php?f=http://www.ildialogo.org/cristianoislamico/promotori_1277197559.htm
Auguri ai Musulmani per l’inizio del Ramadan 1431
Comunicato stampa del 9 agosto 2010
Si trasmette di seguito il testo degli auguri ai musulmani italiani per l’inizio del mese di Ramadan del Comitato Organizzatore della Nona Giornata ecumenica del dialogo cristiano-islamico.
Il testo degli auguri e’ anche disponibile al seguente indirizzo:
www.ildialogo.org/cEv.php?f=http://www.ildialogo.org/cristianoislamico/Cstampa_1281355426.htm
Per le adesioni alla nona giornata del dialogo cristiano-islamico, per tutti gli appuntamenti e le notizie correlate vedi il sito:
www.ildialogo.org/islam/cristianoislamico.htm
Firmata al termine dell’incontro
La dichiarazione conclusiva del primo seminario del forum cattolico-musulmano
Pubblichiamo in una nostra traduzione italiana il testo della dichiarazione comune firmata a conclusione dell’incontro del forum cattolico-musulmano. *
Il forum cattolico-musulmano è stato creato dal Pontificio Consiglio per il Dialogo Interreligioso e da una Delegazione dei 138 firmatari musulmani della Lettera aperta intitolata Una Parola Comune, alla luce di tale documento e della risposta di Sua Santità Benedetto XVI tramite il suo segretario di Stato, cardinale Tarcisio Bertone.
Il suo primo seminario si è svolto a Roma dal 4 al 6 novembre 2008. Sono intervenuti 24 partecipanti e cinque consiglieri di ciascuna delle due religioni. Il tema del seminario è stato "Amore di Dio, amore del prossimo". Il dibattito, condotto in un caldo spirito conviviale, si è concentrato su due grandi temi: "fondamenti teologici e spirituali", "dignità umana e rispetto reciproco".
Sono emersi punti di similitudine e di diversità che riflettono lo specifico genio distintivo delle due religioni.
1. Per i cristiani la fonte e l’esempio dell’amore di Dio e del prossimo è l’amore di Dio per suo Padre, per l’umanità e per ogni persona. "Dio è amore" (1 Giovanni, 4, 16) e "Dio infatti ha tanto amato il mondo da dare il suo Figlio unigenito, perché chiunque crede in lui non muoia, ma abbia la vita eterna" (Giovanni, 3, 16). L’amore di Dio è posto nel cuore dell’uomo per mezzo dello Spirito Santo. È Dio che per primo ci ama permettendoci in tal modo di amarlo a nostra volta. L’amore non danneggia il prossimo nostro, piuttosto cerca di fare all’altro ciò che vorremmo fosse fatto a noi (cfr. 1 Corinzi, 13, 4-17). L’amore è il fondamento e la somma di tutti i comandamenti (cfr. Galati, 5, 14). L’amore del prossimo non si può separare dall’amore di Dio, perché è un’espressione del nostro amore verso Dio. Questo è il nuovo comandamento "che vi amiate gli uni gli altri, come io vi ho amati" (Giovanni, 15, 12). Radicato nell’amore sacrificale di Cristo, l’amore cristiano perdona e non esclude alcuno. Quindi include anche i propri nemici. Non dovrebbero essere solo parole, ma fatti (cfr. 1 Giovanni, 4, 18). Questo è il segno della sua autenticità.
Per i musulmani, come esposto nella lettera Una Parola Comune, l’amore è una forza trascendente e imperitura, che guida e trasforma il rispetto umano reciproco. Questo amore, come indicato dal Santo e amato profeta Maometto, precede l’amore umano per il Dio uno e trino. Un hadit mostra che la compassione amorevole di Dio per l’umanità è persino più grande di quella di una madre per il proprio figlio (Muslim, Bab al-Tawba: 21). Quindi esiste prima e indipendentemente dalla risposta umana dell’unico che è "amorevole". Questo amore e questa compassione sono così immensi che Dio è intervenuto per guidare e salvare l’umanità in modo perfetto, molte volte e in molti luoghi, inviando profeti e scritture. L’ultimo di questi libri, il Corano, ritrae un mondo di segni, un cosmo meraviglioso di maestria divina, che suscita il nostro amore e la nostra devozione assoluti affinché "coloro che credono hanno per Allah un amore ben più grande" (2: 165) e "in verità il Compassionevole concederà il suo amore a coloro che credono e compiono il bene" (19: 96). In un hadit leggiamo che "Nessuno di voi ha fede finquando non ama il suo prossimo come ama se stesso" (Bukhari, Bab al-Iman: 13).
2. La vita umana è un dono preziosissimo di Dio a ogni persona, dovrebbe essere quindi preservata e onorata in tutte le sue fasi.
3. La dignità umana deriva dal fatto che ogni persona è creata da un Dio amorevole per amore, le sono stati offerti i doni della ragione e del libero arbitrio e, quindi, le è stato permesso di amare Dio e gli altri. Sulla solida base di questi principi la persona esige il rispetto della sua dignità originaria e della sua vocazione umana. Quindi ha diritto al pieno riconoscimento della propria identità e della propria libertà di individuo, comunità e governo, con il sostegno della legislazione civile che garantisce pari diritti e piena cittadinanza.
4. Affermiamo che la creazione dell’umanità da parte di Dio presenta due grandi aspetti: la persona umana maschio e femmina e ci impegniamo insieme a garantire che la dignità e il rispetto umani vengano estesi sia agli uomini sia alle donne su una base paritaria.
5. L’amore autentico del prossimo implica il rispetto della persona e delle sue scelte in questioni di coscienza e di religione. Esso include il diritto di individui e comunità a praticare la propria religione in privato e in pubblico.
6. Le minoranze religiose hanno il diritto di essere rispettate nelle proprie convinzioni e pratiche religiose. Hanno anche diritto ai propri luoghi di culto e le loro figure e i loro simboli fondanti che considerano sacri non dovrebbero subire alcuna forma di scherno o di irrisione.
7. In quanto credenti cattolici e musulmani siamo consapevoli degli inviti e dell’imperativo a testimoniare la dimensione trascendente della vita attraverso una spiritualità alimentata dalla preghiera, in un mondo che sta diventando sempre più secolarizzato e materialistico.
8. Affermiamo che nessuna religione né i suoi seguaci dovrebbero essere esclusi dalla società. Ognuno dovrebbe poter rendere il suo contributo indispensabile al bene della società, in particolare nel servizio ai più bisognosi.
9. Riconosciamo che la creazione di Dio nella sua pluralità di culture, civiltà, lingue e popoli è una fonte di ricchezza e quindi non dovrebbe mai divenire causa di tensione e di conflitto.
10. Siamo convinti del fatto che cattolici e musulmani hanno il dovere di offrire ai propri fedeli una sana educazione nei valori morali, religiosi, civili e umani e di promuovere una attenta informazione sulla religione dell’altro.
11. Professiamo che cattolici e musulmani sono chiamati a essere strumenti di amore e di armonia tra i credenti e per tutta l’umanità, rinunciando a qualsiasi oppressione, violenza aggressiva e atti terroristici, in particolare quelli perpetrati in nome della religione, e a sostenere il principio di giustizia per tutti.
12. Esortiamo i credenti a operare per un sistema finanziario etico in cui i meccanismi normativi prendano in considerazione la situazione dei poveri e degli svantaggiati, siano essi individui o nazioni indebitate. Esortiamo i privilegiati del mondo a considerare la piaga di quanti sono colpiti più gravemente dall’attuale crisi nella produzione e nella distribuzione alimentare, e chiediamo ai credenti di tutte le denominazioni e a tutte le persone di buona volontà di cooperare per alleviare la sofferenza di chi ha fame e di eliminare le cause di quest’ultima.
13. I giovani sono il futuro delle comunità religiose e delle società in generale. Vivranno sempre di più in società multiculturali e multireligiose. È essenziale che siano ben formati nelle proprie tradizioni religiose e ben informati sulle altre culture e religioni.
14. Abbiamo concordato di prendere in considerazione la possibilità di creare un Comitato cattolico-musulmano permanente, che coordini le risposte ai conflitti e ad altre situazioni di emergenza, e di organizzare un secondo seminario in un Paese a maggioranza musulmana ancora da definire.
15. Attendiamo dunque il secondo seminario del Forum cattolico-musulmano che si svolgerà entro due anni, in un Paese a maggioranza musulmana ancora da definire.
Tutti i partecipanti sono stati grati a Dio per il dono di questo tempo trascorso insieme e per questo scambio proficuo. Alla fine del seminario, Sua Santità Papa Benedetto XVI e, dopo gli interventi del professor Seyyed Hossein Nasr e del Grand Mufti Mustafa Ceric, ha parlato al gruppo. Tutti i presenti hanno espresso soddisfazione per i risultati del seminario e la loro aspettativa di un dialogo più proficuo.
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