Teodem....

L’USO DEL CILICIO, LA POLITICA E IL CATECHISMO DELLA CHIESA CATTOLICA. Una nota di Renato Pierri

domenica 9 dicembre 2007.
 

Caro direttore,

Eugenio Scalfari scrive su "la Repubblica" del 9 dicembre: "Paola Binetti...Di tanto in tanto porta il cilicio (l’ha detto lei) per mortificare il corpo e offrire a Gesù il suo sacrificio. Questa prassi, ormai desueta, suscita rispetto ma fa anche impressione. Nello smaliziato mondo di oggi può perfino provocare comicità".

Non so, in realtà, sino a che punto la pratica debba suscitare rispetto, considerato che appartiene ad un aspetto aberrante della cultura cristiana, che contrasta con la ragione, col Vangelo e, guarda un po’, anche col Catechismo della Chiesa cattolica. Secondo questo, "il corpo dell’uomo partecipa alla dignità di «immagine di Dio»”, e quindi non deve essere maltrattato, ma considerato “buono e degno di onore” (cf n. 364 Catechismo, e Gaudium et spes, 14).

Tormentare il proprio corpo è “contrario al giusto amore di sé ...all’amore del Dio vivente” (cf Catechismo, n. 2281 - suicidio -). Il sacrificio in un’ottica autenticamente cristiana, deve avere carattere di necessità; deve essere inevitabile conseguenza dell’amore per il prossimo. Il Signore sacrifica la sua vita per necessità (cf Lc 9,22). La croce per la croce non ha senso. Non è sacrificio.

Renato Pierri


* l’Unità: Le Vignette di Maramotti , 04 gennaio 2008


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