Vita

Scuola teologica dei pierristi: eresia o umanità cristiana? Renato Pierri e suoi blasfemi allievi rispondono a Gianni Vattimo pronunciandosi sul caso di Eluana Englaro

lunedì 4 agosto 2008.
 

In risposta all’editoriale di Gianni Vattimo intitolato Libertà più sacra della vita, Renato Pierri e suoi allievi propongono le riflessioni di cui sotto, da leggere e, eventualmente, promuovere o cassare in toto.

Pierri è santo o blasfemo? Ai posteri l’ardua sentenza. Alcuni hanno già battezzato l’indirizzo teologico dei pierristi come "Teologia della pro-vocazione". Pierri si sarebbe difeso obiettando: "Semmai, Teologia della vocazione-pro". In ogni caso, il teologo, iperattivo, continua a intervenire puntualmente su fatti della vita quotidiana, dimostrando di non essere teorico in astratto. Esercizi di cristianesimo o umanesimo integrale?

La redazione - giustizialista, comunista e forcaiola

L’Unità; Il Riformista, 11 luglio 2008

Caso Englaro: tutelare la vita o tutelare la persona?

La vita di Eluana

Gentile direttore,

la Corte d’appello di Milano ha autorizzato il padre Beppino Englaro a sospendere il trattamento che tiene in vita la figlia Eluana, in coma da sedici anni. La Radio vaticana ha parlato di "sentenza grave" ed ha ricordato come già i bioetici della Cattolica abbiano denunciato che la decisione dei magistrati "disconosce il principio della non disponibilità della vita e il dovere di ogni società civile, di assistere i propri cittadini più deboli". L’errore della Chiesa e degli illustri bioetici della Cattolica, è di parlare della vita e non della persona. La tutela della vita e la tutela della persona dovrebbero essere la stessa cosa, dal momento che la vita appartiene alla persona. Tuttavia i due principi possono venire in contrasto qualora si affronti il problema dell’eutanasia o dell’interruzione delle cure terapeutiche. Infatti, in questi casi, tutelare la vita ad ogni costo può andare a scapito della persona; e tutelare la persona ad ogni costo può andare a scapito della vita. C’è però un motivo per cui è giusto tener conto sempre di un principio e non dell’altro: se osserviamo il primo principio (tutela della vita), corriamo il rischio di non rispettare la volontà del malato, manifesta o anche ragionevolmente umanamente coscienziosamente presunta. Se osserviamo il secondo principio (tutela della persona) possiamo andare, è vero, a scapito della vita, ma di quale vita? Solo ed unicamente della vita di colui che la rifiuta; oppure di colui al quale in qualche modo la vita già è stata negata. Quindi la tutela della vita ad ogni costo può recare svantaggio a qualcuno; la tutela della persona ad ogni costo non reca svantaggio a nessuno, giacché non va mai contro l’individuo, la sua volontà, ma contro un concetto generico della vita. Il principio da seguire sempre dovrebbe essere il massimo rispetto verso la persona.

Elisa Merlo

La Stampa, 26 luglio 2008

Eluana prigioniera di un incubo?

Gentile direttore,

mi è capitato alle volte di sognare d’essere sveglia e di non potermi muovere, completamente paralizzata. Prigioniera in una sorta di statua di carne ed ossa, senza la minima possibilità di comunicare col mondo esterno. Un incubo angoscioso della durata di pochi attimi. Se Eluana Englaro avesse coscienza, il suo sarebbe un incubo infinito, e davvero sarebbe un dovere porvi fine. Ma Eluana, essendo in stato vegetativo, non soffre, non sente nulla, non ha coscienza, e quindi farla morire definitivamente, oppure tenerla in vita, non dovrebbe avere nessuna importanza: per il suo corpo la durata della vita non ha senso. Nessuno può onestamente affermare che agire in un modo o in un altro è per il bene di Eluana. Per Eluana in quello stato, il bene e il male non hanno senso. Però della memoria di Eluana, della sua esistenza passata, della sua relazione con le persone che le sono state vicine, non si può non tener conto. Ciò che mi sconcerta e mi addolora in coloro che sono contrari alla sospensione dell’alimentazione, soprattutto negli uomini di chiesa, è che non pensano assolutamente a queste cose; non pensano ad Eluana, alla persona Eluana, alle persone che l’hanno conosciuta ed amata. Hanno nella mente (non nel cuore) un principio. Principio che ha la stessa funzione del paraocchi per il cavallo: obbliga ad una visione parziale delle cose. Ed anche se Eluana si trovasse nell’incubo sopra descritto, se soffrisse indicibilmente, sarebbe l’identica cosa. Per loro è solo il principio che conta.

Elisa Merlo

La Repubblica e L’Unità, 25 luglio 2007; con i rispettivi titoli:

Eluana. A chi spetta l’ultima parola

Padroni o no della propria vita?

Caro direttore,

il cardinale Ersilio Tonini, riguardo al caso di Eluana Englaro, ha dichiarato: "Nessuno è padrone della propria vita e tanto meno di quella altrui"(Tv Sorrisi e Canzoni, N. 30). L’affermazione, ripetuta spesso da molti, è di effetto, ed appare incontestabile, soprattutto da un punto di vista religioso. In realtà è confutabile. Non è del tutto vero che non siamo padroni della nostra vita. Il Signore una sorta di limitata signoria su di essa ce l’ha concessa: possiamo, ad esempio, sacrificarla a favore del prossimo, possiamo "darla per gli amici" (cfr Gv 15, 13); inoltre abbiamo la possibilità di allungarla, ricorrendo anche a mezzi artificiali (medicine, operazioni chirurgiche, trapianti, ecc), e ciò fa supporre che, in casi particolarissimi, sia lecito anche abbreviarla. Per il Signore non sembra tanto importante quanto si vive, ma come si vive: se nel bene o nel male. La vita, quella terrena, possiamo anche perderla (cf Mt 10,39); necessario è non sprecarla. Per chi la possiede, la vita in questo mondo non ha valore assoluto (cf Gv 10,25). La seconda parte dell’affermazione, invece, è verissima. Però essa dà ragione ai giudici che hanno emesso la sentenza. Se non siamo padroni della vita altrui, infatti, come possiamo arrogarci il diritto di negare agli altri la signoria sulla propria vita? Chi vieta agli altri d’essere padrone della propria vita, si fa padrone della vita altrui.

Renato Pierri


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