Politica
Assistenzialismo e false promesse della politica a San Giovanni in Fiore: brevi fantasticherie per (non) intendere la situazione culturale, economica e politica di un comune meridionale qualunque
martedì 8 novembre 2005.
Giovenale non avrebbe scritto satire, probabilmente, sulla situazione di San Giovanni in Fiore, capitale, forse europea, dei paradossi e degli inganni. Come esempio, bastino le dieci macellerie, censimento di Gian Antonio Stella, contro i venti autosaloni della città e i seimila disoccupati ufficiali rispetto ai tre cellulari a persona di cui, quasi, si dispone. In questo luogo, uomini di partito hanno convinto e abituato subdolamente la gente a credere che ci si possa accomodare con l’assistenza di Stato e che arrangiare e nascondere guadagni è meglio che sbattersi e vivere onestamente del proprio lavoro. Questa operazione, passata l’era della resistente coerenza di Paolo Cinanni, animato da un’intangibile etica del pubblico, è stata scientificamente compiuta, con azione capillare, da una sinistra riciclata e apparentata con una fetta delle rappresentanze cristiane nominative. Nel tempo, la controparte, la destra, sociale, cattolica o liberista, ha subìto il fascino del conveniente radicamento istituzionale, usiamo un eufemismo, in cambio di elemosine e promesse agli instabili. Chi ha seguito coscientemente il consiglio del 4 novembre scorso s’è accorto della straordinaria abilità della politica di imbrogliare le acque, le carte e le cose. Lo scontro sembrava concentrato sulla contrapposizione tra disoccupati e maggioranza di centrosinistra, con la regia d’una destra utilitarista, abile a fomentare. I disordini degli ultimi due anni sono solo, in realtà, la logica conseguenza della gestione sballata, e bilateralmente partecipata, del reddito minimo di inserimento, del quale hanno beneficiato oltre mille residenti, i cui diritti effettivi di rientrare nella misura non sono stati colpevolmente accertati. In città, è risaputo, il provvedimento, proprio d’uno Stato solidale avanzato, ha rappresentato la manna per tanti lupi, complici esponenti di partito in grado di influire nelle assegnazioni. Se fra i manifestanti esclusi dalla graduatoria di merito della Sial c’è chi vive in condizioni di bisogno, è anche vero che, con le interruzioni, le ingiurie e le intemperanze, qualcuno di loro ha violentato, più che violato, certo di non pagare, l’essenza stessa della democrazia, il confronto politico tra i rappresentanti scelti dal popolo. Il grado di inciviltà raggiunto è stato assoluto. I disoccupati, settentrionali o meridionali, meritano ascolto e risposte. Con la loro furia insensata, nonostante delle ragioni, alcuni manifestanti hanno permesso a manovratori politici di spacciare tutto il gruppo per feccia sociale. L’affermazione di Gabriele Piluso sulla ragione delle rivolte, la quale risiederebbe nel fatto che, da queste parti, non crescono olive, è indicativa d’una linea politica, senza colori, che continua dolosamente a generare aspettative d’assistenza, piuttosto che impiegare le tante e preziose risorse del territorio. Assente la società civile, questo consiglio si ricorderà per la barbarie, suggerendoci che la politica ha fallito e che occorre, per sperare, un’azione culturale a tutto tondo.
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> Assistenzialismo e false promesse della politica a San Giovanni in Fiore: brevi fantasticherie per (non) intendere la situazione culturale, economica e politica di un comune meridionale qualunque
12 novembre 2005, di
G. Marasco
Sottoscrivo in toto il contenuto dell’articolo.
Una classe dirigente politica capace di ingenerare (e porre in essere atti o fatti a che ciò venga preso per vero: manovra autodistruttiva da evitarsi nella maniera più assoluta, prassi che può porre in essere solo un dilettante della politica... fa parte dell’ A B C del buon amministratore evitare che ciò avvenga.) in una fascia debole di popolazione false (e pericolose!) aspettative di assistenza che non avranno mai luogo, può provocare nel medio/lungo termine una cancrena sociale che può sfuggire di mano e la quale, onde evitare proteste sfocianti nella violenza, ha come unico rimedio il perpetrarsi di ulteriori nuove promesse che ingenerano a loro vota aspettative che saranno disattese... si entra cosi in un circolo vizioso che, come poc’anzi facevo presente, alimenta il fuoco della protesta e conseguentemente della disperazione di quelle fasce deboli che si vedranno costrette all’uso della violenza. E’ il cane che si morde la coda. Risultato: la cancrena avrà un processo di metastasi che riguarderà tutto il sistema e non solo, si badi, la parte inerente la piaga della disoccupazione.
Sconsiglierei vivamente la classe politica a intraprendere a priori certe linee di (pseudo) risanamento che tanto sbandiera (solo con l’intento, a ben vedere, di fare breccia nelle coscienze dei disperati e non).
Il problema è (anche) culturale, come molto acutamente si fa riferimento nell’articolo di cui sopra. Ecco perchè spero in (e mi auguro una) presa di coscienza collettiva che possa servire, mi si passi l’ennesima metafora, ad estirpare la parte di classe politica incancrenita da una patologia tra le più invalidanti e pericolose: L’incompetenza interessata (quanti interessi e scelte politiche ad personam!) mascherata, farisaicamente, da scelte/soluzioni politiche che sfociano nell’assurdo.
Cordiali Saluti