Cultura

Dal primo numero cartaceo della Voce, Maria Costanza Barberio sulla cultura intorno al corpo fisico

lunedì 28 novembre 2005.
 

Ascoltando le scosse di un missionario come don Battista Cimino, che riesce a trasmettertele raccontandoti delle sue esperienze in Burundi e in Kenya («camminando insieme ad altre persone facevamo attenzione, piegandoci i pantaloni, a non sporcarci di merda, alla fine sono caduto in una pozzanghera di merda»; «c’è tanta sofferenza dovuta alle malattie come la febbre ebola, alle morti causate da infezioni genitali provocate alle donne tramite mutilazioni; c’è tanta miseria e la gente povera quando vede persone come noi è contenta e inizia a parlare, pur sapendo che il più delle volte noi non abbiamo niente da dare in senso materiale»; «è quasi impossibile salvare bambini malati di aids che superano i diciotto mesi»; «abbiamo distribuito milioni e milioni di preservativi ma i poveri non li usano perché a volte non li sanno usare ma soprattutto perché, per loro, un figlio è dono di Dio»; --«la cosa più bella è accarezzare la guancia di un bambino nero», «sono sempre allegri»; «in alcune tribù le donne scoprono il seno come segno di fertilità»), resti fermo, senza parole e inizia una specie di interrogatorio che ti assale e vivi un senso di vergogna, di impotenza, di vuoto. Noi donne e uomini viviamo una cultura occidentale, in un mondo occidentale. In occidente, la donna scopre il seno per far vedere quanto materiale plastico contiene al suo interno; in occidente, tutto misura, tutto quantità.

L’allegria, i valori, il dire “oggi vivo”, l’importanza del corpo/anima della donna e dell’uomo, dove sono andati a finire? L’importanza del corpo e dello spirito non esiste più. Un pubblico occidentale non è interessato ad acquistare corpi che hanno un anima. Si guadagna di più vendendo corpi di carne. Per i primitivi, il corpo in rapporto con gli altri e con la natura garantiva il funzionamento della società. Oggi, il corpo e la sua gestione, sono funzione dell’utilizzazione economica. Lo sviluppo di questa società capitalista vuole un corpo “disciplinato”, il corpo è incassato negli ingranaggi produttivi. Sistemi economici globalizzati chiedono al corpo mobilità, cambiamento incessante e adattamento. Chiedono un corpo camaleontico. L’unica cosa che conta è mostrare e diventare protagonisti di un mercato che distrugge ogni forma di intelligenza e ogni forma di amore, generando così solo paure, insicurezze. In televisione, sui giornali, per vendere un martello ti piazzano un corpo di donna che nasconde il niente.

Chi stiamo diventando? I corpi vengono messi al centro come su un palcoscenico ed ogni corpo recita una delle rappresentazioni che gli vengono fornite, può scegliere fra una miriade di immagini di cui si appropria per costruirsi l’identità, una e molteplice. Una macchina da risucchio. I valori non repressivi, quelli veri, non si riescono a trovare.

Corpi che si allontanano da sentimenti come l’amicizia, l’amore, la fede per la libertà di pensiero, di fratellanza, perché da queste cose non si può guadagnare e ricavarne un dollaro.

Maria Costanza Barberio


Mamma e figlia in Kenya
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