MARX, BENJAMIN, E GIOACCHINO DA FIORE. PER LA CRITICA DELL’ECONOMIA POLITICA E DELLA TEOLOGIA MAMMONICA CONTEMPORANEA...

Walter Benjamin. Un convegno di Rifondazione, per guarire dai colpi mortali ricevuti dall’alleanza teologico-politica ateo-devota. Una nota di Massimiliano Tomba e di Paolo Ferrero - a cura di Federico La Sala

lunedì 28 settembre 2009.
 

Se FERRERO è FERRERO, VENDOLA è VENDOLA, GIORDANO è GIORDANO, BERTINOTTI è (ancora) BERTINOTTI, VELTRONI è (ancora) VELTRONI, e PRODI è (ancora) PRODI ... UNA MOBILITAZIONE CULTURALE GENERALE, SUBITO - ORA.

DOPO LA DISASTROSA SCONFITTA, BERTINOTTI CERCA DI PENSARE "DA DOVE RIPARTIRE" E PROPONE 15 TESI. MA A CHI?! HA PERSO LA SUA CARTA D’IDENTITA’ E ANCORA NON SI E’ RESO CONTO DI AVERLA PERSA!!!

KARL MARX E WALTER BENJAMIN: L’ "ODIO DI CLASSE" di EDOARDO SANGUINETI, oggi.

MARX, BENJAMIN, E ... GIOACCHINO DA FIORE!!! "Lo spirito che disordina il mondo" - una conferenza di Mario Tronti.

L’ITALIA, IL VECCHIO E NUOVO FASCISMO, E "LA FRECCIA FERMA". La lezione sorprendente e preveggente di Elvio Fachinelli

GIOACCHINO, DANTE, E LA "CASTA ITALIA" DELLO "STATO HEGELIANO" - DELLO STATO MENTITORE, ATEO E DEVOTO ("Io che è Noi, Noi che è Io").



-  Walter Benjamin
-  la storia liberata dal mito del progresso

-  Filosofo, comunista, amico di Adorno.
-  Si tolse la vita il 26 settembre 1940

di Massimiliano Tomba (Liberazione, 26.09.2009)


Walter Benjamin nato a Berlino il 15 luglio 1892, si è tolto la vita il 26 settembre 1940 presso Port Bou, nella Catalogna spagnola. Benjamin aveva solo 48 anni, era noto come saggista e critico letterario, anche se l’Università tedesca non volle mai concedergli la libera docenza. [...] Quando i nazisti presero il potere, Benjamin, ebreo e militante comunista, lasciò la Germania per trasferirsi a Parigi. Con l’invasione della Francia da parte dei tedeschi, decise, sollecitato dagli amici, di prendere la strada dell’esilio e di imbarcarsi per gli Stati Uniti. Non giunse mai a destinazione perché, sulla frontiera franco-spagnola, gli fu negato il visto necessario per attraversare la Spagna e imbarcarsi. Decise di togliersi la vita ingerendo della morfina [...].
Benjamin scrive le sue celebri Tesi sul concetto di storia tra il 1939 e il 1940, nell’attimo di pericolo «che minaccia tanto l’esistenza stessa della tradizione quanto i suoi destinatari».

Il contesto storico è la vittoria del nazionalsocialismo e lo spaesamento delle classi operaie europee all’indomani del patto di non-aggressione firmato da Stalin e Hitler nel 1939. Ma il quadro non sarebbe completo senza la corresponsabilità della socialdemocrazia: essa avrebbe infatti corrotto i lavoratori tedeschi con la persuasione di nuotare con la corrente. Ovverosia il progresso. Per quanto possa ancora suonare stridulo agli orecchi dei benpensanti, Benjamin mostrava come il nazionalsocialismo, la socialdemocrazia e lo stalinismo stavano lavorando di concerto alla liquidazione della tradizione della lotta di classe per il comunismo.

L’idea di progresso è infatti direttamente contraria a quella di comunismo. Essa, da un lato suppone che la liberazione sarebbe giunta attraverso «il progresso del dominio della natura», mentre oggi è chiaro che il dominio della natura in forza dello sviluppo tecnico minaccia di distruggere il pianeta, svelando solo il carattere intrinsecamente distruttivo del modo di produzione capitalistico; dall’altro crea la falsa concezione che i diritti sociali e collettivi della classe operaia si diano come naturale evoluzione della civiltà giuridica. Cioè, che il modo di produzione capitalistico sia progressivamente addomesticabile e civilizzabile. Quelle conquiste, invece, si oppongono punto su punto alla guerra del capitale contro i diritti collettivi. Sono il prodotto di un’anomalia e perdurano solo fintanto che l’anomalia è mantenuta.

Solo se la classe si presenta come soggetto collettivo titolare di un proprio diritto all’uso della forza, è possibile contrapporre diritti sociali e collettivi alla normalità dello Stato moderno e del modo di produzione capitalistico, ovvero all’atomizzazione dei diritti e dei contratti di lavoro.

Ecco l’anomalia: la classe operaia è stato l’unico soggetto che riuscì a conquistare, con il diritto di sciopero, un diritto di esercitare la forza parallelamente e contro lo Stato. Ciò riuscì ad aprire spazi politici di agire collettivo che vengono oggi erosi in un processo di implosione dello Stato di diritto.

Serve oggi recuperare il gesto benjaminiano, spostare il punto di osservazione e rovesciare ciò che sembra consolidato: l’anomalia fu la democratizzazione prodotta dalla lotta di classe, la normalità è l’atomizzazione e la depoliticizzazione del sociale. Cioè la rivoluzione conservatrice in corso non solo in Italia. 


Lo «stato di eccezione in cui viviamo è la regola», scriveva alla fine degli anni ’30 Benjamin nelle sue Tesi , aggiungendo che «lo stupore perché le cose che noi viviamo sono ancora possibili nel ventesimo secolo non è filosofico». Così noi, oggi, dobbiamo trovare la forza per mostrare che l’implosione dello Stato di diritto e la distruzione dei contratti collettivi di lavoro non devono suscitare alcuno stupore, perché non rappresentano altro che il ritorno alla normalità del capitalismo. Per evitare il declino autoritario sarebbe stato sufficiente incoraggiare la lotta di classe invece di cercare improbabili pacificazioni sociali.

Il corso normale può essere nuovamente spezzato e l’anomalia riprodotta. Ma questo è possibile solo considerando il conflitto una modalità della politica e abbandonando la concezione unilienare del tempo storico. 
Quest’ultima conquista, che Benjamin ricava dal pensiero ebraico, era condivisa anche da Ernst Bloch che, pensando a un tempo storico plurale, tentò un’ultima opposizione al fascismo cercando di recuperare alla lotta di classe operaia gli strati anacronistici della società, come contadini e ceti medi, prima che questi venissero completamente fagocitati dalla sincronizzazione nazionalsocialista.

Lo spartiacque era netto: il marxismo ufficiale, considerando residuali alcuni strati della società non ancora proletarizzati, li abbandonò al fascismo; Bloch, in forza di una diversa concezione della storia che rifiuta la distinzione gerarchica tra punti avanzati e residui di una pretesa tendenza storica, indicò una possibilità politica di lotta al fascismo. Vinse la prima concezione. E con essa, una rappresentazione della storia. 


Nel nostro tempo globalizzato, invece di omaggiare un multiculturalismo che si riduce spesso a inefficace erogazione di riconoscimento giuridico, abbiamo bisogno di ripensare quell’idea di multiverso storico, affinché concezioni religiose e politiche diverse da quella occidentale non vengano incasellate tra i momenti arretrati o residuali della linea storica europea.

Affinché la democrazia occidentale non venga considerata il fine ultimo del progresso storico, un valore talmente elevato da poterlo esportare. Anche con le bombe. Affinché le forme di produzione altamente tecnologiche di alcune parti dell’Occidente non siano presentate come i momenti trainanti dello sviluppo capitalistico, che è invece il prodotto della combinazione di elementi diversi, incluso lo schiavismo crescente in diverse parti del pianeta. Piace all’autorappresentazione liberale considerare lo schiavismo un orribile residuo dei tempi passati, mentre invece esso è il prodotto sempre ricombinato degli attuali rapporti di produzione capitalistici. 
Di fronte a questi problemi, abbiamo bisogno di una nuova pratica della politica. Ma questa non è possibile senza una diversa concezione della storia. Walter Benjamin torna qui d’attualità come pensatore politico.


-  La sua attualità
-  Un convegno organizzato dal Prc

di Tonino Bucci (Liberazione, 26.09.2009)

La memoria è "sovversiva", spezza il dominio, è "inattuale" perché rompe con quella presunta normalità che governerebbe la storia verso il progresso. Quest’uso alternativo della storia capace di riassorbire e tradurre in politica la memoria di tutti coloro che hanno lottato contro il capitalismo sarà al centro del convegno "L’attualità politica di Walter Benjamin" con Massimiliano Tomba, Gianfranco Bonola, Mario Tronti, Paolo Virno e Paolo Ferrero (mercoledì 30 settembre, ore 17, aula magna facoltà valdese di teologia, via Pietro Cossa, 40, Roma). La politica deve farsi carico della «trasmissione del passato», sempre sul punto di essere soggiocata dal conformismo al presente. Basterebbe ricordare qualche aforisma: «nulla di ciò che è avvenuto deve essere mai dato per perso», «salvare la memoria dei vinti, dei senza nome», «riattizzare nel passato la scintilla della speranza».



-  Un pensatore della crisi
-  Senza passato non c’è futuro per la politica

di Paolo Ferrero (Liberazione, 26.09.2009)


Il convegno che abbiamo organizzato per il 3 ottobre vuole costruire un momento di riflessione sull’attualità politica di Walter Benjamin che nella quarta di copertina dei suoi libri editi da Einaudi viene definito come "intellettuale ebreo berlinese, critico letterario, filosofo e militante comunista".

Nel convegno, che vuole anche essere un momento di ricordo, di "rammemorazione" come avrebbe detto Benjamin, non intendiamo muoverci su un piano accademico. Vogliamo suscitare una riflessione sui presupposti della cultura politica, di cui oggi sentiamo particolarmente il bisogno perché l’assenza di dibattito culturale o il piegare questo o quell’autore alla bisogna del momento rappresentano solo la testimonianza di una sinistra largamente nichilista.


Da questo punto di vista Benjamin mi interessa innanzitutto perché noi viviamo in una situazione che è simile alla sua. Meno drammatica, per carità, ma l’impressione che si ripresentino nella storia comportamenti e culture politiche che - a livello di massa - pensavamo sepolte una volta per tutte con la trasformazione in tabù dell’olocausto ci lascia sbigottiti.

Benjamin si trova a confrontarsi con la barbarie nazista nel momento della sua vittoria. Noi ci troviamo in una sorta di repubblica di Weimar al rallentatore in cui l’insicurezza, la paura del futuro, la ricerca di capri espiatori, il dissolversi di solidarietà e identità consolidate, la fanno da padrone. Ci troviamo in un tempo in cui l’idea stessa di progresso è in crisi verticale. Da questo punto di vista Benjamin è un nostro contemporaneo, un maestro da cui abbiamo molto da imparare.


In questo contesto vorrei proporre un percorso della rifondazione comunista che sappia misurarsi con chi ha vissuto "nei" e riflettuto "sui" momenti di sconfitta. Quando pensiamo alla storia del movimento operaio e comunista abbiamo sovente in mente i punti alti: la rivoluzione russa, il biennio rosso, la lotta di liberazione, il ’68/69.

Propongo una ricerca teorica e di cultura politica che si confronti in modo particolare con chi ha vissuto e ha ragionato nelle fasi di crisi. In questo senso non solo Benjamin, ma anche il Gramsci dei Quaderni del carcere , Panzieri e molti altri, sono nostri contemporanei. Si trovarono ad analizzare problemi e situazioni diverse dalle nostre ma con lo stesso stato d’animo di chi, sconfitto collettivamente e sovente isolato individualmente, prova ad analizzare i propri errori e a capire come modificare la situazione.

Noi questo percorso di riflessione non lo facciamo in quanto individui ma lo vogliamo fare come corpo collettivo, come partito. La rifondazione comunista non può essere l’adesione superficiale ad una serie di intuizioni estemporanee, ma piuttosto un percorso consapevole di modifica della nostra cultura politica.

Il convegno su Benjamin vorrebbe dare un contributo in tal senso su un tema decisivo che è quello del nostro rapporto con la storia. In questi anni ci siamo scontrati contro il progressismo evoluzionista che porta all’ideologia della modernità come fine della storia, così come abbiamo subito il nichilismo che vuole tutto distruggere per poter tutto ricostruire. Questi due approcci portano agli stessi esiti disastrosi.

Io penso che per poter correttamente impostare il tema della rifondazione comunista occorre chiarirci le idee su come costruire uno spazio dell’agire politico che tematizzi correttamente il rapporto tra la nostra storia, il nostro presente e il nostro futuro. Benjamin può darci una mano in questa riflessione. Di questo e di molto altro discuteremo al convegno.


SUL TEMA, NEL SITO, SI CFR.:

GIOACCHINO, DANTE, E LA "CASTA ITALIA" DELLO "STATO HEGELIANO" - DELLO STATO MENTITORE, ATEO E DEVOTO ("Io che è Noi, Noi che è Io").

MARX, BENJAMIN, E ... GIOACCHINO DA FIORE!!! "Lo spirito che disordina il mondo" - una conferenza di Mario Tronti.

UNA LEZIONE TEOLOGICO-POLITICA DI BAGET BOZZO SU OGNI PROGETTO DI "RIFONDAZIONE COMUNISTA" FUTURA CHE SI VUOLE COME PARTITO. Avanti o popolo alla riscossa. Il populismo trionferà: "Forza Italia"!!!

ITALIA. RISULTATI ELETTORALI E SENSO DELLO STATO "PRESENTE".CHI VINCE? VELTRONI O BERLUSCONI (O BERTINOTTI)? UNA VITTORIA "SCHIACCIANTE"! Nel loro cuore, dal Primo all’ultimo cittadino, tutti hanno già espresso il loro voto: "Forza Italia"!!! Che colpo!!! Un trionfo ....

DOPO LA DISASTROSA SCONFITTA, BERTINOTTI CERCA DI PENSARE "DA DOVE RIPARTIRE" E PROPONE 15 TESI. MA A CHI?! HA PERSO LA SUA CARTA D’IDENTITA’ E ANCORA NON SI E’ RESO CONTO DI AVERLA PERSA!!!

Se FERRERO è FERRERO, VENDOLA è VENDOLA, GIORDANO è GIORDANO, BERTINOTTI è (ancora) BERTINOTTI, VELTRONI è (ancora) VELTRONI, e PRODI è (ancora) PRODI ... UNA MOBILITAZIONE CULTURALE GENERALE, SUBITO - ORA.

A RIFONDAZIONE COMUNISTA, AL PD E AGLI INTELLETTUALI, PER IL LORO SONNO PROFONDO. UNA NOTA SUL DEVASTANTE "VIRUS" DELLA SOCIETA’ E DELLE ISTITUZIONI DEMOCRATICHE ITALIANE

PIANETA ITALIA. LA DECADENZA CRESCENTE, IL BERLUSCONISMO, E L’URGENZA DI UNA COSTITUENTE DELLA SINISTRA. Un’analisi di Asor Rosa

KARL MARX E WALTER BENJAMIN: L’ "ODIO DI CLASSE" di EDOARDO SANGUINETI, oggi.

L’ITALIA, IL VECCHIO E NUOVO FASCISMO, E "LA FRECCIA FERMA". La lezione sorprendente e preveggente di Elvio Fachinelli


Rispondere all'articolo

Forum