l’impulso a reagire e ribellarsi alla solitudine e alla paura prodotte dal silenzio assordante dell’omertà

Intervista di Giuseppe Scano allo scrittore Francesco Saverio Alessio coautore con il giornalista Emiliano Morrone del libro La società sparente, prefazione di Gianni Vattimo, Neftasia, Pesaro 2007

E incrociando ancora le dimensioni tormentate della Calabria mi impegno ad inaugurare - o a restaurare - idee, fantasie, pratiche che forse a nulla e a nessuno serviranno, ma che mi sottraggono al fascino immemore dell’agnosia e infrangono un silenzio intollerabile - Salvatore Inglese
giovedì 30 aprile 2009.
 

Intervista allo scrittore Francesco Saverio Alessio coautore con il giornalista Emiliano Morrone del libro La società sparente , prefazione di Gianni Vattimo, Neftasia Editore, Pesaro 2007

San Giovanni in Fiore 16 dicembre 2007

Grazie infinite a Giuseppe Scano, ad e a tutto il world wide web!
Chiedo umilmente scusa per il ritardo con il quale ho risposto. Nelle ultime settimane ho dovuto affrontare e risolvere molti seri problemi di "pressione ambientale".
Francesco Saverio Alessio
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[...] E incrociando ancora le dimensioni tormentate della Calabria mi impegno ad inaugurare - o a restaurare - idee, fantasie, pratiche che forse a nulla e a nessuno serviranno, ma che mi sottraggono al fascino immemore dell’agnosia e infrangono un silenzio intollerabile.

Chiosa del saggio di Salvatore Inglese "L’inquieta alleanza fra psicopatologia ed antropologia (ricordi e riflessioni da un’esperienza sul campo)", tratto da I fogli di Oriss, n° 1, 1993 poi in edizione tascabile, Pubblisfera, San Giovanni in Fiore 1995 - Il saggio tenta di descrivere il senso pluriverso di un itinerario conoscitivo costruito sulla pratica assistenziale svolta dal dott. Inglese in qualità di direttore del Centro di salute mentale per il territorio di San Giovanni in Fiore (allora U.S.L. 13 poi U.S.S.L. 5 - Regione Calabria) dal 1982 al 1992. Il vertice di osservazione del saggio del dott. Inglese è quello della clinica psichiatrica, ovvero il punto in cui l’individuo versa in uno stato di sofferenza radicale.

1) Il motivo che vi ha spinto a mettere per iscritto la situazione della vostra terra?

Innanzitutto l’impulso a reagire e ribellarsi alla solitudine e alla paura prodotte dal silenzio assordante dell’omertà che costringe le persone a richiudersi in se stesse o a fuggire! Quest’impulso prende le mosse dalla consapevolezza della propria identità culturale, politica, spirituale, un’identità conquistata a dispetto di persecuzioni e di disagi di ogni tipo. Qui parliamo di un’autonomia conquistata con forza e determinazione in un ambiente dove non si conosce la libertà, di una volontà perseguita con costanza d’uscita dallo stato di minorità nonostante le obbligate emigrazioni, reali e virtuali, i successivi ritorni, le nuove partenze.

C’è anche il bisogno di risolvere, almeno in parte, quella curiosità inarrestabile, tipica di colui che cerca (nella letteratura tedesca Hermann Hesse scrive: der suchende), indirizzata sia all’analisi del se, che dell’altro, che dell’ambiente. Questa analisi avviata da anni, da me e da Emiliano Morrone, con un lavoro, che direttamente o indirettamente, ha visto coinvolte non solo le nostre energie ma anche quelle di altre persone, fra gli altri Gianni Vattimo, Alfonso Maurizio Iacono, Giacomo Marramao, Derrick de Kerckhove, Michele Borrelli, Marisa Maida Caracciolo, Alan Gregg, Francesca Caputo, Angela Napoli, Claudio Pirillo, Carmelo Dotolo, don Battista Cimino, Mauro Piola, Alfredo Fedrico, Michele Lacava, Pasquale Biafora, Mauro Francesco Minervino, Federico La Sala, Alberto Martinengo, Santiago Zabala. Un infinito Grazie! Per la loro disponibilità, attenzione e competenza, molte iniziative internazionali da noi avviate come emigrati.it, campagna, iniziata nel 2003, di informazione e formazione web sull’emigrazione italiana, come il I ed il II Festival internazionale della filosofia in Sila, o come il Laboratorio di produzione culturale la Voce di Fiore, la collaborazione con la rivista Topologik, la collaborazione con la Scuola di lingue straniere Oxford Teaching, la collaborazione con l’Istituto Superiore Calabrese di Politiche Internazionali, hanno avuto esiti e sviluppi positivi nel processo di emancipazione ed internazionalizzazione della Calabria, e nella presa di coscienza di molti cittadini ed emigrati sullo stato delle cose e dell’essere nella nostra terra. Un’altro motivo è la convinzione, anzi la fede, sia per me che per Emiliano Morrone, nell’efficacia del dialogo, nell’efficacia dell’azione positiva che segue una strategia volta alla realizzazione della pace nel mondo e del benessere di tutta l’umanità. L’emancipazione della società e il miglioramento dell’ambiente sono legati indissolubilmente alla propria rivoluzione personale; rivoluzione che si esplica anche attraverso la chiara denuncia di malefatte e malfattori. Quell’atteggiamento nella fede volta alla creazione di valore per l’umanità, un atteggiamento volitivo e storicizzato nelle azioni quotidiane che ritroviamo sia nella filosofia buddista di Nichiren Daishonin (1222/1282) nel XIII secolo in Giappone, sia, pochi decenni prima, nel messaggio cristiano dell’utopia della giustizia di Gioacchino da Fiore (1130/1202), evocato da Gianni Vattimo nella sua particolarissima interpretazione dell’escatologia florense: [...] dell’utopia della giustizia di Gioacchino da Fiore mi ha sempre affascinato l’apertura a una possibilità.

Quando l’ambiente ti opprime richiudersi in se stessi o fuggire non rimuoverà la causa dell’oppressione; è molto meglio reagire inseguendo un’utopia. Se noi ci fossimo sottomessi nel linguaggio e nei modi già anni fà, non credo avremmo avuto molta gioia di vivere. Non credo avremmo goduto - anche senza problemi di lavoro e con un cospicuo conto in banca, frutto della nostra cessione ad altri del nostro diritto di espressione e della nostra autonomia - delle desolate lande dello spirito rappresentate in Calabria dalla tetra cultura politico-ndranghetistica.
Sotto la luce accecante e spietata del Sud, la classe dei corrotti, la nuova aristocrazia imperiale glocalabrese, per arricchirsi indebitamente continua a produrre la trasformazione di beni e fondi pubblici, in beni e fondi del malaffare. Molti fondi pubblici sottratti, grazie a tutto un sistema di scambi e convivenze fra politici ed esponenti delle famiglie della ’ndrangheta, servono al finanziamento del traffico internazionale degli stupefacenti, delle armi, dei rifiuti tossici, a favorire manovre di riciclaggio e di esportazione di capitale. Tutto questo SISTEMA intrecciato fra la Calabria, Roma ed il mondo intero, dai paesi dell’Est al Medio Oriente, dall’Africa alla Colombia, da San Marino alla Svizzera, da politica, massoneria, ’ndrangheta, servizi segreti, magistratura omologata e vari infiltrati in posti chiave dello Stato permea in modo capillare ogni forma di economia ed ha come fine, e, contemporaneamente come punto di partenza, il controllo assoluto del voto, il controllo della libera espressione, persino il controllo del privato dei cittadini calabresi. Questo modo di condurre la cosa pubblica inesorabilmente si sta estendendo a tutto il Paese, è per questo che tutti gli italiani dovrebbero intervenire nel dibattito riguardante la Calabria.

Da questa pressione da quarto potere sgorgano comunque numerosi i tragici appelli e le denunce di parlamentari e membri della Commissione nazionale antimafia, di magistrati, di giornalisti, di associazioni e liberi cittadini, di tutta la società civile, riguardo ad episodi e accadimenti segnati dalla mancanza assoluta del rispetto della Costituzione. Tutto questo è ipocritamente ed omertosamente misconosciuto dai rappresentanti nazionali dei partiti di destra, di sinistra e di centro (?) poichè molti di questi signori, con il controlllo matematico e mafioso dei voti al Sud si assicurano le loro poltrone a Roma da dove favoriscono gli affari del potere economico a discapito della popolazione.
Fra gli infiniti risultati negativi di un tale andamento della gestione politica ed amministrativa si manifestano: un’impoverimento generale della Calabria e del Paese, un’emigrazione inarrestabile con conseguente spreco di risorse umane, e poi: solitudine, psicopatologie, disperazione, infelicità, morte.

Noi crediamo che il nostro libro possa essere da stimolo a chi ha l’urlo di rabbia nello stomaco ma non riesce a tirarlo fuori, bloccato dal tappo del silenzio e dell’omertà ambientale. Un’urlo indirizzato positivamente, strategicamente misurato, articolato in parole comprensibili a tutti gli altri, e che, con dinamiche partecipative di iniziativa popolare e democratica, possa ribaltare una situazione che è ormai diventata una tirannia di superiore ed eterna investitura divina. Da parte di una classe politica così corrotta e compromessa direttamente con la ’ndrangheta, i calabresi subiscono una vasta messe di minacce, abusi, ricatti e ingiustizie. Il principale rammarico è la consapevolezza delle nostre antichissime e preziosissime origini, nel sangue e nella storia, nei segni somatici e in quelli artistici, nell’architettura e nella letteratura; la consapevolezza che il nostro pensiero si è sviluppato grazie all’influenza della presenza di Pitagora, di Gioacchino da Fiore, di Tommaso Campanella, Bernardino Telesio, Mattia Preti, dei segni della cultura greca, bizantina, di quella araba, di quella normanna. Quando leggo la descrizione del tempio dorico offerta da Martin Heidegger, dove addirittura il grande pensatore tedesco formula l’ipotesi che sia l’immobilità e l’assoluta astrazione del tempio a dar vita al frangersi dei flutti, allo scorrere delle nuvole, al soffio dei venti, persino alla luce del sole e della luna, visualizzo immediatamente i ruderi del Santuario di Hera Lacinia a Capo Colonna, Crotone, e immagino Heidegger con lo sguardo indirizzato verso lo stesso luogo, i suoi occhi traguardando attraverso un’infinita lontananza il lembo di terra più orientale della Magna Grecia".

Noi crediamo, io ed Emiliano Morrone, insieme agli emigrati presenti nel dibattito e nel dialogo favorito da Internet, insieme alla rete globale della quale facciamo parte, che sia possibile rimuovere il cancro di quella massoneria che cuce e ricuce i rapporti fra politica, ’ndrangheta e servizi segreti, soprattutto attraverso la conformazione di una cultura della consapevolezza della propria identità ed autonomia esplicata come contributo nello sviluppo del progresso sociale.

Cultura civica e della legalità, consapevolezza della necessità del rispetto delle libertà costituzionali abitualmente calpestate in Calabria, cultura volta al riformarsi di un’identità culturale del calabrese, identità oggi disintegrata da una politica indecente di distruzione dei segni tradizionali che ci rappresentano, di assistenzialismo ad oltranza e di costrizione alla fuga di massa.

C’è l’impellente e definitivo bisogno di sostituire nella ierofania del Calabrese la proiezione di quello che si può definire "il mito della terza figura". Come è scritto nella nota n. 1 a pag. 31 de La società sparente: Caratteristica principale di tale forma di pensiero è la convinzione diffusa della necessità di un mediatore per la risoluzione di qualsiasi pratica, lecita o illecita. Il ricorso a una terza figura, in Calabria, può spiegarsi con l’assoluta dipendenza dalla politica, nonostante l’art. 51, comma 2, della legge 142/1990 abbia separato, nel governo della cosa pubblica, "poteri di indirizzo e gestione amministrativa".
Un popolo senza memoria non può decidere il proprio destino. Parte del nostro lavoro è teso verso la costruzione di un’identità da difendere e da far rispettare in contrapposizione al mito del grigio accondiscendente omertoso anonimato complice di tutte le rovine calabresi.

I libri spesso obbligano a riflettere. Li si posa sul comodino, sulla scrivania, sulla mensola del bagno, li si legge, spesso li si rilegge, ci si ricorda di loro, di quella porzione di interpretazione della realtà umana che ci hanno trasmesso. I libri, in quest’epoca di consumo delle notizie e di naturalizzazione della corruzione politica e del dominio mafioso delle coscienze, documentano, descrivono, illustrano, illuminano, emozionano, compongono la storia. I libri offrono l’apertura a una possibilità.

G.S.: avete ricevuto pressioni o minacce durante la pubblicazione oppure solo dopo ?

Personalmente fui già minacciato nel 1978, quando ero redattore e disegnatore di GNIKS. Allora le minacce si esplicarono in forti pressioni sui familiari, non solo miei, ma di tutti i redattori, in minacce di querele, e in alcune altre minacce sottili, tipicamente mafiose. GNIKS era un mensile ciclostilato si satira, politica w cultura diretto prima da Antonio Citrigno, giornalista di Cosenza, e poi, dopo le minacce, come nuovo GNIKS, da Paolo Cinanni, autore tra altri libri di Emigrazione e imperialismo, Editori Riuniti, Roma 1968, 1971, 1975, fra le fonti più influenti nell’analisi dell’emigrazione calabrese operata con il nostro libro.

Cinanni, politico e uomo di cultura calabrese nato a Gerace il 25 gennaio 1916 e morto a Roma il 18 aprile del 1988, ebbe permaestro, a Torinonegli anni trenta, Cesare Pavese e per compagni LudovicoGeymonat,Leone Ginzburg, LuigiCapriolo,Elvira Pajetta, Giovanni Barale.

Cinanni protesse con forza la libera espressione delle persone che scrivevano per nuovo GNIKS al punto di non voler leggere le bozze ma solo il mensile stampato e già in edicola: dimostrando la massima fiducia verso un gruppo di giovani tutto sommato molto attivi e rivoluzionari, e si parla della fine degli anni settanta, cioè dell’epoca degli "anni di piombo".
Questo per dire che, a parte vari problemi insorti sin dall’inizio e poi amplificatisi per tutto il corso della collaborazione con Emiliano Morrone iniziata nell’autunno 2003 - problemi che hanno assunto la forma della desertificazione delle possibilità lavorative, di intralci burocratici di ogni tipo, di cause perse con sentenze assurde, di minacce di morte, di maldicenze e dicerie che conducono all’isolamento - avevo già un’antica esperienza delle strategie usate dalla politica, in simbiosi con il potere economico e mafioso, al fine di ottenere l’omologazione del pensiero ed il dominio delle coscienze in Calabria.

Allora la risolsi con la fuga di dieci anni a Napoli, in un altro luogo segnato comunque dalla presenza della camorra, o del sistema, come si chiama da quelle parti. L’attuale esperienza con Emiliano Morrone è più entusiasmante, perchè a differenza di allora non sono rimasto solo, poi per la diversa coscienza che in trent’anni ho avuto il tempo di cristallizzare e proteggere con determinazione, e per l’approccio meno individualistico di allora che ho con l’arte, con la letteratura, con le persone. Dopo l’uscita del libro si stanno moltiplicando le forme e i modi delle pressioni, a volte in modo molto fantasioso, comunque di puro stampo mafioso. Nel dispregio più assoluto della Costituzione Repubblicana stiamo subendo una gravissima, totale e continuata violazione della libertà d’espressione e del diritto alla riservatezza sul privato: vignette offensive, minacce scritte e verbali, pressioni su librai e giornalai, su gestori di sale pubbliche, su dirigenti scolastici e amministrativi, richieste di sequestro del libro, pressioni su amici, su conoscenti, su sconosciuti, e poi silenzio! Silenzio riguardo a quello che stiamo vivendo da parte delle istituzioni, della rai e della tv regionale e in parte della stampa (locale). Sull’altro piatto della bilancia la solidarietà e l’appoggio del Comitato pro-De Magistris, di Ammazzateci Tutti, Giovanni e Aldo Pecora, Rete per la Calabria, Angela Napoli, Calabrialibre, Giorgio Durante, Francesco Precenzano, Gens, Rosanna Scopelliti, Sonia Alfano, Salvatore Borsellino, Gianni Vattimo, Marco Travaglio, Franco Abruzzo, Nazione Indiana, del tuo blog, caro Giuseppe Scano, di un’infinità di giornalisti e di siti web e di altri blog, le interviste radio di GR 2, Radio News 24, Rainn, della gente comune che per strada, qui a San Giovanni in Fiore dove fra una presentazione del libro e l’altra a volte risiedo, mi ferma e mi ringrazia con emozione per avergli fornito le parole che non ha o che non è abituata ad esprimere. 3) se foste ministro dell’interno o della giustizia qual’è la cosa più urgente che fareste per tagliare i tentacoli della mafia? Una riforma sostanziale della Giustizia, con come punti principali: la riduzione dei tempi di svolgimento dei tre gradi di giudizio con un aumento del numero di magistrati, di tribunali e delle procure; l’estensione a dieci anni, per alcuni reati, in particolare di quelli legati all’amministrazione pubblica, del periodo dopo il quale tali reati vadano in prescrizione. Già con queste due operazioni sui tempi della Giustizia molti di questi intelligentoni come li chiamo io, o furbetti, come li chiama Marco Travaglio, non si sentirebbero più assolutamente impuniti come si sentono oggi. Poi, cultura della legalità in tutte le scuole di ogni ordine e grado; controllo rigoroso dei concorsi pubblici; cancellazione delle norme sul controllo politico della magistratura; abolizione della normativa che genera precariato e lavoro nero; leggi che portino al finanziamento di progetti per l’imprenditoria giovanile solo in base alla loro effettiva capacità produttiva; cessazione dell’assistenza a fondo perduto; introduzione di regole che impediscano l’aggiudicazione di appalti a imprese della mafia; assoluta liberalizzazione di tutti i tipi di droga, per sottrarne il mercato alla criminalità ed ai suoi complici nello Stato, per avere una misura effettiva della loro diffusione, per un controllo più ampio ed umano delle tossicodipendenze, inoltre regioni come la Calabria potrebbero svilupparsi economicamente ed emanciparsi producendo canapa, sia italiana che indiana, e tutti i loro derivati, come del resto in altri Paesi dell’Europa già accade; proibizione della candidatura a politici collusi o sospetti; re-distribuzione delle risorse economiche attraverso il sequestro di beni e patrimoni dei mafiosi e ancora tramite la riduzione immediata ad un quarto degli attuali costi della politica e l’eliminazione retroattiva delle pensioni di tutti i politici di tutte le taglie e di tutti i tempi. Non si può avere come oggi un’Italia divisa in ricchissimi e poverissimi, in casta degli intoccabili e ciandala, non c’è nessuna possibilità di emancipazione in una società di questo tipo. Spesso è una vergogna per me essere italiano; dopo l’esperienza del fascismo, quella degli "anni di piombo" e poi quella di tangentopoli avremmo dovuto imparare qualcosa in più sulla democrazia, ma a quanto dimostrano i fatti concreti non è così, viviamo in una dittatura dell’informazione e dell’economia e quasi nessuno dei cittadini si ribella, quasi nessuno ha il coraggio di uscire dal suo stato di minorità e di dipendenza per conquistarsi l’autonomia.

7) il vostro libro che è sulla scia di “Gomorra” di Roberto Saviano, un’indagine a tutto campo sul binomio politica-’ndrangheta, una denuncia nominativa, diretta e spietata che parte dalla descrizione di logiche clientelari e anomale operazioni elettorali anche a San Giovanni in Fiore da più fastidio perchè tenete vivo il lavoro di De Magistris o perchè riporta anche se con le dovute distinzioni deontologiche quelle che sono voci?

L’origine del libro risale a quasi cinque anni fà, all’avvio della collaborazione fra me ed Emiliano Morrone, con i siti emigrati.it, emigrati.org, lavocedifiore.org, con attività culturali di vario tipo sul territorio e con l’avvio del movimento politico "Vattimo per la città"; con il nostro libro si cerca di individuare un metodo di risoluzione del problema dell’espansione del potere della criminalità organizzata ormai quasi completamente istituzionalizzata, e anche se questo metodo può essere definito utopico, al contrario indica una pratica, cioèla disciplinanelrispetto di se stessi e degli altri, che è l’unico metodo per opporsi alla paura ed al terrore imposti al cittadino dalla ’ndrangheta, dalla politica privatizzata, dalla massoneria che le collega. In qualche modo c’è un’affinità con il libro di Saviano, e anche con le indagini di pm come Luigi De Magistris, Pier Paolo Bruni, Luigi Gratteri,che analogamente a Saviano dimostrano come la criminalità organizzata, in Calabria, in Campania, in Sicilia, non si interessa solo del traffico internazionale di stupefacenti, ma è interessata in particolar modo ad un uso privato del potere pubblico, volto a derubare le casse impinguate di soldi dell’Unione Europea per le aree depresse. La malavita è entrata in ogni angolo dell’economia. Naturalmente, loro, i massoni, politici e ’ndraghetosi, uomini di stato e uomini di chiesa, devono essereliberi di fare quello che vogliono ed è per questo che hanno bisogno di un popolo sbandato, semidisperso, privo di identità e di qualsiasi capacità aggregativa, di qualsiasi spinta imprenditoriale o creativa o poetica. Tutto questo si può combattere solo con la cultura. Cultura del sociale, del bello, del dialogo e del confronto, della preziosità delle diversità, della comune missione al miglioramento di se stessi e della società. Quindi credo che il nostro libro dia fastidio per una infinità di motivi diversi. La cosa più fastidiosa per gli ipocriti ed i corrotti resta sempre e comunque la verità, e, a giudicare dalle ripercussioni che ha provocato, evidentemente, il nostro libro dice il vero.

8) secondo voi la forma più efficace per parlare di mafia anzi mafie è quella del saggio o quella letteraria?

Secondo me non c’è una forma più efficace di un’altra se il fine che ci si propone è chiaro e l’espressione avvincente, si tratta di modalità e di forme diverse di linguaggio, di utilizzo della parola. L’importante è comunque usare le parole, magari insieme ad altre forme espressive, per arricchire i punti di vista ed così incrementare le possibilità di risoluzione del problema. Il nostro libro indica che la parola ed il discorso hanno più forza di un urlo incontrollato nello spezzare il silenzio, in quanto laparola,ildiscorso,sonocomprensibilia moltimentre l’urlo non è comprensibile a tutti. Tra l’altro il testo ha diversi piani di lettura. Da un lato è un saggio politico, da un altro è quasi una ricerca sul campo di tipo antropologico, poi è un’inchiesta durata anni, ma è anche un’autobiografia di Francesco Saverio Alessio e di Emiliano Morrone, una descrizione vagamente poetica delle nostre battaglie per l’emancipazione della Calabria e del nostro amore per una terra completamente abbandonata alla barbarie.

9) come vedete le spinte di legalità provenienti da zone ad alta densità mafiosa come la Calabria? come mai non avviene lo stesso fenomeno in Sicilia?

La Sicilia ha dei gruppi ben organizzati e delle singole personalità molto attive nel campo della lotta alla criminalità organizzata insinuatasi nella politica attraverso la massoneria. Uno su tutti: Salvatore Borsellino. In Calabria, Aldo Pecora e "Ammazzateci tutti" hanno avuto anche una grande capacità di aggregazione ad altri movimenti, e una particolare abilità nella comunicazione e nella promozione delle manifestazioni e delle petizioni popolari. Da un po di tempo lottano contro strumentalizzazioni politiche e contro pressioni come ad esempio quelle di Giuseppe Bova, presidente del Consiglio regionale della Calabria, che ha operato tentativi di isolare in particolare Aldo Pecora. Per fortuna Aldo ha stoffa, coraggio ed intelligenza da vendere, e coinvolgendo anche altri riesce a tenere vivo il dibattito su molte problematiche provocate dal malaffare calabrese. Noi dobbiamo molto anche a loro.

10) qualcosa d’aggiungere o da rettificare o approfondire

Qualche riga sull’emigrazione e sull’Opera di Paolo Cinanni,importanteautore,direttoreresponsabiledinuovoGNIKSche ho ricordato scrivendo più sopra riguardo la libertà di espressione e di stampa. Alcune scuole di pensiero, soprattutto contemporanee, vedono l’emigrazione come un necessario rimedio alla scarsità di risorse e come soluzione al male di una popolazione in eccesso. In definitiva come un effetto della povertà delle zone di partenza, quindi come risultato naturale del sottosviluppo. Con Emigrazione e imperialismo, Cinanni rigetta e confuta questa teoria, sostenendo e argomentando al contrario che invece è l’emigrazione il principale fattore di sottosviluppo. Questa tesi è supportata da scuole di pensiero anche diverse dal marxismo. Infatti, prima di Cinanni, sin dal secolo scorso, altri economisti avevano verificato come i maggiori tassi di sviluppo e di incremento del reddito si erano registrati in quei Paesi dove l’immigrazione di uomini già pronti al lavoro veniva sistematicamente accolta e incoraggiata. In questo libro, del 1968, nell’ambito degli studi riguardanti i fenomeni migratori, nei quali erano coinvolti (ancora oggi lo sono) milioni di persone dal Meridione verso il Nord, apparve per la prima volta la tematica del risarcimento in denaro agli emigrati. La stessa tesi è utilizzata, anche oggi, da Nicola Zitara, teorico del separatismo del Sud e sostenitore di una proposta di legge di iniziativa popolare sul diritto alla restituzione dei costi storici dell’emigrazione e la creazione di un grande banco meridionale. La tesi sostenuta da Cinanni e da Zitara è in sintesi questa: generalmente un essere umano impiega dai sedici ai diciotto anni per raggiungere l’età nella quale è pronto, anche legalmente, a fornire prestazioni lavorative. Impiegherà molti più anni se, prima di lavorare, deve percorrere una fase di studi universitari. Dal momento della nascita e fino al momento del primo guadagno, il giovane viene mantenuto dalla famiglia, dalla collettività di appartenenza (Comune, Provincia, Regione) e dallo Stato nazionale attraverso i servizi pubblici, scuola, sanità etc. La collettività che accoglie l’immigrato risparmia questi costi e riceve gratis una persona che è dotata della piena capacità di produrre ricchezza e valore nei vari settori, quindi l’immigrazione è un regalo che i paesi poveri fanno ai paesi ricchi. L’osservazione secondo cui sarà il giovane lavoratore, una volta occupato e pagato, a rifarsi dei costi sostenuti dalla sua famiglia e dalla collettività di origine, costituisce un luogo comune completamente falso. La formazione di un giovane è un costo netto e originario. La cosa è tanto vera che oggi la natalità meridionale - tradizionalmente molto elevata - è scesa sotto lo zero, in quanto il costo di allevamento dei figli supera le possibilità economiche dei potenziali genitori e dell’aggregato produttivo del Sud. In effetti, l’emigrazione senza ritorni economici in termini di rimesse, come quella contemporanea verso le città del Nord, dove un salario o uno stipendio sono appena sufficienti a sopravvivere, equivale a una castrazione economica. Le famiglie, dopo aver anticipato le risorse umane ed economiche occorrenti per dare muscoli, educazione e formazione al giovane, tra l’altro consumando per la maggior parte prodotti del Nord, con un’ulteriore perdita economica del territorio di appartenenza, non recuperano, nè in termini di produzione generale (Pil locale), nè in termini fiscali, i costi anticipati.

Una testimonianza sul campo sulla problematica del silenzio, dalla lettera ai colleghi del dott. Luigi De Magistris:

http://toghe.blogspot.com/2007/10/luigi-de-magistris-lettera-ai-colleghi.html

[...] A un certo punto, però, ho avvertito che stesse accadendo qualcosa di irreparabile e ho deciso di far comprendere che cosa stesse accadendo, non a Stoccolma, ma in Calabria.

Questa voglia di "rompere" il silenzio, oggi, nelle liste, è, però, dettata dal cuore, dalla volontà di ringraziare tutti i colleghi che mi hanno scritto, anche privatamente, delle parole molto belle. Ho provato delle emozioni enormi e forti, che mi rendono felice e mi appagano di tutte le sofferenze di questi anni. Farei torto a molti se citassi qualcuno, ma mi limito, nel ringraziare tutti quelli che mi hanno dimostrato affetto, a citare il documento della giunta dell’A.N.M. di Napoli, le missive dei colleghi che sono stati miei uditori, le mail di colleghi con i quali abbiamo anche avuto percorsi culturali molto differenti e anche "scontri".

Evidentemente si è compresa la "posta in gioco" e il "mio caso": sì sono divenuto un caso, che strano, e forse si è intuito che, nonostante tutto, non sono poi così "macroscopicamente inadeguato". Credo, infatti, di cercare di esercitare le funzioni con onestà, abnegazione, sacrificio e umiltà avendo nel cuore e nella mente la Costituzione Repubblicana in primo luogo. Incompatibile con un certo ambiente (anche giudiziario) forse sì, ma non con questa terra dalla quale non potrò mai più "staccarmi" atteso l’amore che tantissimi calabresi mi stanno manifestando.

Grazie.

Luigi

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