Messaggio originale-----
Inviato: domenica 27 gennaio 2002 0.09
A: posta@magistraturaassociata.it
Oggetto:
Per la nostra sana e robusta Costituzione...
Stimatissimi cittadini-magistrati
"Nella democrazia - come già scriveva Gaetano Filangieri nella sua opera La Scienza della Legislazione (1781-88) - comanda il popolo, e ciaschedun cittadino rappresenta una parte della sovranità: nella concione [assemblea di tutto il popolo], egli vede una parte della corona, poggiata ugualmente sul suo capo che sopra quello del cittadino più distinto. L’oscurità del suo nome, la povertà delle sue fortune non possono distruggere in lui la coscienza della sua dignità. Se lo squallore delle domestiche mura gli annuncia la sua debolezza, egli non ha che a fare un passo fuori della soglia della sua casa, per trovare la sua reggia, per vedere il suo trono, per ricordarsi della sua sovranità"(Libro III, cap. XXXVI).
Tempo fa una ragazza, a cui da poco era morta la madre e altrettanto da poco cominciava ad affermarsi il partito denominato "Forza Italia", discutendo con le sue amiche e i suoi amici, disse: "Prima potevo gridare "forza Italia" e ne ero felice. Ora non più, e non solo perché è morta mia madre e sono spesso triste. Non posso gridarlo più, perché quando sto per farlo la gola mi si stringe - la mia coscienza subito la blocca e ricaccia indietro tutto. Sono stata derubata: il mio grido per tutti gli italiani e per tutte le italiane è diventato il grido per un solo uomo e per un solo partito. No, non è possibile, non può essere. E’ una tragedia!". Un signore poco distante, che aveva ascoltato le parole della ragazza, si fece più vicino al gruppo e disse alla ragazza: "Eh, sì, purtroppo siamo alla fine, hanno rubato l’anima, il nome della Nazionale e della Patria. E noi, cittadini e cittadine, abbiamo lasciato fare: non solo un vilipendio, ma un furto - il furto dell’anima di tutti e di tutte. Nessuno ha parlato, nessuno. Nemmeno la Magistratura!".
Oggi, più che mai, contro coloro che "vogliono costruire una democrazia populista per sostituire il consenso del popolo sovrano a un semplice applauso al sovrano del popolo"(don Giuseppe Dossetti, 1995), non è affatto male ricordarci e ricordare che i nostri padri e le nostre madri hanno privato la monarchia, il fascismo e la guerra del loro consenso e della loro forza, si sono ripresi la loro sovranità, e ci hanno dato non solo la vita e una sana e robusta Costituzione, ma anche la coscienza di essere tutti e tutte - non più figli e figlie della preistorica alleanza della lupa (o della vecchia alleanza del solo ’Abramo’ o della sola ’Maria’) - figli e figlie della nuova alleanza di uomini liberi (’Giuseppe’) e donne libere (’Maria’), re e regine, cittadine-sovrane e cittadini-sovrani di una repubblica democratica.
Bene avete fatto, con la Vs. Lettera aperta ai cittadini, a rendere pubbliche le vostre preoccupazioni e a dire e a ridire che la giustizia non è materia esclusiva dei magistrati e degli addetti ai lavori, ma un bene di tutti e di tutte, e che tutti i cittadini e tutte le cittadine sono uguali davanti alla legge.
E altrettanto bene, e meglio (se permettete), ha fatto il Procuratore Generale di Milano Borrelli, già all’inizio (e non solo alla fine) del suo discorso di inaugurazione dell’anno giudiziario, quando ha detto: "porgo il mio saluto, infine, ai cittadini, anzi, alle loro maestà i cittadini, come soleva dire il compianto Prefetto Carmelo Caruso, avvicinati oggi da un lodevole interesse a questa cerimonia, del resto non esoterica nonostante il paludamento, ma a loro destinata"; e, poco oltre, riferendosi specificamente alle "difficoltà che la giustizia minorile incontra", ha denunciato che "il denominatore comune - generatore del disagio donde nascono devianze, sofferenze, conflitti - è rappresentato dalle carenze di un’autentica cultura dell’infanzia, a volte necessitata dalle circostanze, a volte frutto di disattenzione, spesso causata dall’incapacità negli adulti di trasmettere valori che si discostino dall’ideologia di un’identità cercata, secondo la nota espressione di Erich Fromm, nell’avere piuttosto che nell’essere".
Da cittadino-magistrato non ha fatto altro che dire e fare la stessa cosa che don Lorenzo Milani, il cittadino-prete mandato in esilio a Barbiana, in tempi di sonnambulismo già diffuso (1965): suonare la campana a martello, svegliare - praticare la tecnica dell’amore costruttivo per la legge e, ricondandoci di chi siamo e della parte di corona che ancora abbiamo in testa, avere il coraggio di dire ai giovani che essi sono tutti sovrani....
Cordiali saluti
Federico La Sala
MA COME RAGIONANO GLI ITALIANI E LE ITALIANE?!
L’Italia e’ diventata la ’casa’ della menzogna... e della vergogna?!
di Federico La Sala *
Elementare!, Watson: Se, nel tempo della massima diffusione mediatica della propaganda loggika, l’ITALIA è ancora definita una repubblica democratica e "Forza Italia" (NB: ’coincidenza’ e sovrapposizione indebita con il Nome di tutti i cittadini e di tutte le cittadine d’ITALIA) è il nome di un partito della repubblica, e il presidente del partito "Forza Italia" è nello stesso tempo il presidente del consiglio dello Stato chiamato ITALIA (conflitto d’interesse), per FORZA (abuso di potere, logico e politico!) il presidente del partito, il presidente del consiglio, e il presidente dello Stato devono diventare la stessa persona. E’ elementare: queste non sono ’le regole del gioco’ di una sana e viva democrazia, ma di un vero e proprio colpo di Stato! (Shemi EK O’KHOLMES).
IL DIALOGO, Sabato, 31 gennaio 2004
LA PAROLA RUBATA
Una lettera aperta all’ ITALIA (e un omaggio agli intellettuali: Gregory Bateson, Paul Watzlawick, Jacques Lacan, Elvio Fachinelli).
di Federico La Sala *
L’ITALIA GIA’ DA TEMPO IN-TRAPPOLA-TA.................e noi - alla deriva - continuiamo a ’dormire’ , alla grande! "IO STO MENTENDO": UNA LETTERA APERTA SULL’USO E ABUSO ISTITUZIONALE DELL’ "ANTINOMIA DEL MENTITORE".
Cara ITALIA
MI AUGURO CHE LE GIUNGA DA LONTANO IL MIO URLO: ITALIA, ITALIA, ITALIA, ITALIA, ITALIA, ITALIA, ITALIA! IL NOME ITALIA E’ STATO IN-GABBIA-TO NEL NOME DI UN SOLO PARTITO....E I CITTADINI E LE CITTADINE D’ITALIA ANCHE!!!
NON E’ LECITO CHE UN PARTITO FACCIA PROPRIO IL NOME DELLA CASA DI TUTTI I CITTADINI E DI TUTTE LE CITTADINE! FERMI IL GIOCO! APRA LA DISCUSSIONE SU QUESTO NODO ALLA GOLA DELLA NOSTRA VITA POLITICA E CULTURALE! NE VA DELLA NOSTRA STESSA IDENTITA’ E DIGNITA’ DI UOMINI E DONNE D’ITALIA!
Cosa sta succedendo in Italia? Cosa è successo all’Italia? Niente, non è successo niente?! Semplicemente, il nome Italia è stato ingabbiato dentro il nome di un solo PARTITO e noi, cittadini e cittadine d’ITALIA, siamo diventati tutti e tutte cret... ini e cret..ine. Epimenide il cretese dice: "Tutti i cretesi mentono". E, tutti i cretini e tutte le cretine di ’Creta’, sono caduti e cadute nella trappola del Mentitore.... e, imbambolati e imbambolate come sono, si divertono persino. Di chi la responsabilità maggiore?! Di noi stessi - tutti e tutte!
Le macchine da guerra mediatica funzionano a pieno regime. Altro che follia!: è logica di devastazione e presa del potere. La regola di funzionamento è l’antinomia politico-istituzionale del mentitore ("io mento"). Per posizione oggettiva e formale, non tanto e solo per coscienza personale, chi sta agendo attualmente da Presidente del Consiglio della nostra Repubblica non può non agire che così: dire e contraddire nello stesso tempo, confondere tutte le ’carte’ e ’giocare’ a tutti i livelli contemporaneamente da presidente della repubblica di (Forza) Italia e da presidente del consiglio di (Forza) Italia, sì da confondere tutto e tutti e tutte... e assicurare a se stesso consenso e potere incontrastato.
Se è vero - come ha detto qualcuno - che "considerare la politica come un’impresa pubblicitaria [trad.: un’impresa privata che mira a conquistare e occupare tutta l’opinione pubblica, fls] è un problema che riguarda tutto l’Occidente"(U. Eco), noi, in quanto cittadini e cittadine d’Italia, abbiamo il problema del problema, all’ennesima potenza e all’o.d.g.! E, per questo e su questo, sarebbe bene, utile e urgentissimo, che chi ha gli strumenti politici e giuridici (oltre che intellettuali, per togliere l’uso e l’abuso politico-istituzionale dell’antinomia del mentitore) decidesse quanto prima ... e non quando non c’è (o non ci sarà) più nulla da fare. Se abbiamo sbagliato - tutti e tutte, corriamo ai ripari. Prima che sia troppo tardi!!!
ITALIA! La questione del NOME racchiude tutti i problemi: appropriazione indebita, conflitto di interessi, abuso e presa di potere... in crescendo! Sonnambuli, ir-responsabili e conniventi, tutti e tutte (sia come persone sia come Istituzioni), ci siamo fatti rubare la parola-chiave della nostra identità e della nostra casa, e il ladro e il mentitore ora le sta contemporaneamente e allegramente negando e devastando e così, giocati tutti e tutte, ci sta portando dove voleva e vuole ... non solo alla guerra ma anche alla morte culturale, civile, economico-sociale e istituzionale! Il presidente di Forza Italia non è ...Ulisse e noi non siamo ... Troiani.
Non si può e non possiamo tollerare che il nome ITALIA sia di un solo partito... è la fine e la morte della stessa ITALIA!
La situazione politica ormai non è più riconducibile all’interno del ’gioco’ democratico e a un vivace e normale confronto fra i due poli, quello della maggioranza e quello della minoranza. Da tempo, purtroppo, siamo già fuori dall’orizzonte democratico! Il gioco è truccato! Cerchiamo di fermare il ’gioco’ e di ristabilire le regole della nostra Costituzione, della nostra Legge e della nostra Giustizia. Ristabiliamo e rifondiamo le regole della democrazia.
E siccome la cosa non riguarda solo l’Italia, ma tutto l’Occidente (e non solo), cerchiamo di non andare al macello e distruggerci a vicenda, ma di andare avanti .... e di venir fuori da questa devastante e catastrofica crisi. Io, da semplice cittadino di una ’vecchia’ Italia, penso che la logica della democrazia sia incompatibile con quella dei figli di "dio" e "mammasantissima" che si credono nello stesso tempo "dio, papa, e re" (non si sottovaluti la cosa: la questione è epocale e radicale, antropologica, teologica e politica - e riguarda anche le religioni e la stessa Chiesa cattolica) si danno da fare per occupare e devastare le Istituzioni! Non si può tornare indietro e dobbiamo andare avanti.... laici, cattolici, destra, sinistra, cittadini e cittadine - tutti e tutte, uomini e donne di buona volontà.
Allora facciamo che il gioco venga fermato e ... e che si apra il più ampio e diffuso dibattito politico e culturale - si ridia fiducia e coraggio all’ITALIA, e a tutti gli Italiani e a tutte le Italiane. E restituiamo il nome e la dignità all’ITALIA: a noi stessi e a noi stesse - in Italia e nel mondo...... cittadini e cittadine della Repubblica democratica d’Italia. Un semplice cittadino della nostra bella ITALIA!
Federico La Sala
* IL DIALOGO, Mercoledì, 05 aprile 2006
Caro PRESIDENTE CIAMPI
Ripartire dall’ITALIA!!!
di Federico La Sala *
Alla luce della campagna elettorale, che si è svolta come si è svolta, e alla luce della legge elettorale che ha ‘permesso’ i risultati che ha ‘permesso’, è da dire - in modo chiaro e tondo - che sulla vittoria del centro sinistra non ci sono affatto dubbi, ha vinto l’ITALIA, e che alla coalizione di centro sinistra ora tocca l’onere e la responsabilità della direzione del Paese. Se si vuole, e si vuole (come credo), iniziare bene, la prima decisione da prendere, e da prendere con la più grande unità politica di tutti e due i poli (centro destra e centro sinistra) - pena il permanere nell’ambiguità e nella corresponsabilità del trattenere il Paese nel clima di degrado e di scontro - sia è quella di rimuovere assolutamente la ‘confusione’ relativa al Nome della Casa politica di tutti gli Italiani e di tutte le Italiane, ITALIA. Un fatto è che esistano due cosiddette “Italia” (maggioranza e minoranza) nella stessa comune Italia, un altro fatto è che esista un partito, che si sovra-espone, si sovrappone, e si contrappone a tutta l’Italia: "Forza ITALIA"!!!
Nell’epoca della comunicazione, della pubblicità, dell’importanza dei simboli, dei “logo”, dei “marchi”, e della manipolazione psicologica, è assolutamente vergognoso, pericoloso, e delittuoso - da parte di tutti gli italiani e di tutte le italiane, della destra come della sinistra, e di tutte le Istituzioni della Repubblica!!! - lasciare la situazione come sta e far finta di nulla, e che tutto sia normale!!!
Vogliamo o non vogliamo essere cittadini e cittadine d’Italia?! O vogliamo essere, tutti e tutte, di destra e di sinistra, veramente ... operai ed operaie nella vigna del ‘Signore’?!
Nel nome dell’ITALIA, e per l’ITALIA: VIVA, VIVA L’ITALIA - W O ITALY!!! (11.04.2006 d. C.)
Federico La Sala
*IL DIALOGO, Martedì, 11 aprile 2006
Sul tema, nel sito, si cfr.:
Ricordando Lucio Colletti -A GALVANO DELLA VOLPE, IN MEMORIA. Il suo (e nostro) limite, come quello di Galilei, Hegel e Marx, è l’aver letto l’"Inferno" e non "tutto Dante". Una nota di Michele Prospero
Fausto Bertinotti: "Il movimento operaio è morto, in Comunione e Liberazione ho ritrovato un popolo"
Corriere della Sera *
"L’eutanasia del movimento operaio ha disperso la memoria di cosa è stato il dialogo con il mondo cattolico". Lo afferma al Corriere della Sera, Fausto Bertinotti, secondo cui "il movimento operaio è morto", "solo la Chiesa sta cercando di reagire". Bertinotti, che in queste settimane ha partecipato in diverse città alla presentazione del libro del successore di don Giussani, fondatore di Comunione e Liberazione, spiega anche: "In Cl ho ritrovato un popolo. E Julian Carrón ci fa riflettere sulla natura del potere".
"Il problema della politica - spiega Bertinotti - è che distrutte le ideologie si è ritrovata depredata, priva di riferimenti. Il dialogo con chi ha una fede può essere la scintilla che ridà speranza". "La sinistra come istanza di uguaglianza - aggiunge - riaffiora, anche se ignorata, nel campo delle nuove forme di organizzazione comunitaria della società".
Alla domanda se si senta folgorato dalla fede religiosa, Bertinotti replica:
"No, questo sarebbe la negazione del dialogo che deve essere tra diversi. Se uno pensa di farsi cooptare vuol dire che non ha identità".
Vince Ferrero: avanti da soli *
Archiviata la fallimentare alleanza con Di Pietro e Ingroia, il IX congresso di Rifondazione comunista che si è chiuso ieri a Perugia ha tracciato la strada per il futuro: cercare di far maturare i consensi elettorali dei neocomunisti (oggi intorno all’1%) aggregando tutta la sinistra antiliberista che non si riconosce nel Pd e nelle larghe intese. Passato lo choc della sconfitta alle Politiche di febbraio che, a detta dello stesso segretario, aveva annichilito il partito, Paolo Ferrero ha ricompattato il Prc sul suo progetto di fare da calamita per coloro che vogliono una sinistra radicale.
Sulla sua linea ha raccolto il 75% dei voti, che gli consentiranno di essere rieletto alla segreteria a gennaio, quando si riunirà il nuovo comitato politico nazionale. «Prima di costruire alleanze ci sono fasi in cui bisogna tenere la spina dorsale dritta e andare avanti da soli - ha detto Ferrero nelle sue conclusioni -. Perché io penso che siamo alternativi al centrosinistra».
* Corriere della Sera, 09.12.2013
«Rifondazione per la sinistra» non perde tempo, fissa l’agenda per settembre
Riunione a Roma con Giordano.
Vendola: «La sconfitta del congresso mi dà più libertà di movimento e meno vincoli»
di Simone Collini l’Unità 30.07.208
NICHI VENDOLA l’aveva detto dal palco di Chianciano: «Do appuntamento a tutti i compagni della mozione due nell’area politico-culturale Rifondazione per la sinistra». Non si è perso tempo. Nella sala Libertini di viale del Policlinico, sede del Prc, ieri si sono riuniti Franco Giordano, Gennaro Migliore e tutti gli altri sostenitori della costituente di sinistra usciti sconfitti dal congresso di Rifondazione comunista. Si è deciso di dar vita immediatamente all’operazione, fissando per il 27 settembre un’assemblea nazionale alla quale saranno invitate forze politiche (non solo quelle confluite nell’Arcobaleno) associazioni e singole personalità.
L’appuntamento verrà preparato con assemblee su tutto il territorio perché la strategia dell’«autonomia» messa a punto da Vendola prevede una battaglia interna al partito per mantenere saldo il fronte (e anzi, attraverso nuovi tesseramenti, «rovesciare gli equilibri») e una campagna esterna tesa a lanciare la costituente con modalità diverse da quelle sperimentate con l’Arcobaleno. E se quello che è mancato allora è stato un approccio anche culturale e di formazione, un ruolo di primo piano su questo terreno lo giocherà la fondazione a cui darà vita in autunno Fausto Bertinotti. Ieri l’ex presidente della Camera ha discusso con gli altri redattori del prossimo numero di “Alternative per il socialismo”: si è concordato sul fatto che nella rivista questa stagione dei congressi non debba occupare che un minimo spazio.
In questa situazione, il mantenimento del tesoriere da parte dei bertinottiani può essere d’aiuto. E il fatto di aver perso il congresso con il 47,3% anziché averlo vinto con il 50% più uno, inizia a pensare Vendola, può addirittura essere un vantaggio. «La sconfitta del congresso in realtà mi dà più forza, più libertà di movimento e meno vincoli», rifletteva ieri il governatore pugliese nel suo ufficio sul lungomare di Bari. I sostenitori della sua mozione entreranno neli organismi dirigenti ma non nella segreteria, e pazienza se veramente Paolo Ferrero continuerà a proporre la gestione unitaria facendo anche tenere una sedia vuota nell’organismo di gestione politica.
Dopo una giornata dedicata alla riflessione, Vendola dice che «Ferrero ha costruito la più brutta vittoria della sua vita, io la più bella sconfitta della mia vita»: «Noi volevamo il partito della ricerca, dell’innovazione, non degli slogan e delle catacombe». Vendola, che pensa di ricandidarsi alle regionali del 2010, dice anche di sentirsi «il leader di questo partito»: «Poi ci sono quelli che non riempiono il pianerottolo di casa». La sconfitta brucia, ma dietro lo sfogo c’è lo sguardo sul futuro. Anche perché Vendola sa che Ferrero è sorretto da una maggioranza fatta di quattro minoranze messe assieme, che è a rischio sia che si parli del simbolo con cui andare alle europee (l’area Pegolo-Giannini, 7,7%, vuole correre insieme al Pdci) che della permanenza o meno nelle giunte locali (i trotzkisti, 3,2%, vogliono rompere ovunque). E sa anche che Ferrero avrà difficoltà a farsi ascoltare nei territori dove a guidare il partito sono segretari a lui contrari. Come già si è visto ieri: dopo che è stata letta una lettera in cui Ferrero chiedeva un incontro prima di assumere decisioni, il comitato politico del Prc della Calabria ha approvato un documento con cui conferma l’ingresso nella giunta Loiero. Cioè quello che Ferrero non voleva. Ma il potere decisionale, da statuto, è nelle mani dei segretari regionali.
Cosa sta prendendo forma nella galassia del radicalismo italiano
Una formazione sotto la falce e al martello. Un’altra progressista, riformista e verde
La sinistra dopo il congresso Prc Tra il Pd e la "dacia" di Diliberto
Il sondaggio di Repubblica.it: per la maggioranza dei lettori
a sinistra del Pd c’è spazione per un solo partito
di CLAUDIA FUSANI *
ROMA - Che ne sarà adesso dei quattro partiti che avevano dato vita al progetto, fallito, dell’Arcobaleno? Il mese dei congressi di Sinistra democratica, Comunisti italiani, Verdi e - più di tutti - Rifondazione, doveva dare risposte e indicazioni. Delle prime non si vede traccia. Le seconde abbondano. E la fotografia che abbiamo sotto gli occhi resta ancora molto sfuocata anche se definita da confini abbastanza certi.
Il sondaggio. L’umore dei lettori è misurato da un sondaggio di Repubblica. it (a cui è ancora possibile rispondere) lanciato dieci giorni fa. Un quesito e cinque opzioni di risposte: "E’ il mese dei congressi delle forze politiche che facevano capo alla Sinistra Arcobaleno. Secondo voi, a sinistra del Pd: 1) C’è spazio per una sola forza politica; 2) c’è spazio per un partito di sinistra e per uno ambientalista; 3)non c’è spazio per altri partiti; 4) possono esistere solo i movimenti; 5) non so". La maggior parte dei lettori (50% su 33 mila risposte) dice che c’è spazio per una sola forza politica. A ruota (23%) si affaccia l’idea di un partito di sinistra e di uno ambientalista. Il 14% è convinto che, a sinistra del Pd, ci possano essere solo i movimenti; l’11 per cento che non c’è spazio per altri partiti.
GUARDA I DATI DEL SONDAGGIO
La nebulosa. Il sondaggio, che non ha alcuna pretesa di scientificità, va verso la semplificazione del quadro politico. L’opposto di quella che è la situazione nella sinistra radicale dopo un mese di congressi e scelte di linee politiche. Più simile a una nebulosa che a una costellazione. Un quadro che gli stessi segretari appena eletti, confermati o sconfitti, preferiscono maneggiare con cura. Ma che devono affrontare il prima possibile
La nebulosa, quindi. E’ dominata da due poli "attrattivi" , uno più spostato verso il centro - il Pd - e uno più verso l’estrema sinistra, la sinistra radicale dove - semplificando - domina la falce e il martello. E’ più semplice partire da qui, dai pugni chiusi, da Bandiera Rossa e da quello che è stato definito "armamentario da vecchio museo".
La dacia di Diliberto. Qui, in qualche modo, il padrone di casa sembra essere Oliviero Diliberto, appena riconfermato segretario dei Comunisti italiani, la scelta del ritorno al "centralismo democratico", cioè divieto di ogni corrente. Il sogno di Diliberto è: "Comunisti uniamoci", romanticamente, sotto la stessa dacia. Il professore non ha commentato più di tanto la vittoria di Ferrero e della prospettiva comunista. "Sono certo - ha detto al neoeletto segretario di Rifondazione - che da oggi possa iniziare un percorso comune, un periodo di fattiva collaborazione fra i due partiti". C’è, ad esempio, la manifestazione contro il governo sui temi sociali prevista per l’autunno sia dal congresso del Pdci che da quello di Rifondazione. I punti di unione tra Diliberto e la Rifondazione di Ferrero-Grassi-Pegolo e Giannini sono anche molti altri: il comunismo, la lotta di classe, i simboli, il no ad ogni ipotesi di riedizione dell’Arcobaleno, e più di tutto il no ad ogni accordo col Pd. Insomma, forte identità, quasi settarismo, molto a sinistra e molto dal basso, molto di lotta e mai più di governo. Opposizione a vita e mani libere.
Uno scenario che, aggiustato e meglio definito, potrebbe allettare altri transfughi di Rifondazione come il Partito comunista dei lavoratori (Pcl) di Marco Ferrando e la Sinistra critica di Cannavò, Malabarba e Flavia D’Angeli. Quattro sigle che messe insieme sotto lo stesso simbolo possono pensare di raggiungere il 4-5 per cento.
La costituente di Sd - Più deluso di tutti per come sono andate le cose a Chianciano, oltre lo sconfitto Nichi Vendola, è il coordinatore di Sinistra democratica Claudio Fava. Il partito era nato nell’aprile 2007 dopo l’ultimo congresso del Pd e in polemica con l’idea stessa di Pd. Il disastro elettorale ha disperso le già poche truppe. Fava ha rilanciato, all’inizio di luglio, con l’idea della Costituente di sinistra che sarà in dialogo dialettico e continuo, sulla base di punti di programma certi e definiti, con il Pd di Veltroni. Il primo appuntamento è il 20 settembre. Ferrero è stato chiaro: mai col Pd. Diliberto ha in testa la dacia dei comunisti. I Verdi sono un po’ in mezzo al guado. Con chi fare allora la Costituente? "Il progetto va avanti" spiega oggi Fava in un’intervista all’Unità "e deve partire subito o è già finito. Gli elettori ci dicono mai più ciascuno a guardia del proprio museo e ci chiedono di riorganizzare la sinistra in un campo molto più vasto e inclusivo. Invece, cantare Bandiera Rossa è come fare la guardia al proprio museo".
Il dilemma verde. La spaccatura di Rifondazione riflette, con le dovute differenze, la divisione nei Verdi. Grazia Francescato è stata eletta portavoce dieci giorni fa, in continuità con la gestione Pecoraio Scanio e con forti differenze rispetto alle corrente di Marco Boato, l’ex deputato che al congresso ha strappato un buon successo personale. Francescato ha commentato a caldo chiudendo a Ferrero e aprendo allo sconfitto, per otto voti, Nichi Vendola. "Auguri a Ferrero - ha detto- ma ora Vendola ha le mani libere per costruire il futuro di una sinistra fuori dagli schemi e all’altezza delle sfide del prossimo millennio, cosa che se fosse diventato segretario con una maggioranza risicata, non gli sarebbe stata permessa". Messaggio chiaro: insieme per una costituente di sinistra. Ma come la mette con l’anima più radicale che l’ha votata, Paolo Cento, De Petris, Bonelli? In quanto a mani libere, nei Verdi le ha forse di più Marco Boato che il 26 ottobre lancia nelle elezioni in Trentino il simbolo del Sole che ride con la dicitura "Verdi e democratici nel Trentino" e dove in lista, tutta di indipendenti, ci sarà Lucia Coppola, ex capogruppo di Rifondazione. L’ex deputato dice "no ad ogni riedizione mascherata di Arcobaleno". "Diliberto e la Rifondazione di Ferrero sono scelte identitarie che difendono spazi da riserva indiana" aggiunge. Fatta questa premessa, quale futuro per i Verdi? "E’ presto per parlare di modalità di confronto ed eventuali alleanze. I Verdi che ho in mente li immagino comunque con un proprio simbolo e disponibili ad alleanze col centrosinistra, con una vocazione alla cultura di governo anche se sono all’opposizione e fuori dal Parlamento".
Il boccino in mano a Vendola. Che farà il governatore della Puglia? Esce e porta fuori Rifondazione 2? Oppure resta e fa opposizione dall’interno? La domanda deve fare i conti con due scadenze elettorali molto importanti: il voto anticipato in Abruzzo travolto dallo scandalo sanità e dove Rifondazione è in giunta e le Europee. La linea ufficiale è restare. Ma l’area "Rifondazione per la sinistra", i vendoliani, si riunisce oggi a Roma per la prima volta e a settembre avranno anche un loro organo di informazione. Ma se Vendola esce e allea con sé Sd, parte dei socialisti, parte dei Verdi, creando quel partito di sinistra indicato dal sondaggio, porta via voti al Pd e non certo alla sinistra della falce e del martello. Se Vendola resta può invece prendere tempo, che non guasta, e attendere qualche fibrillazione interna. C’è più di un mese di tempo per riflettere. Anche per il Pd che se non trova spazi e alleanze a sinistra deve per forza guardare al centro.
La strategia del ripristino
di Ida Dominijanni (il manifesto, 29 luglio 2008)
Ho seguito da lontano il congresso di Rifondazione, grazie alle dirette di Radio radicale, e, sarà perché la radio è un medium «caldo» e coinvolgente, a me è parso un congresso caldo e coinvolgente. A sorpresa, perché - l’ha scritto Gabriele Polo domenica - tutt’altro che coinvolgente si era prospettato l’annunciato gioco al massacro della resa dei conti interna, tutt’altro che stimolante il dibattito sulle cinque mozioni, tutt’altro che edificanti i colpi sotto la cintola della conta precongressuale. Vero è che la liturgia congressuale fa sempre salire il diapason delle passioni con i suoi effetti scenografici, e che a Chianciano di effetti e di effettacci ce ne sono stati fin troppi. Dalle ovazioni all’unico leader riconosciuto che resta Fausto Bertinotti all’uso di Bandiera rossa come arma contundente di una parte contro l’altra. Vero è pure che non bastano le passioni a fare una politica, e che anche la lotta al coltello per il controllo di un partito è a sua volta una passione, triste. Ma non sarebbe giusto ridurre a colore o a resa dei conti tutta quella ridondanza emotiva che muoveva gli interventi da una parte e dall’altra: sotto c’era, e lo si è visto nella sorpresa del risultato, una posta in gioco evidentemente sottovalutata, all’interno e all’esterno del Prc, fino alla vigilia.
Nichi Vendola ha detto, e alcuni commentatori hanno già sviluppato il concetto, che questo congresso segna la fine di Rifondazione comunista per quello che è stata fin qui. Detto più in chiaro, segna la fine, o quantomeno la pesante sconfitta, del bertinottismo, che non è stato solo cachemire e salotti tv come pare adesso dai grandi giornali: è stato il tentativo - più o meno spericolato, più o meno lucido, più o meno teoricamente fondato e politicamente conseguente - di innestare sul tronco della tradizione del movimento operaio novecentesco (non solo comunista) un’innovazione all’altezza dello scenario del nuovo secolo. Non che Fausto Bertinotti sia, in questa sconfitta, esente da responsabilità: di stile (personalizzazione narcisista della leadership), di condotta politica (oscillazione fra movimentismo e seduzione istituzionale), di orientamento culturale (dai termini approssimativi della «svolta non violenta» all’infatuazione per Massimo Fagioli). Fatto sta che su questo tentativo di innovazione si è abbattuta a Chianciano la scure del ripristino: chiusura identitaria, arroccamento solipsista, «certezza» dei simboli - che per loro natura quando diventano certi sono morti. Un «com’eravamo» che come tutti i com’eravamo nostalgici s’inventa un passato che non apre al futuro e non legge il presente, nemmeno quel presente dei senza parola, dei senza potere e dei senza rappresentanza cui pure, e ci crediamo, si rivolge.
Grave errore sarebbe, tuttavia, leggere in questa dinamica solo l’ultima tappa dei duelli interni - Garavini e Cossutta, Cossutta e Bertinotti, Bertinotti e Diliberto e via dicendo - che hanno accompagnato la storia di Rifondazione come un riflesso del più ampio duello fra innovazione e conservazione che agita la sinistra italiana dall’89 in avanti. Ciò che rende più pesante la scure del ripristino è che essa si abbatte anche e in primo luogo - e non a caso infatti per punire Bertinotti immola Vendola - sulla generazione di giovani militanti che da Seattle e Genova in poi ha cercato di praticare l’innovazione nel vivo della contaminazione con i movimenti e le soggettività d’inizio secolo, sporgendosi non, com’è avvenuto fra gli innovatori della sinistra moderata, verso soluzioni liberal-liberiste ma verso culture di contestazione radicale dell’esistente. Anche questa è una storia complicata, che non si può fare in poche righe e a sua volta non è priva di limiti, culturali e di comportamento.
Certo è però che nel tormentato campo della sinistra italiana il Prc è stato l’unico partito in cui si sia delineato un protagonismo giovanile fatto di qualcosa di meglio della rivendicazione d’incompetenza politica che va tanto di moda nel Pd. E’ anche, forse in primo luogo a questa esperienza che il cartello vincente di Chianciano manda a dire «adesso basta». Ed è per questo che la strategia del ripristino ha più il sapore della reazione che quello del rigurgito nostalgico; e sembra più il primo atto di una battaglia sul terreno della post-modernità che l’ultimo su quello della modernità di ciò che fu il movimento operaio.
Questo esito culturale del congresso di Chianciano non è meno inquietante del suo esito politico, che con ogni evidenza consiste nella chiusura definitiva di un gioco già chiuso, ovvero nella liquidazione dei pochi margini che restavano per ripensare una sinistra istituzionale forzando le secche destinate del bipartitismo. Ora che per gli innovatori di Rifondazione comincia la traversata nel deserto, c’è ancora un errore che si può fare o che si può evitare: pensare che il deserto si attraversa con un equipaggiamento pesante, fatto di tessere, sedi, risorse finanziarie. Chi ama il deserto sa che è meglio andarci leggeri. Sa anche che è più popoloso di quanto si creda
Claudio Fava.
Il leader di Sinistra democratica dopo il congresso Prc: nessuno può stare da solo a meno che non sia per vanità
«Bandiera Rossa? È come fare la guardia al proprio museo»
I simboli e i canti della nuova maggioranza di Chianciano: «Sono solamente una fuga dalla politica»
«Da parte nostra deve esserci la volontà di riorganizzare la sinistra
Il nuovo progetto deve partire subito o è già finito»
di Eduardo Di Blasi (l’Unità, 29.07.2008)
Il Congresso di Rifondazione, spiega il portavoce di Sd Claudio Fava, ha fatto chiarezza. Non tanto per la vittoria di Paolo Ferrero quanto perché, dall’altro lato «prende ancora più forza e più urgenza la necessità di organizzare a sinistra un incontro tra storie, culture, sensibilità, linguaggi, che hanno scelto la sinistra non come museo ma come luogo di trasformazione del presente, laboratorio politico». Parla alla minoranza di Nichi Vendola, ma non solo. «Bandiera Rossa non è una scelta politica, è una fuga dalla politica. Da questa parte può e deve esserci l’idea di un sinistra che riorganizza profondamente sè stessa».
I congressi di luglio hanno visto tutti i partiti stringersi attorno alla propria idea forza...
«L’idea forza di un partito è tale quando produce anche effetti sul piano elettorale. Con il voto di aprile gli elettori ci dicono che non si sentono rappresentati da partiti ridotti a segmenti brevi, minuti, autoreferenziali, e che vogliono una sinistra che sia capace di rappresentarli spostando in avanti il ragionamento sulle identità. Credo che il congresso di Rifondazione, in questo senso, aiuti ad una maggiore verità nel dibattito politico. Tra chi sceglie Bandiera Rossa e chi sceglie di riorganizzare la sinistra in un campo molto più vasto e inclusivo».
Il tempo che avete a disposizione non sembra molto.
«O questo progetto parte subito, o questo laboratorio comincia a riempirsi di contenuti, oppure ricadiamo nel politicismo, nel tatticismo, nell’analisi delle convenienze. Noi siamo stati seppelliti dalle nostre contabilità elettorali e dai nostri tatticismi. E dovremo sentire un po’ più il cuore della nostra comunità che ci dice “mai più ciascuno a guardia del proprio museo”. Tutto questo va fatto subito».
Un’occasione?
«Io penso all’Abruzzo come un primo appuntamento non solo elettorale ma anche politico. La giunta in Abruzzo è scivolata rumorosamente sulla sovrapposizione tra ceto politico e potere locale. Su un tema tragico e fondamentale come la Sanità, che da diritto pubblico diventa profitto privato, è scivolata manifestando l’assoluta assenza di un’etica civile nella politica. E quindi non si tratta solo di scegliere il primo appuntamento elettorale».
Il problema abruzzese tiene dentro anche il timore di riconsegnare la Regione al centrodestra. Di Pietro è intenzionato ad andare da solo...
«Nessuno può stare in campo da solo. A meno che non scelga di stare in campo soltanto per vanità personale. Il centrosinistra può riorganizzarsi in Abruzzo, ma deve riorganizzarsi a partire da un azzeramento di tutte le gerarchie pregresse. Il centrosinistra in Abruzzo, più che altrove, non può avere padroni di casa e ospiti. Questo vale per il Pd come per Di Pietro».
Uno dei temi della sinistra che ha vinto il congresso del Prc è quello di spostare il “conflitto”...
«Il limite di questo gruppo dirigente del Prc è che assume il conflitto come parola onnivora, singolare, capace di rinchiudere dentro di sè una realtà sempre più complessa. Noi parliamo di “conflitti”. Questo è un tempo in cui la politica si deve fare carico di questa complessità e deve assumersi la rappresentanza di tutti i conflitti, non solo del conflitto più ortodosso, più tradizionale, che è il conflitto di classe. Questa è una lettura semplicistica, consolatoria, ma inadeguata a leggere il Paese reale».
L’obiettivo di Sd era quello di tenere insieme la Sinistra, a distanza di un anno e più dall’ultimo congresso dei Ds a che punto è la notte?
«Il punto più cupo è stato il 14 aprile. Da quel voto abbiamo ricevuto una lezione che ci chiede di riorganizzare la sinistra su di un piano di verità, di innovazione, di critica del presente e del passato, di capacità di rischio, di fantasia politica, di inclusività. Alla fine di quest’anno possiamo dire che sappiamo cosa non dobbiamo fare».
Propaganda scambiata per politica
di EMANUELE MACALUSO (La Stampa, 29.07.2008).
Da gran tempo e spesso si lanciano allarmi sui rischi che nel nostro Paese correrebbe la democrazia. In queste ultime settimane le grida vengono da destra quando Berlusconi è convocato dai giudici per processi in cui è coinvolto per la sua attività d’imprenditore, e da sinistra quando il Cavaliere urla contro la «persecuzione giudiziaria» e la sua maggioranza sforna leggi ad personam.
Non c’è dubbio che in questo scontro la democrazia italiana è ferita e mortificata. Tuttavia non mi pare che alle porte ci sia il fascismo, come è stato detto in questi giorni, o altre forme di totalitarismo. Semmai questi scontri confermano che la nostra democrazia è sempre più anemica e i rischi sono nella crescita dell’antipolitica dovuti all’assenza di disegni con un grande respiro politico da parte dei partiti. Non c’è democrazia senza partiti, ma se questi sono privi di forza politica, di progetti che guardano al futuro e all’interesse generale, la democrazia langue. Coloro i quali pensavano che per rianimarla e fare funzionare le istituzioni bastasse liquidare, con la legge elettorale, i piccoli partiti e incentrare la dialettica parlamentare solo su due grandi formazioni, hanno oggi materia per riflettere: la crisi della democrazia di cui tanto si è parlato non è stata certo superata. Anzi, al sogno breve del dopo elezioni è seguito uno scenario più allarmante di prima. Sia chiaro, la frantumazione politica che abbiamo conosciuto è paralizzante e dà un potere di veto a piccole formazioni personali.
Ea gruppuscoli che alzano vecchie bandiere per coprire spesso piccoli interessi. L’abbiamo visto col governo Prodi. Tuttavia, la radice del male non sta nell’esistenza di piccoli partiti, ma nel fatto che i partiti, grandi e piccoli, non hanno un disegno politico e leadership autorevoli.
Il partito socialdemocratico di Saragat ebbe un ruolo tra il 1948 e il 1963 quando si fece il primo centrosinistra, poi decadde perché non ebbe più né un progetto né un leader. Il partito liberale di Malagodi, proprio quando nasceva il centrosinistra, ebbe voce sino a quando ebbe un progetto, il piccolo partito repubblicano di La Malfa e Spadolini esercitò un ruolo eccezionale. Penso agli Anni Sessanta e alla «nota aggiuntiva al bilancio» del ministro del Tesoro La Malfa che costrinse i grandi partiti, Dc e Pci, a misurarsi sul terreno di un riformismo moderno. I radicali sono stati sempre un piccolo partito, ma nessuno può negare che abbiano assolto un ruolo rilevante nella vita politica e civile di questo Paese. I piccoli partiti che sono stati spazzati forse non meritavano di più perché non avevano ruolo. Di Pietro e il suo partitino personale è stato invece salvato, grazie alla legge elettorale truffaldina, dal Pd di Veltroni.
Ma il punto dolente del quadro politico-parlamentare che abbiamo davanti riguarda soprattutto i grandi partiti (Pd - Pdl) che avrebbero dovuto dare una svolta alla vicenda politica del nostro Paese. Incredibile ma vero, il solo partito che sembra avere un progetto politico-costituzionale (condizione questa per definirsi un partito, diceva la buonanima di Antonio Gramsci) è la Lega di Bossi. Il suo progetto di federalismo fiscale, rozzamente esposto e demagogicamente propagandato, è al centro dell’attenzione e riceve consensi e dissensi imbarazzati e imbarazzanti nel Pdl e nel Pd. Si capisce così perché il mio giovane amico Federico Geremicca parla di una Bicamerale presieduta da un esponente della Lega.
Intanto i due «grandi» sono impegnati in uno scontro sulla giustizia i cui termini sono sostanzialmente questi: Berlusconi pensa a «riforme» punitive nei confronti dei magistrati (che osano inquisirlo) e il Pd reagisce pensando di costituire una cintura di difesa all’assetto attuale della giustizia italiana. Sulle condizioni e sul futuro di questo Paese si ragiona solo in termini propagandistici. La crisi è tutta qui. Quando i partiti e i loro leaders confondono la propaganda con la politica e non riescono più a capire che la prima è utile solo se c’è la seconda e a prevalere dovrebbe essere proprio la politica, nel senso più vero e alto della parola, la crisi democratica è irrisolvibile.
Pensare che in questo clima sia possibile, nel Parlamento, fare riforme istituzionali e costituzionali in grado di rendere il nostro sistema più moderno efficiente e giusto è un’illusione. Si vuole rimettere al centro la politica? La proposta che avevo fatto su queste colonne di chiamare il popolo per ridefinire un patto costituzionale tra le forze politiche, come condizione essenziale per rianimare la democrazia, aveva solo questo obiettivo. Insisto.