di Federico La Sala (Libertà - quotidiano di Piacenza, 08.06.2006, p. 35)
Il 60° anniversario della nascita della Repubblica italiana e dell’Assemblea Costituente, l’Avvenire (il giornale dei vescovi della Chiesa cattolico-romana) lo ha commentato con un “editoriale” di Giuseppe Anzani, titolato (molto pertinentemente) “Primato della persona. La repubblica in noi” (02 giugno 2006), in cui si ragiona in particolar modo degli articoli 2 e 3 del Patto dei nostri ’Padri’ e delle nostre ’Madri’ Costituenti.
Salvo qualche ’battuta’ ambigua, come quando si scrive e si sostiene che “il baricentro dell’equilibrio resta il primato della persona umana di cui è matrice la cultura cattolica” - dove non si comprende se si parla della cultura universale, di tutto il genere umano o della cultura che si richiama alla particolare istituzione che si chiama Chiesa ’cattolica’ (un po’ come se si parlasse in nome dell’Italia e qualcuno chiedesse: scusa, ma parli come italiano o come esponente di un partito che si chiama “forza...Italia”!?), - il discorso è tuttavia, per lo più, accettabile...
Premesso questo, si può certamente condividere quanto viene sostenuto, alla fine dell’editoriale, relativamente al “diritto alla vita” (“esso sta in cima al catalogo ’aperto’ dell’articolo 2, sta in cima alla promessa irretrattabile dell’art. 3”) e alla necessità di una responsabile attenzione verso di essa (“Non declini mai la difesa della vita; senza di essa è la Repubblica che declina”).
Ma, detto questo, l’ambiguità immediatamente ritorna e sollecita a riporsi forti interrogativi su che cosa stia sostenendo chi ha scritto quanto ha scritto, e da dove e in nome di Chi parla?!
Parla un uomo che parla, con se stesso e con un altro cittadino o con un’altra cittadina, come un italiano comune (universale, cattolico) o come un esponente del partito ’comune’ (’universale’, ’cattolico’)?
O, ancora, come un cittadino di un partito che dialoga col cittadino o con la cittadina di un altro partito per discutere e decidere su quali decisioni prendere per meglio seguire l’indicazione della Costituzione, della Legge dei nostri ’Padri’ e delle nostre ’Madri’ che ci ha fatti - e invita a volerci! - uomini liberi e donne libere, cittadini-sovrani e cittadine-sovrane?!
Nonostante tante sollecitazioni a sciogliere i nodi e chiarirsi le idee da ogni parte - dentro e fuori le istituzioni cattoliche, c’è ancora molta confusione nel cielo del partito ’cattolico’ italiano: non hanno affatto ben capito né la unità-distinzione tra la “Bibbia civile” e la “Bibbia religiosa”, né tantomeno la radicale differenza che corre tra “Dio” ["charitas"] e “Mammona” ["caritas"] o, che è lo stesso, tra la Legge del Faraone o del Vitello d’oro e la Legge di Mosè!!! E non hanno ancora ben-capito che Repubblica dentro di noi ... non significa affatto Monarchia o Repubblica ’cattolica’ né dentro né fuori di noi, e nemmeno Repubblica delle banane in noi o fuori di noi!!!
Il messaggio del patto costituzionale, come quello del patto eu-angelico ...e della montagna è ben-altro!!! La Costituzione è - ripetiamo: come ha detto e testimoniato con il lavoro di tutto il suo settennato il nostro Presidente, Carlo A. Ciampi - la nostra “Bibbia civile”, la Legge e il Patto di Alleanza dei nostri ’Padri’ e delle nostre ’Madri’ Costituenti (21 cittadine-sovrane presero parte ai lavori dell’Assemblea), e non la ’Legge’ di “mammasantissima” e del “grande fratello” ... che si spaccia per eterno Padre nostro [Deus caritas est] e Sposo della Madre nostra: quale cecità e quanta zoppìa nella testa e nel cuore, e quale offesa nei confronti della nostra Legge dei nostri ’Padri’ e delle nostre ’Madri’- di tutti e tutte noi, e anche dei nostri cari italiani cattolici e delle nostre care italiane cattoliche!!!
Nel 60° Anniversario della nascita della Repubblica italiana, e della Assemblea dei nostri ’Padri e delle nostre ’Madri’ Costituenti, tutti i cittadini e tutte le cittadine di Italia non possono che essere memori, riconoscenti, e orgogliosi e orgogliose di essere cittadine italiane e cittadini italiani, e festeggiare con milioni di voci e con milioni di colori la Repubblica e la Costituzione di Italia, e cercare con tutto il loro cuore, con tutto il loro corpo, e con tutto il loro spirito, di agire in modo che sia per loro stessi e stesse sia per i loro figli e le loro figlie ... l’ “avvenire” sia più bello, degno di esseri umani liberi, giusti, e pacifici! Che l’Amore [Charitas] dei nostri ’Padri’ e delle nostre ’Madri’ illumini sempre il cammino di tutti gli italiani e di tutte le italiane...
Viva la Costituzione, Viva l’Italia!!!
Federico La Sala
Xanti Schawinsky, Sì, 1934 |
Sul tema, nel sito e in rete, si cfr.:
PIERO CALAMANDREI (Wikipedia)
NEL REGNO DI EDIPO: "L’ORDINE SIMBOLICO DELLA MADRE", L’ALLEANZA DELLA MADRE CON IL FIGLIO, REGNA ANCORA COME IN TERRA COSI’ IN CIELO... *
Appello di una femminista alle donne cristiane che sono contro il Congresso mondiale delle famiglie
di Luisa Muraro (Libreria delle donne, 29 Marzo 2019) *
Care amiche, vorrei sottoscrivere il vostro Appello contro il Congresso delle famiglie a Verona. Sono d’accordo con quello che dite, in primo luogo che la famiglia non è un’entità naturale ma un’istituzione culturale, che quasi sempre mostra una forte impronta patriarcale.
A me e a voi, suppongo, è chiaro che prima della famiglia, comunque intesa, c’è la diade formata da una donna e dalla creatura che lei ha concepito e portato al mondo. È un rapporto molto speciale, che precede i dualismi tipici della cultura maschile: la donna che accetta di entrare nella relazione materna, alla sua creatura dà la vita e insegna a parlare, le due cose insieme. Ed è un “insieme” che si tende, come un ponte insostituibile, sopra l’abisso della schizofrenia umana.
Vorrei ma non posso sottoscrivere il vostro Appello perché, nella difesa delle nuove forme familiari, non c’è una critica di quelle che si costituiscono da coppie che, sfortunatamente o naturalmente sterili, invece di adottare, si fanno fare la creatura a pagamento.
Da donne cristiane, mi aspettavo una calorosa difesa dell’adozione e un’energica richiesta della sua estensione a persone e coppie finora escluse dalla legge. Ma, ancor più, essendo voi donne, mi aspettavo una difesa della relazione materna libera e responsabile così come oggi è diventata possibile. Invece, parlate solo di genitorialità, usate cioè una parola tipica del linguaggio neutro-maschile. E a voi che parlate del corpo femminile come luogo di spiritualità incarnata, chiedo: che famiglia è mai quella che nasce con il programma esplicito, messo nero su bianco, di cancellare la relazione materna che si sviluppa con la gestazione in un intimo scambio biologico e affettivo?
Voi, a differenza di tanti cattolici, leggete la Bibbia e sapete che la cosiddetta gravidanza per altri, ossia la donna che partorisce senza diventare madre, corrisponde pari pari ad antiche usanze del patriarcato, usanze che sembravano superate. Le ultime pagine del Contratto sessuale di Carole Pateman, parlano proprio di questo sostanziale arretramento. Detto alla buona, ci sono “nuove” famiglie che di nuovo hanno solo la tecnologia.
A proposito: che cosa pensano di tutto questo gli uomini vicini a voi, i vostri compagni di fede e d’impegno politico? Perché non compaiono nel vostro Appello? Mi è venuto un sospetto, di ritrovarmi davanti a quel noto comportamento maschile che è di nascondersi dietro a una o più donne quando si vuol far passare pubblicamente qualcosa che è contro le donne. Devo portare degli esempi? Ma, se questo non fosse vero, scusatemi.
* www.libreriadelledonne.it, 29 marzo 2019
Sul tema, nel sito, si cfr.:
Cultura e civiltà. L’ordine simbolico della madre.....
NEL REGNO DI EDIPO. L’ordine simbolico di "mammasantissima"
"L’ORDINE SIMBOLICO DELLA MADRE": L’ALLEANZA CATTOLICO-"EDIPICA" DEL FIGLIO CON LA MADRE!!!
COSTANTINO, SANT’ELENA, E NAPOLEONE. L’immaginario del cattolicesimo romano.
"CHI" SIAMO NOI, IN REALTÀ. RELAZIONI CHIASMATICHE E CIVILTÀ: UN NUOVO PARADIGMA. CON MARX, OLTRE.
Federico La Sala
DOC.
APPELLO DI DONNE CRISTIANE CONTRO IL CONGRESSO MONDIALE DELLE FAMIGLIE
Le donne presenti all’incontro nazionale sul tema “I nostri corpi di donne, da luogo del dominio patriarcale a luogo di spiritualità incarnata” (Roma dal 22 al 24 marzo 2019 - Casa Internazionale delle donne), manifestano il profondo sconcerto per il sostegno che alcune Istituzioni politiche e religiose hanno dato al Congresso mondiale delle famiglie, che vuole riportarci su posizioni retrograte e omofobe.
Siamo donne che da molti anni hanno intrapreso un percorso per liberarsi dalle gabbie di un sistema religioso, sociale e politico, impregnato di patriarcato.
Quanto lavoro per uscire da un mondo di istituzioni, di segni, di linguaggi che continuamente riproducono una immagine stereotipata della donna “sposa e madre”, una disparità di poteri, di diritti, di autorevolezza.
Che tristezza adesso constatare che alcune Istituzioni pubbliche patrocinano un Congresso mondiale sulla famiglia impropriamente definita “naturale”.
C’è ben poco di naturale in questa istituzione sociale fondata sul matrimonio nata come forma di contratto sociale e religioso, in un determinato contesto storico.
La famiglia “naturale” non esiste, esiste una struttura familiare che ha dato molto alla società, ma che ora è in crisi e in cambiamento. Non serve uno sguardo nostalgico al passato, serve il coraggio di dire che possono esistere vari modelli di famiglia che sperimentano forme anche nuove di solidarietà, genitorialità basate sull’amore e il rispetto reciproci.
Denunciamo che gli slogan utilizzati e gli obiettivi proposti sono la quint’essenza del dominio patriarcale, responsabile della violenza sulle donne, di cui ci siamo liberate e di cui non vogliamo il ritorno.
Chiediamo quindi che le istituzioni pubbliche non finanzino e non diano il patrocinio a iniziative discriminatorie e intolleranti.
Il “sacro dovere” e l’erosione della costituzione
di Francesco Palermo *
La costituzione è il perimetro entro il quale si può muovere la politica con le sue scelte discrezionali. È il ring nel quale il legittimo conflitto di idee deve svolgersi secondo regole prestabilite, la cui interpretazione è affidata a degli arbitri, i più importanti dei quali sono la Corte costituzionale e il Presidente della Repubblica. È pertanto non solo legittimo ma anzi doveroso che la politica ricorra ad argomentazioni costituzionali per giustificare le proprie azioni e le proprie tesi, perché solo dentro la costituzione può svolgersi la politica. La costituzione è, per certi aspetti, la versione laica del principio di esclusività tipico della religione: non avrai altro Dio all’infuori di me. E non può esserci politica al di fuori della costituzione.
Come troppo spesso accade anche con la religione, però, non è raro che i precetti vengano piegati ad interpretazioni funzionali alla preferenza politica del momento. E che tale torsione venga compiuta non già dagli arbitri, bensì dai giocatori.
Un esempio di particolare interesse si è registrato in questi giorni, quando il ministro dell’interno ha invocato l’articolo 52 della costituzione per giustificare la propria politica in materia di sbarchi. Nelle due pur diverse vicende della nave Diciotti da un lato e della nave Sea Watch dall’altro, il ministro Salvini ha rivendicato la scelta di negare l’accesso ai porti italiani come un obbligo costituzionale, fondato sul “sacro dovere” di ciascun cittadino alla “difesa della patria”, previsto appunto dall’articolo 52 della costituzione.
La disposizione non ha naturalmente nulla a che vedere con le questioni di cui si tratta. Il suo ambito di riferimento è esclusivamente la difesa militare, come si evince dai lavori preparatori e dagli altri commi dell’articolo, che prevedono rispettivamente l’obbligatorietà del servizio militare, nei limiti e nei modi stabiliti dalla legge, e la natura democratica dell’ordinamento delle forze armate. È per questo che l’articolo 52 non fu oggetto di particolare dibattito in assemblea costituente, impegnata a sottolineare il carattere pacifista della costituzione. Non a caso il testo definitivo è praticamente identico a quello della prima bozza, caso rarissimo nei lavori della costituente. Erano tutti d’accordo su una previsione che doveva dare copertura costituzionale al servizio militare e alle forze armate.
Il ministro dell’interno trasforma invece quella previsione - estrapolandola dal contesto - in una sorta di diritto di resistenza. Peraltro ponendolo in capo al governo, ossia all’organo contro il quale il diritto di resistenza si esercita, nei pochi ordinamenti in cui è previsto. Non solo. Il richiamo al “sacro dovere” della “difesa della Patria” ha una forte portata simbolica. In primo luogo, la formulazione è nota anche ai cittadini meno familiari con la costituzione, quindi suona plausibile. In secondo luogo, richiama il gergo militare, anche grazie all’espressione ottocentesca della disposizione (“sacro dovere”), figlia di un’epoca in cui la guerra era ancora drammaticamente presente negli occhi e nelle menti dei costituenti. Soprattutto, l’invocazione di quel segmento dell’art. 52 è un abile gioco retorico: prima lo stacca dal contesto militare in cui è collocato, poi lo ricollega a tale contesto, facendo intuire che “l’invasione” dei profughi sia un atto di guerra nei confronti del Paese, contro cui occorre difendersi. Anche militarmente. Dunque senza essere soggetti alla costituzione, ma al diritto eccezionale del tempo di guerra, in cui vale quasi tutto.
Il rischio di una simile operazione, per quanto scaltra sotto il profilo politico e mediatico, è quello di depotenziare il carattere normativo della costituzione, di eroderne il ruolo di limite e di parametro dell’attività politica. Un’erosione che continua da tempo, trasversalmente alle forze politiche, e di cui questo caso è solo l’esempio più recente. Così facendo si arriva però a cancellare la funzione di garanzia della politica che è il compito principale della costituzione. Non può sfuggire la pericolosità di questo crinale. O forse sì. E infatti l’operazione funziona proprio in quanto alla gran parte degli elettori questo ruolo della costituzione - il più importante - sfugga. Si continua così a ballare sulla nave che affonda. Dimenticando che non è “solo” quella dei migranti, ma quella della costituzione. Su cui siamo imbarcati tutti...
* 31.01.2019 - "Il sacro dovere e la sua torsione populista" (Il Mulino)
Federico La Sala
CATTOLICI, PENSIAMO A UN CONCILIO VATICANO III
di Vito Mancuso (la Repubblica, 25.02.2009)
Sono passati cinquant’anni dal primo annuncio del Vaticano II da parte di papa Giovanni e nella Chiesa si discute ancora sul significato di quell’evento. Io ritengo che il problema oggi in realtà non sia tanto il Vaticano II quanto piuttosto il Vaticano III, e per illustrare la mia tesi inizio con un riferimento alla politica italiana. In essa una serie di circostanze ha fatto sì che coloro che amano definirsi progressisti si ritrovino ad avere come principale bandiera la difesa del passato, nella fattispecie la Costituzione del 1947. Io sono fermamente convinto della necessità di essere fedeli ai valori della Costituzione e ho qualche sospetto su certe dichiarazioni in suo sfavore (poi quasi sempre ritrattate), ma non posso fare a meno di notare che il messaggio complessivo dei progressisti che giunge al Paese sia perlopiù rivolto al passato, mentre quello dei non progressisti sia paradossalmente più carico di progresso, di desiderio di innovare e di cambiare (che, vista la diffusa insoddisfazione rispetto al presente, è quanto tutti desiderano).
Per evitare che la stessa cosa avvenga nella Chiesa trasformando i progressisti in antiquati lodatori di un tempo che fu e in risentiti critici del presente (pericolo più che concreto), a mio awiso è necessario iniziare a coltivare nella mente l’idea di un Vaticano III, applicando lo spirito del Vaticano II a ciò che di più urgente c’è nel nostro tempo, cioè la comprensione della natura e della vita umana in essa. La svolta positiva che il Vaticano II ha introdotto nel rapporto tra cattolici e storia deve essere estesa al rapporto con la natura. Una volta fatto ciò, avverrà che, come oggi i cattolici sono tra i piu equilibrati nell’interpretare le questioni economiche e sociali, e tra i pochi ad avere una coscienza profetica di fronte alla forza militare, lo stesso equilibrio apparirà sulle questioni bioetiche.
Si tratta solo di estendere alla natura il medesimo principio di laicità applicato alla storia dal Vaticano II. Il criterio è quello indicato dal Concilio nel punto 7 della dichiarazione "Dignitatis humanae": "Nella società va rispettata la consuetudine di una completa libertà, secondo la quale all’uomo va riconosciuta la libertà più ampia possibile, e non dev’essere limitata se non quando e in quanto e necessario". Se questa libertà, come insegna il Concilio, deve essere garantita agli uomini nel rapporto con Dio (che è il bene più prezioso che c’è), è evidente che una sana teologia non puo non estenderla anche alla deliberazione degli uomini sulla propria vita naturale mediante il principio di autodeterminazione. E’ questo passaggio che la dottrina della Chiesa, in fedeltà a sé stessa, è chiamata a esplicitare.
Tra gli storici cattolici (eminenti prelati compresi) fervono in verita le discussioni sul Vaticano II, se abbia costituito davvero una svolta rispetto al magistero precedente (un po’ come la Costituzione repubblicana rispetto allo Statuto albertino) oppure se sia stato una semplice e naturale opera di riforma come altre. C’è più discontinuità, o c’è più continuità tra il Vaticano II e i pontefici preconciliari? A mio avviso non ci possono essere dubbi che il Vaticano II abbia costituito una svolta, anche abbastanza radicale, rispetto al magistero precedente. Riporto due episodi emblematici.
Nel 1832 Gregorio XVI scomunica Lamennais per aver sostenuto la libertà di coscienza in materia religiosa, definita dal pontefice "delirio"; nel 1965 il Vaticano II approva quel delirio con la dichiarazione "Dignitatis humanae". Nel 1950 Pio XII condanna la theologie nouvelle allontanandone dalla cattedra i principali esponenti tra cui il gesuita Henri de Lubac, il quale, una volta eletto papa Giovanni, torna in cattedra, partecipa al Vaticano II, riceve lettere autografe da Paolo VI e nel 1983 viene nominato cardinale da Giovanni Paolo II.
Se già da questi due fatti è difficile negare in buona fede che qualcosa sia radicalmente mutato ante e post Vaticano II, la discontinuità appare in tutta la sua limpida chiarezza quando si passa ai seguenti elementi contenutistici: 1) la lettura della Bibbia, prima scoraggiata, viene promossa a tutti i livelli, e scompare ogni diffidenza nell’utilizzo del metodo storico-critico negli studi biblici; 2) in liturgia si passa dal latino alle lingue nazionali, si sposta l’altare verso l’assemblea, si restaura l’anno liturgico; 3) da una concezione clericale della Chiesa si passa a una valorizzazione del sacerdozio universale dei fedeli; 4) i cristiani delle confessioni non cattoliche passano da scismatici ed eretici a "fratelli separati", mentre Paolo VI e Atenagora patriarca di Costantinopoli si tolgono le reciproche scomuniche; 5) si rivede il rapporto con gli ebrei, togliendo il "perfidi giudei" dalle preghiere del venerdì santo e non considerandoli piu popolo "deicida"; 6) le altre religioni non sono più pensate come idolatrie ma come vie di avvicinamento al mistero divino e portatrici di salvezza; 7) il mondo moderno non viene più condannato in blocco per ciò che di nuovo produce, in particolare le libertà democratiche, ma si passa a un atteggiamento di ascolto e cordialità.
Per quest’ultimo punto è sufficiente mettere a confronto anche solo due righe del celebre Syllabus di Pio IX del 1864 con il documento conclusivo del Vaticano II "Gaudium et spes" per rendersi conto che c’è una differenza molto maggiore dei 101 anni che li separano nel tempo. Pio IX parla di "scellerate trame degli empi, che, come flutti di mare tempestoso, spumano le proprie turpitudini", il Vaticano II invece di "scrutare i segni dei tempi per conoscere e comprendere il mondo in cui viviamo". A che cosa è dovuta la notevole differenza? Al mondo, alla diversa idea del rapporto tra cristiani e mondo.
Col Vaticano II il mondo, da avversario con cui lottare, è entrato a far parte della coscienza che il cristiano ha di sé e della propria fede. Il che ha comportato che alcuni concetti, prima condannati, siano poi diventati positivo insegnamento dei papi. Oltre alla libertà religiosa si possono ricordare le libertà democratiche, la salvezza universale, la separazione Chiesa-Stato, la libertà di stampa. Con il Vaticano II finisce l’epoca della Controriforma, cioè della Chiesa che è contro: contro le altre chiese cristiane, contro le altre religioni, contro il mondo civile.
In questo senso io concordo pienamente con coloro che colgono la principale novità del Vaticano II non tanto in un insegnamento positivo quanto in un atteggiamento spirituale e parlano di "spirito del Vaticano II". Tale spirito consiste in un rinnovato rapporto della Chiesa col mondo, nel senso che nel leggere la storia del mondo è subentrata la categoria di laicità, giungendo così a riconoscere l’autonomia della storia, della politica, della ricerca scientifica, dellasocietà civile. La mano di Dio non è più pensata come direttamente coinvolta nella storia, la quale ha una sua autonomia e deve essere lasciata libera di autodeterminarsi: è da questa nuova teologia che è scaturita una relazione più serena e più amichevole col mondo.
Se ai nostri giorni la Chiesa sembra talora tornata quella della Controriforma (non a torto Marco Politi intitola il suo nuovo libro "La Chiesa del no"), questo lo si deve in gran parte a un’antiquata teologia della natura che ancora governa la dottrina, incapace di assumere il principio di laicità introdotto dal Vaticano II a proposito della storia. Come il Syllabus di Pio IX non coglieva la necssità di una nuova teologia della storia, così i documenti del magistero odierno non colgono la necessità di una nuova teologia della natura, e conseguentemente della vita e della morte degli uomini. Questo sarà il compito del Vaticano III, che ogni cattolico responsabile deve iniziare a preparare dentro di sé, nella preghiera e nell’esercizio vigile dell’intelligenza. Lo Spirito è sempre al lavoro.
CONCILIO VATICANO III
di don Aldo Antonelli
Vito Mancuso, in un articolo apparso su La Repubblica del 25 Febbraio scorso dal titolo “Cattolici, pensiamo a un Concilio Vaticano III”, accarezza l’idea di un Vaticano III «applicando lo spirito del Vaticano II a ciò che di più urgente c’è nel nostro tempo, cioè la comprensione della natura e della vita umana in essa”. E precisa: La svolta positiva che il Vaticano II ha introdotto nel rapporto tra cattolici e storia, deve essere estesa al rapporto con la natura.(...) Si tratta solo di estendere alla natura il medesimo principio di laicità applicato alla storia dal Vaticano II. Il criterio è quello indicato dal Concilio nel punto 7 della dichiarazione Dignitatis Humanae: “Nella società va rispettata la consuetudine di una completa libertà, secondo la quale all’uomo va riconosciuta la libertà più ampia possibile, e non deve essere limitata se non quando e in quanto necessario”». E precisa: «Se questa libertà, come insegna il Concilio, deve essere garantita agli uomini nel rapporto con Dio (che è il bene più prezioso che c’è), è evidente che una sana teologia non può non estenderla anche alla deliberazione degli uomini sulla propria vita naturale mediante il principio di autodeterminazione. E’ questo il passaggio che la dottrina della Chiesa, in fedeltà a se stessa, è chiamata a esplicitare».
Il riferimento al problema suscitato dal caso Eluana e al testamento biologico è chiaro e non lo si può non condividere. Se siamo liberi di accettare o no Dio, l’Oggetto/Soggetto Immenso della Fede, il Totalmente Altro che non sarà mai “nostro” (a dispetto del nazifascista “Gott mit uns”), figurarsi se non abbiamo la libertà di accettare o meno la vita che ci è stata data e che è nostra!
Il problema, quindi, non è l’estensione di questa rivoluzione copernicana dal mondo antropologico a quello della natura. No! Il problema è l’idea del Concilio...!
Chi lo farebbe questo Concilio? Questo papa? Con questi Cardinali e con questi Vescovi?
Dio ce ne scampi e liberi!
Da un papa “idiota”, nel senso letterale del termine, che confonde il “suo” mondo per il mondo di Dio, figlio di una specie di partenogenesi, frutto dei giochi di palazzo, Dio ci scampi e liberi.
Ed anche da una gerarchia clonata su un modello unico di “autorità”, autoreferenziale e supponente, mondana ed antievangelica, sumoniacamente mercantile e licenziosamente disponibile ad ogni tipo di connubio pur di restare sulla cresta dell’onda; da questa gerarchia libera nos Domine!
Non c’è da aspettarsi nulla di buono e lo stesso Spirito Santo si sentirà imbavagliato da questi gerarchi che “hanno sempre più bisogno di esecutori che di collaboratori, di formale ortodossia che di luminosa ortoprassi, di ossequio che di creatività, di obbedienza che di fede"(Aldo Bergamaschi: Diario di Mazzolari p.14)
Che senso avrebbe, in ultimo, ipotizzare un Vaticano III quando il Vaticano II è tutto ancora di attuare?
Aldo
Il Pontefice era già salito al Colle quando c’era Ciampi
Benedetto XVI in visita al Quirinale il 4 ottobre
Papa Ratzinger restituirà a Giorgio Napolitano il saluto che il capo dello Stato gli fece in Vaticano il 20 novembre 2006, pochi mesi dopo essere stato eletto al Colle.
Roma, 25 lug. (Adnkronos/Ign) - Benedetto XVI il prossimo 4 ottobre si recherà in visita dal Presidente della Repubblica Giorgio Napolitano. Papa Ratzinger era già stato al Quirinale il 24 giugno 2005, quando era presidente Carlo Azeglio Ciampi.
"Il Presidente della Repubblica, Giorgio Napolitano -si legge in una nota del Quirinale- accogliera’ Sua Santita’ Benedetto XVI al Quirinale il 4 ottobre, festa di San Francesco d’Assisi, Patrono d’Italia, in visita ufficiale di restituzione di quella compiuta dal Capo dello Stato in Vaticano il 20 novembre 2006".
L’“Anno Santo” è accetto a Dio?
DALL’ANNO 1300 gli “anni santi” sono stati un aspetto della tradizione cattolica romana. Sono caratterizzati da preghiere devote e da pellegrinaggi a Roma. Si compiace Dio di queste speciali attività religiose? In tal caso, ci sarebbe senz’altro qualche evidenza del suo divino compiacimento.
L’ANNO SANTO DEL 1933
L’anno santo del 1933, disse papa Pio XI aprendo la tradizionale “porta santa” della basilica di S. Pietro, “sarà il più grande di tutti gli Anni Santi”. Fu dichiarato uno speciale “Santo Giubileo” per contrassegnare il diciannovesimo centenario della crocifissione di Cristo nel 33 E.V. Le aspettative non si limitavano agli affari interni della chiesa. Fu pure espressa la speranza di ‘un risveglio religioso che porterà le nazioni alla pace e alla prosperità’.
Tuttavia poco dopo l’annuncio fatto da Pio XI il 24 dicembre, nel 1933 cominciarono ad accadere gli avvenimenti che dovevano turbare la ‘pace e prosperità’ del mondo negli anni avvenire.
30 gennaio - Adolf Hitler diventa cancelliere della Germania; il 23 marzo riceve poteri dittatoriali.
Febbraio - Improvvisati i primi campi di concentramento in vecchie baracche, castelli e altri luoghi.
27 marzo - Il Giappone si ritira dalla Lega delle Nazioni, “il primo grave colpo inferto alla struttura della Lega e . . . un incentivo all’aggressione altrove”. - An Encyclopedia of World History, pagg. 1126, 1127.
27 luglio - Fallisce a Londra la Conferenza Economica Mondiale.
14 ottobre - La Germania si ritira dalla conferenza mondiale per il disarmo.
21 ottobre - La Germania si dimette dalla Lega delle Nazioni.
Pertanto, invece che ‘pace e prosperità’, durante questo “più grande di tutti gli Anni Santi” furono poste le basi per il futuro olocausto globale di cui questa generazione non aveva mai visto l’eguale. Ma il nominale “Vicario di Cristo” e la sua Chiesa non agirono in questo anno speciale come un baluardo spirituale a onore di Cristo? Notate alcuni avvenimenti “religiosi” accaduti durante l’anno santo: “(Il 24 marzo), il partito del Centro e il partito del popolo bavarese, che i cattolici tedeschi consideravano giustamente i rappresentanti dei loro interessi, avevano approvato l’atto con il quale erano stati concessi a Hitler poteri illimitati”. - New Catholic Encyclopedia (1967), Vol. 11, pag. 415. “I vescovi tedeschi avevano dichiarato inequivocabilmente (il 28 marzo) che i cattolici potevano cooperare con il nuovo Stato”. - Ibid. “Il colonnello von Papen [vicecancelliere di Hitler] e il capitano Goering [“braccio destro di Hitler”] sono stati ricevuti da papa Pio con la pompa e la cerimonia spettanti al loro rango. Il vicecancelliere . . . portava le decorazioni di ciambellano segreto del papa . . . domani von Papen e il capitano Goering riceveranno la comunione dalle mani del papa”. - Times di New York, 13 aprile 1933, pag. 1. “Alla fine di giugno von Papen ha fatto visita al papa chiedendo un nuovo concordato per tutta la Germania e auspicando l’influenza del papa sui cattolici tedeschi affinché abbandonino le loro organizzazioni politiche e si conformino alla nuova Germania”. - Americana Annual del 1934 (Eventi del 1933), pag. 272. “Subito dopo il concordato (5 giugno 1933) con l’Austria . . . ne è stato concluso un altro (20 luglio) con la Repubblica Tedesca”. - New Catholic Encyclopedia, Vol. 11, pag. 415.
“Questa stretta di mano [concordato con la Germania] col papato, la più grande forza morale nella storia del mondo”, esultò il cardinale di Baviera, von Faulhaber, nella lettera di congratulazioni che scrisse di suo pugno a Hitler, “è un’impresa che rappresenta un’incalcolabile benedizione”. - Kirche und Nationalsozialismus: Dokumente 1930-1935, Hans Müller, 1963, doc. 77, pag. 170.
Così quella che era considerata la “più grande forza morale nella storia del mondo” fece trattative politiche con una delle più ignobili, più immorali potenze della storia del mondo. Potete immaginare che Cristo stipulasse simili accordi politici? Il giorno stesso della sua crocifissione, Cristo disse: “Il mio regno non è di questo mondo . . . il regno mio non è di quaggiù”. Tuttavia, in un anno specialmente riservato per onorare la crocifissione di Cristo, il “Vicario di Cristo” stesso disonorò Cristo con le sue ingerenze politiche nel nome di Cristo! - Giov. 18:36, versione cattolica di F. Nardoni (Na).
La carneficina fratricida che ne seguì in seno alla cristianità durante la seconda guerra mondiale mise Cristo in cattiva luce, ma la cosa fu trascurata rapidamente e con leggerezza. Con il successivo anno santo, la chiesa faceva di nuovo notizia con le sue ingerenze nella politica che disonoravano Cristo.
L’ALLEANZA DI "FORZA VATICANO" E "FORZA ITALIA": IL VOLTO DEMONIACO DEL POTERE
Berlusconi, il volto e il vuoto
di GIANNI BAGET BOZZO (La Stampa, 26.07.2008)
Dal ‘94 ad oggi le elezioni politiche, e persino quelle regionali e locali, sono state vissute come un referendum pro o contro Berlusconi. Il volto di una persona è diventato il messaggio: un fatto singolare nella democrazia, che ha indotto a spiegare Berlusconi come il frutto di un potere personale, delle sue proprietà televisive, del suo carattere di comunicatore e imbonitore. Il voto sulla persona è stato vissuto dai partiti come un sequestro della democrazia storicamente legata ai partiti e quindi, per questo, illegittimo.
Nel 2008 le cose sono andate diversamente. Il partito democratico ha posto fine all’esperienza Prodi e ha proposto il suo messaggio in termini di cooperazione politica con il centrodestra. Le elezioni hanno determinato la sconfitta del Pd e la scomparsa della sinistra antagonista. E’ caduta la forza politica alternativa a Berlusconi ed egli è diventato, come persona, il titolare della legittimità politica senza alternative: una situazione che ricorda quella della Dc dopo le elezioni del ‘48. Perché tanto consenso attorno a un volto, un consenso che non ha mai investito l’insieme dei partiti di centrodestra in quanto tale, ma è rimasto legato alla persona, inscindibile da essa?
Questo crea un problema politico obiettivo perché non può essere una soluzione ma chiede una spiegazione: perché Berlusconi è diventato il volto della politica italiana.
Ciò indica che alla base di questo vi è un problema di Stato e non di governo. Un uomo solo riguarda il caso di emergenza, non una soluzione stabile. L’elettorato del centrodestra è nato da una crisi di Stato e non da questione di scelta politica, è nato da una crisi del consenso attorno alla Costituzione del ‘48 e allo Stato che su di essa si fondava. La crisi del consenso costituzionale si manifesta nel ‘92-‘93 con due eventi: l’autoscioglimento dei partiti democratici occidentali che avevano guidato la democrazia italiana di fronte al comunismo e il sorgere di un problema indipendentista del nord espresso da Bossi. Ciò ha alterato il consenso attorno allo Stato, perché era impossibile far decadere il partito cattolico, il partito socialista e il partito liberale, che avevano retto la storia della democrazia italiana del Novecento e porre il Pds come chiave della legittimità politica. La Costituzione del ‘48 supponeva il consenso dei partiti antifascisti che ne erano mallevadori, la sua costituzione materiale. La loro pluralità e differenza era la base della legittimità politica della Costituzione. Il documento stesso era un compromesso politico: e supponeva che i partiti fondatori, nella loro diversità, rimanessero la base politica dello Stato. La riduzione al solo Pds dei partiti antifascisti creava un vuoto politico, non sul piano del governo, ma sul piano dello Stato, cioè sul piano dell’accettazione della Costituzione come base politica della Repubblica. A ciò si aggiunge il fatto che l’indipendentismo padano (che aveva allora figura etnica e si richiamava alla tradizione celtica del nord Italia come base di una differenza radicale) metteva in crisi l’impianto del sistema politico italiano fondato sulla centralità della questione meridionale. Poteva un partito rispondere a un tale stato di eccezione politica, quando tutte le tradizioni politiche diverse da quella comunista erano dissolte e vi era un vuoto obbiettivo, un vuoto che corrispondeva alla sfida indipendentista del Nord?
Ci voleva un volto, perché non c’erano più i partiti. Perché questo sia stato quello di Berlusconi non si può spiegare, esso è un fatto e non vi è dubbio che ciò corrisponde a un carisma politico, a una capacità di interpretare il popolo oltre i partiti. Berlusconi fu un evento straordinario, non prevedibile e quindi non facilmente giustificabile. Non entrava nella logica della politica e si pensava che non entrasse nelle regole della democrazia. Invece la tesi di Berlusconi fu quella di rappresentare la sovranità popolare e il suo potere costituente di un ordine politico diverso da quello dei partiti antifascisti ormai distrutto. Solo il volto di un uomo poteva coprire il vuoto politico delle istituzioni. E ciò avvenne mediante l’alleanza con la Lega Nord e con l’Msi si creando così un’alternativa alla sinistra che non era mai esistita prima e che era assai diversa dalla Democrazia cristiana e dal Partito socialista. Berlusconi ha rappresentato questo ruolo evitando ogni carattere salvifico persino autorevole, ha messo in luce la sua persona, non il suo carisma, lo ha fatto nelle sue debolezze, persino femminili, presentandosi come l’italiano medio, come rappresentante e non come salvatore. Il fatto di difendere la sua proprietà televisiva non gli ha nuociuto: anzi ha mostrato che egli era un potere della società e che poteva quindi bilanciare poteri istituzionali proprio perché aveva roba. Ciò che venne sentito come un difetto dai suoi oppositori, venne sentito come un vantaggio da parte del suo popolo.
Don Giuseppe Dossetti disse che, con la Costituzione del ‘48, il popolo italiano aveva abbandonato il suo potere costituente, Berlusconi mostrò che non era così e si pose come alternativa alla Costituzione del ‘48, entrando in conflitto con tutti i poteri di garanzia dal Quirinale, alla Corte Costituzionale, al Csm. Toccò così un difetto essenziale della Costituzione del ‘48: quello di fondare i poteri di garanzia e non quelli di governo.
Sovranità popolare contro Costituzione rigida: questa è l’essenza del dilemma berlusconiano che otterrebbe la sua perfezione se si rivedesse l’art. 138 e si riconoscesse che il popolo ha un potere costituente che né i partiti e né gli organi di garanzia istituzionale possono espropriare.
bagetbozzo@ragionpolitica.it
GLI INTELLETTUALI ITALIANI (ATEI E NO, DEVOTI E NO) E L’APOLOGIA DEL BERLUSCONISMO - LA MALATTIA SENILE DEL CATTOLICESIMO, DEL CATTOLICISMO (VATICANO E ITALICO).
QUESTO articolo
DI BAGET BOZZO
E’ - TRADOTTO IN "POLITICA" - una affidabile sintesi del DISCORSO "TEOLOGICO" (PIU’
CAMUFFATO ED ASTUTO)
DELLE GERARCHIE DEL VATICANO E DELLA CEI
CHE HANNO APPOGGIATO E APPOGGIANO
L’ASSALTO DI "FORZA ITALIA"
ALL’ITALIA.
Il discorso è chiaro. Per loro il nemico è
la Costituzione,
lo stesso messaggio evangelico -Dossetti e
lo stesso popolo italiano!!!
"Avanti popolo, alla riscossa..": "Forza Italia"!!!
Il populismo trionfera’...
Berlusconi è l’uomo della Provvidenza, il Volto del Signore!!!
Queste le alte e mistiche "ragioni" della "sacra alleanza" (atea e devota) della “mammasantissima” religiosa (“Forza Chiesa cattolica”) e della “mammasantissima” laica (“Forza Italia").
Del messaggio evangelico, di Francesco d’Assisi, Patrono d’Italia, e di Dante, Padre della Lingua italiana.... e della nostra stessa Costituzione,
questi - come recitano le loro preghiere e indicano i loro gesti quotidiani (dal basso in alto e dall’alto in basso) - non sanno che farsene
è solo monnezza da riciclare per i loro affari e per i loro "caritatevoli" - per il loro Dio ("caritas": tutto a caro-prezzo!!!).
Federico La Sala
L’ANNO SANTO DEL 1950
Uno degli obiettivi dell’anno santo del 1950, disse Pio XII, era la speranza che “durante l’Anno Santo sorgesse una nuova èra, un Anno Santo più giusto, più felice per l’intera grande famiglia umana”. Furono fatte preghiere speciali per la pace mondiale.
Il mese prima che cominciasse l’anno santo del 1950, lo stesso papa Pio rivelò dove riponeva vera fiducia per la pace: “Il papa appoggia gli U.S.A. nel piano occidentale per gli armamenti”, annunciò un titolo del Times di New York. “I suoi commenti”, rilevò il dispaccio da Roma del 17 novembre, “hanno assunto oggi speciale significato perché erano rivolti ai membri del Sottocomitato per gli Stanziamenti Militari del Senato degli Stati Uniti”. - 18 novembre 1949, pag. 1.
“Sostenendo il disarmo”, dice il Times, papa Pio dichiarò ai responsabili degli armamenti che la legge (occidentale) “può difficilmente sperar di prevalere . . . se non ha il sostegno di una forza ragionevole”. Come per ribadire il punto, durante l’anno santo il Vaticano riaffermò la sua fiducia nella forza delle armi. Un altro dispaccio da Roma, intitolato “Il Vaticano approva la decisione relativa alla bomba”, riferisce: “Il Vaticano, tramite il suo giornale ufficiale, L’Osservatore Romano, ha assicurato oggi al governo e al popolo degli Stati Uniti che comprendeva pienamente le ragioni per cui il presidente Truman aveva deciso di approvare la costruzione di una superbomba all’idrogeno”. - Times di New York, 3 febbraio 1950.
Come fu diversa la veduta che Cristo ebbe delle armi! Egli disse che “quelli che prenderanno la spada, periranno di spada”. Qualsiasi cosa faccia il mondo per armarsi riguarda i cristiani? Devono i seguaci di Cristo occuparsi della macchina militare del mondo dal momento che, come disse Gesù, i suoi veri discepoli “non sono del mondo come io non sono del mondo”?
Come potrebbe Dio esaudire le preghiere di coloro che vanno direttamente contro questi princìpi cristiani? A quelli che con le proprie azioni smentiscono le proprie preghiere egli dice: “Io non ascolto: anche se moltiplicate le preghiere le vostre mani sono piene di sangue”. Pertanto le preghiere per la pace degli anni santi dette da quelli che in effetti riponevano fiducia negli armamenti devono esser suonate false nei cieli.
Anziché la pace, “l’avvenimento per cui l’anno 1950 sarebbe stato probabilmente ricordato con maggiore chiarezza fu lo scoppio della guerra in Corea, avvenuto il 25 giugno”, osserva il 1951 Britannica Book of the Year. Anche violenti disordini in sedici paesi, sei diverse gravi dispute di confine, oltre all’invasione cinese del Tibet, offuscarono l’anno santo.
Quando verso la fine del 1973 la Chiesa diede inizio al prolungato anno santo del 1975, aveva senz’altro tratto profitto dalle cattive esperienze. Ma era così? Giudicate personalmente dai fatti.
L’ANNO SANTO DEL 1975
Il tema del presente anno santo è “riconciliazione e rinnovamento”. Ma più che qualsiasi “rinnovamento” spirituale, degno di nota è stato il rinnovamento dei legami politici. Continuarono a intensificarsi gli sforzi per “portare la Chiesa a una più stretta relazione con le nazioni comuniste del mondo, in un completo voltafaccia rispetto agli anni della guerra fredda”, osserva U.S. News & World Report. Al principio del 1974 questo “voltafaccia” politico provocò l’imbarazzante allontanamento, chiesto dai comunisti, dell’ostile cardinale Mindszenty dal suo posto in Ungheria. E ora il Vaticano può nominarvi solo ecclesiastici favorevoli alla “pace” approvati dai comunisti. Potete immaginare che Cristo consultasse Cesare per fargli approvare la sua scelta degli apostoli?
Questa tendenza è pure rispecchiata dal fatto che i comunisti Vietnam del Nord e Germania Orientale furono inclusi per la prima volta nell’elenco dei delegati ufficiali della Santa Sede al Sinodo dei Vescovi tenuto nel 1974 a Roma. Trinh Van Can, arcivescovo di Hanoi, disse al Sinodo dei vescovi che “i fedeli cattolici [del suo paese] danno un ammirevole esempio di attaccamento alla Chiesa”.
Ma allorché papa Paolo aprì ufficialmente l’anno santo del 1975, apparve pure il sorprendente titolo: “Il Vietnam del Nord onora i cattolici leali”. Per citare il dispaccio natalizio del servizio giornalistico del 1974 per Agence France-Presse dalla Diocesi di Phat Diem, nel Tonchino, nel corso degli anni “un crescente numero di giovani cattolici si è arruolato nelle forze armate”, divenendo perfino “eroi delle Forze Armate del Popolo”.
Pertanto, ancora una volta si ripete lo spettacolo di cattolico che uccide cattolico nella lotta politica, anche durante un anno santo! Ma la maggioranza delle chiese non ha forse mostrato sempre analoga prontezza a favorire le nazioni politiche per la propria preservazione? Ma come considera Dio quelli che si fanno amici del mondo a spese dei princìpi cristiani?
Ebbene, come chiamate le donne che mostrano esteriore attaccamento al marito ma che poi si danno a chiunque capiti? La Bibbia dice che Dio richiede esclusiva devozione, per cui descrive tali persone definendole “infedeli come mogli adultere”. La Bibbia continua: “Non vi rendete conto che farvi amici del mondo significa farvi nemici di Dio? Chi sceglie il mondo come suo amico si rende nemico di Dio”. - Giac. 4:4, La Bibbia di Gerusalemme cattolica (ediz. inglese).
C’è dunque da meravigliarsi se Dio non ha esaudito le preghiere dell’anno santo per ‘la riconciliazione e il rinnovamento’ spirituale? Invece, nel 1974 i cattolici italiani inflissero anche alla Chiesa una sbalorditiva sconfitta nel referendum sul divorzio, referendum che la Chiesa stessa aveva sollecitato! E secondo una notizia dell’Economist di Londra, si calcola che l’anno scorso 65.000 cattolici della Germania Occidentale posero fine al loro obbligo di pagare la tassa ecclesiastica annullando la propria associazione. Questo significa una diminuzione del 20 per cento superiore a quella del 1973, e “quest’anno le cifre salgono nettamente”.
Intanto, nel 1975 il Vaticano ha già rimproverato pubblicamente il famoso teologo svizzero Hans Küng, che mantiene il suo atteggiamento di sfida. Il Vaticano ha pure ordinato alla Conferenza delle Organizzazioni Cattoliche Internazionali di distruggere un recente libro su problemi demografici pubblicato con la loro autorizzazione.
È questo un segno di “riconciliazione e rinnovamento” spirituale? O lo spirito non è meglio descritto da un articolo di fondo sull’anno santo pubblicato nella rivista cattolica Commonweal: “Pare che nei discorsi pubblici Paolo VI si senta costretto ad avvertire di continuo il suo popolo riguardo a innominati dissidenti . . . e così egli si presenta inevitabilmente come un angosciato seccatore anziché come fonte di forza e speranza”. - 3 gennaio 1975, pag. 283.
Ma la nostra fonte di forza e speranza deve forse dipendere da un uomo o da qualche avvenimento “santo” annunciato dalla chiesa? Lasciamo la risposta a queste parole citate dalla versione cattolica de La Bibbia di Gerusalemme: Ora che “siete stati conosciuti [da Dio], come potete rivolgervi di nuovo a quei deboli e miserabili elementi . . .? Voi infatti osservate giorni, mesi, stagioni e anni! Temo per voi che io mi sia affaticato invano a vostro riguardo”. - Gal. 4:8-11.
Nessun anno di esteriore devozione può esser chiamato santo agli occhi di Dio finché esiste questo mondo malvagio. Solo Lui potrà recare un tempo di santità per tutto il genere umano allorché, come promette la Bibbia, “il primo cielo e la prima terra [saranno] passati”. Allora, sulla promessa “terra nuova”, non un anno solo, ma l’eternità sarà santa o sacra perché “Dio stesso sarà con essi, e tergerà ogni lagrima dai loro occhi e la morte non sarà più, né lutto né grido né dolore saranno più”. - Apoc. 21:1, 3, 4, versione cattolica a cura di mons. S. Garofalo.