EVANGELO E COSTITUZIONE: "DEUS CHARITAS EST" (1 Gv., 4. 1-8). STORIA E RIVELAZIONE, IN CAMMINO... E TRADIMENTO STRUTTURALE DELLA FIDUCIA.

Camillo Ruini e Aldo Schiavone dialogano sull’"Avvenire" del-"la Repubblica" e si trovano d’accordo sul "caro-prezzo" ("deus caritas est") da far pagare all’Italia, con l’aiuto dell’Unto del Signore - a cura di pfls

lunedì 14 luglio 2008.
 


L’UOMO NON È SOLO MATERIA

LA CHIESA E LE RESPONSABILITÀ PER IL FUTURO

di CAMILLO RUINI (Avvenire, 14.07.2008)

L’articolo pubblicato ieri da Aldo Schiavo­ne su La Repubblica, con il titolo «La Chie­sa nel mondo che cambia», rinnova con forza sia la critica sia la domanda che l’autore ha già rivolto più volte alla Chiesa, a proposito del suo rapporto con la società e la cultura del nostro tempo. Può essere utile perciò tentare una ri­sposta, che tenga conto di entrambi gli aspetti. Per intenderci è bene però andare subito al cuo­re del problema e cioè alla tesi di Schiavone che le istituzioni e le strutture umane, alla fine l’uo­mo stesso, sono riconducibili «alla storia e so­lo alla storia». A partire da qui egli ritiene sba­gliata e inaccettabile quella che gli appare co­me «l’intransigente chiusura cattolica su tutte le questioni che implicano un rapporto davve­ro trasformatore fra tecnica e naturalità uma­na ».

Ora, se l’uomo fosse realmente ’soltanto storia’ potrebbe essere difficile non convenire in qualche misura con Schiavone: dico ’in qual­che misura’ perché proprio le vicende e le e­sperienze della storia, considerate nella loro concreta realtà e non secondo un unilaterale modello evolutivo-progressista, indicano come determinate istituzioni e strutture, ad esempio la famiglia monogamica, siano state e riman­gano fondamentali per la formazione della per­sona, l’umanizzazione della convivenza e la stessa dinamicità dello sviluppo socio-econo­mico.

Ma proprio la tesi che l’uomo in ultima analisi sarebbe solo storia è in se stessa estranea e in­compatibile rispetto alla fede cristiana, oltre che, a mio parere, ad una seria e rigorosa fon­dazione dell’umanesimo. Schiavone evidente­mente non vede e non condivide una tale e­straneità, e per questo si sente autorizzato a va­lutare, criticare e cercare di orientare i com­portamenti della Chiesa a partire da un princi­pio (’l’uomo è soltanto storia’) che in realtà al­la Chiesa rimane esterno, anzi, ha ben poco a che fare con essa.

Ritorniamo al punto: l’uomo è certamente sto­ria, in quanto nasce, si sviluppa, vive nella sto­ria, che per lui è qualcosa di intrinseco e di co­stitutivo, non certo di esterno. Ma l’uomo, per la fede cristiana, è anche e ancor prima ’im­magine di Dio’, in concreto partecipe della non riducibilità di Dio alla natura come alla storia. E per questo ha un senso che Dio chiami l’uo­mo alla vita eterna, ben aldilà delle vicende del­la storia. Possiamo aggiungere che senza que­sta peculiarità dell’uomo non sarebbe giustifi­cato, anzi non si sarebbe nemmeno costituito, quell’insieme di elementi etici, giuridici, filo­sofici, estetici..., che formano l’ossatura della nostra civiltà e ai quali, nella sostanza, nessu­no vorrebbe rinunciare. D’altra parte Schiavone riconosce cordialmen­te che senza il contributo cattolico non è pos­sibile dar vita a una ’etica forte’ adeguata alle responsabilità che dovremo assumerci per il fu­turo della nostra specie. Al riguardo egli con­trappone l’atteggiamento aperto e coraggioso che la Chiesa avrebbe assunto sui grandi temi sociali, dopo «la vittoria sul comunismo» al suo arroccarsi sull’«ordine naturale» in ambito eti­co-antropologico e chiede pertanto che anche su questo terreno la Chiesa abbia il coraggio e la lungimiranza di aprirsi.

Penso di poter rispondere che anche la Chiesa avverte profondamente le comuni responsabi­lità per il futuro gravido di radicali novità che si fa avanti velocemente. Un appello come quel­lo di Aldo Schiavone non la lascia dunque in al­cun modo indifferente. Per rimanere però al confronto critico che egli fa tra gli atteggiamenti della Chiesa, aperti in campo sociale e chiusi in campo antropologico, un’osservazione viene spontanea, anche a prescindere da varie altre precisazioni che mostrerebbero come questa contrapposizione - abbastanza di moda anche in ambienti cattolici - sia più apparente che rea­le. Schiavone stesso afferma che l’apertura del­la Chiesa sui temi sociali sarebbe arrivata dopo la vittoria sul comunismo. Lascio a lui questa va­lutazione, ma è certamente vero che la caduta del comunismo ha, per così dire, sgombrato il campo dal rischio di un fatale fraintendimen­to. Perché non chiedersi allora - in maniera a­naloga - se la condizione base per un atteggia­mento più serenamente aperto da parte della Chiesa in ambito antropologico non sia proprio il superamento di quel riduzionismo del sog­getto umano alla natura e alla storia (per Schia­vone alla storia, che assorbe in sé anche la na­tura) che oggi invece vorrebbe presentarsi co­me il punto più alto e più dinamico dell’attua­le civiltà? In fondo si tratta, in entrambi i casi, di riconoscere che l’uomo non è solo materia.


SUL TEMA, NEL SITO, SI CFR.:

LA POLONIA E IL VESCOVO SPIA, LA CADUTA DEL MURO DI BERLINO, GORBACIOV, E WOJTYLA. UNIONE SOVIETICA E CHIESA CATTOLICA: UNA SOMIGLIANZA CATASTROFICA E UN NODO NON ANCORA SCIOLTO !!! TUTTA L’ "ANALISI" IN UNA VIGNETTA DI "LE MONDE", RIPRESA DA "CUORE", DEL 1989 !!!

-  A Mikhail Gorbaciov e a Karol J. Wojtyla ... per la pace e il dialogo, quello vero!!!
-  "AVREMMO BISOGNO DI DIECI FRANCESCO DI ASSISI". LA RIVOLUZIONE EVANGELICA, LA RIVOLUZIONE RUSSA, E L’ "AVVENIRE" DELL’UNIONE SOVIETICA E DELLA CHIESA CATTOLICA.
-  Le ultime riflessioni di Lenin raccolte da Viktor Bede

-  IN PRINCIPIO ERA IL LOGOS. Per un riorientamento antropologico, e teologico-politico....
-  IL SOGNO "INFANTILE", DEVASTANTE E GOLPISTA, DI "FORZA ITALIA" E DELLA CHIESA "CATTOLICA" E’ FINITO!!! 1948- 2008: LA COSTITUZIONE ITALIANA E’ GIOVANE E SALDA E, CON LE SUE RADICI DANTESCHE ED ETERNE, NON HA PAURA DELLE SFIDE DELL’AVVENIRE!!! Una nota (2006) di Federico La Sala

-  VERITA’ E RICONCILIAZIONE. PAPA RATZINGER A SIDNEY, PER LA GIORNATA MONDIALE DELLA GIOVENTU’: "IL RE E’ NUDO"!!!
-  NON SOLO CHIEDERE PERDONO ALL’AUSTRALIA E ALL’ITALIA E AL "PADRE NOSTRO", MA CAMBIARE STILE DI VITA!!!
-  Gesù, che non era schizofrenico, non si travestiva da imperatore. Una nota di Roberto Monteforte

UN CODICE ETICO PER LA TEOLOGIA. DA LUCIANO DI SAMOSATA UNA ULTERIORE SOLLECITAZIONE A PAPA BENEDETTO XVI, A RETTIFICARE I NOMI

-  LA SAPIENZA E IL MESSAGGIO EVANGELICO. FRANCESCO BACONE E SAN PAOLO PRENDONO LE DISTANZE DALLE ENCICLICHE DI PAPA BENEDETTO XVI.
-  La scienza (anche quella teologica) gonfia: la fede e la speranza fondata nel Dio-Amore ("Charitas") non è la fede e la speranza fondata nel Dio-Denaro ("Deus caritas est"). Una "preghiera comune" firmata da Bacone

DOMANDE AGLI STORICI (CATTOLICI E NON) DI DAVID BIDUSSA. DOPO 14 ANNI DI BERLUSCONISMO SOSTENUTO DAL VATICANO, DALLA CEI E DAGLI ORGANI DI STAMPA CATTOLICA, SIAMO ARRIVATI ALLE IMPRONTE AI ROM. NON E’ IL CASO DI SVEGLIARSI DAL SONNO DOGMATICO E RISPONDERE "SENZA FARE LE SPALLUCCE"?!

Cultura e Politica. Storia e Memoria.... L’ITALIA: "L’ONORE E L’INDECENZA STRETTI IN UN SOLO PATTO". SERGIO SOLMI, MONTALE E "LE STALLE DI AUGIA". Una testimonianza personale di Renato Solmi

-  ITALIA. IL COLPO DI STATO STRISCIANTE DEL PARTITO DI "FORZA ITALIA?!
-  E’ "UN DISEGNO PERVERSO E AUTORITARIO" PER IL FONDATORE PRESIDENTE DEL-"LA REPUBBLICA", EUGENIO SCALFARI


La Chiesa nel mondo che cambia

di Aldo Schiavone (la Repubblica, 12.07.2008)

Mai come ora la voce e la testimonianza della Chiesa sono state ascoltate e vissute dalla sinistra italiana, e più in genere da tutti coloro che non si riconoscono direttamente nel magistero ecclesiastico, in modo così ambivalente, per certi versi addirittura contraddittorio.

Questa oscillazione di giudizio - di cui proprio negli ultimi giorni, e ancora nel doloroso caso di Eluana Englaro, abbiamo visto nuovi evidenti segni - sta diventando un autentico scandalo del nostro tempo, nel significato originario di questa bellissima parola evangelica, e cioè un ostacolo e un inciampo - non solo intellettuale, ma etico - che riguarda certo noi interpreti, ma coinvolge anche e in primo luogo la stessa dottrina cattolica, che, come tutte le concezioni religiose, non smette di evolversi e di trasformarsi.

Da un lato, i continui e forti richiami del papa e dei vescovi sul dovere dell’accoglienza nei confronti degli immigrati, sull’ accettazione consapevole di chi è diverso, contro ogni forma di egoismo culturale e sociale; e in senso più ampio, sulla necessità di una correzione morale dell’economia, nel nome di un inderogabile principio di solidarietà (e diciamo anche di eguaglianza) universale che non esita, in alcuni casi, ad assumere i toni e i contenuti di una vera e propria drastica critica all’ordinamento capitalistico del mondo: con una potenza di concetti che ormai, fuori da questi enunciati, abbiamo purtroppo del tutto perduto altrove. Una Chiesa dal lato degli indifesi, delle vittime innocenti del mercato totale, delle nuove plebi globali; una Chiesa cui la vittoria sul comunismo sta consentendo di esprimere senza più preoccupazioni di ruolo e di schieramento tutte le potenzialità emancipatrici del proprio messaggio.

Dal lato opposto, l’ intransigente chiusura cattolica su tutte le questioni che implicano la possibilità di un rapporto davvero trasformatore fra tecnica e naturalità umana - dal più elementare controllo delle nascite alla più sofisticata bioingegneria - e su quelle che riguardano la possibilità di una scelta sui confini della vita.

L’immagine, insomma, di un cattolicesimo prigioniero di una visione metastorica e sacralizzata della natura, in perenne e lacerante conflitto con la propria epoca, portato a vedere in rapporti e pratiche sociali come la famiglia, il matrimonio, la sessualità - per non dire della stessa vita della specie - il riflesso di un presunto "ordine naturale" che dovrebbe confinare la nostra civiltà in una sorta di eterno e ripetitivo mimetismo del trascendente; mentre per ognuna di queste istituzioni o strutture è sempre più evidente che siamo unicamente di fronte al risultato provvisorio e modificabile di processi evolutivi, sia culturali, sia biologici: insomma, alla storia e solo alla storia.

Né è accettabile la risposta - del resto facilmente prevedibile - che questa duplicità di atteggiamenti sarebbe solo il prodotto di una deformazione laicista, e che essa non dipenderebbe da altro se non dalle diverse attitudini con cui si può guardare - da chi le è lontano - alla dottrina della Chiesa, che sarebbe invece, per parte sua, assolutamente univoca e coerente, arroccata intorno alla difesa di un unico principio, per quanto declinabile in modi diversi: l’inviolabilità e la dignità della vita e della persona in ogni sua forma, e con essa, del retroterra naturale che le fa da presupposto.

Si tratterebbe infatti di una replica non convincente. Perché quel che chiamiamo "persona" non è un concetto astratto, e non è dato una volta per tutte, in eterno - come ancora sembra sostenere la Chiesa - ma è esso stesso un esito storico, che cambia e si trasforma, come l’ umanità cui si riferisce. E oggi quell’ espressione - persona umana - esprime, nelle condizioni storiche date, un insieme di domande, di attese, di bisogni, di stati mentali, di differenze, di potenzialità di vita la cui piena valorizzazione e soddisfazione richiede non solo equità sociale e disciplinamento etico dell’economia, ma anche il superamento di quella soglia di "naturalità" che la Chiesa vorrebbe invece preservare come inviolabile.

In altri termini - e per rimanere su un piano elementare e immediato - senza massicci programmi di contraccezione è impossibile tutelare la "persona" di moltissime donne africane, o cinesi, o indiane; esattamente come la "persona" di molte donne e di molti uomini europei e americani non può essere valorizzata e difesa senza un’idea del rapporto fra sessualità, affettività e matrimonio che abbia rotto con un modello che non è più "naturale", di quanto lo sia un abito o una città, ma riflette solo una storia che ha smesso di appartenerci.

E questo vale anche per ogni forma di controllo tecnologico della vita e della morte, che dipendono totalmente dalla cultura, e non dalla natura. Rendersene conto, non vuol dire arrendersi al capriccio di un individualismo desiderante senza freni e senza vincoli, ma solo riconciliarsi con un’esperienza intellettuale e sociale più matura per poterla regolare con norme migliori.

Se le cose stanno così, abbiamo forse toccato qualcosa di importante, che si addensa al fondo del pensiero cattolico: qualcosa che se non è una vera e propria contraddizione, tuttavia le si avvicina molto. Voglio dire, un’altra importante traccia di quell’ atteggiamento ambivalente verso la modernità, i suoi problemi, le sue conquiste e le sue prospettive, che ha segnato tutta l’ elaborazione teorica e dottrinaria della Chiesa, dal Concilio Vaticano II in poi.

Attenzione però: questa vicenda non riguarda soltanto chi si riconosce nella fede; coinvolge al contrario tutti noi. Il mondo che ci aspetta domanda un’etica forte, adeguata alle responsabilità che dovremo assumerci, rispetto al futuro della nostra specie, e del pianeta che la ospita. Sarebbe impossibile credere che nella formazione di questa grande impalcatura morale potremo fare a meno del contributo cattolico, e della sua lunga consuetudine universalistica.

Il cristianesimo è una religione d’amore, che fin dal suo esordio ha radicalmente problematizzato e capovolto il legame storico fra monoteismo, politica e violenza; è la religione di una socialità rivoluzionata. E di questo noi abbiamo un grande e crescente bisogno. Dobbiamo perciò, tutti insieme, riuscire a creare le condizioni di un dialogo nuovo, in cui la Chiesa sappia immettere più profetismo e meno dogmatica (questo è davvero il momento di farlo), e chi non si colloca all’interno del suo insegnamento sappia evitare di confondere la convinzione nell’inevitabile storicità di ogni proprio assunto con l’adesione a un relativismo superficiale e corrivo. Non resta che da iniziare.


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