Il caso

Agenda rossa: rivelazioni e indignazione di Salvatore Borsellino sul caso Arcangioli

giovedì 3 aprile 2008.
 

LA GIUSTIZIA NEGATA

La notizia mi è arrivata ieri come un pugno in piena faccia dalla Germania, tramite un amico che è sempre il primo a raccogliere le notizie non appena pubblicate dall’ANSA in Italia.

Ero stato invitato da Giuseppe Bascietto a presentare il suo libro su Pio La Torre e il primo impulso è stato quello di piantare tutto e tornare a casa, con la sensazione dell’inutilità di continuare a battermi per ottenere Giustizia a fronte di uno Stato che, come riportato di recente in un articolo speditomi da un lettore di questo sito "NON PUO’ PROCESSARE SE STESSO".

Poi ho scelto di restare anche se, scusandomi con l’autore del libro e con in presenti, non ho potuto fare a meno, appena mi hanno data la parola, di comunicare a tutti i presenti la notizia che aveva appena appreso. La notizia, cioè, dell’assoluzione in fase di udienza preliminare, senza neppure passare alla fase dibattimentale del processo, del Capitano Arcangioli dall’accusa di avere sottratto dalla macchina del Giudice Paolo Borsellino ancora in fiamme la borsa di cuoio contenenente l’ormai famosa Agenda Rossa nella quale il Magistrato appuntava tutti i suoi incontri e soprattutto i risultati degli interrogatori che in quei giorni conduceva con collaboratori di Giustizia quali Vincenzo Calcara, Gaspare Mutolo e Leonardo Messina.

Collaboratori che che gli stavano permettendo di squarciare il velo sulle collusioni tra mafia e politica, tra mafia e servizi segreti deviati, tra mafia e pezzi delle Istituzioni, tra mafia e mondo dell’imprenditoria e degli appalti.

Ho preso lo spunto, nel comunicare la notizia, dal sottotitolo del libro "La vita del politico e dell’uomo che sfido’ la mafia" per dire che purtroppo in questo nostro disgraziato paese non sono mai lo Stato, la politica o le Istituzioni nel loro complesso a sfidare la mafia, è sempre una parte delle Istituzioni o peggio addirittura un singolo uomo o singoli uomini a condurre questa sfida contro la mafia o la criminalità organizzata, e questo consente a queste organizzazioni, grazie alla loro eliminazione, favorita dall’isolamento a cui quasi sempre vengono prima sottoposti, di risultare alla fine vincenti in questa lotta o rimandarla per anni, fino al prossimo magistrato, poliziotto o giornalista costretto, suo malgrado, a diventare un eroe a causa proprio della solitudine in cui conducono la loro lotta. A fronte del sacrificio di questi uomini lo Stato è quasi costretto per qualche tempo e sulla spinta dell’indignazione dell’opinione pubblica, che ha bisogno di sangue e morti per svegliarsi dalla propria cronica indifferenza, ad approvare leggi restrittive e di contrasto alle associazioni mafiose, come la confisca dei beni mafiosi e dello stesso reato di associazione mafiosa dopo l’assassinio di Pio La Torre o come il 41 bis e la legislazione sui collaboratori di Giustizia dopo le stragi di Capaci e di Via D’Amelio.

Poi a poco a poco e sulla spinta degli uomini e delle vere e proprie lobbies mafiose infiltrate nello Stato e nello stesso Parlamento si torna indietro, sino al prossimo "eroe" ed alla prossima strage.

Giorni fa ero stato convocato alla Procura di Caltanissetta dal Pubblico Ministero Rocco Liguori per essere sentito quale persona informata dei fatti proprio in vista dell’apertura di questo nuovo procedimento dopo che per ben tre volte la Procura aveva richiesto l’archiviazione dell’inchiesta nel quale Arcangioli era imputato per false dichiarazioni. Il Gip Ottavio Sferlazza aveva però per altrettante volte respinto l’archiviazione ed alla fine richiesto l’incriminazione di Arcangioli perchè la sparizione dell’agenda risultava, addirittura anche da prove fotografiche, ascrivibile all’ufficiale, aggravandone anche l’accusa con quella di favoreggiamento dell’associazione mafiosa.

L’impatto con il Palazzo di Giustizia di Caltanissetta non era stato dei migliori, all’arrivo, non conoscendone l’ubicazione avevo chiesto a dei passanti dove si trovasse. Mi era stato risposto da due persone diverse con due frasi premonitrici: uno mi aveva detto che avrebbe semmai potuto indicarmi il Palazzo dell’Ingiustizia, l’altro mi aveva risposto, in dialetto: "U palazzu ’i Giustizia sta dda darreri, a Giustizia u ’nna circassi ddocu, sta a n’autra banna, u n sacciu mancu runni" (Il palazzo di Giustizia sta la dietro, la Giustizia non la cerchi li, sta da un’altra parte, non so neanche dove).

Il Palazzo di Giustizia, alle quattro era deserto, mi sono aggirato in un’atmosfera Kafkiana per trovare qualcuno, mentre riflettevo sul fatto che mio fratello usava alzarsi, per il suo lavoro, alle 5 del mattino (anche se, scherzando come era suo solito, diceva che lo faceva "per fottere il mondo con due ore di anticipo") e che io, anche se per un altro tipo di lavoro, e non solo per lavoro, passo dalle 14 alle 18 ore al giorno davanti al computer.

Al PM ho portato delle carte, avute da uno dei collaboratori di giustizia con i quali Paolo era in contatto nel periodo immediatamente precedente il suo assassinio, che comprovavano il fatto che Paolo usasse riportare il risultati dei suoi colloqui nella sua Agenda Rossa sparita:

"La prima domanda del Dr. ............ è questa: ’Secondo Lei chi può essere stato a fornire notizie così riservate che sapeva soltanto il Dr. Borsellino? Come è possibile che un ’giornale serio’ come il Corriere della Sera ha la certezza che lei è al corrente di certi MISTERI peraltro abbondantemente riscontrati? E che solo il Dr. Borsellino e pochissime persone sapevano?.......’." "Prima di rispondergli guardo il Dr. Borsellino per vedere almeno la Sua espressione, ma Lui subito mi dice: ’Continua da dove eravamo rimasti l’altra volta, anzi per essere più precisi ti dico io dove eravamo rimasti’. " "Prende la sua borsa di cuoio (mi sembra marrone) ed estrae la solita Agenda Rossa dove di solito si appuntava le cose più importanti che gli dicevo. Apre l’Agenda, sfoglia alcune pagine (non posso fare a meno di notare che le pagine erano piene della sua scrittura) e mi dice: ’Ecco qua cosa mi hai detto l’ultima volta: ’Tramite il Lucchese sono venuto a conoscenza che all’interno dei Servizi Segrati deviati e all’insaputa del Triumvirato con a Capo l’On ....... si era formata una corrente di uomini che osteggiamo totalmente sia l’On. ...... che il suo braccio destro. Questi uomini erano fidatissimi (non a ...... e neanche al suo braccio destro ma erano fidatissimi al TERZO RAPPRESENTANTE del TRIUMVIRATO che voleva prendere il posto dell’On. ...... e sostituire con un altro uomo di fiducia il braccio destro di ....... . Ricordo anche che il Lucchese mi disse che questo rappresentante del TRIUMVIRATO era SICILIANO.’" "Dopo che il Dr. Borsellino ebbe finito di leggere ciò che gli avevo detto mi dice ......"

E ancora : "Queste cose le sapeva soltanto il Dr.Borsellino che indagava in segreto. Addirittura li riteneva così importanti e pericolosi al punto di ritenere di non metterne neanche a conoscenza sia il Dr. ...... che il Dr. ..... per la loro incolumità. Il Dr. Borsellino mi dice: Oltre a me a chi hai parlato del ....... Rispondo a NESSUNO! Come Lei sa, al Maresciallo ...... oltre ad avergli accennato dei ...... gli ho anche accennato il fatto del .......... " "Il Dr. Borsellino ha fatto una smorfia di rabbia e con occhi scintillanti mi dice: questi sono segnali che non mi piacciono! Mi dice anche: Speriamo che non rubino il cadavere che hai seppellito. Adesso mi attivo perchè tu possa essere portato nel luogo dove si trova il cadavere. Di li a poco il Dr.Borsellino viene ucciso!"

E ancora : "Al Notaio ......, in qualità di Notaio, gli venivano affidati ingenti beni immobili sia della Chiesa come da potenti uomini delle istituzioni. Il Dr. Borsellino l’ha saputo riscontrare! Questi riscontri li ha scritti nella sua AGENDA ROSSA".

Questo è tanto altro è quanto è stato fatto sparire insieme all’Agenda rossa di Paolo e adesso che c’era finalmente, dopo ben sedici anni, l’occasione di avere un processo, che fosse mandata avanti in fase dibattimentale una inchiesta fondamentale per arrivare alla verità, tutto viene fermato.

Lo stesso PM che in precedenza voleva chiudere l’inchiesta aveva al contrario sollecitato il rinvio a Giudizio di Arcangioli ma un altro Giudice si è accontentato di generiche dichiarazioni dello stesso Arcangioli che per l’ennesima volta ha fornito versioni discordanti con le precedenti attribuendo allo choc di avere visto poco prima il corpo straziato di Paolo i suo ripetuti cambi di versione e le sue amnesie. Giustificazioni contestabili già da una semplice osservazione del video nel quale si vede Arcangioli, per nulla in stato di choc, allontanarsi tranquillamente con la borsa contenente l’agenda in mano e con l’atteggiamento tranquillo di chi non vuole dare nell’occhio per potere portare a termine il suo incarico. Evidentemente Mancino ha fatto scuola, le amnesie bastano per non mandare avanti indagini tese ad arrivare la verità e per non istituire quella Commissione Parlamentare di Inchiesta che potrebbe, forse e se non finisse come tante altre che la hanno preceduta, togliere il velo su questa ennesima strage di Stato. Ma forse ha ragione quel lettore di questo sito "LO STATO NON PUO’ PROCESSARE SE STESSO" Forse questo giudice così solerte nell’affossare, addirittura in fase di udienza preliminare, questa inchiesta negando un processo che costituiva un sacrosanto diritto di tutti i cittadini italiani, ha imparato la lezione impartita dalla politica e dal ventre molle della magistratura con i casi De Magistris e Forleo, meglio stare zitti e aspettare gli avanzamenti automatici di carriera piuttosto che la cercare la verità.

Mia sorella Rita dice di essere turbata da questa sentenza ma di volerne aspettare le motivazioni. Io, nonostante speri ancora che una Procura nella quale finalmente si insiederà un Procuratore Capo della quale è stata per troppo tempo tenuta priva, proponga un indispensabile appello alla Cassazione contro di essa, non credo che neanche chiedendo aiuto al giudice Carnevale possa essere messa in piedi una plausibile motivazione di una sentenza che non esito quindi, fin da ora, a definire INDEGNA del concetto stesso di GIUSTIZIA. Fido nel fatto che lo stesso procuratore reggente di Caltanissetta Renato Di Natale abbia dichiarato : "E’ stata una decisione inaspettata soprattutto dopo l’imputazione coatta che era stata disposta dal gip".

Salvatore Borsellino

pubblicata sul sito www.19luglio1992.com


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