L’ultimo saluto alla ragazza uccisa in Turchia
I funerali di Pippa Bacca a Milano
Presenti anche il sindaco Moratti e Barbara Pollastrini.
La cerimonia si è chiusa con canti e cori sul sagrato *
MILANO - Si sono svolti a Milano i funerali di Giuseppina Pasqualino Di Marineo, l’artista milanese in arte Pippa Bacca, violentata e uccisa il 31 marzo scorso in Turchia. La processione funebre, alla quale hanno preso parte centinaia di persone, è partita dalla casa di famiglia in corso Garibaldi. La bara era coperta da un drappo verde così come nella via erano i lumini accesi dello stesso colore e tantissimi partecipanti indossano un capo d’abbigliamento o un fazzoletto o una sciarpa verde, il colore preferito dell’artista di 33 anni.
PRESENTI LA MORATTI E BARBARA POLLASTRINI - Alla cerimonia hanno partecipato anche il sindaco Letizia Moratti. Poco prima di entrare nella chiesa di San Simpliciano, la mamma di Pippa Bacca, Elena Manzoni, sorella del celebre artista Piero, ha ringraziato tutti e ha chiesto che « il messaggio di Pippa non sia dimenticato e che sia portato avanti da tutti: la fiducia negli altri e la volontà di pace». Anche il ministro uscente Barbara Pollastrini ha preso parte ai funerali. L’omelia funebre è celebrata da Don Giuseppe Angelini che ha sottolineato come «sia angusto lo spazio del dolore fra chi ha lodato il coraggio e l’audacia di questo viaggio di speranza e chi invece ne ha rilevato la temerarietà».
CANTI E CORI SUL SAGRATO - I funerali sono poi terminati con una vera e propria festa, con un brindisi fra canti e cori - da una tarantella napoletana all’Internazionale fino a una raffinata «Summertime». Dopo la celebrazione ufficiale nella chiesa di San Simpliciano, completamente gremita, altre centinaia di persone hanno ricordato così l’artista uccisa in Turchia sul sagrato e nella piazza.
* Corriere della Sera, 19 aprile 2008(ultima modifica: 20 aprile 2008)
Un’idea che non sia pericolosa non merita affatto di essere chiamata idea (Oscar Wilde)
A Pippa
Abito bianco
per andare a nozze con la tua morte
e con quella di noi tutti
Ti sei vestita di bianco
ma siccome la tua anima mi sente
ti vorrei dire che la morte
non ha la faccia della violenza
ma che è come un sospiro di madre
che viene a prenderti dalla culla
con mano leggera
Non so cosa dirti
io non credo nella
bontà della gente
ho già sperimentato tanto dolore
ma è come se vedessi la mia anima
vestita a nozze
che scappa dal mondo
per non gridare
Alda Merini
Via Dogana
Pippa Bacca: a che prezzo, a che pro
di Luisa Muraro *
Non è un fatto di cronaca, oppure sì, di quelli che un giorno serviranno a scrivere la vera storia di donne e uomini, e questo è già pronto.
“Voleva raggiungere Gerusalemme”, dicevano di Pippa Bacca, quando ne fu denunciata la scomparsa, e pensai alla Crociata dei fanciulli (1212), quasi senza pensarci, come se anche questa fosse una di quelle vicende tristi e favolose che la storia s’inventa e su cui ci lascia fantasticare. Anche lei, come loro, alla ventura, verso l’Oriente, nel trasporto di un sogno, con quello slancio che hanno i fanciulli, non più creaturine attaccate per istinto agli adulti, non ancora adulti preoccupati del proprio benessere. Si era ai primissimi giorni di aprile e i giornali avevano cominciato a pubblicare immagini e notizie dello strano viaggio di Giuseppina Pasqualino di Marineo, il suo nome anagrafico. È partita l’8 marzo, dicevano, insieme all’amica Silvia Moro, entrambe vestite da spose, in autostop, dall’Italia ai paesi dei Balcani fino alla Bulgaria e da lì, purtroppo non più insieme, in Turchia per ritrovarsi poi in Libano e raggiungere Gerusalemme.
Poi ho capito che non era una favola. Voleva essere un atto teatrale e politico per la pace dei popoli, un lunghissimo atto unico che metteva in scena la fiducia di due giovani donne e l’accoglienza loro riservata, lungo il percorso. Con un sito per seguirlo e un titolo: Brides on tour (spose in viaggio).
Poi sembrò che tutto fosse finito, il teatro come la favola, allorché, il 31 marzo, Silvia Moro fece sapere che aveva perso il contatto con l’amica e le ricerche portarono, dieci giorni dopo, alla scoperta del corpo di lei, seguita dall’arresto dell’uomo che l’aveva uccisa, Murat Karatash. L’uomo, reo confesso, l’aveva raccolta in autostop, aveva mangiato con lei e poi l’aveva violentata e uccisa. Presa e buttata, così come certi strappano i fiori che sporgono dai giardini o spuntano dai fossi umidi. Aveva 33 anni, un’età che un certo tipo di persone non riesce a oltrepassare.
Ma non è vero che fosse tutto finito. Tant’è che il manifesto, che non ha pagine destinate alla cronaca, ha scelto giustamente che a parlare del fatto fosse Arianna Di Genova, critica d’arte, sulle pagine intitolate “Visioni”. La storia, infatti, è riuscita a riscattarsi dagli aspetti più penosi e ha preso la forma di un’opera d’arte. Ora Pippa Bacca è compiutamente quella che ha voluto e aveva cominciato ad essere, un’artista, e non si dica che è stata la morte, la morte non ha fatto che annodare insieme fili che hanno i colori della vita.
In ciò ha contato non poco la risposta della Turchia, che è stata di una qualità speciale, non saprei dire di più, salvo che, nello specchio di questa risposta, l’impresa della giovane artista milanese ha assunto una grandezza nuova. Parliamo di un paese che aspira a entrare nella comunità europea e lotta per migliorare l’immagine che se ne ha all’estero: c’era questo nei gesti pubblici, ma li dettava un sentimento vero. Come lo so? Ce lo garantisce il contesto.
Un grande ruolo ha avuto la madre, Elena Manzoni insieme alle figlie, ben cinque con Pippa, sorelle unitissime fra loro, da lei portate, ancora bambine, in pellegrinaggio a Santiago de Compostela. Nel susseguirsi degli avvenimenti, fino al funerale celebrato il 19 aprile, nell’antica basilica di San Simpliciano, all’insegna della festa pura, quasi fanciullesca, la madre ha costantemente parlato, agito e, credo che si possa dire, sentito, con una serenità stupefacente, sempre accettante verso le scelte di Giuseppina, come lei naturalmente la chiama. “Poteva accadere ovunque”, è stato il primo commento pubblico di Elena Manzoni, che ha indirizzato i mass-media nel senso di rivolgere l’attenzione verso la figura e il progetto della figlia. “La sua è stata una prova di fede nella pace e nell’accoglienza dei popoli”, ha detto ancora, e come tale ci chiede di vederla. Ora, insieme alle figlie, prepara una mostra dell’opera di Pippa, che l’ambasciatore turco, presente ai funerali, ha chiesto di portare anche nel suo paese.
Dopo il funerale, sul sagrato di San Simpliciano (una chiesa associata alla figura della grande Guglielma Boema), mescolate alla folla, c’erano alcune autorità di Milano, la sindaca Letizia Moratti in testa. Se avesse potuto parlare, Pippa avrebbe chiesto loro (a suo tempo lo aveva effettivamente chiesto) di recuperare la Casa degli artisti, un luogo affascinante, a lei caro, da decenni in un miserevole stato di abbandono. Le autorità hanno promesso targhe, celebrazioni e onorificenze, e a chi ha ricordato loro il desiderio della giovane donna, hanno risposto “magari”, che è la quintessenza dell’italiano intraducibile.
La vicenda è stata molto seguita e commentata, specialmente a Milano, e alcuni commenti sono stati di critica: una dovrebbe sapere..., non ci si può esporre... Commenti che trovo ammissibili e ai quali vorrei rispondere. Sì, è vero, lei si è esposta a rischi non trascurabili, ma non più grandi di quelli che fanno scalate, corrono a Monza, volano in deltaplano. Con la differenza che lei ci ha messo più inventiva e più generosità, offrendo qualcosa di bello e insolito alla nostra fruizione (parola che ha la radice del “dolce frui” del Paradiso di Dante). Non sono una difensora della libertà femminile che, insofferente di limitazioni, sfida il buon senso.
Però dico: c’è libertà femminile, oggi, vogliamo farne qualcosa che non sia solo stare un po’ meglio o misurare quello che ancora manca? Pippa Bacca ha investito questa libertà come meglio sapeva fare, in una testimonianza politica cui ha dato forma d’opera d’arte, pagando un prezzo alto, che alza il valore dell’opera. Altrimenti, a che pro? Come disse una volta Luce Irigaray: se è solo per me, tanto valeva restare fra le mura domestiche a fare le ottime cose che hanno saputo fare le nostre antenate. Sia detto senza ombra di riprovazione, per incoraggiamento.
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Pippa Bacca, 11 anni dal sogno spezzato
L’artista viaggiatrice protagonista del doc di Simone Manetti
di Redazione ANSA (ROMA 26 agosto 2019, ripresa parziale).
MILANO - Il sorriso timido ma assieme forte, la grazia del suo abito da sposa bianco che non temeva la polvere delle strade in autostop, il messaggio potente di pace interrotto da una cieca e brutale violenza. Undici anni fa un uomo orco uccideva in Turchia Pippa Bacca, l’artista viaggiatrice ma non il suo messaggio di amore verso il prossimo.
Assieme alla collega Silvia Moro Pippa Bacca portava la performance Spose in Viaggio - Brides On Tour come simbolo di condivisione, scambio e apertura attraverso i paesi sconvolti dalle guerre e dalla povertà: dall’ex Jugoslavia alla Bulgaria, dalla Turchia alla Siria, dal Libano all’Egitto, dalla Giordania alla Cisgiordania e Israele.
Il 27 agosto alle 22.00 su Crime+Investigation (in esclusiva su Sky al canale 119) arriva "Sono innamorato di Pippa Bacca", il documentario diretto da Simone Manetti che racconta la storia di questa straordinaria donna.
Giuseppina Pasqualino di Marineo, in arte Pippa Bacca, nipote dell’artista Piero Manzoni, era cresciuta a Milano in una famiglia anticonformista. Lavorava in un call center per finanziare i suoi progetti artistici. Era partita l’8 marzo del 2008 da Milano, assieme alla Moro, vestita da sposa. Un viaggio di 6000 km da percorrere per celebrare il matrimonio tra i popoli e dimostrare che dando fiducia al prossimo si riceve solo bene. Tappa finale: Gerusalemme, dove le due spose avrebbero concluso l’impresa con una performance che le avrebbe viste lavare i loro abiti per eliminare simbolicamente le scorie della guerra.
Un progetto complesso, con le protagoniste in scena 24 ore su 24, nei loro abiti nuziali. Pippa aveva anche riservato alle ostetriche il rito della lavanda dei piedi, asciugandoli con la mantellina dell’abito nuziale, in un rituale di omaggio e gratitudine poiché aiutano con il loro quotidiano lavoro la nascita e la vita anche in mezzo all’orrore. In Turchia le due artiste si erano separate temporaneamente. Avrebbero dovuto riunirsi a Beirut ma a Gebze Pippa viene violentata e uccisa il 31 marzo del 2008 a 33 anni.
Per la prima volta parla Silvia Moro, che ha accompagnato
l’artista-performer Pippa Bacca, uccisa in Turchia
"Continuerò il mio viaggio di pace
non basta un mostro per fermarlo"
di AMEDEO NOVELLI *
MILANO - Silvia Moro è l’artista-performer che accompagnava Pippa Bacca, uccisa in Turchia ai primi di aprile. Per la prima volta dopo la tragedia (e dopo i funerali-festa) spiega il senso di un progetto (Brides in Tour) che ha attirato molte critiche e polemiche.
Come è nato Spose in viaggio? "Il progetto è nato da un incontro con Pippa. Tutto è cominciato dall’immagine di una sposa in viaggio in autostop. Sebbene avessi meno esperienze di viaggi di questo tipo, rispetto a quella ormai consolidata di Pippa, come folgorata dall’idea di questa sposa errante ho accettato la sua proposta senza esitazioni".
Il vestito da sposa è l’elemento simbolo. Qual è il vero senso di questa scelta? "L’abito da sposa, anzi la figura della sposa è un’immagine con un altissimo potere simbolico. Un potere così grande che l’abito bianco è diventato un’icona capace di oltrepassare i suoi confini religiosi. L’abito da sposa è soprattutto il simbolo del matrimonio fra la terra e il cielo, fra le genti, le culture e le diversità. Anche il fatto di essere in due ha poi un suo significato, perché il due è il numero del femminino, del procedere, dell’incontro con l’altro e con la diversità. Due spose intenzionate ad incontrare, a conoscere aspetti dell’universo femminile nei paesi che avrebbero attraversato nel loro viaggio, molti dei quali ancora sconvolti da guerre e conflitti più o meno recenti. Perché la sposa è anche un simbolo di purezza, capace di generare la vita".
LE IMMAGINI: IL VIAGGIO DI PIPPA BACCA E SILVIA
Quali erano gli obiettivi? "Questa lunga performance, questo viaggio in autostop attraverso i paesi sconvolti dalle guerre era finalizzato alla diffusione di un messaggio di pace, di fiducia nelle persone che avremmo incontrato lungo il nostro percorso. Volevamo essere testimoni dei rapporti di reciprocità fra le diverse culture, con particolare riferimento alla figura e al ruolo femminile, raccogliendo documentazioni scritte, ma anche video e fotografie di questi incontri, delle vite, dei lavori e delle condizioni delle donne. E come in una vera performance eramo pronti alle variabili dei luoghi pubblici, dove lo spettatore e l’artista si confondono".
Ostetriche e ricamatrici, perché? "Pippa ha individuato come punto nodale della sua ricerca artistica un gesto altamente simbolico: lavare i piedi alle ostetriche per onorare il mestiere più antico del mondo , che rende possibile la nascita. Registrando le loro voci le invitava a spiegare cosa significava per loro la nascita, la vita a cui loro stesse contribuivano ogni giorno col loro mestiere. Un incontro e un confronto sereno che quasi sempre faceva emergere anche le loro paure, le loro gioie e le loro sensazioni al momento in cui diventavano madri a loro volta".
"Prima di incontrare Pippa alcune di loro erano perplesse, quasi diffidenti, perché non comprendevano il significato del lavare loro i piedi. Come d’incanto però, giunte di fronte a Pippa era come se scattasse qualcosa in loro: le vedevo sedersi in totale fiducia, affidare i propri piedi alle mani della mia compagna, rispondere alle domande, emozionarsi, donandole a volte alcune risposte del tutto sorprendenti".
Come è nata invece l’idea del ricamo? "Io ho scelto di incontrare le ricamatrici locali e le artiste perché il ricamo è da sempre un elemento centrale degli abiti da sposa e non solo. Desideravo che le ricamatrici facessero degli interventi sul mio abito affinché esso stesso diventasse la testimonianza della contaminazione fra le culture con cui sarei entrata in contatto durante il viaggio".
"Ho visto così il mio abito cambiare giorno dopo giorno, grazie a mani e pensieri diversi, trasformandomi da "sposina" occidentale in una figura che era in qualche misura la sintesi di tutte le spose. Presto ho anche scoperto che il mio stesso abito era diventato un mezzo di comunicazione: alle donne che incontravo potevo spiegare il nostro percorso e il progetto anche solo mostrando i ricami via via aggiunti all’abito originale"
"Tutti i nostri incontri sono avvenuti all’interno di abitazioni private, di ospedali oppure presso una serie di gallerie d’arte come è successo all’Alkatraz a Ljubliana, al Museo di Arte Contemporanea di Banja Luca, al Some Space e Ars Aevi a Sarajevo, al Magazin in Kraljevica Markain a Belgrado, e all’Artik e BM Suma a Istanbul".
Dopo quanto accaduto a Pippa, molti hanno criticato soprattutto la scelta dell’autostop. "Abbiamo optato per questo modo di viaggiare perché presuppone una scelta di fiducia nel prossimo che ti permette di entrare in contatto diretto con le persone del luogo. Perché è un mezzo lento e senza mediazioni economiche".
LE FOTO DEI FUNERALI DI PIPPA BACCA
Che tipo di persone si fermavano per darvi un passaggio? "Direi che non è possibile tracciare un profilo unico, anzi la meraviglia che scaturiva era data dal fatto che nel nostro percorso siamo state aiutate od ospitate da ogni genere di persone: contadini, studenti, lavoratori, camionisti ma anche manager o uomini d’affari.
E cosa pensavano vedendo voi due sul ciglio della strada di bianco vestite? "Qualcuno ci scambiava per due angeli, qualcuno per due spose in fuga, altri ancora si fermavano proprio per chiederci che cosa ci facessimo nel mezzo della Bosnia vestite da sposa e in autostop. Alcuni, invece, senza fare domande ci davano un passaggio per la semplice ragione che lo si deve fare e basta".
"Qualcuno per esempio si è spinto 120 km oltre il proprio percorso, pur di accompagnarci sino alla frontiera. Altri ci hanno offerto pranzi in meravigliosi villaggi di cui non conoscevamo nemmeno l’esistenza. Una volta, perfino un tassista ha rinunciato al suo guadagno e ci ha accompagnato nei pressi della nostra meta. Qualcuno ci ha addirittura fatto fare più di una deviazione pur di farci incontrare la propria comunità. Perfino in un’area di servizio in mezzo al nulla abbiamo trovato persone desiderose di incontrarci, di parlare con noi anche se solo attraverso gesti e parole".
Dove dormivate e chi vi ospitava di solito? "Siamo riuscite a sviluppare gran parte dei contatti prima della partenza, grazie alla collaborazione di amici che contattavano altri amici, all’appoggio di associazioni. Talvolta le gallerie d’arte stesse hanno procurato una stanza in albergo, grazie alla rete Servas, un network di ospitalità internazionale che non ha fini di lucro. In questo modo siamo state ospitate dalle persone più disparate: pensionati, artiste, sognatori ma anche tante persone "normali". La gran parte delle persone ci ha ospitate senza conoscerci e senza nemmeno immaginare che cosa potesse significare ospitare due spose in viaggio".
Quali sono le sue considerazioni oggi? "Il valore e il significato del nostro progetto è stato confermato giorno dopo giorno dalla ricchezza dei nostri incontri. La performance non portava avanti un messaggio di protesta ma ha sempre avuto come unico obbiettivo l’incontro con l’altro attraverso la fiducia, per raccontare le persone, le differenze e il loro superamento come fonte di arricchimento e non come limite.
Viaggiare con mezzi semplici è importante, mette concretamente in relazione le persone nella condivisione di un tragitto, di un silenzio, di un sorprendente paesaggio, di un thè o di un pasto. Allontanarsi dai voli in business class per viaggiare a piedi consente di comprendere dove ci si trova e, comprendere il "dove", permette di accettare le diversità e di viverle come punto di partenza per la costruzione di relazioni pacifiche.
Poi però a Pippa è successa una cosa terribile. Non pensi che questo cambi un po’ le cose? "La tragica morte di Pippa ovviamente dimostra quanto possa essere ancora pericoloso e difficile cercare di mettere in pratica relazioni pacifiche e costruttive nel nome delle diversità, ma non bisogna arrendersi. Ora più che mai, non dobbiamo avere paura del prossimo, dobbiamo andare avanti, continuare a superare barriere politiche e culturali cercando di entrare in contatto con le persone, condividendo per quanto possibile la loro vita, le loro abitudini e la loro cultura".
Riesce a pensare alla morte di Pippa? "In questo momento in me c’è il rifiuto che questo viaggio, che parla di matrimonio fra le genti, sia stato interrotto da un mostro. Ma i mostri non hanno nessun passaporto né nazionalità. Sono una milionesima minoranza che non deve assolutamente impedirci di andare avanti a ribadire l’importanza dell’incontro in nome delle diversità, della loro comprensione e della loro accettazione. Dobbiamo usare qualsiasi mezzo possibile a nostra disposizione per parlare di pace e rifiutare qualsiasi forma di guerra e di violenza sulla terra. Pippa ci ha lasciato qui ora con molti quesiti, in questo indiscutibile dolore, sorprendendoci per come, suo malgrado, stia assolvendo al ruolo di artista, che, destabilizzando le nostre certezze, ci spinge violentemente a chiederci che cosa sia arte, che cosa sia vita e che cosa sia pace. E ci lascia il compito di non arrenderci alle forti contraddizioni che il vivere stesso ci presenta".
Cosa ne sarà del vostro progetto, del vostro viaggio? "Nel nostro progetto iniziale avevamo pensato a una serie di mostre in Italia ma volevamo anche sviluppare un’esposizione itinerante conclusiva presso le gallerie e i musei che ci avrebbero via via ospitato durante il nostro tragitto dall’Italia alla Palestina. Io sono fortemente determinata a far sì che tutto ciò diventi realtà".
Il viaggio delle spose riprenderà là dove si è interrotto? "Oggi credo ci sia bisogno di riposo e silenzio. Ma ogni giorno di più mi vado convincendo che per onorare il nostro progetto e le intenzioni di Pippa, sia doveroso non interromperlo a Istanbul. Se non arrivassi in Israele mi sembrerebbe di tradire la mia compagna e con lei tutte le persone che abbiamo incontrato, tutte le persone che hanno creduto al messaggio che stavamo diffondendo. Al momento però non so dirvi né come, né quando. Posso solo anticipare che, sparse lungo il nostro tragitto, diverse artiste si sono dette intenzionate a indossare l’abito da sposa per completare questo viaggio interrotto".
* la Repubblica, 21 aprile 2008 - ripresa parziale
Pippa, addio in festa. Il dolore si veste di verde
di Davide Carlucci *
Mille persone vestite di verde in corteo, con la banda degli Ottoni a scoppio che suona marce popolari, e un funerale riflessivo e festoso: così Milano saluta Pippa Pasqualino di Marineo, in arte Pippa Bacca, artista morta a 33 anni in Turchia mentre viaggiava vestita da sposa per una sua performance. Ma la città vuole ricordarla anche in futuro e le proposte si sprecano: con un Ambrogino d’oro, come propone il sindaco Letizia Moratti - anche lei, come tutti, con qualcosa di verde addosso, un foulard - o, in alternativa, dedicando a lei Palazzo Dugnani, il luogo dove si celebrano i matrimoni.
Ma c’è chi parla di una candidatura al Nobel per la pace, proposta caldeggiata dal ministro alle Pari opportunità Barbara Pollastrini. Vittorio Sgarbi, assessore alla Cultura, ricorda di aver conosciuto Pippa quando andò a trovarlo per perorare la causa della Casa degli artisti, in corso Garibaldi, per chiedere che fosse vincolata e destinata agli artisti. «Il soprintendente mi ha scritto - assicura Sgarbi - per dirmi che sì, il vincolo memoriale ci sarà».
Quando la bara è già fuori dalla chiesa di San Simpliciano, avvolta nel suo drappo verde, un sole gagliardo esplode e benedice questo strano funerale che si trasforma in festa. «Ha visto che organizzazione? Era tutto previsto, anche il sole: l’ha voluto lei», sorride Elena Manzoni, madre di Pippa e sorella di Piero, artista dalle mille provocazioni (sua la celebre "merda d’artista"). La banda intona "Te voglio bene assaie" e un’amica batte le mani piangendo. Il sublime è questo, il mescolarsi di gioia e dolore. E questo hanno voluto dire i suoi cari: la vita può essere arte, messaggio di pace, come nel viaggio di Pippa, e anche il funerale, la morte, è prosecuzione di quell’opera.
Ma quel che davvero rimarrà di questa ragazza che aveva un sorriso per tutti sarà il suo messaggio d’amore. In chiesa il console turco si avvicina alla madre e chiede di poter ospitare anche in Turchia la mostra dedicata a lei: «Sì - promette Elena Manzoni - quando sarà pronta la porteremo in giro per il mondo, anche in Turchia». E lo scandalo del viaggio di Pippa viene interpretato dai preti che celebrano le esequie come un modo, seppur originale, di parlare di Dio, di aver fiducia negli altri: «Pippa cercava la festa - dice don Giuseppe Angelini - e il messaggio spavaldo, audace, del suo viaggio ci chiede di uscire dai luoghi troppo chiusi». E se per quest’apertura verso gli altri ha corso un rischio mortale, «la verità dello Spirito è sempre rischiosa» mentre «se continuate a vivere in difesa la terra rimarrà fredda, increspata dall’odio». Per questo «per ciascuno di noi c’è l’impegno a vivere come Pippa ci ha insegnato».
Scattano gli applausi ma il prete dice che non sono opportuni in chiesa. Nel funerale-festa di Pippa Bacca, però, tutto è diverso: la banda che suona l’Internazionale, i pugni chiusi, la presenza imbarazzata di Ignazio La Russa, gli amici che festeggiano con il vino, i palloncini, la madre che invita gli amici a raccontare barzellette. Tutto è spiazzante come una ragazza che viaggia in autostop in Turchia, vestita da sposa. «Sei stata imprudente - scrive un’amica in un messaggio - ma hai realizzato un sogno».
* la Repubblica/Milano, 20 aprile 2008.