In treno. Da Napoli a Casal di Principe il finestrino riesce a regalarti un’infinità di costruzioni. L’edilizia, da queste parti, non ha soluzioni di continuità. C’è sempre.
I binari sono lingue di ferro che tagliano questi posti a metà. Dopo Aversa sul tracciato ferrato che corre di fianco scorgo un giubbotto antiproiettile abbandonato. Segno che le pistole fanno parte del territorio.
A Casale la stazione ferroviaria si chiama Albanova, come il nome che i fascisti affibbiarono all’agglomerato edile che compone Casal di Principe, San Cipriano ed Aversa,
All’arrivo del treno non scende quasi nessuno. La biglietteria è chiusa da anni, il sottopasso è tela per gli artisti dello spray.
Ci accoglie Tina, una giovane cronista del Mattino di Napoli. Occhi scuri e attenti che ti raccontano Casale in pochi attimi.
Ed eccola la terra di Gomorra. Eccole le case di Iovine, Bidognetti, Zagaria, Schiavone. Un’urbanizzazione che regala scenari ondivaghi ad ogni angolo. Se guardi San Cipriano e pensi di essere a Isola Capo Rizzuto non fai fatica. Le case sono uguali. Il caldo pure. Poi, però, a razioni alterne, spuntano ville da un milione di euro. Strutture costruite col cruccio dell’onnipotenza. Statue, portali, facciate da Scarface. Già, Scarface. A Casal di Principe c’è proprio una villa che prende questo nome: Villa Scarface, confiscata a Walter Schiavone, fratello del boss Francesco detto Sandokan. Un gioiellino architettonico nato dalla passione per Tony Montana, il giovane Al Pacino che interpreta la parte del boss cubano nel film di De Palma.
Alloggiamo in un santuario. Ultimo palazzo di un posto dove l’edilizia sembra non finire mai. Dopo c’è un’immensa distesa di campi che non regalano l’orizzonte. Tina ci spiega che un pentito ha parlato di rifiuti tossici seppelliti sotto questa terra. Intanto percorriamo una strada che scopriamo essere di confine. Le case alla nostra destra appartengono a Casal di Principe, quelle a sinistra a San Cipriano. Così i cittadini caricano le auto della loro spazzatura e la scaricano sull’asfalto. Non è terra di nessuno. Chi la raccoglie?
Di fronte a Santuario c’è un bar. Quattro anziani giocano a briscola. Un cartello con su scritto “Cedesi attività” rende tutto più triste.
Dietro al banco c’è un signora vestita a lutto. Occhi e capelli neri. Come Tina. Come un po’ tutte le donne di questi posti. In alto ti spiazza la foto di un uomo che non ci sarà più. Probabilmente il marito.
“Che state qua in ritiro?” Non capisco se la barista ci ha confuso per calciatori o per aspiranti preti. Ma i capelli di Emiliano Morrone lasciano poco spazio alle due soluzioni. In realtà sa già chi siamo e perché veniamo. A Casale sono i giorni di “Le Terre di don Peppe Diana”, il prete ucciso dalla camorra. “In realtà i giornalisti hanno rovinato Casale.” Proviamo a farle qualche domanda. “La Camorra? E dov’è?. Quando ci stava la Camorra di un tempo qua non succedeva niente”. Gesticola, mi fissa dritto negli occhi, ha rabbia: “Io me ne vado da qui, perché non si può più campare. Ogni giorno fanno i blitz, pretendono di mangiare gratis nel mio locale esibendo il tesserino delle forze dell’ordine. Intanto nel santuario (unico luogo attiguo al bar ndc) ci stanno le macchinette del caffé e degli snack. E io come campo? Me n’aggi a ‘i”. Si, ma Saviano... “E’ ‘nu strunz!”.
Il caffè comunque era buono, e Saverio Alessio accende l’ennesima Marlboro di una giornata interminabile.
Il dibattito sulla ‘ndrangheta comincia alle 20, con un’ora di ritardo. Siamo ospiti di Mario Caterino, detto “o’ botta”, boss di Casal di Principe latitante da anni. La sua villa, confiscatagli da un po’ di tempo, è un esempio del lusso e dell’inutilità. Ampie stanze, innumerevoli bagni, un muro di cinta che pare proteggere un antico castello. E poi una scala che si intreccia su se stessa.
Nel giardino ci stanno i cronisti locali, il direttore di Libera Informazione Roberto Morrione, un po’ di ragazzi. Era difficile aspettarsi di più.
La tensione sale ad ogni vespa che passa lì davanti. Comincio a strofinarmi i palmi delle mani.
Inizio ringraziando Caterino “o botta” per l’ospitalità, dicendo che l’avremmo voluto qui con noi... L’ex sindaco di Casale mi corregge alla fine: “Questa casa adesso è nostra”.
La discussione sulla Santa e sulla Calabria che sparisce dura un’ora buona. Emiliano e Saverio presentano il loro libro “La società sparente”. Poi tanta musica e mozzarelle di bufala squisite che Saverio definisce bioniche. Sarà pure la diossina, ma nel gusto senti la Campania che non puoi scordare.
Il pernottamento nel santuario passa veloce. La sveglia è all’alba. Abbiamo il treno ad Aversa che ci porterà a Roma. Il bar è ancora chiuso.
Ci accompagna Renato Natale, il metafisico, ex sindaco di Casal di Principe. Unico comunista al governo di questo posto. Lo faceva proprio mentre don Diana è stato ammazzato dalla Camorra. A lui lo Stato aveva deciso di dare la scorta, ma rifiutò. Ora è impegnato in azioni per la legalità. Con la sua Fiat Punto attraversiamo strade sconosciute. San Marcellino, poi Aversa, senza che le case smettano un attimo.
L’intercity pare averci aspettato per grazia. Comincia un altro viaggio. Aldilà del finestrino l’agro aversano si allontana. Le terre di don Peppe Diana si fanno sempre più distanti. Casale non si vede più. E’ sparente.
già pubblicato su Il Quotidiano della Calabria del 30 aprile 2008