INTERROGAZIONE A RISPOSTA SCRITTA
Al Ministero dell’Interno
Per sapere - premesso che: Pino Masciari è un imprenditore edile calabrese testimone di giustizia, sottoposto a programma speciale di protezione dal 18 ottobre 1997 (unitamente alla moglie Marisa Salerno e ai loro due bambini), che non si è piegato al racket, e ha denunciato, facendo arrestare e condannare decine di esponenti di primo piano del sistema ‘ndranghetista;
come testimone di giustizia sottoposto a protezione, è stato però protagonista di vicende particolarmente incresciose frutto di comportamenti omissivi tenuti da parte delle istituzioni preposte alla sua protezione, dei quali il più grave è certamente stato la revoca, da parte dello Stato, del programma di protezione, ma anche il mancato reinserimento lavorativo suo e di sua moglie, medico odontoiatra, incongruenze nel fornire le nuove generalità, errori nella gestione della sua sicurezza che lo hanno costretto, alcune volte, a rinunciare a fornire la sua testimonianza;
su tale vicenda è pendente da quasi quattro anni un ricorso di Masciari presso il TAR del Lazio contro le decisioni adottate per sancire la sua fuoriuscita dal programma di protezione;
il 23 gennaio 2009 è stata finalmente depositata dal Tar del Lazio una sentenza (n. 604/2009) in merito alla vicenda e alle denunce di Pino Masciari: dopo 50 mesi dalla presentazione del ricorso e dodici anni di “esilio” del ricorrente testimone di giustizia, il Tribunale Amministrativo Regionale del Lazio ha prodotto quindi una prima risposta per la famiglia Masciari;
si tratta comunque di una sentenza “interlocutoria“: il 23 Aprile è stata infatti convocata un’altra udienza pubblica in merito a nuova documentazione proposta dai Masciari;
la sentenza è però di straordinaria importanza perché innanzitutto riconosce a Pino Masciari il suo valore di testimone di giustizia fondamentale ai fini delle condanne di uomini della criminalità organizzata e del Sistema ad essa colluso; la sentenza riconosce altresì formalmente che il fallimento della ditta di Pino Masciari sia stato causato unicamente dal racket e dalla criminalità organizzata stessa; su questi due punti concorda pienamente anche il Ministero dell’Interno rafforzando le parole che l’ex Procuratore Antimafia Vigna pronunciò anni fa, parlando di Pino Masciari come del “più importante testimone di giustizia italiano”;
il valore della suddetta sentenza del Tar del Lazio è ancor più evidente in quanto fa emergere alcune lacune nel programma di protezione e quindi nella posizione della Commissione Centrale di Protezione ex art.10 della legge n.82 del 1991, avvalorando così tutto ciò che era stato evidenziato nella relazione sui testimoni di giustizia della Commissione Parlamentare Antimafia della scorsa legislatura e constatando come la Commissione Centrale debba essere prima di tutto un organo che accompagni i testimoni di giustizia nel loro percorso di reinserimento, imperniando l’attenzione sull’aspetto umano del Cittadino Testimone;
nel corso di un’audizione presso la Commissione Antimafia nel febbraio 2003, lo stesso Sottosegretario Mantovano sottolineava “il significato simbolico, oltre che oggettivo” di un progetto come il “PON sicurezza”, operativo nel Mezzogiorno, che metteva “a disposizione del testimone una concreta prospettiva di lavoro connesso in modo stretto con quell’ordine pubblico e quella sicurezza per la quale il testimone ha pagato qualche costo”; lo stesso Sottosegretario ricordava poi il caso del sindacalista Gioacchino Basile, la cui denuncia di infiltrazioni mafiose nei cantieri navali aveva portato a significative condanne, e che è uscito dal programma di protezione con un programma di reinserimento, al cui interno si collocava anche la sottoscrizione di un contratto con il PON sicurezza;
cosa ancora più importante, il tribunale amministrativo del Lazio sancisce che in relazione ad un programma di protezione non sia possibile stabilire una scadenza temporale predeterminata, in quanto ciò costituirebbe una contraddizione in termini. Un pericolo esiste o non esiste: è magari possibile stabilire il grado di pericolo, che può variare nel tempo; tuttavia è responsabilità e compito della Commissione Centrale di Protezione verificare l’effettiva condizione di pericolo e le misure necessarie attraverso indagini approfondite ed oggettive, seguite da relazioni dettagliate atte a tutelare senza incertezze o dubbi la sicurezza del Testimone e dei suoi famigliari;
se si decide di passare da un regime di protezione speciale a quello di protezione ordinaria (quello nel quale vive ogni singolo cittadino), saranno la Commissione Centrale e lo stesso Ministero dell’Interno, quindi, a prendersi la responsabilità della valutazione del pericolo del cittadino Masciari e della sua famiglia, del rischio che ne ha determinato la sottoposizione a programma di protezione; in termini concreti, quindi, la Commissione Centrale del Ministero dell’Interno è l’organo responsabile della vita della famiglia Masciari: e questo vale anche per la “vita” intesa come pieno reinserimento sociale, che è “dovuto” al testimone di giustizia; ad ogni modo, nelle relazioni presentate dal Ministero dell’Interno in merito ai chiarimenti chiesti dal Tar Lazio, persistono atteggiamenti assai poco corretti da parte delle istituzioni nei confronti di chi si è fidato dello Stato denunciando gravissimi episodi legati alla criminalità organizzata che tanto si vuole “estirpare”; nella relazione, infatti, nonostante si dichiari che la Commissione abbia condotto un’istruttoria “ineccepibile, pienamente conforme a legge, pervenendo ad adeguate e appropriate soluzioni”, il Ministero fornisce elementi di puro e arbitrario “giudizio” nei confronti di Pino Masciari; si afferma, tra l’altro, che “le complessive richieste del testimone inducono a ritenere che esse siano frutto di una valutazione più personale, tesa all’obiettivo di mantenere un apparato di uomini e mezzi a propria disposizione, che non di reali ed effettive esigenze di sicurezza”: affermazione che risulta essere molto grave, proprio perché fatta dall’istituzione che ha la responsabilità della vita della famiglia Masciari, e che dovrebbe incentivare le testimonianze delle persone offese dai vari reati commessi dalla criminalïtà organizzata;
se il Ministro non ritenga opportuno fornire ulteriori chiarimenti con riferimento al trattamento di Pino Masciari e della sua famiglia, anche alla luce di quanto affermato nella recente sentenza del Tar Lazio, e come intende agire in futuro per la tutela e, soprattutto, per il reinserimento del testimone di giustizia calabrese.