[...] Disobbedisco e disobbedirò perché credo nella Costituzione italiana, la quale, nell’articolo 2, "riconosce e garantisce i diritti inviolabili dell’uomo" - e quindi non solo dei cittadini di nazionalità italiana - e dichiara, nell’articolo 3, che "tutti i cittadini hanno pari dignità sociale e sono uguali davanti alla legge, senza distinzione di sesso, di razza, di lingua, di religione, di opinione politica, di condizioni personali e sociali".
Disobbedisco e disobbedirò perché il governo italiano e la maggioranza parlamentare che lo sostiene, proponendo e approvando tali norme, hanno compiuto un atto di barbarie che, disprezzando i diritti dell’essere umano, offendono la coscienza dell’umanità [...]
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"DISOBBEDISCO"
Appello alla disobbedienza civile
di Carlo Olivieri - umanista *
LA Camera dei Deputati ha approvato il primo dei tre maxiemendamenti al disegno di legge in materia di sicurezza, quello che riguarda l’immigrazione. La maggioranza dei Deputati ha approvato norme che introducono il reato di clandestinità per chi entra o soggiorna illegalmente in Italia, che rendono legali le ronde, che vietano alle straniere irregolari senza passaporto di riconoscere i propri figli, che aumentano a sei i mesi di permanenza nei centri d’identificazione ed espulsione. Con l’introduzione del reato di clandestinità, in particolare, tutti gli stranieri senza permesso di soggiorno rischiano di perdere i più semplici diritti fondamentali, come l’iscrizione all’anagrafe dei figli, mandarli a scuola, farsi curare da un medico e la possibilità di sposarsi.
Nella speranza che il popolo italiano insorga contro misure definibili, senza alcun dubbio, discriminatorie e xenofobe, io, cittadino della Repubblica Italiana, dichiaro, a chiare lettere e sin da ora, di non riconoscere questi provvedimenti approvati dal Parlamento italiano e la mia intenzione di disobbedire a tali norme ogni qualvolta si presenterà l’occasione.
Disobbedisco e disobbedirò perché credo nella Costituzione italiana, la quale, nell’articolo 2, "riconosce e garantisce i diritti inviolabili dell’uomo" - e quindi non solo dei cittadini di nazionalità italiana - e dichiara, nell’articolo 3, che "tutti i cittadini hanno pari dignità sociale e sono uguali davanti alla legge, senza distinzione di sesso, di razza, di lingua, di religione, di opinione politica, di condizioni personali e sociali".
Disobbedisco e disobbedirò perché il governo italiano e la maggioranza parlamentare che lo sostiene, proponendo e approvando tali norme, hanno compiuto un atto di barbarie che, disprezzando i diritti dell’essere umano, offendono la coscienza dell’umanità.
Disobbedisco e disobbedirò perché ripudio la violenza. Perché ritengo che ogni qualvolta si neghi l’umanità dell’altro, come inevitabilmente succederà con l’applicazione di questo disegno di legge, si sta compiendo un atto di violenza.
Disobbedisco e disobbedirò perché voglio vivere e voglio scegliere in che condizioni vivere. Perché non è possibile non scegliere: nessuno può evitare di scegliere e la non scelta tra condizioni è comunque una scelta.
Disobbedisco e disobbedirò perché tutti devono avere il diritto di affermare la propria intenzionalità. Intenzionalità negata, ora, anche per legge da chi, semplicemente perché nato e cresciuto nel benessere, si costituisce a pieno titolo oppressore e discriminatore.
Disobbedisco e disobbedirò, infine, perché la lotta per l’umanizzazione di questo paese e del mondo e per la liberazione dell’essere umano continuerà, da ora in poi, con più forza. Perché non c’è nulla che obblighi un essere umano ad accettare un altro essere umano al di sopra di sé.
Roma, 13 maggio 2009
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http://www.ipetitions.com/petition/disobbedisco/
http://www.helptochange.org/index.php?option=com_idoblog&view=idoblog&Itemid=1
Palazzo Madama approva il progetto del governo. Critica l’opposizione
Il Vaticano: "Basta criminalizzare gli stranieri. Norma che porterà dolore"
Il pacchetto sicurezza diventa legge
Sì alle ronde, la clandestinità è reato *
ROMA - Si potranno organizzare le ronde; diventa reato l’immigrazione clandestina. Da oggi il ddl sicurezza è legge dello Stato. L’ok definitivo del Senato è giunto in tarda mattinata con il voto di fiducia: 157 favorevoli tra PdL, Lega Nord e MpA; 124 no; 3 astenuti. Plaude la maggioranza ("Una legge per gli italiani", ha detto Maurizio Gasparri); forti le critiche sollevate dall’opposizione e dal Vaticano: "Basta criminalizzare gli stranieri. E’ una norma che porterà dolore".
Inasprite pene per gli immigrati. Dopo un lungo braccio di ferro con l’opposizione, la nuova legge impone un giro di vite sugli immigrati irregolari che da oggi rischieranno il processo. La permanenza nei Centri di identificazione temporanea per verificare la provenienza dei migranti potrà toccare i 18 mesi (finora il limite era di 60 giorni). Una pena fino a tre anni di carcere è prevista per chi affitta case o locali ai clandestini.
Le ronde. Potranno collaborare con le forze dell’ordine le associazioni di cittadini organizzate in ronde. Le associazioni saranno iscritte in un apposito elenco a cura del prefetto. Sarà un decreto del ministro dell’Interno a disciplinare i requisiti necessari, ma fin d’ora il governo ha assicurato che le ronde non saranno armate.
Norme anti-racket. Vengono inoltre ripristinati i poteri del procuratore nazionale antimafia e inasprito il 41-bis sulla detenzione dei boss mafiosi. Rispetto ad una stesura precedente, torna l’obbligo per gli imprenditori di denunciare i tentativi di racket, pena l’esclusione dalle gare d’appalto che scatta anche quando la richiesta del pizzo emerga dalle risultanze di un rinvio a giudizio.
Ritorna il reato di oltraggio. Aggravanti per i reati commessi su anziani e disabili; introdotte norme più severe contro i graffitari e contro coloro che impiegano bambini per l’accattonaggio. Ritorna ad essere penalmente rilevante il reato di oltraggio a pubblico ufficiale.
I complimenti del centrodestra. "Una legge per gli italiani", ha detto Maurizio Gasparri, presidente dei senatori del Pdl. Soddisfatto anche il ministro dell’Interno Roberto Maroni, "padre politico" del provvedimento: "E’ un passo in avanti molto importante per garantire la sicurezza ai cittadini. Non è un provvedimento razzista".
Le critiche. Ma dall’opposizione si alza dura la protesta. "E’ un pugno sbattuto sul tavolo. Così si favorisce la clandestinità", ha sostenuto Anna Finocchiaro, presidente dei senatori Pd. E i parlamentari dell’Italia dei Valori hanno alzato in aula cartelli con scritto: "I veri clandestini siete voi. Governo: clandestino del diritto".
Critico anche il Vaticano. Il presidente del Pontificio consiglio della pastorale per i migranti, monsignor Antonio Maria Veglio, ha scritto: "I migranti hanno il diritto di bussare alle nostre porte. Basta demonizzare e criminalizzare il forestiero. L’arrivo dei migranti non è certo un pericolo. Sbagliato trincerarsi dentro le proprie mura". Gli fa eco il segretario del pontificio Consiglio, monsignor Agostino Marchetto: "La nuova legge porterà "molti dolori e difficoltà agli immigrati".
E dal forum del Terzo settore, il portavoce Andrea Olivero avverte che la legge è "un’ulteriore chiusura a quel dialogo tanto auspicato tra istituzioni e società civile".
* la Repubblica, 2 luglio 2009
Ddl sicurezza
Camilleri, Tabucchi, Maraini, Fo, Rame, Ovadia, Scaparro, Amelio: Appello contro il ritorno delle leggi razziali in Europa
Pubblichiamo il testo italiano dell’appello pubblicato il 1 luglio sul quotidiano spagnolo El Paìs. *
Alla cultura democratica europea e ai giornali che la esprimono
Le cose accadute in Italia hanno sempre avuto, nel bene e nel male, una straordinaria influenza sulla intera società europea, dal Rinascimento italiano al fascismo. Non sempre sono state però conosciute in tempo. In questo momento c’è una grande attenzione sui giornali europei per alcuni aspetti della crisi che sta investendo il nostro paese, riteniamo, però, un dovere di quanti viviamo in Italia richiamare l’attenzione dell’opinione pubblica europea su altri aspetti rimasti oscuri. Si tratta di alcuni passaggi della politica e della legislazione italiana che, se non si riuscirà ad impedire, rischiano di sfigurare il volto dell’Europa e di far arretrare la causa dei diritti umani nel mondo intero.
Il governo Berlusconi, agitando il pretesto della sicurezza, ha imposto al Parlamento, di cui ha il pieno controllo, l’adozione di norme discriminatorie nei confronti degli immigrati, quali in Europa non si vedevano dai tempi delle leggi razziali. È stato sostituito il soggetto passivo della discriminazione, non più gli ebrei bensì la popolazione degli immigrati irregolari, che conta centinaia di migliaia di persone; ma non sono stati cambiati gli istituti previsti dalle leggi razziali, come il divieto dei matrimoni misti.
Con tale divieto si impedisce, in ragione della nazionalità, l’esercizio di un diritto fondamentale quale è quello di contrarre matrimonio senza vincoli di etnia o di religione; diritto fondamentale che in tal modo viene sottratto non solo agli stranieri ma agli stessi italiani.
Con una norma ancora più lesiva della dignità e della stessa qualità umana, è stato inoltre introdotto il divieto per le donne straniere, in condizioni di irregolarità amministrativa, di riconoscere i figli da loro stesse generati. Pertanto in forza di una tale decisione politica di una maggioranza transeunte, i figli generati dalle madri straniere irregolari diverranno per tutta la vita figli di nessuno, saranno sottratti alle madri e messi nelle mani dello Stato. Neanche il fascismo si era spinto fino a questo punto. Infatti le leggi razziali introdotte da quel regime nel 1938 non privavano le madri ebree dei loro figli, né le costringevano all’aborto per evitare la confisca dei loro bambini da parte dello Stato.
Non ci rivolgeremmo all’opinione pubblica europea se la gravità di queste misure non fosse tale da superare ogni confine nazionale e non richiedesse una reazione responsabile di tutte le persone che credono a una comune umanità. L’Europa non può ammettere che uno dei suoi Paesi fondatori regredisca a livelli primitivi di convivenza, contraddicendo le leggi internazionali e i principi garantisti e di civiltà giuridica su cui si basa la stessa costruzione politica europea. È interesse e onore di tutti noi europei che ciò non accada.
La cultura democratica europea deve prendere coscienza della patologia che viene dall’Italia e mobilitarsi per impedire che possa dilagare in Europa. A ciascuno la scelta delle forme opportune per manifestare e far valere la propria opposizione.
Roma, 29 giugno 2009
Andrea Camilleri, Antonio Tabucchi, Dacia Maraini, Dario Fo, Franca Rame, Moni Ovadia, Maurizio Scaparro, Gianni Amelio
(2 luglio 2009)
* APPELLO: MICROMEGA CONTRO LE "LEGGI RAZZIALI"
PROVIAMO A CAMBIARE LE PAROLE
di ELEONORA BELLINI *
Proviamo a cambiare le parole
e anziche’ clandestino, immigrato
e straniero ed extracomunitario
diciamo Mohamed e Alina e Ivan
e Irina e Omar e Igiaba.
Poi facciamo scorrere
dinanzi agli occhi luoghi e storie
e fughe e speranze ed amori
e risa e pianto e dolori. La storia
di un uomo che nel buio incerto
del mattino pedala e va al cantiere,
il sorriso della donna che consuma
il suo veloce pasto nell’attesa
dell’autobus. Fatti di gente
e gente fatta di voce e
di occhi e di carne e di pensieri.
Poi torniamo
indietro negli anni quando erano
grigie e rare le foto e li’ incontreremo Rocco e Rosa e Luigi e Maria col fardello dei figli,
stretti al baule per il viaggio, commossi e assai tremanti al pensiero dell’incontro con lingue
sconosciute, con ignote geografie. Paure da poveri e coraggio.
Poi guardiamo
nello specchio di casa il nostro volto,
figura d’altri volti antichi e nuovi,
volti sconosciuti - chi sa i nomi ed i luoghi di qualcuno che risalga oltre i bisnonni? - e lo
vedremo figlio di gente ignota e venuta da lontano:
antenati
a ciascuno comuni e clandestini
ci scorrono nel corpo, dentro il sangue.
* NOTIZIE MINIME DELLA NONVIOLENZA IN CAMMINO Numero 824 del 18 maggio 2009
Undicietrenta di Roberto Cotroneo
Non ci resta che vergognarci
L’articolo 33 della Convenzione di Ginevra del 1951, riguardante il "Divieto d’espulsione e di rinvio al confine", dice: "Nessuno Stato Contraente espellerà o respingerà, in qualsiasi modo, un rifugiato verso i confini di territori in cui la sua vita o la sua libertà sarebbero minacciate a motivo della sua razza, della sua religione, della sua cittadinanza, della sua appartenenza a un gruppo sociale o delle sue opinioni politiche. La presente disposizione non può tuttavia essere fatta valere da un rifugiato se per motivi seri egli debba essere considerato un pericolo per la sicurezza del paese in cui risiede oppure costituisca, a causa di una condanna definitiva per un crimine o un delitto particolarmente grave, una minaccia per la collettività di detto paese.
E l’articolo successivo, sulla naturalizzazione, aggiunge: "Gli Stati Contraenti facilitano, entro i limiti del possibile, l’assimilazione e la naturalizzazione dei rifugiati. Essi si sforzano in particolare di accelerare la procedura di naturalizzazione e di ridurre, per quanto possibile, le tasse e le spese della procedura".
Ieri l’Alto commissariato delle Nazioni Unite per i rifugiati (Unhcr), Lauren Jolles ha detto chiaramente al nostro ministro degli interni Roberto Maroni che "la nuova politica inaugurata dal governo si pone in contrasto con il principio del non respingimento sancito dalla convenzione di Ginevra del 1951, che trova applicazione anche in acque internazionali: questo fondamentale principio, che non conosce limitazione geografica, è contenuto anche nella normativa europea e nell’ordinamento giuridico italiano".
Siamo riusciti a violare la Convenzione di Ginevra del 1951, e anche la Convenzione di Dublino del 1997, ma soprattutto, e questo è un nodo interessante, l’articolo 10 comma 3 della Costituzione Italiana: "Lo straniero, al quale sia impedito nel suo paese l’effettivo esercizio delle libertà democratiche garantite dalla Costituzione italiana, ha diritto d’asilo nel territorio della Repubblica, secondo le condizioni stabilite dalla legge".
Il 70 per cento degli irregolari sbarcati sulle coste italiane ha chiesto la status di rifugiato. Provengono da paesi dittatoriali, persecutori, e disumani. Ma il ministro Maroni respinge le obiezioni dell’Alto Commissario e dice: "non ci fermiamo". E chiede fumosi tavoli tecnici, anche con la Libia, per risolvere il problema. Aggiunge: se ne faccia carico l’Unione Europea. Siamo riusciti a violare la Convenzione di Ginevra, e sarebbe curioso capire se il ddl sulla sicurezza non violi anche i principi costituzionali. Ma in ogni caso siamo senza umanità e senza vergogna. Come un paese barbaro, incapace di rispettare un testo approvato 60 anni, e cardine irrinunciabile di qualsiasi paese civile e democratico. Altro che propaganda, molto peggio. Non ci resta che vergognarci.
Immigrati urla e silenzi
di BARBARA SPINELLI (La Stampa, 17/5/2009)
Nel dichiarare guerra agli immigrati clandestini e alla tratta di esseri umani, il governo è sicuro di una cosa: dalla sua parte ha un gran numero di italiani, almeno due su tre. Ne è sicura la Lega, assai presente nel territorio. Ne è sicuro Berlusconi, che scruta in quotidiani sondaggi l’umore degli elettori. Non ci sono solo i sondaggi, d’altronde: indagini e libri (per esempio quello di Marzio Barbagli, Immigrazione e sicurezza in Italia, Mulino 2008) confermano che la paura - in particolare la paura della crescente criminalità tra gli immigrati - è oggi un sentimento diffuso, che il politico non può ignorare. A questo sentimento possente tuttavia i governanti non solo si adeguano: lo dilatano, l’infiammano con informazioni monche, infine lo usano. È quello che Ilvo Diamanti chiama la metamorfosi della realtà in iperrealtà.
Negli ultimi vent’anni l’iperrealismo ha caratterizzato tre guerre, fondate tutte sulla paura: la guerra al terrorismo mondiale, alla droga e alla tratta di esseri umani. Le ultime due son condotte contro mafie internazionali e italiane (la tratta di migranti procura ormai più guadagni del commercio d’armi) i cui rapporti col terrorismo non sono da escludere. Sono lotte necessarie, ma non sempre il modo è adeguato: contro il terrorismo e i cartelli della droga, la guerra non ha avuto i risultati promessi.
George Lakoff, professore di linguistica, disse nel 2004 che la parola guerra - contro il terrore - era «usata non per ridurre la paura ma per crearla». La guerra alla tratta di uomini rischia insuccessi simili. Le tre guerre in corso sono spesso usate dal potere politico, che nutrendosene le rinfocola.
Roberto Saviano lo spiega da anni, con inchieste circostanziate: ci sono forme di lotta alla clandestinità votate alla sconfitta, perché trascurano la malavita italiana che di tale traffico vive. Ed è il silenzio di politici e dei giornali sulle nostre mafie a trasformare l’immigrato in falso bersaglio, oltre che in capro espiatorio. Lo scrittore lo ha ripetuto in occasione dei respingimenti in mare di fuggitivi. Le paure hanno motivo d’esistere, ma per combatterle occorrerebbe andare alle radici del male, denunciare i rapporti tra mafie straniere e italiane: le prime non esisterebbero senza le seconde, e comunque la malavita viaggia poco sui barconi. Saviano dice un’altra verità: se ci mettessimo a osservare le condotte dei migranti, la paura si complicherebbe, verrebbe controbilanciata da analisi e sentimenti diversi. Una paura che si complica è già meno infiammabile, strumentalizzabile.
Saviano elenca precise azioni di immigrati nel Sud Italia. Negli ultimi anni, alcune insurrezioni contro camorra e ’ndrangheta sono venute non dagli italiani, ormai rassegnati, ma da loro. È successo a Castelvolturno il 19 settembre 2008, dopo la strage di sei immigrati africani da parte della camorra. È successo a Rosarno, in provincia di Reggio Calabria, dopo l’uccisione di lavoratori ivoriani uccisi perché ribelli alla ’ndrangheta, il 12 dicembre 2008. Ma esistono altri casi, memorabili. Il 28 agosto 2006, all’Argentario, una ragazza dell’Honduras, Iris Palacios Cruz, annega nel salvare una bambina italiana che custodiva. L’11 agosto 2007 un muratore bosniaco, Dragan Cigan, annega nel mare di Cortellazzo dopo aver salvato due bambini (i genitori dei bambini lasciano la spiaggia senza aspettare che il suo corpo sia ritrovato). Il 10 marzo 2008 una clandestina moldava, Victoria Gojan, salva la vita a un’anziana cui badava. Lunedì scorso, due anziani coniugi sono massacrati a martellate alla stazione di Palermo, nessun passante reagisce tranne due nigeriani, Kennedy Anetor e John Paul, che acciuffano il colpevole: erano giunti poche settimane fa con un barcone a Lampedusa. Può accadere che l’immigrato inoculi nella nostra cultura un’umanità e un senso di rivolta che negli italiani sono al momento attutiti (Saviano, la Repubblica 13 maggio 2009).
Questo significa che in ogni immigrato ci sono più anime: la peggiore e la migliore. Proprio come negli italiani: siamo ospitali e xenofobi, aperti al diverso e al tempo stesso ancestralmente chiusi. Sono anni che gli italiani ammirano simultaneamente persone diverse come Berlusconi e Ciampi. Oggi ammirano Napolitano; anche quando critica il «diffondersi di una retorica pubblica che non esita, anche in Italia, ad incorporare accenti di intolleranza o xenofobia». Son rari i popoli che hanno di se stessi un’opinione così beffarda come gli italiani, ma son rari anche i popoli che raccontano, su di sé, favole così imbellite e ignare della propria storia. L’uso che viene fatto della loro paura consolida queste favole. Nel nostro Dna c’è la cultura dell’inclusione, dicono i giornali; non c’è xenofobia né razzismo. Gli italiani non si credono capaci dei vizi che possiedono: il nemico è sempre fuori. Non vivono propriamente nella menzogna ma in una specie di bolla: in un’illusione che consola, tranquillizza, e non per forza nasce da mala fede. Nasce per celare insicurezze, debolezze. Nasce soprattutto perché il cittadino è molto male informato, e la mala informazione è una delle principali sciagure italiane. È vero, la criminalità tra gli immigrati cresce, ma cresce in un clima di legalità debole, di mafie dominanti, di degrado urbano. Un clima che esisteva prima che l’immigrazione s’estendesse, spiega Barbagli. Se la malavita italiana svanisse, quella dei clandestini diminuirebbe.
La menzogna viene piuttosto dai governanti, e in genere dalla classe dirigente: che non è fatta solo di politici ma di chiunque influenzi la popolazione, giornalisti in prima linea. Tutti hanno contribuito alla bolla d’illusioni, al sentire della gente di cui parla Bossi. Tutti son responsabili di una realtà davanti alla quale ora ci si inchina: che vien considerata irrefutabile, immutabile, come se essa non fosse fatta delle idee soggettive che vi abbiamo messo dentro, oltre che di oggettività. I fatti sono reali, ma se vengono sistematicamente manipolati (omessi, nascosti, distorti) la realtà ne risente, ed è così che se ne crea una parallela. La realtà dei fatti è che ogni mafia, le nostre e le straniere, si ciba di morte, di illegalità, di clandestinità. La realtà è un’Italia multietnica da anni. Il pericolo non è solo l’iperrealtà: è la manipolazione e la mala informazione.
Per questo è un po’ incongruo accusare di snobismo o elitismo chi denuncia le attuali politiche anti-immigrazione. Quando si vive in una realtà manipolata, chi si oppone non dice semplicemente no: si esercita ed esercita a vedere i fatti da più lati, non solo da uno. Rifiuta di considerare, hegelianamente, che «ciò che è razionale è reale, e ciò che è reale è razionale». Che ciò che è popolare è giusto, e ciò che è impopolare ingiusto o cervellotico. Bucare la bolla vuol dire fare emergere il reale, cercare le verità cui gli italiani aspirano anche quando s’impaurano rintanandosi. Accettare le loro illusioni aiuta poco: esalta la loro parte rinunciataria, lusinga le loro risposte provvisorie, non li spinge a interrogarsi e interrogare.
Lo sguardo straniero sull’Italia è prezioso, in tempi di bolle: ogni articolo che viene da fuori erode la mala informazione. Non che gli altri europei siano migliori: nelle periferie francesi e inglesi l’esclusione è semmai più feroce. Ma ci sono parole che lo straniero dice con meno rassegnazione, meno cinismo. Ci sono domande e moniti che tengono svegli. Per esempio quando Bill Emmott, ex direttore dell’Economist, ci chiede come mai accettiamo tante cose, dette da Berlusconi, manifestamente false. O quando Perry Anderson chiede come mai l’auto-ironia italiana non abbia prodotto una discussione sul passato vasta come in Germania (London Review of Books, 12-3-09). O quando l’Onu ci rammenta le leggi internazionali che stiamo violando.
In un incontro con il ministro Maroni l’Unhcr torna a bocciare i respingimenti dei clandestini
"Infrange il diritto internazionale sancito con la convenzione di Ginevra del 1951"
Migranti respinti, l’Onu all’Italia
"Ne sarete responsabili"
ROMA - L’Onu insiste. L’Italia deve fermare i respingimenti degli immigrati in Libia. L’Alto commissariato delle Nazioni Unite per i rifugiati (Unhcr) torna a bocciare la linea del Viminale nei confronti dei clandestini che si avvicinano via mare perché infrange il diritto internazionale. E’ l’esito dell’incontro di oggi tra il rappresentante per l’Italia, Laurens Jolles, e il ministro dell’Interno Roberto Maroni.
L’incontro al Viminale. Nel corso dell’incontro, che per l’Unhcr è stato "caratterizzato da uno spirito costruttivo", l’alto commissariato "ha ribadito che la nuova politica inaugurata dal governo si pone in contrasto con il principio del non respingimento sancito dalla convenzione di Ginevra del 1951, che - si legge in una nota - trova applicazione anche in acque internazionali: questo fondamentale principio, che non conosce limitazione geografica, è contenuto anche nella normativa europea e nell’ordinamento giuridico italiano".
"Sospendere i respingimenti". Confermando che fra coloro che sono stati rinviati in Libia vi sono persone bisognose di protezione, l’Unhcr ha reiterato la richiesta al governo affinché "riammetta queste persone sul proprio territorio" sottolineando che, dal punto di vista del diritto internazionale, "l’Italia è responsabile per le conseguenze del respingimento: il rappresentante dell’Unhcr ha rivolto quindi un appello al governo affinché i respingimenti siano sospesi".
Fare le verifiche in Libia. In merito alla possibilità di vagliare in Libia le domande di asilo, l’Unhcr ha sottolineato che "non vi sono al momento le condizioni necessarie per svolgere tale attività". Nel corso dell’incontro si è anche discusso della possibilità di costituire un tavolo tecnico con le parti coinvolte e la partecipazione dell’Unione europea, per elaborare una strategia che miri a rafforzare lo spazio di protezione in Libia, compresa la ratifica da parte di questo Paese della convenzione di Ginevra del 1951.
Le cifre dell’Unhcr. Secondo i dati dell’Agenzia dell’Onu più del 70 per cento delle 31.200 domande d’asilo presentate nel 2008 in Italia provengono da persone sbarcate sulle coste meridionali del paese. Il 75 per cento circa dei 36.000 migranti sbarcati sulle coste italiane nel 2008 - due su tre - ha presentato domanda d’asilo, sul posto o successivamente, mentre il tasso di riconoscimento di una qualche forma di protezione (status di rifugiato o protezione sussidiaria oppure umanitaria) delle persone arrivate via mare è stato di circa il 50 per cento. Sempre l’anno scorso, infine, la maggior parte delle persone arrivate via mare che ha ottenuto protezione internazionale proviene da Somalia, Eritrea, Iraq, Afghanistan e Costa d’Avorio.
Frattini, "L’Italia non è isolata". Sul riaccompagnamento dei migranti che tentano di raggiungere le coste italiane è intervenuto anche il ministro degli Esteri, Franco Frattini. In un’intervista a Maurizio Belpietro per Panorama del giorno, su Canale 5 Frattini ha detto che il governo di Roma "non è isolato" e tutti "i respingimenti avvengono nell’interesse dell’intera Unione Europea" che "ha fatto meno del dovuto". "L’Italia non è affatto isolata. E quando l’Unione Europea parlerà dirà ciò che ha detto sempre, cioè che un paese come l’Italia opera attraverso i respingimenti nell’interesse dell’Ue", ha detto Frattini. "L’Unione Europea ha abolito le frontiere interne e l’80% dei migranti non rimane a Lampedusa ma migra verso nord". E’ per tutte queste ragioni che l’Italia "conta che ci sia un’azione decisa delle istituzione europee", tenendo presente che "il diritto dei rifugiati non sarà in alcun modo messo in discussione".
Bossi: con legge Maroni non c’è rischio razzismo. Riguardo alle preoccupazioni manifestate ieri dal presidente Giorgio Napolitano, il leader del Carroccio Umberto Bossi ha detto di non temere una deriva razzista dopo la legge Maroni sulla sicurezza. Parlando a un comizio elettorale a Scorzè (Venezia) Bossi ha sottolineato: "Napolitano che non deve temere chissà cosa dalla legge Maroni. Se non fosse passata allora sì poteva succedere qualsiasi cosa, anche il razzismo. Ma oggi la gente sa che lo Stato c’è, e quindi non c’è alcun rischio di razzismo, perché c’è un governo, ci sono forze politiche che fanno le leggi volute dal popolo". Il leader della Lega Nord ha ribadito con forza quindi che "non si faccia confusione: se non fosse passata la legge Maroni ci sarebbe stata una situazione più critica. Ma il mondo cambia usando criteri di legalità. E’ questa la vita che abbiamo seguito e che continueremo a seguire", ha concluso.
* la Repubblica, 15 maggio 2009