[...] Se non ci convertiamo, noi siamo colpevoli come Berlusconi/Bossi e più di loro perché siamo complici consapevoli e da uno come Berlusoconi/Bossi accettiamo il prezzo della prostituzione (...) che prosperano con la benedizione della gerarchia cattolica e l’insipienza dei cattolici praticanti. Vanno in chiesa, praticano molto, fanno la comunione e votano Berlusconi, il corrotto e corruttore, utilizzatore di prostitute minorenni e non, evasore fiscale, alleato di mafia e camorra, uomo senza principi e senza morale, spergiuro di professione e ladro per vocazione.
Il Catechismo della Chiesa Cattolica (CCC) insegna a tutti i cattolici che «La fede è un’adesione personale di tutto l’uomo a Dio che si rivela» (n. 176) e che: «Per essere umana la risposta della fede data dall’uomo a Dio deve essere volontaria» (n.160). Alla luce di questa «dottrina certa» come possono i cattolici pretendere che il parlamento e il governo compiacente possano varare leggi particolari per imporre una visione etica o cattolica dell’esistenza? Non è una contraddizione e una usurpazione, e anche un tradimento della fede in Gesù Cristo, che invece dovremmo «testimoniare» con la vita e proporre con l’esempio, la parola e gli stili di vita? [...]
APPELLO ALLE DONNE E AGLI UOMINI CATTOLICI PRATICANTI AI PRETI, MONACI, FRATI E SUORE CHIAMATI A VOTARE NEL BALLOTTAGGIO DEL 29/30 MAGGIO 2011
di Paolo Farinella, prete *
Genova, 20 maggio 2011. - Scrivo a voi, donne e uomini che credete in Cristo, abitanti nelle città di Milano, di Napoli, di Cagliari e di tutti gli altri Comuni, piccoli e grandi, chiamati alle urne per il ballottaggio delle amministrative del 29/30 maggio 2011. Scrivo a voi, preti, religiosi e religiose di professione che vivete nelle città degli uomini e siete tesi con le vostre comunità alla «Teologia del Bene Comune», cuore del vangelo incarnato nell’intimo della Storia e che noi chiamiamo un po’ pomposamente «Dottrina Sociale della Chiesa».
Vi scrivo da compagno di viaggio di Storia e di Fede che non ha pretese di rappresentanza, ma solo con la nudità della mia coscienza che sente l’urgenza del momento drammatico che il nostro Paese sta attraversando e il pericolo in cui può incorrere anche per colpa o omissione nostra. Chiamati ad essere testimoni del mistero dell’incarnazione, sarebbe grave colpa se noi fossimo per scelta «forestieri» o peggio «stranieri» nella nostra stessa Patria terrena e con la nostra complicità permettessimo che il Paese precipitasse in un degrado senza più ritorno dove l’hanno inchiodato le politiche e i governi di Berlusconi/Bossi.
Per 17 anni la maggioranza dei cattolici ha votato questi epigoni del demonio che hanno sempre realizzato il loro tornaconto individuale e di gruppo, sacrificando sull’altare del moloch dell’egoismo e del razzismo ogni idea e parvenza del «Bene Comune», tramutato in «Interesse Privato» delle Istituzioni e dello Stato fino al punto di ridurre il Parlamento a scuderia di un solo uomo. Abbiamo assistito all’indecenza ignobile di rappresentanti del Popolo italiano venduti e comprati in funzione del mero potere satanico da cui Gesù ci ha messo in guardia. In questo Parlamento sempre più somigliante ad un suq da suburra, i cattolici senza nemmeno turarsi il naso hanno firmato e approvato leggi e decreti che gridano vendetta al cospetto di Dio, tutte contrarie all’etica cristiana.
Quanto di più perverso si potesse immaginare in natura, Berlusconi e Bossi lo hanno fatto e i cattolici hanno approvato, condiviso e accettato, confondendo il fine con i mezzi, senza forse rendersi conto. Secondo la morale cattolica, però, il fine buono non giustifica mai i mezzi cattivi. In buona fede, molti cattolici li hanno votati e sostenuti perché pensavano che «un governo cattolico», decisamente schierato in difesa della «civiltà cristiana» avrebbe fatto «leggi cattoliche» come difendere il crocifisso nei locali pubblici, negare il riconoscimento alle coppie di fatto, il testamento biologico inerente la fine della vita, le decisioni in punto di morte e i finanziamenti alle scuole private che per circa l’80% sono cattoliche.
Su questi versanti i cattolici e le cattoliche hanno seguito le indicazioni del magistero gerarchico che in materia ha coniato l’efficace formula «principi non negoziabili», in nome dei quali i vescovi e il papa stesso hanno abdicato dal loro ministero profetico e si sono assisi alla mensa dell’immoralità, contrattando come qualsiasi altra lobby interessi e tornaconti.
In cambio del silenzio su leggi immonde e anticristiane come la Bossi/Fini o quella sulla finta sicurezza che equipara il clandestino immigrato a delinquente, colpevole solo perché povero, immigrato, in fuga dalla fame. Noi cattolici, a cominciare dal papa, passando per i cardinali e i vescovi che esercitano autorità e fino a me, ultimo dei credenti sulla terra, siamo complici di sterminio e di delitti contro l’umanità perché abbiamo dato mandato al governo di uccidere gli immigrati nel momento stesso in cui il parlamento vuole obbligare i medici a nutrire con la forza i moribondi già morti, ma apparentemente respiranti. Difendiamo il crocifisso ornamento e abbiamo ucciso il Crocifisso incarnato negli disperati.
Allo stesso modo siamo complici di tutti i tagli allo stato sociale che hanno gettato nel caos le scuole pubbliche a favore delle private, che hanno assassinato strati interi di popolazione di poveri, di portatori di handicap, di famiglie monoreddito. La morale cattolica insegna che sul piano delle intenzioni è tanto ladro chi ruba materialmente quanto chi fa il palo senza sporcarsi materialmente le mani. Abbiamo tollerato un presidente del consiglio che induce alla prostituzione minorenni in case di sua proprietà, ma protette dal segreto di Stato e quindi equiparate a residenze ufficiali; abbiamo assistito complici e silenti alla tratta delle prostitute pagate con soldi pubblici e trasportate con mezzi pubblici, cioè con denaro sottratto ai bisogni della povera gente. Abbiamo permesso che il parlamento e i parlamentari che in tv fanno i gargarismi con l’acqua benedetta, votassero e difendessero una trentina circa di leggi immorali, tutte scrupolosamente «ad personam», cioè la negazione pura e dichiarata del «Bene Comune», svilendo così il vangelo e le sue esigenze a mero mercimonio di prostituzione.
Abbiamo visto vescovi che si sono inginocchiati davanti a Berlusconi (vescovo di Sassari); vescovi che in campagna elettorale lo hanno accolto sul sagrato della chiesa in pompa magna (vescovo di Cagliari); vescovi che lo hanno difeso a spada tratta come benefattore (vescovo dell’Aquila); vescovi che hanno giustificato le sue bestemmie (mons. Fisichella, responsabile pontificio della nuova evangelizzazione europea (si!!!); vescovi che invece di condannare la sua condotta immorale hanno taciuto (Bagnasco, Bertone, Papa) oppure hanno condannato chi lo condannava, tacciandoli di «falsi moralisti» (card. Scola di Venezia al Meeting di Rimini 2010). Che dire poi delle leggi razziste a favore solo dei ricchi e della criminalità organizzata, degli uomini di mafia e delle donnine portate in parlamento o in Europa con lauti stipendi in cambio della loro protezione o dei favori sessuali?
Se non ci convertiamo, noi siamo colpevoli come Berlusconi/Bossi e più di loro perché siamo complici consapevoli e da uno come Berlusoconi/Bossi accettiamo il prezzo della prostituzione. A costoro che in Italia vogliono instaurare una religione civile senza Cristo, abbiamo dato il mandato ignobile di difendere il «crocifisso», ben sapendo che lo avrebbero usato come arma contundente per difendere i loro interessi e opporre la «civiltà cristiana» come argine alla massa di diseredati che vengono in Europa come tanti Lazzari in cerca di avanzi che cadono dalla tavola dei gaudenti miscredenti che prosperano con la benedizione della gerarchia cattolica e l’insipienza dei cattolici praticanti. Vanno in chiesa, praticano molto, fanno la comunione e votano Berlusconi, il corrotto e corruttore, utilizzatore di prostitute minorenni e non, evasore fiscale, alleato di mafia e camorra, uomo senza principi e senza morale, spergiuro di professione e ladro per vocazione.
Il Catechismo della Chiesa Cattolica (CCC) insegna a tutti i cattolici che «La fede è un’adesione personale di tutto l’uomo a Dio che si rivela» (n. 176) e che: «Per essere umana la risposta della fede data dall’uomo a Dio deve essere volontaria» (n.160). Alla luce di questa «dottrina certa» come possono i cattolici pretendere che il parlamento e il governo compiacente possano varare leggi particolari per imporre una visione etica o cattolica dell’esistenza? Non è una contraddizione e una usurpazione, e anche un tradimento della fede in Gesù Cristo, che invece dovremmo «testimoniare» con la vita e proporre con l’esempio, la parola e gli stili di vita?
Quando un presidente del consiglio dichiara pubblicamente che mai varerà una legge che dispiaccia al Vaticano, non dovremmo essere noi stessi a rifiutare questo cesaropapismo e rimandarlo al mittente, dicendo con chiarezza che i cristiani non hanno bisogno di leggi speciali, ma solo della libertà per invitare gli uomini e le donne del loro tempo a misurarsi con la proposta esaltante di Gesù che essi rivelano con la loro vita e la loro trasparenza senza supporti di uomini miscredenti e gruppi idolatrici che ogni giorno rinnegano la morale e la dottrina cattolica e si esibiscono in culti pagani come il rito dell’ampolla al «dio Po» o i matrimoni celtici? Come è possibile ad un cattolico convivere con codesti simulacri idolatri?
Non è mai troppo tardi. Il 29/30 maggio come cattolici abbiamo la possibilità di riscattarci e di dare un segnale al Paese e ai politici: noi vogliamo stare dalla parte degli onesti, dei corretti, dei politici che si sforzano di servire il «Bene Comune», che non fanno promesse mirabolanti che non potranno mantenere solo per raccattare qualche etto di voti. Noi non stiamo con chi vuole il potere ad ogni costo per spartirsi la torta dei soldi pubblici rubandoli ai poveri, alla scuola e per fare i propri porci comodi, noi appoggiamo chi promette legalità per restituire al popolo oppresso la dignità dell’onore e del diritto.
Noi appoggiamo e votiamo uomini non credenti come Pisapia a Milano perché proprio in quanto non credente è serio, degno, onesto e rispettoso di tutte le fedi e siamo certi che nulla farà contro la religione cattolica, ma la rispetterà con scrupolo e coerenza. Il suo programma è lo specchio fedele del «Bene Comune» come descritto nel Catechismo della Chiesa Cattolica perché nonostante le invettive e le falsità su di lui, realizzate ignominiosamente da una donna senza dignità, ma ricca di milioni, egli ha promesso di governare Milano e tutti i Milanesi senza discriminazione. Noi voteremo De Magistris a Napoli che da uomo di Legge, sicuramente porrà un argine alto alla camorra e alla politica della compravendita restaurando la legge dei diritti che mai per un cattolico potranno essere concessioni di un delinquente e di un corrotto. In tutte le città e villaggi dove si vota per il ballottaggio, noi non voteremo per i candidati di destra, appoggiati da Berlusconi, Bossi, Casini e Fini perché come cattolici vogliamo porre un segno fermo di svolta morale e di svolta politica.
Se dovessero vincere Berlusconi e Bossi e i loro giannizzeri, l’Italia sarebbe perduta e il senso di legalità e di moralità scomparirebbero definitivamente anche dall’orizzonte delle generazioni future. In Gen 4,10 quando Dio chiama al rendiconto Caino, nel testo ebraico non dice «il sangue di tuo fratello grida dalla terra», ma usa il plurale: «la voce dei sangui di tuo fratello urlano a me dalla terra», come dire che Caino non ha ucciso solo Abele ma tutte le generazioni che da lui avrebbero potuto avere storia e non l’hanno avuta. Se i cattolici votano Berlusconi/Bossi, la voce dei sangui delle generazioni future si rivolteranno contro di noi e nel giorno del giudizio siederanno accanto a Dio e ci chiederanno conto non solo del presente, ma anche del futuro che consapevolmente abbiamo impedito.
Che Dio illumini i cuori e le menti e nelle urne del 29/30 maggio, possano i cattolici respingere Berlusconi e le sue pompe e vergogne e scegliere la normalità pacata di Pisapia/De Magistris ponendo così le premesse per una èra di riscatto e di onore che da lungo tempo abbiamo perduto. Vi siamo obbligati, se vogliamo essere coerenti con la nostra fede e la grande, bella e sublime Costituzione italiana.
Prego con e per voi.
Paolo Farinella, prete
Parrocchia di San Torpete - Genova
* Il Dialogo, Domenica 22 Maggio,2011
SUL TEMA, NEL SITO, SI CFR.:
EQUIVOCATO O EQUIVOCO? BENEDETTO XVI O BERLUSCONI, NESSUNO COMPRERA’ LE NOSTRE PAROLE
ELEZIONI
Ballottaggi, trionfi a Milano a Napoli
in tutta Italia l’onda del centrosinistra
L’urna premia i candidati dell’opposizione. Successi in decine di comuni capoluogo e in quelli non superiori.
La sorpresa di Trieste e Cagliari. Poi Gallarate, Arcore, Novara, Grosseto, Crotone, Grosseto.
Il Pdl si consola con Cosenza, Rovigo, Varese e Iglesias
di MATTEO TONELLI *
ROMA - I numeri parlano chiaro. Dopo i successi di Bologna e Torino al primo turno, l’onda lunga del controsinistra fa sentite i suoi effetti in tutta Italia, con i candidati del centrodestra che subiscono praticamente ovunque severe sconfitte. A Milano Giuliano Pisapia riconquista la città dopo 18 anni di governo di centrodestra, mentre, a Napoli , Luigi de Magistris surclassa senza storia il rivale del Pdl, Gianni Lettieri. Insomma, con le sole eccezioni di Rovigo, Varese e Cosenza, il centrosinistra registra un’avanzata generalizzata in tutti i Comuni impegnati nei ballottaggi. Una tendenza netta: Novara, Trieste, Grosseto, Cagliari, Pordenone, Trieste, Crotone, per citare i Comuni maggiori a Nord come a Sud, segnalano il successo dei candidati di centrosinistra. E anche nei comuni più piccoli, come Casoria, Chioggia e Melfi, le cose non cambiano. Il bilancio dei comuni capoluogo vede il centrosinistra passare da 20 a 23 e il centrodestra scendere da 13 a 7.
Stessa tendenza per quanto riguarda i comuni superiori non capoluogo, 105 dei quali erano impegnati in questa tornata elettorale e 75 sono andati al ballottaggio. Il centrosinistra passa da 52 a 65 sindaci (uno va considerato di sinistra radicale) mentre il centrodestra scende da 45 a 27. Bene le liste di centro (Terzo polo compreso) che salgono da 2 a 9 amministrazioni. Due sindaci vanno alla Lega Nord (ne aveva uno) e due a liste civiche.
Significativo il risultato di Cagliari dove il centrosinistra strappa il Comune al centrodestra: nel capoluogo isolano Massimo Zedda batte Massimo Fantola e conquista la poltrona di sindaco. A Trieste il centrodestra cede sia alla Provincia sia al Comune. Alla Provincia la presidente uscente Maria Teresa Bassa Poropat (Pd) si conferma e batte Giorgio Ret (Pdl). In Comune il Pd con Roberto Cosolini supera Roberto Antonione (Pdl).
Anche Novara, feudo del governatore leghista Roberto Cota, passa dal centrodestra al centrosinistra dopo dieci anni di governo leghista: Andrea Ballare’ supera Mauro Franzinelli. A Grosseto Emilio Bonifazi (centrosinistra) si conferma sindaco, battendo il candidato del centrodestra Mario Lolini. A Varese, invece, il centrodestra resiste: Attilio Fontanaresta primo cittadino battendo Luisa Oprandi. A Cosenza il comune cambia bandiera. Il centrosinistra, che al primo turno si era diviso, perde e vede Mario Occhiuto diventare primo cittadino. A Rovigo successo e conquista del comune per il centrodestra: Bruno Piva batte Federico Frogato. Il centrosinistra, invece, conferma il comune di Pordenone (Pedrotti con il 60% dei voti), Rimini (Andrea Gnassi al 53,48%) e strappa Crotone al centrodestra (Peppino Vallone supera Dorina Bianchi).
Simbolica infine la vittoria del centrosinistra ad Arcore, a due passi da Villa San Martino, residenza del premier. Rosalba Colombo ha battuto Enrico Perego (che lascia la poltrona di sindaco). Ennesimo dispiacere per il Cavaliere. Altrettanto simbolica anche Gallarate, con la spaccatura tra Carroccio e Pdl al primo turno. Al ballottaggio si affrontavano il candidato del Pdl Massimo Bossi, e quello del centrosinistra Edoardo Guenzani, essendo rimasta esclusa la leghista Giovanna Bianchi Clerici. Dopo il primo turno la Lega era stata chiara e aveva dirottato i suoi consensi sul candidato democratico. Fallisce, invcece, la corsa solitara del Carroccio a Rho, nel milanese. Fabrizio Cecchetti ha dovuto lasciare il passo a Pietro Romano (Pd, Idv e Sel). Una sconfitta di misura, circa 500 voti, che consegna il sindaco di Rho al centrosinistra con il 50,80% contro il 49,20%. Il centrodestra (Udc-Pdl-Psda) strappa al ballottaggio al centrosinistra il sindaco di Iglesias con il 52,48% dei voti.
Provinciali. Il centrosinistra rimonta a Pavia e conquista la provincia strappandola al centrodestra. Daniele Bosone, ottiene il 51,2% dei consensi contro il candidato appoggiato da Pdl e Lega nord Ruggero Invernizzi con il 48,7%. A Vercelli, il candidato del centrodestra Carlo Riva Vercellotti ha battuto, all’ultimo voto, il candidato del centrosinistra,Luigi Bobba. A Macerata, invece, vince il candidato del centrosinistra Antonio Pettinari che batte Franco Capponi. Successo analogo anche a Trieste dove il centrosinistra conferma Maria Teresa Bassa Poropat. Reggio Calabria, invece, resta al centrodestra che conferma Giuseppe Raffa (52,66%). A Mantova, invece, vince il centrosinistra con Alessandro Pastacci (52,2%)
RISULTATI BALLOTTAGGIO. A Milano Pisapia, a Napoli De Magistris.
GLI «INTENTION POLL» - La tendenza era stata preannunciata dagli «intention poll» di Sky Tg 24, che sono rilevazioni telefoniche tra gli elettori non basate dunque su voti reali, diffusi subito dopo la chiusura dei seggi. L’emittente ha annunciato le vittorie di Pisapia e de Magistris senza tuttavia diffondere i relativi dati numerici. Ma il candidato del centrosinistra, secondo l’Ansa, avrebbe almeno il 7% di vantaggio: 53,5% contro il 46,5% dell’avversaria. A Napoli la sfida sarebbe invece appannaggio di Luigi de Magistris. Anche in questo caso non sono stati dati da Sky i numeri relativi alle percentuali ottenute dai candidati, ma l’Ansa parla di un 54,5% contro il 45,5% di Lettieri.
TESTA A TESTA A CAGLIARI - A Cagliari, invece, è testa a testa tra Massimo Zedda (centrosinistra) e Massimo Fantola (centrodestra), secondo le stime dell’istituto di ricerche Tecnè. Il candidato sindaco del centrosinistra, in vantaggio al primo turno, è dato al 49-52%, mentre Fantola è al 48-51%. Il margine d’errore è del 3%. (Corriere, 30.05.2011)
L’islam a Milano e il pluralismo assente
di Filippo Gentiloni (il manifesto, 28 maggio 2011)
Nell’acceso dibattito di questi giorni a proposito delle elezioni al comune di Milano è entrato a vele spiegate un protagonista nuovo, a dir poco insolito, l’islam. Non ce lo aspettavamo, né come compagno né come avversario. I sostenitori della Moratti hanno accusato Pisapia di volere "islamizzare" Milano, una accusa, a detta di tutti, assolutamente infondata. Al di fuori della realtà e della storia. Una accusa che sembra collegare il dibattito di oggi a quelli di parecchi secoli fa. Una accusa sulla quale, comunque, vale la pena di riflettere.
Nei momenti più gravi della vita politica e sociale del nostro paese la religione ritorna in primo piano. Sempre, o quasi, per sottolineare il primato cattolico e per mettere, invece, in secondo piano, le altre fedi religiose. Un vecchio primato che viene ribadito. Una situazione che dovrebbe essere superata, a vantaggio di quel pluralismo religioso che vige in quasi tutto il mondo moderno, ma da noi non ancora. Anche se in questa occasione l’Arcivescovo di Milano, cardinale Tettamanzi ha opportunamente affermato di non essere assolutamente turbato dalla possibile minacciata islamizzazione di Milano. Meno male.
In realtà questa ambigua vicenda milanese ha dimostrato ancora una volta come da noi il vero e proprio pluralismo religioso non sia ancora affermato. Il cattolicesimo gode di una posizione di privilegio, ancora sostenuta e affermata. Basti pensare alla scuola, dove l’insegnamento della religione cattolica gode ancora di notevoli privilegi, assistenziali e finanziari. Le altre religioni, invece, continuano a mantenere una situazione di secondo piano. A dir poco.
La vicenda delle elezioni milanesi con la minaccia dell’islam lo ha confermato. Che cosa si potrebbe fare per arrivare a un vero e sostanziale pluralismo? È difficile dirlo. Forse ci vorrebbe qualche iniziativa che partisse proprio dal mondo cattolico, il più diretto interessato.
Forse soltanto da oltretevere può venire una vera e sincera accettazione del pluralismo. E sarebbe proprio il cattolicesimo a godere di un nuovo vigore se rinunciasse a privilegi che ormai si mantengono soltanto a fatica e con sforzi non soltanto poco democratici ma anche poco cristiani.
In fondo al barile del Caro Leader
di Marco Rovelli (il manifesto, 24/5/2011)
“Milano non può, alla vigilia dell’Expo 2015, diventare una città islamica, una zingaropoli piena di campi rom e assediata dagli stranieri a cui la sinistra dà anche il diritto di voto”. Il Caro Leader - trovandosi d’un tratto di fronte alla catastrofe personale, frantumatosi lo specchio narcisista come per Dorian Gray - invoca gli spiriti, raschiando il barile. E in fondo al barile c’è un humus fatto appunto di fantasmi evocati per dar corpo a quello stato generalizzato di paura da sempre funzionale alla richiesta di ordine.
Clandestini, islamici, zingari, comunisti ad abbeverare i cavalli in piazza Duomo: un esercito di fantasmi in fitta schiera. Troppo fitta per essere credibile, viene da pensare, come di un giocatore che si gioca tutte le sue carte in una mano sola non facendo che rivelare la propria oscena nudità. Perché l’evocazione dell’Altro come nemico funziona, lo sappiamo bene, ma non è sufficiente per sé sola. Può essere - ed è - un elemento catalizzatore: ma ci deve pur essere qualche cosa da catalizzare.
La costruzione della paura è un vettore fondamentale per l’acquisizione del consenso politico, Hobbes ce l’ha spiegato bene, e per la “servitù volontaria” degli uomini. Ma quando suona la ritirata ci vuole ben altro per rinserrare le fila: e invece il Caro Leader è lì ad enunciare il proprio assedio, e risulta palese la sua richiesta di soccorso, come fosse un prestigiatore che, di fronte al pubblico che abbandona il teatro, in stato confusionario apre la valigia e mostra a tutti i trucchi del mestiere.
Certo, questa extrema ratio potrebbe ancora funzionare: del resto il popolo italiano è stato così a lungo abbagliato dai miraggi di questo illusionista che davvero non sappiamo quanto sia stato antropologicamente modificato e pronto a credere a ogni bubbola. Ci hanno provato con la signora Rizzi che ha gridato all’aggressione (ma era costruita male, di fretta, anch’essa frutto di un evidente stato confusionale: “Mi prendeva a calci gridando Viva Pisapia”, e già solo questo è talmente ridicolo che nel momento di risveglio uno si rende conto che è solo un sogno di pessima qualità). E figuriamoci se in questi ultimi giorni accadesse uno di quei fatti di cronaca nera così clamorosi che non si potrebbe non pensare anch’essi costruiti ad arte.
Ma davvero forse stavolta siamo arrivati allo smascheramento finale. Perché - ed è questo il cuore della questione - l’armamentario retorico di una barbarie (islamici, zingari, stranieri) che assedia una città moderna e tecnologica - “alla vigilia dell’Expo” - fa certo leva su un immaginario di lunga durata, un immaginario razziale che percorre la storia della nostra modernità europea, ed è su questo che puntano il Caro Leader e i suoi spin doctors.
Ma quando la barbarie (etica, sociale, economica) è qualcosa che si percepisce come inerente al cuore stesso della propria società, si smette di preoccuparsi della barbarie dell’Altro, e la priorità diventa quella di risanare la propria. Ecco, forse a questo punto ci siamo, o quantomeno questa vicenda di Milano è un sintomo che ci potremmo arrivare.
ROMA - In Italia c’è un eccesso di partigianeria politica. Lo ha detto il presidente della Repubblica Giorgio Napolitano nel suo incontro stamattina con i giornalisti della stampa estera.
All’incontro ha partecipato una rappresentanza di giornalisti di diverse testate internazionali e secondo quanto si è appreso il capo dello stato avrebbe fatto riferimento, come gli è capitato altre volte, a una partigianeria politica esasperata usando il termine inglese "hyperpartisanship".
"Penso che non ci sia per i politici italiani motivo di ingelosirsi, perchè viaggiamo su pianeti diversi, non ci sono comparazioni possibili, che non siano invece arbitrarie", ha aggiunto il capo dello Stato a proposito del suo ruolo. Spiegando poi che il compito del Colle è quello di "rappresentare l’unità nazionale" ed è "completamente diverso da quello dei leader politici".
* la Repubblica, 23 maggio 2011
Italia in ginocchio.
di Loris Campetti (il manifesto, 24.05.2011)
Un paese invecchiato, sfibrato.e sfiduciato. Un paese in ginocchio. È questa la radiografia dell’Italia berlusconizzata in cui crollano le aspettative di lavoro, i giovani cervelli fuggono all’estero,.quelli che restano conducono una vita precaria sostenuta dai.genitori che però stanno impoverendo.
Diminuisce il risparmio, persino la scolarizzazione è in caduta libera. Si lavora e si studia sempre di meno, non si fanno investimenti, si ammazza la ricerca. Ieri ce l’ha raccontato l’Istat, domenica l’abbiamo visto in una delle più efficaci puntate di Report, sabato è stata la volta del Censis.
Altro che luci e ombre, come goffamente sostiene, arrampicandosi su specchi insaponati,.qualche pierino in forza al governo: l’Italia è al collasso,.sempre più diseguale tra nord.e sud e tra ricchi e poveri, tra uomini e donne e tra lavoratori.(o aspiranti tali) indigeni e migranti. Certo, lo sapevamo,.ce l’ha raccontato qualche mese fa Marco Revelli nel suo ultimo libro Poveri noi. Il fatto grave è che non si vede inversione di tendenza; anzi la crisi, che ormai è anche sociale e culturale, si sta aggravando e il tunnel sembra sempre più lungo e scuro .
Questa debacle che ci getta nel sottoscala dell’Europa non è tutto «merito» di Berlusconi, ma nessun altro sarebbe riuscito meglio del telepredicatore delle paure in questo miracolo al rovescio. Con una politica economica dissennata che ha distrutto risorse intellettuali e materiali. E viene ancora a raccontarci che dovremmo avere paura dei comunisti, dei rom, dei minareti, dei centri sociali, quando è proprio da Berlusconi, dal suo governo e dalle sue politiche che dobbiamo guardarci. Già parlare di politica economica - per non dire industriale - è un eufemismo: Berlusconi lo sfrontato e Tremonti il contabile non hanno progetti per il paese, sanno solo tagliare, tutto tranne i sottosegretari, i capital games e i loro interessi.
Siamo rimasti uno dei pochi paesi in cui parlare di reddito di cittadinanza è una bestemmia, ci riempiono la testa con l’amore e la famiglia mentre sterilizzano l’amore (fare figli è un lusso per pochi) e immiseriscono l’ultimo ammortizzatore sociale per un paio di generazioni di giovani precarizzati o espulsi. Poi ci dicono che dobbiamo riprendere a consumare. Finalmente dal paese qualche segnale di vita è arrivato: dai giovani, dagli operai e dagli studenti che portano in piazza la loro dignità, e dalle urne, domenica prossima, potrebbe arrivare un secondo segnale generale: l’Italia ha paura, sì, ma di Berlusconi ed è pronta a liberarsene .
“L’agitazione è cominciata”
intervista ad Andrea Gallo
a cura di Sandra Amurri (il Fatto Quotidiano, 27 maggio 2011)
Di fronte alla crisi che ha travolto i cantieri navali di Genova e di Castellammare di Stabia, ai dati Inps che forniscono un quadro a tinte fosche della povertà che al Meridione diventa rivolta, il presidente della Commissione episcopale per i problemi sociali e il lavoro, la giustizia e la pace, monsignor Giancarlo Bregantini parla di esplosione della povertà: “Quanto sta avvenendo è come la mano di Dio che ci avverte: prepariamoci alla collera dei poveri”. E aggiunge: “La forza della rivolta al Sud accompagnata dalla violenza è il simbolo di una rabbia che c’è nel cuore della gente e che non è più contenibile”.
La disuguaglianza sociale aumenta a dismisura: sempre più persone vivono con 16 euro al giorno, quanto offrono le pensioni sociali, cioè 500 euro al mese. L’80 per cento delle pensioni non raggiunge i mille euro. Poveri e impoveriti che resistono per esistere. Come direbbe Jean de La Fontaine: “Uno stomaco affamato non ha orecchie per sentire”.
Don Gallo lei è un prete che vede Dio soprattutto negli uomini che soffrono. Di chi è la responsabilità di questa Italia che il cardinale Tettamanzi definisce “malata come lo era Milano ai tempi di San Carlo e della peste”?
Ieri hanno parlato Confindustria e la Chiesa. Cioè i responsabili di questa miseria che ha sempre gli stessi volti: lavoratori e le loro famiglie, i loro figli, gli anziani, i diversi. Perché non fate i vostri nomi e cognomi e non dite quali pensioni avete? Io, don Andrea Gallo vivo con meno di mille euro al mese. Ecco qua! La Chiesa ha le sue responsabilità, da 20 anni sostiene Berlusconi, il berlusconismo, il ciellismo ecc. La Compagnia delle Opere fattura 74 miliardi l’anno. È stata la rovina dei servizi sociali con la pretesa di avere la tutela del cittadino. La tutela del cittadino è pubblica, dice la Costituzione.
E dunque?
La diga sta per crollare nella deriva della depressione che si accompagna alla povertà e all’emarginazione. Questa, per dirla con il mio amico Marco Revelli, si chiama “Guerra orizzontale”: scontro di poveri contro i poveri. L’impoverimento produce rancore, l’intolleranza fa crescere la criminalità. Basterebbe scrivere all’apice dell’agenda politica: redistribuzione delle ricchezze. Ma non c’è traccia nell’agenda della maggioranza e neppure in quella di tanti parlamentari di centrosinistra. A Piazza De Ferrari, uno dei luoghi simbolo di Genova, ieri a mezzanotte c’erano 2 o 3 mila giovani che tenevano un cartello: “Mamma stasera dormo fuori”. Un bel messaggio! Sessanta mila laureati all’anno vanno via dall’Italia. Ma sento che sta nascendo una nuova cultura, un nuovo stile di vita e di pensiero. I cuori, le menti si stanno agitando. A Milano il vento soffia forte.
Un vento che fa agitare le coscienze come foglie sugli alberi...
“Agitatevi!”, fu il grido di Antonio Gramsci nel 1919. Giovani, organizzatevi perché i cortei non finiscono al tramonto. Abbiamo bisogno della vostra forza. Studiate, abbiamo bisogno di cultura sul tema dell’acqua, del nucleare, dei migranti. Agitatevi! Abbiamo bisogno del vostro entusiasmo e non di persone “inattive”, come dice Revelli. La politica ha paura dell’autogestione. A Schio la giunta di centro-sinistra ha assegnato ai giovani un magazzino a 1.000 euro al mese, pensa che roba!
“Agitatevi!”. Un grido che è soprattutto per la mia Chiesa che deve finirla con l’arroganza. La Chiesa deve solo accogliere, ascoltare il dialogo, non giudicare. La Chiesa deve essere in prima fila, dare la parola ai diversi, al precario. Dare voce ai disoccupati, ai pensionati, ai migranti.
A un alto prelato che le chiese “Quanti sono i vizi capitali?” rispose 8, perché si deve aggiungere l’indifferenza. Occorre dismettere quell’espressione di disincanto che si legge negli occhi?
Bisogna lottare contro l’indifferenza. Non è veramente un’eccellenza un cantiere navale come quello di Genova che ha oltre cent’anni? Arriva questo schiaffo dei licenziamenti e ti aspetti di ascoltare e vedere la rabbia di 200 mila persone. Invece eravamo in mille a protestare. In questi ultimi 20 anni è nata la società delle spettanze dell’apparire, dell’appropriarsi. I nostri cuori si sono addormentati e le nostre coscienze disgregate. Siamo diventati tutti “berlusconiati ciellinati”. Stanno distruggendo la Costituzione. E la gente è indifferente. Nel 1994 Dossetti lascia l’eremo e gira l’Italia per ricostruire i comitati in difesa della Costituzione. La crisi non è politica, è una crisi di sistema di lunga durata.
VERSO IL BALLOTTAGGIO
Pisapia infiamma i 50mila del Duomo
"E’ arrivato il nostro tempo per Milano"
L’ultimo appello della campagna elettorale: "Basta cultura della paura, coltiverò la fiducia"
Affondo sulla sicurezza: "Le loro ricette hanno fallito. Litigano anche sullo show di Gigi D’Alessio"
di ALESSIA GALLIONE *
L’ultimo appello ai cinquantamila in piazza Duomo è insieme un invito e un incoraggiamento ai milanesi. A trasformare in realtà un’idea diversa di città. "Io ci credo - ha detto Giuliano Pisapia sotto la pioggia - È arrivato il nostro tempo. Abbiamo ripreso in mano il nostro destino. Non facciamocelo sfuggire. Andiamo tutti alle urne, andiamo a festeggiare la democrazia, facciamo vincere Milano". Un discorso in cui il candidato di centrosinistra ha voluto parlare già da "sindaco di tutti", nonostante abbia disegnato in modo chiaro le differenze con il centrodestra: "In questi anni, loro hanno seminato paura - ha spiegato - io coltiverò la fiducia. Loro non hanno avuto scrupolo nel discriminare alcuni cittadini per chiedere il voto di altri. Io non avrò scrupolo nel chiedervi di impegnarci per il bene di tutti. Hanno fatto una politica ridicola. Noi faremo una politica responsabile".
La grande festa in piazza Duomo
Sul palco dove si alternano musicisti e comici, l’avvocato lancia anche un messaggio a tutti i suoi: "Voi e io non cerchiamo rivincite politiche: vogliamo contribuire a costruire una città fatta da noi, per tutti noi. Una città accogliente, una città affettuosa". E agli altri dice: "Mi hanno accusato di non essere moderato, non capisco cosa voglia dire questa parola sulle loro labbra, questa parola che viene offesa e smentita ogni giorno da comportamenti indecenti". Sono le ultime parole - ricamate con una citazione di don Milani - prima del silenzio elettorale. In una giornata in cui si è consumato l’ultimo duello a distanza tra i due aspiranti inquilini di Palazzo Marino.
È l’avvocato il primo ad arrivare negli studi della Rai dove è stata registrata l’ultima tribuna politica. Spazi separati con Letizia Moratti. Nessun faccia a faccia, dopo quello a Sky. Dopo l’attacco a tradimento degli ultimi secondo sferrato dal sindaco uscente. "Perché la coltellata alla schiena che ho ricevuto - spiega ancora Pisapia - non mi permette di fidarmi come non può fidarsi la città. Non intendo cadere in un altro tranello". Poi, avanti con i punti del programma e i temi di un ballottaggio caricato dalle accuse e dalla propaganda del centrodestra. E la speranza di far tornare Milano "una città affettuosa verso gli altri e attrattiva".
Parla di Expo, Pisapia. Di cultura: "Vorrei che, oltre ai grandi eventi, ci fossero tanti luoghi di aggregazione e di cultura che siano aperti tutto l’anno". Dell’importanza di votare ai referendum del 12 e 13 giugno. E, da qui, anche "ascoltare i cittadini sul futuro di Ecopass". Di sicurezza: "La ricetta del centrodestra non ha funzionato". Del sogno che ha per la città: "Mi batterò perché nel 2015 si tenga a Milano l’idea della Conferenza mondiale dell’Onu sulle donne". Sul Pgt è deciso. Sostiene che Milano "non abbia bisogno di più grattacieli, meno verde e più case di lusso" e promette "modifiche sostanziali, anche totali", partendo da quel "Pgt alternativo, quello delle 4mila osservazioni scritte da associazioni e cittadini che non sono state esaminate, e questo è stato un atteggiamento antidemocratico".
Pisapia parla anche della coalizione di centrosinistra. E, per ribadire la certezza che ha nell’unione dei partiti che lo sostengono, chiama in causa anche il concerto di chiusura del centrodestra in piazza Duomo con il forfait di Gigi D’Alessio: "Forse è la prima volta a Milano - dice - che i partiti e le liste civiche non hanno mai litigato, a differenza della Lega e del Pdl che sono divisi su tutto e che hanno litigato anche sul concerto in piazza Duomo". L’avvocato ribadisce che i nomi della sua squadra arriveranno dopo il voto: "È il primo atto di un sindaco, ma vedrete: saranno assessori competenti, professionali e coerenti politicamente, di cui potete fidarvi". Sull’annuncio degli assessori fatto da Letizia Moratti, invece, si limita a un commento: "Non mi sembrano nomi di grande novità, è il vecchio che avanza". Con la sua avversaria è impietoso: "Questi sono i titoli di coda della Moratti come sindaco".
* la Repubblica, 27 maggio 2011