Convegno a S. Giovanni in Fiore

Mafia e diritti. Libertà di impiego e di lavoro

Organizzato dal Rotary Club Florense, il 9 maggio 2009
sabato 16 maggio 2009.
 

Mafia e diritti. Libertà di impiego e di lavoro. Un convegno ricco di contenuti e speranza quello organizzato dal “Rotary Club Florense” e tenutosi presso il cinema-teatro Italia di San Giovanni in Fiore nella mattinata di sabato 9 maggio 2009. Hanno partecipato Alessandro Pecora, rappresentante del movimento “E adesso ammazzateci tutti”, Antonio De Masi, imprenditore calabrese, don Pino De Masi, referente dell’associazione “Libera” e l’avv. Giacomo Saccomanno, ex sindaco di Rosarno. Il convegno, introdotto dal rappresentate locale del “Rotary” Pasquale Belcastro, è stato moderato dal giornalista Antonio Mancina.

L’intervento di Pecora mette in luce le origini della Calabria - la civiltà magnogreca, la grande figura di Zaleuco di Locri, primo legislatore del mondo occidentale -, per dire che la nostra regione non deve e non può essere ricordata solo per la ‘ndrangheta, la quale comunque rappresenta solo una minoranza. Ricorda, poi, che il Prefetto di Reggio Calabria, Luigi De Sena, ebbe a dire che “in Calabria la pubblica amministrazione non è collusa con la ‘ndrangheta, né questa è collusa con la prima; in Calabria la ‘ndrangheta è pubblica amministrazione”. Continua, però, dicendo che è inutile prendersela con la politica, in quanto oramai questa ha fallito: ciascuno di noi deve fare la propria parte per togliere sostentamento alla ‘ndrangheta-sistema di potere. Infine, ai parlamentari italiani chiede di inasprire le pene per i reati di mafia e velocizzarne i processi.

L’imprenditore De Masi, che già in passato ha denunciato alcune banche calabresi, che facendo cartello, sono arrivate a praticare interessi usurai, ritiene appunto che in Calabria gli imprenditori possano morire anche di banche. Per lui i sistemi mafiosi distruggono la libertà, il desiderio di pensare. Conclude dicendo che, parlando di criminalità organizzata non si vuole penalizzare la Calabria, ma restituirle dignità, valori e princìpi.

Don Pino rivendica e invita il pubblico a rivendicare il proprio diritto a vivere nel posto in cui si è nati, a vivere in Calabria a testa alta. Le alternative sono due: o partire, per trovare soddisfazione altrove o essere complici, cercando le clientele e annullando la propria dignità. Per lui, invece, occorre rimanere. Il suo motto è “cambiare per restare e restare per cambiare”.

Dopo di lui prende la parola lo scrittore Emilio De Paola, il quale riporta un po’ i presenti con i piedi per terra, affermando giustamente come sia difficile cambiare le cose. Dal suo intervento si evince che un conto sono gli intenti, apprezzabilissimi, un altro conto i risultati. È anche sconfortato dalla poca partecipazione della società civile. Ricorda la triste, e quasi ineludibile, realtà calabrese, ma non esita a denunciare un Nord, più mafioso del Sud nel riassorbire e investire i capitali mafiosi. Infine, un critica anche alla Chiesa cattolica, che in alcune vicenda, come quella che ha riguardato mons. Bregantini, sembra stare della parte dei potenti.

Conclude il dibattito l’avv. Giacomo Saccomanno, impegnato tra le altre cose nella ricostruzione dell’omicidio Scopelliti. Richiama i presenti all’assunzione di responsabilità. Invita i giovani di San Giovanni in Fiore a non illudersi che nella propria città non vi sia mafia, poiché essa, se mai non dovesse esserci, potrebbe arrivare in qualsiasi momento, data la sua capacità di ramificazione. Da qui l’importanza della Scuola che insegni ai ragazzi ad esprimere le proprie scelte con libertà. Infine, un auspicio di rinnovamento politico-dirigenziale della Calabria, che possa colmare l’assenza di un programma di sviluppo.

Insomma, un convegno costruttivo e serio, portatore di messaggi positivi. Ciononostante la società civile è stata assente. Se non fosse stato per la presenza di qualche classe dell’Istituto d’Arte, la sala sarebbe andata deserta.

Ecco allora che la riflessone di De Paola è quanto mai valida. Ciò non toglie che si debba continuare a fare antimafia. Non per moda culturale, ma per non morire. Per fare in modo che in Calabria sia attuato il diritto al lavoro.

Vincenzo Tiano


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