Approfondimento

Emiliano Morrone: ecco perché e come sono gioachimita

In un testo inedito, il nostro direttore spiega il suo legame con l’utopia di "Fiore", anche in senso politico-rivoluzionario
venerdì 23 dicembre 2011.
 

È Ferragosto, in qualche calendario, del 2009. Per l’Islam, è un sabato del 1430.

Oggi a Duisburg i ragazzi vanno a scuola, ma vacano in comuni della Bavaria. A Roma il caldo ravviva le zanzare, che scendono in picchiata come in guerra; per fame. In giro da ieri parla un silenzio convenzionale. A respirarlo, s’avverte l’illusione d’una tregua, mentre sino all’altro giorno gli operai della Cim stavano sopra la fabbrica, a presidio del lavoro; uguale i colleghi "lombardi" della Innse. Sono le 11,22, secondo il fuso orario nazionale.

I giornali italiani propongono seduzioni estive, legandole alla politica. Su "Le Monde", ho letto almeno due articoli scientifici, nel numero del 10 agosto, in viaggio per Reggio Calabria. Lucio Dalla è stato intervistato dal Tg1, riguardo all’assenza, stavolta, del classico tormentone estivo. L’"ultimo secondo" ha sostituito l’"ultimo minuto" nelle prenotazioni in rete. Come si vede, non tradisco la lingua italiana. In Francia, si respingono le parole straniere.

Gli agriturismi attirano i vacanzieri quanto i paradisi esotici.

Oggi si consumeranno carni, plastica e alcolici in quantità inconcepibili. Per sentirsi meglio, molti onnivori della ricorrenza lasceranno un obolo alle missioni, ricorderanno di sguincio l’Abruzzo e si vedranno ai magazzini generali. Tra poco. Stanotte rileggevo Foucault, per caso. Sempre per caso, ero sulle pagine dedicate al verso della scrittura. Gli Arabi ce l’hanno da destra verso sinistra. I Greci al contrario. I Cinesi dall’alto in basso. In Messico, l’andamento può essere circolare. Non c’è nulla, nelle diverse abitudini di questo mondo, che non sia legato alla natura, ai fenomeni, al suo dinamismo; forse più remoto dello scoppio primordiale. Eppure, la si vuole riprodurre, alterare, svuotare. La natura. Eliade vi ha scorto, puntuale, le origini e lo sviluppo di miti e religioni. Borges, estendendone il concetto, vi ha basato la sua analisi sul bisogno, umano, dell’eternità.

Sono ancora diviso fra ontologia e trascendenza. Se seguo Heidegger, anche io accado qui, ora. Ma non so che cosa mi aspetta dopo. Allora, quando mi ci troverò, sarò semplicemente di fronte all’evento, passato il quale non potrò più riconoscermi come pensante. Svanirà il "principium individuationis" di Cartesio e ogni teorema formulabile. Se interpreto bene Gurdjieff, cessato esisterò come sostanza, se avrò esercitato il mio spirito. Se torno a Foscolo, posso rivivere nell’"eredità d’affetti". Paolo di Tarso sosteneva che "la carità non avrà mai fine". E noi, che siamo - con Shakespeare, forse siciliano - "della stessa materia di cui sono fatti i sogni"?

Il cattolicesimo, che ha seguito la lettera e la lettura paolina, ci invita a credere nell’aldilà, simile all’Iperuranio di Platone. Possibile, mi chiedo al pari di chiunque, che io mi esaurisca in un passaggio, e che questo sia del tutto casuale?

Nei mesi scorsi, non ritengo per combinazione, ho incontrato a Roma uno studioso di teologia, Richard. Mi ha contattato via Internet, leggendo un mio testo su Gioacchino da Fiore, che era un esoterico. La dottrina prevalente ne fa un servo della Chiesa, un agnellino obbediente e, con certa prudenza, un taumaturgo che guarì ciechi e deliranti. C’è una città, in Messico, fondata su uno schema di Gioacchino, contenuto nel volume "Psalterium decem chordarum". Si tratta di Puebla de los Angeles. È accertata la sua corrispondenza con l’insediamento abitativo fondato dell’abate florense in Calabria, il quale si dipana a partire da “Jure vetere” ("jure" è "diritto", non è "fiore"). Puebla de los Angeles si trova alla convergenza di due fiumi (le nostre "Junture") sotto ad un vulcano (San Giovanni in Fiore ha dirimpetto il monte "Jummella", che deriva dall’ebraico “g[h]immel”, “luogo della scelta”), e ha toponimi identici a diversi posti della Sila. Ricordo, per esempio, "Monte de los Olivos" (noi abbiamo "Montoliveto"), "Boca de Infierno" (che nel nostro altopiano è "Valle dell’Inferno") e "Calvario" (a San Giovanni in Fiore "U Calvariu"). L’autore dello studio, Silvia Castellanos de García, puntualizza, poi, sono convinto grazie alla sua provenienza neolatina, che Gioacchino profetizzava "il regno di Dio in terra, intrastorico". Questo aspetto della teologia gioachimita, il più importante, non è ben esplicitato dagli esperti vicini al Vaticano.

"Il regno di Dio in terra, intrastorico" è un cambio radicale di prospettiva, una "rivoluzione copernicana". Se è dentro la storia, di cui gli uomini sono parte, quantomeno perde vigore l’idea dell’aldilà in quanto dimensione in cui si compierà la giustizia.

È controversa la definizione concreta della Terza Età, l’ultimo pezzo della storia teorizzato da Gioacchino. Vattimo propone, in "Dopo la cristianità", che sia un tempo di piena "emancipazione". Lo fa coincidere, spero di non forzare troppo il suo pensiero, con l’indebolimento delle strutture forti, responsabili di dominio, violenza e regolazione. Una società emancipata, quindi spirituale, è tollerante, aperta, paritaria. Dialoga, in una convivenza pacifica.

Richard ha voluto incontrarmi per parlarmi in privato. Mi ha raccontato la sua storia. Giornalista, storico delle religioni formatosi ad Harvard, ha ricevuto una cospicua eredità da sua madre: azioni da gestire con molta responsabilità. Non sapendo nulla in materia, ha preso a informarsi nel modo più irrazionale, per chat. Fino a quando ha incrociato un addetto annoiato dal sistema finanziario, che gli ha suggerito di leggere William Delbert Gann, protagonista, agli inizi del secolo passato, di strepitose giocate in borsa. Il metodo di Gann si fonda sulla legge delle vibrazioni, sugli angoli delle stelle, la Cabalá e altri riferimenti esoterici.

Richard aveva colto, nel mio lavoro modesto, un interesse per le architetture florensi; ancora, però, embrionale. Le costruzioni che risalgono all’ordine monastico di Gioacchino - ma anche la disposizione degli edifici (o luoghi) sacri nell’insediamento silano cruciforme, di cui la tavola XII del “Liber figurarum” è rappresentazione - sono caratterizzate dalla ripetizione di un modulo; diverse loro proporzioni riprendono numeri dell’Apocalisse.

Richard e io ci siamo dunque incontrati al Pantheon, studiandoci a vicenda per venti minuti. Lui, che in rete aveva visto alcune mie uscite contro la massoneria, aveva il timore che potessi nutrire dubbi e pregiudizi nei confronti del mondo esoterico: numeri, simboli, metafore, nomi, ideogrammi, figure. Invece no. Intanto, sapevo la verità sull’origine del ritrovamento della prima chiesa di Gioacchino in Sila (qui il link), di cui è pallido accenno in un numero della rivista “Florensia”, se non ricordo male del 1999; ovviamente spuntati a modo gli episodi più risibili e pericolosi per la reputazione del Centro internazionale di studi gioachimiti - che ha nulla a che fare con San Giovanni in Fiore, poiché diretto dallo storico e religioso Cosimo Damiano Fonseca, membro dell’Ordine del Santo Sepolcro di Gerusalemme, e dagli ordinari Gian Luca Potestà e Roberto Rusconi, entrambi sotto l’egida della Chiesa di Roma. Inoltre, avevo avuto un’esperienza mistica di preveggenza, esattamente il 17 gennaio, giorno del mio compleanno, del 2006. Oggi, alla luce della ricerca compiuta a riguardo, sono propenso a ritenere, in una prospettiva unitaria, che ci sono situazioni e fenomeni non spiegabili con le sole categorie razionali. Può essere che la nostra mente abbia ignote capacità, in atto in determinate circostanze. Può essere che abbiamo una visione meccanica di Dio, prima che personalistica. Ne parlai con padre Giovambattista Urso, che si pronunciò secondo l’insegnamento laicista dei seminari religiosi. Un vero controsenso.

La teologia ufficiale si evolve, spesso, secondo le necessità politiche della Chiesa di potere. Nessuno dei cosiddetti religiosi, di parrocchia o diocesi, sa bene come ci si debba porre davanti al credere. L’atto di fede si risolve, in ultimo, in una pratica della pratica, cui la teologia imposta fornisce le giustificazioni filosofiche; corroborate, di recente, dalle encicliche dogmatiche del papa. Ancora, può essere che ciascuno di noi abbia un carma o, per dirla col vangelo di Tommaso, sia “una parte della luce di Dio” e, in quanto sua creatura, debba solo scoprire come dispiegare la propria potenza interiore. Non per forza con miracoli o prodigi.

Insomma, con questo portato di esperienze e riflessioni, mi sono confrontato con Richard, il quale mi ha consigliato di leggere il libro dei Numeri e la narrazione biblica sull’Arca e l’edificazione del Tempio di Salomone (“Beit HaMikdash”). A lui ho detto della posterità di Gioacchino, la cui opera, non solo intellettuale, arrivò in Messico tramite i francescani spiritualisti, che ne applicarono le istanze di giustizia sociale per mitigare l’assolutismo degli spagnoli ai danni degli autoctoni. Richard mi ha incuriosito illustrando il legame fra l’aspetto esoterico di Gioacchino da Fiore e le “sue” architetture, i cui canoni sono mutuati da una tradizione mistico-sapienziale comune a epoche e religioni differenti.

Per il mio interlocutore, i monumenti florensi dicono molto di più degli scritti dell’Abate e nascondono una legge universale che sovrintende alle cose e agli eventi. Essa ha il principio nella vibrazione, a suo avviso, e ha da vedere con il numero, come pensava Gann, che l’avrebbe scoperta prevedendoci l’andamento della borsa con un piccolo margine d’errore.

Gustavo Adolfo Rol, che asseriva l’esistenza di spiriti intelligenti, scrisse nel 1927 a Parigi: “Ho scoperto una tremenda legge che lega il colore verde, la quinta musicale ed il calore”. La quinta musicale è l’accordo do-sol, che darebbe calore tramite la vibrazione prodotta dalle onde sonore. Il vangelo di Giovanni si apre con il celebre “in principio era il Verbo, e il Verbo era presso Dio, e il Verbo era Dio”. “Verbo” si interpreta di solito come “Logos”, cioè discorso ragionato. Ma “Verbo” è anche “parola”, cioè suono, vibrazione.

Le icone della Cappella Sistina si ispirano a Gioacchino da Fiore, è ormai assodato. Lo stesso ricorso, nelle grandi opere dell’architettura, alla “sezione aurea” e, nelle piramidi d’Egitto, alla “divina proporzione”, ha da fare con l’esattezza del numero, di lontana matrice pitagorica. Questa esattezza del numero si ritroverebbe nella posizione dei corpi celesti e negli elementi naturali.

Prima di questo incontro, la mia posizione epistemologica era a metà tra il falsificazionismo di Popper, che ritiene buona una teoria resistente a controlli scientifici, e un’apertura al mistero della conoscenza; per definizione non sondabile con le leggi della fisica o della chimica, che sono un avvicinamento alla realtà, si spera proporzionale all’evoluzione della specie.

Richard mi ha insegnato - o, meglio, mi ha fatto ripensare - che:

1) esiste una conoscenza profonda - che non è scientifica, e non per questo va squalificata - appartenente al mondo (poiché è facile che certi approdi si siano divulgati nel passato, malgrado non esistesse Internet, come è plausibile che allo stesso risultato siano arrivati uomini provenienti da posti diversi);

2) la conoscenza scientifica attuale è funzionale alle strategie economiche globali;

3) raffrontando la “sapienza” del passato, per esempio in architettura, con quella del presente, c’è uno svantaggio della seconda nei confronti della prima, che ha perduto il rapporto con la natura;

4) quanto riteniamo vero è frutto di una convenzione che abbiamo accettato sic et simpliciter e che non intendiamo in alcun modo riconoscere come tale (ci destabilizzerebbe).

Dal canto mio, a Richard ho significato come l’utopia di Gioacchino da Fiore abbia avuto ripercussioni teoriche e soprattutto storiche. Uno dei primi tentativi di globalizzazione dei diritti fu avviato dai francescani spiritualisti, che organizzavano matrimoni misti fra spagnoli e autoctoni, allo scopo di ridurre sfruttamento e sperequazioni. L’America tutta, ho detto a Richard, porta segni, inequivocabili, dell’opera spirituale e politica di Gioacchino da Fiore. Anche i toponimi di Santa Cruz e Los Angeles rinviano ad analoghi silani, scelti dal mistico calabrese.

Se tutto ciò è avvenuto e provato, noi florensi abbiamo un’eredità che va ben oltre l’orgoglio del folklore e lo stesso desiderio di riscatto sociale della nostra terra. Quanto gli emigrati dicono della loro crescita personale in un contesto altro, in cui hanno vissuto e vivono i problemi e la bellezza della diversità, può essere forse un retaggio d’una spiritualità maturata, magari inconsapevolmente, nel nostro “piccolo villaggio” di Fiore; in cui le case vuote, o in eterna costruzione, nascondono il segreto inenarrabile del passaggio di Gioacchino.

Potrò sembrare fuori di senno e del tempo, ma ogni luogo custodisce significati, pure intraducibili materialmente, che sfuggono alla permanenza, al soggiorno e all’interazione d’abitudine.

Forse abitiamo in una città o in un paese, persuasi che il caso ci abbia affidato una dimora e una posizione. Quando impareremo a convivere con questi spazi animati, più che con i frigoriferi e i pc, può essere che vedremo una logica nella nostra sorte, che magari è una scelta su cui non ci siamo interrogati più di tanto, la risposta a una chiamata. A una vibrazione.

È Ferragosto, in qualche calendario, del 2009. Per l’Islam, è un sabato del 1430.

Emiliano Morrone, Roma, 15 agosto 2009


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