Politica

Il bipolarismo frainteso

Il nostro è ancora un sistema parlamentare
giovedì 20 aprile 2006.
 

di Giovanni Sartori dal Corriere della Sera del 20/04/06

Ora che la Cassazione ha chiuso, si spera, il contenzioso sui brogli elettorali, di una cosa siamo certi: che Berlusconi lascia Palazzo Chigi e che Prodi subentra al suo posto. Ma per quanto? Prodi ha dichiarato: «Posso governare per cinque anni, la legge me lo permette». Certo, la legge glielo permette; ma i numeri (i seggi in Parlamento di cui dispone) no. Ripartiamo dalla domanda: chi ha vinto? Nel 2001 la risposta era indubbia. Ma questa volta si può rispondere che ha vinto Prodi ma anche che ha vinto Berlusconi, oppure che hanno vinto tutti e due, oppure ancora che hanno perso tutti e due. Sono tutte risposte plausibili. Prodi ha vinto l’elezione, ma Berlusconi ha vinto la campagna elettorale risalendo uno svantaggio iniziale di circa 5 punti percentuali (certificati dalle elezioni europee e amministrative). Pertanto in questa prospettiva hanno vinto entrambi. Ma alla stessa stregua hanno perso entrambi: Prodi perché taglia il traguardo con una risibile maggioranza elettorale di 24.755 voti su un elettorato di 38 milioni, e Berlusconi perché ha comunque perduto 5 punti percentuali (scendendo al 24 per cento) rispetto alla sua punta massima. Potrei continuare a sottilizzare, ma il punto è che questa elezione è la più «indecisiva», la peggiore (nei suoi esiti) di quante ne possiamo ricordare. È vero che il Mattarellum ha prodotto una maggioranza «zoppa» nel 1994 per Berlusconi e, nel 1996, per Prodi, e che è soltanto nel 2001 che quel sistema elettorale ha prodotto un chiaro vincitore. Ma sino al 2001 il nostro bipolarismo era ancora abbastanza fluido. Nel ’94 la sinistra era traumatizzata dalla sua inopinata sconfitta, non fece quadrato, e fu Bossi a far cadere il governo Berlusconi. Nel ’96 Prodi riuscì a governare perché i voti glieli forniva, in politica estera, l’opposizione (altrimenti Bertinotti l’avrebbe affondato subito). Ma l’elezione del 2001, tanto apprezzata dai Mattarellisti, ha indurito la contesa e gli schieramenti. Con cinque anni a disposizione Berlusconi ha voluto lo scontro frontale (imposto tra l’altro dalla difesa dei suoi interessi) e ha così eretto, tra destra e sinistra, una sorta di linea Maginot, di frontiera corazzata. Oggi chi la varca è un «inciucista» e un traditore del bipolarismo. Ed è in questo contesto inedito di frontiere chiuse che l’insufficientissima vittoria di Prodi apre davvero la crisi del sistema di governo della seconda Repubblica. In attesa del nuovo governo cerchiamo di guadagnare tempo cominciando subito a ripensare il bipolarismo all’italiana. Che si fonda sulla premessa che quando il popolo vota uno stallo, allora vota «male», e pertanto che deve essere costretto a rivotare finché non vota «bene». Ma perché? A parte l’eventualità che chiedendo nuove elezioni Prodi perda altri 5 punti percentuali, questa strana dottrina è democraticamente e costituzionalmente inaccettabile. Primo, il popolo ha diritto di votare come vota e, secondo, se vota «male» allora deve essere il Parlamento a rimediare. Dopotutto il nostro è ancora un sistema parlamentare nel quale e per il quale le linee di divisione tra destra e sinistra non possono essere rigide ma devono essere, occorrendo, flessibili. Il che non sciupa per nulla - l’ho spiegato più volte - la struttura dualistica del voto né una meccanica bipolare di governo. Questa volta o torniamo alle regole del sistema parlamentare, o rischiamo davvero di sprofondare nel nulla. Sia pure cantando l’«inno dell’inciucio».


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