Tragica fine del direttore della Voce di Fiore, sabato 15 luglio 2006

sabato 15 luglio 2006.
 

Emiliano Morrone è morto stamani a Roma, in seguito a un fatale incidente capitatogli per strada. Levatosi il sole, stava andando a comprare il giornale come ogni mattina quando, all’improvviso, dall’ultimo balcone d’una palazzina è precipitato un vaso di fiori che ha centrato in testa il popolare giornalista. Nulla da fare: quasi all’istante, Morrone è passato a miglior vita, se n’è andato sopra una scopa volante, giurano tre ragazzini presenti all’accaduto, non citabili per legge. Non è stata chiamata l’ambulanza né il prete. Né la folta chioma del malcapitato gli è valsa ad ammortizzare il colpo. Strana coincidenza, per un uomo, che viene da Fiore, direttore d’un giornale chiamato "la Voce di Fiore", morire per causa d’un vaso di fiori. Pare aver detto solo una frase, prima di lasciare: "L’ufficio tecnico". E, poi, balbettando confusamente per l’incredibile botto: "tecn... tecnic...", quindi, nulla, silenzio. Tutto s’è consumato rapidamente e sono quindi finiti i sogni e progetti idealistici d’una giovane promessa, forse. Comunque, d’una coscienza vigile e invisa, d’un individuo animato da notevole passione civile e innamorato del calcio, al quale aveva dedicato tutti i suoi componimenti e composizioni. Non ci abbandona un buono, però: Morrone era un burbero, uno antipatico e fastidioso. E, francamente, sotto sotto siamo contenti che abbia fatto questa fine senza lode e che non ci fosse la televisione a riprenderne la caduta dall’Olimpo. Ora, il giornale prosegue con molti cambiamenti interessanti e può finalmente respirare quell’aria di indipendenza e libertà che s’attendeva da tempo. Bisognerà nominare in fretta un sostituto, uno capace di riprendere le sorti di questa testata, nata con nobili propositi e finita sempre in acque peggiori, sia per la scarsa vocazione imprenditoriale del suo, menomale ch’è schiattato, padre padrone, sia per l’atteggiamento servile dei suoi incensatori; pochi, per fortuna. Ora, si cambia musica e si comincia per davvero a dialogare con l’ufficio tecnico comunale e coi suoi meravigliosi tecnici, poeti che, sopra quelle fredde e lucide carte tecniche dell’ente, incidono l’angoscia e il romanzo della loro condizione di uomini, con terzine d’assoluta purezza e melodiche. Ora s’aprono spazi interminabili - e profondissima quiete - di confronto con tutti gli amministratori del globo e, anzitutto, con quelli della città di Gioacchino da Fiore, da sempre sbeffeggiati dall’arroganza presuntuosa di Morrone. Ora, gli uccelli cinguettano e cantano inni di vittoria: la sorte ha compiuto il suo trionfo, il loro trionfo. Adesso è pace e prosperità per chiunque e lunga vita al sultano. Ci siamo tolti di mezzo un pazzo visionario, un maniaco depressivo, un soggetto socialmente pericoloso. Non ci resta che ringraziare quei fiori e il loro proprietario. Sperando che non giunga il bis.

ninozap@hotmail.it


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