MOLTI ... e UmaNITA’

"PARENTS’CIRCLE": UNA RIFLESSIONE DI ENRICO PEYRETTI SU UNA PRATICA PREZIOSA, capace di rendere il dolore sapiente e aprire la strada al dialogo e alla co-operazione, e che sollecita a una più profonda comprensione della famosa ’lezione’ di MELCHISEDECH (la novella dei TRE ANELLI di Boccaccio e Lessing) e della idea stessa di famiglia e di democrazia.

lunedì 24 luglio 2006.
 
[...] c’e’ violenza, ingiustizia, quando tra due soggetti e’ imposta una relazione "M-m", Maggiore-minore. Questa situazione innesca dinamiche violente, in piu’ direzioni, a meno che non venga attivamente trasformata in una relazione "E-E", di equi-valenza, di affermazione dell’uguale valore dei soggetti (9). Il dolore e l’offesa vorrebbero imporre una condizione insuperabile di minorita’ e dipendenza, di deprivazione interiore fino alla soggezione. La coscienza personale della propria dignita’ mai distrutta, sostanzialmente inviolabile dall’offesa, e’ la tutela piu’ forte e profonda contro la diminuzione che la violenza tenta di infliggere [...]

"PARENTS’ CIRCLE", IL DOLORE SAPIENTE PER FORARE LA BARRIERA DEL CONFLITTO

di ENRICO PEYRETTI *

Anche oggi dobbiamo dire la stessa cosa che diceva Hannah Arendt, nel 1948 (1), cioe’ che l’unica strada percorribile per la soluzione del conflitto arabo-ebraico era fare appello "a quegli ebrei e a quegli arabi che sono attualmente isolati a causa della loro provata fede nella cooperazione arabo-ebraica, e chiedere loro di accordarsi per una tregua... Una simile tregua, o meglio un simile accordo preliminare - stipulato anche tra gruppi non accreditati - mostrerebbe agli ebrei e agli arabi che questo si puo’ fare".

Scrive Angela Dogliotti Marasso, studiosa e operatrice di educazione alla pace: "E’ ormai molto ampia anche la documentazione delle esperienze che dal basso cercano di infrangere i confini della diffidenza, dell’odio e della vendetta, impegnandosi per una pace sostenibile, fondata sul reciproco riconoscimento e su passi concreti di ricomposizione del conflitto e di riconciliazione, anche se il deteriorarsi della situazione negli ultimi tempi ha contribuito a rendere questo conflitto sempre piu’ drammatico e tale da interpellare profondamente la comunita’ internazionale e le sue istituzioni" (2).

Sami Adwan palestinese e Dan Bar-On israeliano sono due ricercatori per la pace che collaborano tra loro da vari anni (hanno per questo ricevuto anche il premio Langer nel 2001) e hanno insieme elaborato una metodologia di lavoro per affrontare le ferite profonde provocate dai conflitti cosiddetti "intrattabili", attraverso il racconto di storie di vita fatte in gruppi misti, in particolari condizioni. Essi indicano nel lavoro di Trt (To Reflect and Trust), "working through", il faticoso processo di elaborazione di un trauma, processo che ha il suo cardine nell’attraversare il conflitto e nel saper gestire la sofferenza che accompagna il trauma subito. Perche’ sia possibile la riconciliazione e’ necessario infatti passare attraverso il dolore e il dramma degli eventi passati e i gruppi di incontro tra persone appartenenti a parti avverse possono essere uno strumento per raggiungere questo scopo, insieme ad atti simbolici di pubblico riconoscimento e riconciliazione (3).

Il gruppo Parents’ Circle e’ una eminente esperienza di questo tipo, all’interno di un conflitto che studiosi come Galtung e Patfoort definirebbero appunto tecnicamente "intrattabile". Le famiglie di questo gruppo sono accomunate, attraversando la barriera del conflitto, dal diritto alla pace e alla vita che viene in loro rafforzato dal dolore della perdita di un familiare. Queste famiglie hanno preso coscienza della loro condizione oggettivamente uguale, trasformandola in atteggiamento attivo di ascolto, dialogo, iniziativa sul conflitto stesso che le ha coinvolte, colpite, ferite. Esse elaborano, trasformano, "trattano" un conflitto che si presenta inizialmente come "intrattabile" per il grado di tensione e per l’opposizione delle memorie. Queste famiglie non accettano e non si rassegnano alla "intrattabilita’", alla insolubilita’ del conflitto.

L’esperienza di Parents’ Circle richiama Etty Hillesum, la giovane ebrea olandese, esempio tra i piu’ alti di "resistenza esistenziale", della quale e’ stato detto: "Nessuna vittima, nel Novecento, era riuscita a trasformare cosi’ il dolore in forza, il comprensibile odio in indignazione e persino in compassione" (4). Gli studiosi della trasformazione costruttiva del conflitto indicano l’importanza della "terza parte esterna" ai contendenti e del ruolo che questa puo’ svolgere. Queste famiglie israeliane e palestinesi sono una "terza parte interna" ai loro due popoli in conflitto politico. Il loro ruolo appare dunque di singolare significato simbolico e potenzialmente produttivo (5).

Jean-Marie Muller scrive: "Una mediazione puo’ essere avviata solo se l’uno e l’altro dei due avversari accettano di coinvolgersi volontariamente in questo processo di conciliazione... La mediazione non si preoccupa tanto di giudicare un fatto passato - cio’ che fa l’istituzione giudiziaria - quanto di basarsi su di esso per superarlo e permettere agli avversari di ieri di inventare un avvenire libero dal peso del loro passato... Il postulato piu’ importante su cui si fonda la mediazione e’ che la risoluzione di un conflitto deve essere soprattutto l’opera dei protagonisti stessi" (6).

Il decano dei peace researchers, Johan Galtung, nel capitolo "Interventi nel conflitto", entro la sua opera piu’ sistematica (7), afferma che, prima della trasformazione del conflitto dialogica, per opera della mediazione esterna, e’ necessaria una fase di trasformazione del conflitto autonoma, in cui le parti si rendono pronte in modo autonomo. Prima del dialogo esterno, nello spazio sociale, occorre il dialogo interno, nello spazio persona. Questa e’ la meditazione, premessa necessaria alla mediazione (8).

Nel caso di questa associazione di famiglie colpite da lutti inflitti dal conflitto violento, il primo mediatore, attivo nel dialogo interno, nella meditazione, e’ il dolore sapiente, intelligente, compassionevole, che ama la vita, che non si lascia irretire in spirali di morte. Non e’ positivo il dolore, ma e’ positiva la capacita’ personale e culturale di non farsi opprimere dal dolore al punto da venire assoggettati all’azione e ai disegni di chi lo infligge. E’ grandemente positivo saper trovare nel proprio dolore la capacita’ di capire il dolore dell’altro. E’ positiva la capacita’ di fare scaturire dal dolore il bisogno di vita, di gioia, di pace. Una simile reazione positiva e’ il vero onore reso alle vittime della violenza, che le riscatta dall’offesa. Queste risorse interiori, psicologiche e spirituali, sono autentici forti fondamentali fattori della strategia di pace. La violenza calcola di dividere e dominare infliggendo dolori personali, intimi, che dovrebbero esaurire interiormente i colpiti; la spiritualita’ costruttiva e pacifica rovescia questo calcolo nella solidarieta’ aperta e sociale, che attraversa i muri e fonda una unita’ superiore.

Per Pat Patfoort c’e’ violenza, ingiustizia, quando tra due soggetti e’ imposta una relazione "M-m", Maggiore-minore. Questa situazione innesca dinamiche violente, in piu’ direzioni, a meno che non venga attivamente trasformata in una relazione "E-E", di equi-valenza, di affermazione dell’uguale valore dei soggetti (9). Il dolore e l’offesa vorrebbero imporre una condizione insuperabile di minorita’ e dipendenza, di deprivazione interiore fino alla soggezione. La coscienza personale della propria dignita’ mai distrutta, sostanzialmente inviolabile dall’offesa, e’ la tutela piu’ forte e profonda contro la diminuzione che la violenza tenta di infliggere. Nella esperienza forte e promettente di Parents’ Circle io penso di riconoscere queste profonde dinamiche di pace. Ogni cercatore di pace sente per queste famiglie una grande lieta sperante riconoscenza.

Note

1. Hannah Arendt, Salvare la patria ebraica. C’e’ ancora tempo, in Eadem, Ebraismo e modernita’, Milano Unicopli, 1986, ristampato da Feltrinelli, Milano IV edizione 2001, p. 170. La citazione e’ di Angela Dogliotti Marasso nell’articolo "Percorsi di pace in Israele-Palestina: alcune esperienze e riflessioni", nel n. 5, Nonviolenza per Gerusalemme, giugno 2004, p. 175, della rivista scientifica "Quaderni Satyagraha, Il metodo nonviolento per trascendere i conflitti e costruire la pace", Edizioni Plus, Universita’ di Pisa.

2. Angela Dogliotti Marasso, articolo citato.

3. Cfr ancora l’articolo citato.

4. Nadia Neri, Un’estrema compassione. Etty Hillesum testimone e vittima del Lager, Bruno Mondadori, Milano 1999, quarta di copertina.

5. Emanuele Arielli, Giovanni Scotto, I conflitti. Introduzione a una teoria generale, Bruno Mondadori, Milano 1998, pp. 190-197. Una edizione ampiamente rivista e’ uscita presso lo stesso editore nel 2003 col titolo Conflitti e mediazione.

6. Jean-Marie Muller, Le principe de non-violence. Parcours philosophique, Desclee de Brouwer, Paris 1995, pp. 189, 189-190, 190. La traduzione italiana e’ annunciata per l’ottobre 2004 presso le edizioni Plus dell’Universita’ di Pisa [e’ poi stata pubblicata come Jean-Marie Muller, Il principio nonviolenza, Plus, Pisa 2004 (a cura di Enrico Peyretti) - ndr].

7. Johan Galtung, Pace con mezzi pacifici, Esperia edizioni, Milano 2000, pp. 189-207; traduzione di Momi Zanda dall’opera originale Peace by Peaceful Means: Peace and Conflict, Development and Civilization, Sage Publications - Thousand Oaks, London - New Delhi 1996.

8. Joahn Galtung, op. cit., p. 196.

9. Pat Patfoort, Costruire la nonviolenza. Per una pedagogia dei conflitti, Edizioni La Meridiana, Molfetta (Bari) 2000. Mi avvalgo inoltre di appunti personali e di dattiloscritti che raccolgono lezioni e seminari della Patfoort.


* [il seguente testo di Enrico Peyretti venne preparato per la tavola rotonda indetta dal Centro interatenei di studi per la pace, nell’aula magna dell’Universita’ di Torino il 12 maggio 2004, per accogliere i rappresentanti israeliani e palestinesi del Parents’ Circle (l’associazione di genitori dei due popoli israeliano e palestinese, che hanno avuto familiari vittime della violenza nel conflitto Israelo-palestinese, e lavorano insieme per la pace e riconciliazione) in visita a Torino.

Enrico Peyretti (per contatti: e.pey@libero.it) (1935) e’ uno dei principali collaboratori di questo foglio, ed uno dei maestri della cultura e dell’impegno di pace e di nonviolenza; ha insegnato nei licei storia e filosofia; ha fondato con altri, nel 1971, e diretto fino al 2001, il mensile torinese "il foglio", che esce tuttora regolarmente; e’ ricercatore per la pace nel Centro Studi "Domenico Sereno Regis" di Torino, sede dell’Ipri (Italian Peace Research Institute); e’ membro del comitato scientifico del Centro Interatenei Studi per la Pace delle Universita’ piemontesi, e dell’analogo comitato della rivista "Quaderni Satyagraha", edita a Pisa in collaborazione col Centro Interdipartimentale Studi per la Pace; e’ membro del Movimento Nonviolento e del Movimento Internazionale della Riconciliazione; collabora a varie prestigiose riviste.

Tra le sue opere: (a cura di), Al di la’ del "non uccidere", Cens, Liscate 1989; Dall’albero dei giorni, Servitium, Sotto il Monte 1998; La politica e’ pace, Cittadella, Assisi 1998; Per perdere la guerra, Beppe Grande, Torino 1999; Dov’e’ la vittoria?, Il segno dei Gabrielli, Negarine (Verona) 2005; Esperimenti con la verita’. Saggezza e politica di Gandhi, Pazzini, Villa Verucchio (Rimini) 2005; e’ disponibile nella rete telematica la sua fondamentale ricerca bibliografica Difesa senza guerra. Bibliografia storica delle lotte nonarmate e nonviolente, ricerca di cui una recente edizione a stampa e’ in appendice al libro di Jean-Marie Muller, Il principio nonviolenza, Plus, Pisa 2004 (libro di cui Enrico Peyretti ha curato la traduzione italiana), e che e stata piu’ volte riproposta anche su questo foglio, da ultimo nei fascicoli 1093-1094; vari suoi interventi sono anche nei siti: www.cssr-pas.org, www.ilfoglio.org e alla pagina web http://db.peacelink.org/tools/author.php?l=peyretti Una piu’ ampia bibliografia dei principali scritti di Enrico Peyretti e’ nel n. 731 del 15 novembre 2003 di questo notiziario]

LA NONVIOLENZA E’ IN CAMMINO, Numero 1365 del 23 luglio 2006


Su MELCHISEDECH - sulla favola dei TRE ANELLI, ecc. ecc. - mi sia permesso, si cfr. il mio intervento, scritto in occasione del 1° festival di filosofia a Silvana Mansio (CS).


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