Regno delle due Sicilie

Non riesco più a dare un titolo a ciò che scrivo, forse perché il contenuto è vario o più semplicemente perché non sono articoli di giornale

martedì 8 agosto 2006.
 

Spesso non ho nulla da dire come in questo periodo. Eppure cerco di scrivere qualcosa. Non leggo i giornali né guardo la tivù né navigo in internet da quando sono tornato a San Giovanni in Fiore. So, per voci correnti, esserci una guerra in corso ma non ne conosco le dinamiche; per sentito dire, so che è stato approvato il finanziamento bellico, quando in campagna elettorale Diliberto sosteneva il ritiro delle truppe entro giugno scorso; so che s’è fatto l’indulto per risolvere il sovraffollamento delle carceri, ma non credo che le vittime dei reati fossero contente. Sono stato in Sicilia, visitato le Isole Eolie e pensato che qualche isoletta, non abitata, potesse essere adibita a penitenziario, dove i detenuti, a seconda delle propensioni, coltivino vigneti e uliveti per farne vino e olio, si dedichino alla pesca, o alla poesia, alla lettura e all’arte in generale, o costruiscano strade e teatri. Insomma, penitenziari en plein air, alla luce del sole e all’aria pulita, con presidi solo sul mare. Potrebbe essere, pensando idealmente, un’alternativa, una modalità di “fuga” dal carcere e di rieducazione vera. Sempre in Sicilia ho visitato Milazzo e il suo imponente castello. Sono salito sul maschio che domina l’intero promontorio e il borgo sottostante. Da lì si vedono, adiacenti al centro abitato, alte torri. Esse però non sono le torri delle ultime mura di cinta del castello, ma le ciminiere di una raffineria, di una delle tante raffinerie che negli anni cinquanta hanno invaso la terra sicula, violandone la verginità, col plauso della popolazione, che, vogliosa di progresso e lavoro, rifiutava sdegnata tutto ciò che appartenesse al passato e accoglieva speranzosa novità e progresso. Le ciminiere oggi continuano a fumare a danno del turismo (vera risorsa da sfruttare), dell’ambiente e della salute. A guardarle, sopravviene tristezza e senso di morte, pensando agli uomini inermi e impotenti di fronte agli invisibile veleni. Chissà se i politici di allora erano anche in buona fede a volere le raffinerie per il bene della popolazione, o se invece non ci fossero accordi, scambi, affari di vario tipo, previsione di fallimento futuro e impoverimento del sud... A Crotone la situazione è simile, però le fabbriche sono chiuse e non rimangono che scheletri sulla città greca. Cambiando argomento, adesso sono in Calabria e vado in giro per i laghi della Sila. Che posti, che vita! Facendo il paragone con l’Emilia-Romagna, sembra essere in un’altra Nazione. Come è possibile che bere due limoncelli a Villaggio Palumbo, di fronte a un lago verde, costa un euro e a Riccione una sedia sdraio e un ombrellone, per un giorno di mare nero, costano quindici euro? Come è che a San Giovanni con l’acqua preziosa ci lavano le auto e in Piazza Maggiore per comprarti una bottiglietta d’acqua devi fare la fila e puoi pagare anche col bancomat? Domande stupide, che mi generano solo stupore. Queste le cose belle...Però percorrendo la statale Cosenza-Crotone, in prossimità di Celico sta crollando quel ponte, che, per far passare la strada (peraltro a scorrimento veloce) nel centro abitato per farsi simpatici gli abitanti, chi di competenza ha fatto costruire in un punto o con modalità evidentemente inopportune, a seguito di una variazione del progetto originario. Oltrepassato il ponte pericolante, arrivo a Monteuliveto, che Emiliano sostiene chiamarsi Montoliveto. Io, a dire il vero, l’ho sempre chiamato San Bernardo, e sinceramente non so dove finisca l’uno e inizi l’altro. Forse la casa dei miei si trova a confine, in un punto che non ha nome.

Vincenzo Tiano


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