Fausto Bertinotti chiede al Parlamento di «dare avvio ad un’indagine conoscitiva che possa risalire alle cause delle morti sul lavoro fino ad evitarne il loro tragico ripetersi». Dopo i numerosi moniti lanciati dal presidente della Repubblica Giorgio Napolitano, è ora il presidente della Camera a lanciare un appello affinché «la politica e le istituzioni facciano sentire la loro presenza forte».
Con i due operai asfissiati da gas tossici venerdì 18 agosto, mentre erano intenti alla pulitura dei filtri di una cisterna per la raccolta dell’acqua piovana in un oleificio di Monopoli, sono 657 le persone morte dall’inizio dell’anno mentre svolgevano il proprio lavoro.
«L’Italia segna il record europeo di morti sul lavoro - sottolinea ancora Bertinotti - Le cause di questi tragici eventi sono certamente da ricercare nella carenza di controlli, nella mancata applicazione delle regole, nella scarsa considerazione del lavoro umano». E proprio sull’applicazione delle regole sulla sicurezza del lavoro e sulla tutela dei diritti dei lavori dovrebbe concentrarsi l’indagine parlamentare sollecitata dal presidente della Camera.
* www.unita.it, Pubblicato il: 19.08.06, Modificato il: 19.08.06 alle ore 18.03
SUL TEMA, NEL SITO, SI CFR.:
PEGGIO DI UNA GUERRA: MORTI SUL LAVORO SEI OPERAI IN SICILIA...
Lo scandalo morti bianche sono più degli omicidi
di Gad Lerner (la Repubblica, 6 agosto 2008)
Una modesta proposta al ministro La Russa e al governo tutto, che s’è preso tanto a cuore la sicurezza dei cittadini italiani: perché non inviare l’esercito anche nei cantieri, nelle fabbriche, e magari lungo le autostrade? A meno che si vogliano considerare i morti sul lavoro e negli incidenti stradali "meno importanti" rispetto alle vittime della criminalità.
Rendiamo merito al Censis che di tanto in tanto, sommessamente, introduce qualche cifra rivelatrice in un dibattito pubblico dominato dalla propaganda. Così, mentre i telegiornali celebrano la trovata dei militari affiancati alle forze di polizia nel pattugliamento delle città, l’istituto di ricerche sociali fondato da Giuseppe De Rita pubblica delle statistiche che sovvertono il "comune sentire" montato ad arte dagli imprenditori politici della paura: in Italia le vittime degli incidenti sul lavoro sono quasi il doppio rispetto alle vittime della criminalità. Che sono peraltro in costante diminuzione e restano otto volte di meno rispetto ai morti negli incidenti stradali.
Se di emergenza si deve parlare, riguarda il fatto che da noi i morti sul lavoro sono quasi il doppio della Francia, il 30% in più rispetto a Germania e Spagna. Cifre che dovrebbero far arrossire la nostra classe dirigente, a proposito di sicurezza. Ma i fautori di "legge e ordine" non paiono scossi neppure dal fatto che si registrino più morti sulle nostre strade che in paesi europei più popolosi dell’Italia: la severità torna ad essere categoria elastica, quando debba applicarsi ai cittadini "perbene".
Naturalmente vi sono ragioni culturali e sociali che spiegano l’ipersensibilità dei cittadini nei confronti di furti, rapine, degrado dell’ambiente urbano. Così come vi sono interessi economici che hanno convenienza a minimizzare le deroghe alla prevenzione antinfortunistica e al rispetto del codice della strada. Ma il compito di una classe dirigente, in democrazia, dovrebbe essere quello di assumere le priorità dettate dall’interesse generale, svolgendo un’opera educativa in tal senso. Mostrandosi superiore agli umori fomentati per convenienza o pregiudizio.
Invece tra i nostri politici vige l’andazzo contrario: adulare il popolo, cavalcandone l’ignoranza. Lo fa notare con parole più diplomatiche il direttore del Censis, Giuseppe Roma, presentando i risultati della ricerca: «Risalta in maniera evidente la sfasatura tra pericoli reali e interventi concreti per fronteggiarli. Il luogo di lavoro e la strada mancano ancora di presidi efficaci per garantire la piena sicurezza dei cittadini». E non ci si venga a dire che le morti bianche e gli incidenti stradali sono fatalità, o che succede così dappertutto. Lo scandaloso divario fra l’Italia e i paesi europei ad essa comparabili, dimostra il contrario.
La sicurezza manipolata come un feticcio, semmai, rivela la volontà di sottomettere i ceti più deboli all’ingiustizia sociale, indirizzandone il malcontento su bersagli meno impegnativi. È più facile prendersela con la devianza degli emarginati, specie se stranieri, che con la camorra, la mafia, la ’ndrangheta (sono queste organizzazioni le principali responsabili degli omicidi in Italia). Ancor più complicato è imporre la regola morale, prima ancora che giuridica, secondo cui la tutela della vita del lavoratore è più importante della produttività. Addirittura impopolare, infine, suona l’equazione fra mancato rispetto del codice della strada e delinquenza.
Naturalmente mandare i soldati in pattuglia nei cantieri, nelle fabbriche e lungo le autostrade è solo una boutade. Ma denunciare la menzogna di questi politici, falsi difensori della sicurezza pubblica, resta una necessità. Perché una comunità impaurita non progredisce inseguendo fantasmi: semmai arretra, correndo all’impazzata sulle strade e umiliando i suoi lavoratori.
MORTI BIANCHE, LA STRAGE CONTINUA
Il libro nero delle morti sul lavoro in Italia si allunga di un nuovo capitolo. Due uomini, che stavano lavorando su una impalcatura in un cantiere a Vighignolo, frazione di Settimo Milanese, hanno perso la vita cadendo da una altezza di 15-20 metri - il sesto piano del caseggiato in costruzione a cui stavano lavorando - mentre un terzo uomo è ricoverato in gravissime condizioni. I tre - di 27 e 28 anni i deceduti, di 38 anni il ferito - a cui va aggiunto in quarto uomo colto da una crisi dovuta allo choc - sono tutti di nazionalità egiziana. I tre che lavoravano sull’impalcatura sono volati a terra intorno alle 11, quando la struttura è collassata trascinando al suolo, oltre ai tubolari, anche i lavoratori.
Nella frazione di Vighignolo si è sentito un boato determinato dal fragore dell’impalcatura che rovinava al suolo. Sul posto, sono intervenuti gli uomini della polizia locale, i soccorritori del servizio medico, i vigili del fuoco di Rho e i carabinieri di Rho che, ora, stanno interrogando i responsabili della ditta titolare dei lavori di costruzione del caseggiato di via Don Minzoni e quelli della ditta subappaltatrice che si occupa del ponteggio. L’azienda che si occupa della costruzione del caseggiato è il consorzio Delta di Nerviano (Milano) mentre l’impresa subappaltatrice del ponteggio è la Ecoponteggi di Trezzo sull’Adda.
OPERAI MORTI FORSE IRREGOLARI - Si chiamavano Mohammed e Omar, rispettivamente di 27 e 28 anni, e sarebbero immigrati irregolari i due uomini morti in seguito al crollo di un ponteggio all’interno di un cantiere per la costruzione di un caseggiato di otto piani in via Don Minzoni. Il primo dei due uomini, secondo quanto riferito dal cugino accorso sul luogo dell’incidente, viveva a Milano insieme al fratello da tre anni. I due uomini, di nazionalità egiziana come il terzo rimasto ferito gravemente nell’incidente - le cui condizioni, a quanto appreso dalle forze dell’ordine, indurrebbero a un "moderato ottimismo" - sarebbero irregolarmente sul territorio italiano. In base alle verifiche sulla banca dati, è stato spiegato, non risulta alcun permesso di soggiorno intestato ai tre. Così, irregolari sul territorio, dovrebbero essere anche irregolari per quanto concerne il rapporto di lavoro. Ad una analisi visiva del ponteggio crollato - l’area del cantiere è stata posta sotto sequestro - un’ipotesi per l’incidente potrebbe essere quella di una errata equilibratura dei pesi. Il ponteggio che corre lungo i fianchi del caseggiato, infatti, è di dimensioni molto ampie e, ad un primo esame visivo, costruito in maniera appropriata. A quanto si è appreso sembra che nella parte del ponteggio dove si trovavano i tre egiziani fosse in corso una attività di smontaggio delle campate dello stesso ponteggio.
UN FERITO GRAVE ALL’IDROSCALO - All’Idroscalo di Milano, poi, un operaio italiano di 55 anni, è caduto da un ponteggio all’Idroscalo di Milano. L’uomo é stato trasportato in coma all’ospedale San Raffaele. Lo ha reso noto il 118. L’incidente sul lavoro è avvenuto verso le 11, quasi contemporanemente alla sciagura del ponteggio crollato a Settimo Milanese, dove sono morti due operai
CADE DA PONTEGGIO, MUORE OPERAIO IN SICILIA - Un operaio di 44 anni è caduto da un’impalcatura morendo sul colpo. E’ accaduto intorno alle 9 a Termini Imerese, nel palermitano. L’uomo, originario di Trabia, é precipitato da un’altezza di circa tre metri. Lavorava alla centrale teromoelettrica dell’Enel e stava eseguendo dei lavori di manutenzione ai supporti meccanici, insieme ad altri colleghi. Sul posto sono intervenuti i Carabinieri.
L’operaio morto, che ha battuto con violenza la testa, si chiama Domenico Cagnina, dipendente della ditta Marini che aveva in appalto dall’Enel alcuni lavori nella centrale di Termini Imerese. Nel momento dell’incidente, da quanto si apprende, sul posto c’era anche il figlio dell’operaio. A terra è stato trovato un casco, ma non è certo che lo indossasse al momento della caduta.
OPERAI MORTI A MINEO, ENTRO DOMANI L’AUTOPSIA
Il procuratore della Repubblica di Caltagirone, Onofrio Lo Re, ha conferito al medico legale Maria Francesca Berlich, il mandato per compiere le autopsie sulle sei persone morte nell’incidente sul lavoro avvenuto due giorni fa nel depuratore comunale di Mineo. Secondo quanto si è appreso gli esami autoptici si dovrebbero concludere entro domani. Il medico legale Berlich inizierà i rilievi nell’obitorio del cimitero di Caltagirone dove si trovano le salme di due dei 4 dipendenti comunali deceduti: Giuseppe Zaccaria, di 47 anni e Natale Giovanni Sofia di 37. Successivamente saranno eseguite quelle sulle altre 4 salme che si trovano in altrettanti obitori: due in quello del cimitero di Mineo e altrettante in quello di Palagonia.
"Stiamo lavorando, le indagini fervono, stiamo facendo gli accertamenti tecnici necessari, a cominciare dall’autopsia che ci potrà chiarire come sono andate le cose. L’inchiesta procede speditamente", ha assicurato il magistrato.
COGNATO VITTIMA,INCIDENTE A FINE INTERVENTO - "Un impiegato comunale ieri sera ci ha detto di avere ricevuto alle 12,15 di due giorni fa una telefonata da parte di uno dei quattro dipendenti che gli diceva che i lavori al depuratore erano stati completati". Lo ha affermato Francesco Damigella, cognato di una delle vittime della tragedia di Mineo, Natale Giovanni Sofia, entrando negli uffici della Procura della Repubblica di Caltagirone. "Pensiamo - ha aggiunto - che sia accaduto qualcosa dopo. Tra le 12,15 e le 13,30 si è verificato qualcosa che ha causato la tragedia ma che noi non conosciamo"
GIORNATA DI LUTTO PER LA SICILIA
PALERMO - Tutti gli uffici regionali a mezzogiorno osserveranno un minuto di silenzio e di raccoglimento per commemorare i sei operai, morti mercoledì scorso nel depuratore comunale di Mineo. La giornata di lutto è stata proclamata dal presidente della Regione siciliana, Raffaele Lombardo, che ha chiesto di esporre le bandiere a mezz’asta negli uffici per esprimere la partecipazione delle istituzioni e di tutti i siciliani al dolore dei familiari delle vittime di Mineo. Già ieri alcune fabbriche siciliane si sono fermate per mezz’ora alla fine dei turni di lavoro. Questa mattina intanto il procuratore di Caltagirone Onofrio Lo Re conferira l’incarico al medico legale Maria Francesca Berlich, che dovrà eseguire le autopsie sui corpi delle sei vittime.
* ANSA » 2008-06-13 15:20 - ripresa parziale
Ogni anno 5.700 incidenti mortali e in 160mila muoiono per malattie correlate
Ue:"Si potrebbero evitare" e la Commissione lancia una campagna per la sicurezza
Ue: una vittima sul lavoro
ogni tre minuti e mezzo
BRUXELLES - Una vittima sul lavoro ogni tre minuti e mezzo in Europa. E la gran parte di incidenti e malattie potrebbero essere evitati. E’ questo il dato diffuso dall’Unione Europea, da cui parte la campagna biennale sulla valutazione dei rischi sul lavoro che sarà lanciata domani a Bruxelles dalla Commissione europea e dall’Agenzia Ue per la sicurezza e la salute sul lavoro.
Secondo i dati Eurostat relativi al 2005, nell’Ue gli incidenti sul lavoro mortali arrivano ogni anno a 5.700, mentre per le stime dell’Organizzazione mondiale del lavoro altre 159.500 persone perdono la vita a causa di malattie provocate dalla propria occupazione. Proprio combinando queste due cifre si arriva al dato agghiacciante di un morto ogni tre minuti e mezzo, che secondo Bruxelles potrebbe essere evitato con una sistematica valutazione del rischio sul posto di lavoro, soprattutto in settori ad alto rischio come quello delle costruzioni, della sanità e dell’agricoltura.
A presentare la campagna saranno presenti domani a Bruxelles il commissario Ue al Lavoro Vladimir Spidla e il direttore dell’Agenzia Ue per la sicurezza e la salute sul lavoro Jukka Takala.
* la Repubblica, 12 giugno 2008.
ANSA» 2008-04-28 18:33
INCIDENTI LAVORO: 1.260 MORTI, UN TERZO RISPETTO A 50 ANNI FA
Circa 1.260 morti e poco più di 900 mila incidenti: sono i dati, ancora terrificanti, degli infortuni sul lavoro nel 2007, anno che segna una lieve contrazione sull’anno precedente sia per le cosiddette morti bianche sia per gli incidenti.
Li ha diffusi l’Inail in occasione della giornata mondiale e in vista delle celebrazioni dell’1 maggio che quest’anno saranno dedicate a ricordare le vittime degli incidenti sul lavoro. Una piaga, questa, che ha anche un rilevante costo sociale: quasi 45,5 miliardi di euro, il 3,21% del Pil. Nonostante i lutti che ancora funestano il mondo del lavoro, tuttavia, la situazione nel lungo periodo è molto migliorata. Negli anni del boom economico, successivi alla fine della seconda guerra, morire di lavoro era ancora più facile, tanto che oggi le morti bianche sono un terzo rispetto a quelle di 50 anni fa. Nel 1956 - ha infatti ricostruito l’Inail - i morti del lavoro erano 3.900, tre volte tanto quelli di oggi e, addirittura, il picco degli infortuni mortali si è avuto nel 1963, quando morirono ben 4.644 persone. Nonostante l’alto numero assoluto di morti, infine, un dato conforta: in Italia le aziende dell’industria e dei servizi che non hanno denunciato nessun infortunio nel corso del 2006 sono il 92,4% del totale di 3.745.224. In altre parole, le aziende dove si è verificato almeno un incidente sono il 7,6% (280 mila) del totale nazionale e appena lo 0,48% (circa 18 mila) quelle che hanno registrato 5 o più infortuni.
ITALIA MAGLIA NERA UE 15 PER MORTI E STRESS Italia fanalino di coda nell’Ue a 15, in materia di sicurezza sul lavoro. Secondo l’Osservatorio per le politiche sociali in Europa di Inca Cgil di Bruxelles infatti, nel 2005 nel nostro Paese si sono registrate ben 918 morti sul lavoro, cioé quasi 1/4 del totale di incidenti mortali registrati nell’Unione, che ammonta a 4.011. Il Belpaese é inoltre la Stato dell’Unione in cui si registra il maggior numero di stressati da lavoro: ben il 27% del totale, contro una media europea del 22%. I dati - i più ’freschi’ in quanto a comparabilità con quelli degli altri Paesi comunitari e resi noti in occasione della ’Giornata Mondiale per la salute e la sicurezza sul lavoro’ - vanno accompagnati con quello più generale degli infortuni, che vede il nostro Paese al quarto posto di questa classifica in negativo, con 564.166 casi, preceduto da Germania (913.902), Spagna (780.433) e Francia (685.856). "Ogni anno - sottolinea l’Inca - nel mondo circa 2,2 milioni di lavoratori muoiono per causa di incidenti e malattie legate al lavoro, circa 270 milioni restano vittime di incidenti di lavoro non mortali e 160 milioni di malattie professionali". Per quanto riguarda l’Ue - prosegue - "certamente molto si è fatto negli ultimi anni. Tuttavia, ogni anno soltanto nell’Europa dei 15 si contano ancora 4 milioni di infortuni e oltre 4 mila morti per incidenti sul lavoro. Le categorie maggiormente colpite sono i precari, i lavoratori più anziani e i migranti. Anche in Italia il fenomeno è in costante diminuzione da un anno all’altro, ma una morte per incidenti su 4 nell’Europa dei 15 avviene ancora nel nostro Paese". Oltre che ’maglia nera’ sul fronte delle morti sul lavoro, all’Italia va anche il primato di ’culla’ dei lavoratori più stressati. Come sottolinea l’Inca, infatti, in tutto il Vecchio Continente appaiono in forte aumento i rischi psicosociali che nascono sul luogo di lavoro. "Lo stress da lavoro - si sottolinea - risulta infatti essere il secondo problema sanitario legato all’attività lavorativa in Europa, un problema che colpisce il 22% dei lavoratori Ue (27% in Italia) e il numero di persone che lamentano situazioni di disagio provocate dallo stress o aggravate dal lavoro è destinato ad aumentare nel tempo". Fra le cause dello stress da lavoro la precarietà contrattuale, l’intensificazione dell’attività, le elevate pressioni emotive, il pericolo mobbing o la scarsa considerazione dell’equilibrio tra lavoro e vita privata.
Altre 2 morti bianche
Napolitano firma il decreto
Altre due morti bianche proprio nel giorno in cui il presidente della Repubblica, Giorgio Napolitano, firma il Decreto sulla Salute e Sicurezza nel Lavoro. In mattinata, un operaio extracomunitario di 26 anni è morto in un cantiere edile di Busto Arsizio, in provincia di Varese. Il giovane è rimasto ucciso da un pesante cassone colmo di malta che si è staccato da una gru da un’altezza di una quindicina di metri, e mlo ha colpito in pieno. Il ragazzo era appena uscito da sotto una tettoia. Inutile ogni tentativo di soccorso. Il manovale è deceduto sul colpo.Del caso si sta occupando la Polizia.
«Siamo di fronte a un`ecatombe, di cui la Lombardia ha il più triste dei primati. Quello che è avvenuto oggi a Busto Arsizio è semplicemente inaccettabile» ha commentato Alfio Nicotra, segretario regionale del Prc e componente il comitato di coordinamento de la Sinistra l’Arcobaleno. «Lo stillicidio di morti bianche è una normalità alla quale non possiamo abituarci, ma che grida vergogna».
«Non chiamatela fatalità - ha detto Nicotra - perché in molti cantieri edili la sicurezza è solo un optional. Si pretendono ritmi di lavoro estenuanti, si caricano le gru con pesi eccessivi e le si agganciano in tutta fretta. Mancano i corsi di addestramento per i lavoratori dei cantieri, perché si preferisce ricorrere a manodopera in nero spesso gestita da mercanti di braccia, veri e propri caporali della globalizzazione. Chiediamo che sia fatta piena luce su quanto accaduto e che si intensifichino i controlli. Intanto gli Enti locali e lo Stato - e la comunità di Busto Arsizio - non lascino sola la famiglia di questo operaio immigrato». Nel pomeriggio, Massimo Borriello, 36 anni, di Vietri sul Mare, autista di un tir che aveva trasportato prodotti agroalimentari in un’azienda conserviera di Sant’Antonio Abate, nel napoletano, è morto schiacciato da due casse del carico. Il fatto è accaduto nel deposito-parcheggio dell’azienda cui erano destinati i prodotti, la «Antonino Russo».
Secondo una prima ricostruzione dei carabinieri della compagnia di Castellammare di Stabia, subito intervenuti, Borriello stava seguendo il lavoro di scarico compiuto con l’ausilio di un muletto in piedi accanto al portellone aperto del camion; il suo mezzo era probabilmente carico oltremisura, e alcune casse erano state sistemate di traverso. La forcella del muletto, in questo modo, non è riuscita a sollevare senza problemi due di queste, che, sbilanciate, sono franate addosso all’uomo, uccidendolo sul colpo.
Le due vittime non sono che le ultime di una catena infinita, cui il governo ha cercato di porre rimedio col decreto. «Accogliamo con grande soddisfazione la sottoscrizione da parte del Presidente della Repubblica del Decreto sulla Salute e Sicurezza nel Lavoro», affermano in una nota Paola Agnello Modica, Renzo Bellini e Paolo Carcassi, segretari confederali di Cgil, Cisl e Uil. D’altra parte, ricordano, «il presidente Napolitano ha sempre mostrato grande sensibilità e impegno su un tema così importante per la vita di tutti i lavoratori e lavoratrici, che non possono che ringraziarlo per l’impulso che ha dato». «Ora per l’applicazione del Decreto manca solo la pubblicazione sulla Gazzetta Ufficiale che ci auguriamo avvenga nei tempi più solleciti possibile», concludono i sindacati.
* l’Unità, Pubblicato il: 10.04.08, Modificato il: 10.04.08 alle ore 18.48
Il ministro del Lavoro Damiano: "E’ il testo più avanzato nella legislazione europea" Il ministro Turco: "Le norme puntano alla responsabilità piuttosto che alla punizione"
Sicurezza sul lavoro, il Cdm
approva il decreto legge
Soddisfazione del presidente del Senato Marini: "E’ una questione di civiltà" La normativa nei giorni scorsi era stata duramente contestata da Confindustria
ROMA - Via libera definitivo dal consiglio dei Ministri al decreto legislativo sulla sicurezza nei luoghi di lavoro. Lo ha annunciato il ministro della salute, Livia Turco. "Ce l’abbiamo fatta, il decreto legislativo non era scontato - ha commentato il responsabile del Lavoro Cesare Damiano - è il testo più avanzato nella legislazione europea".
"La legge prevede un cambiamento di mentalità nei confronti della sicurezza, puntando sull’assunzione di responsabilità piuttosto che sulla punizione o sulla proibizione. - ha detto il ministro Turco - E’ stato introdotto il libretto sul rischio sanitario, è stato rafforzato il rapporto tra luogo di lavoro e Asl, è stata rinvigorita la figura del medico competente, è stata promosso l’attività per la formazione dei datori di lavoro ed è stata introdotta anche la figura del rappresentante della sicurezza nei luoghi di lavoro".
Il presidente del Senato Franco Marini ha definito l’approvazione della legge "un fatto importantissimo e una questione di civiltà". Marini, che stamane ha incontrato, nel cantiere di piazza Conca d’Oro, un gruppo di lavoratori edili della metropolitana di Roma, ha ricordato che il Presidente della Repubblica "da più di un anno si rivolge al sottoscritto e al presidente della Camera per sollecitarci a far camminare il più rapidamente possibile i provvedimenti che riguardano la sicurezza sul lavoro perchè in Italia gli incidenti mortali sui luoghi di lavoro hanno una incidenza molto più alta che negli altri paesi e l’edilizia è uno dei settori più esposti, proprio ieri si sono verificati tre casi drammatici".
La nuova normativa prevede piena tutela contro gli incidenti a tutte le lavoratrici e i lavoratori, compresi quelli a tempo determinato "flessibili", a domicilio e a distanza come nel caso del telelavoro. Per combattere le morti bianche, le aziende che non rispetteranno le regole sulla sicurezza (comprese quelle per la messa in regola dei dipendenti) saranno tagliate fuori dalla possibilità di lavorare per le opere pubbliche; e le imprese che hanno oltre il 20% di lavoratori in nero verranno sanzionate. Il testo prevede poi provvedimenti a favore della formazione e iniziative scolastiche per favorire una migliore cultura della sicurezza.
Le sanzioni introdotte dal decreto sono state però ampiamente contestate da Confindustria e da altre associazioni imprenditoriali. "Inasprendo le pene non si salva nemmeno una vita umana perché bisogna prevenire. L’impianto è tutto spostato sulle sanzioni e non sulle regole", ha detto nei giorni scorsi il presidente degli industriali Luca Cordero di Montezemolo.
(la Repubblica, 1 aprile 2008)
Morti bianche, passa il decreto Prodi: diritto al lavoro sicuro
Montezemolo: ultimo atto della sinistra *
Il decreto è passato. Il Consiglio dei ministri ha approvato il decreto di attuazione della legge delega 123 dell’agosto scorso, che regolamenta la sicurezza sui luoghi di lavoro. Il provvedimento passerà ora alle commissioni parlamentari e alla conferenza Stato-Regioni e tornerà poi in Consiglio dei Ministri per l’approvazione definitiva.
«L’ultimo atto di una sinistra anti-industriale e demagogica». A parlare è il presidente di Confindustria Luca Cordero di Montezemolo. E l’atto in questione è proprio il testo unico sulla sicurezza. Nonostante i tre morti al giorno che in media cadono sui luoghi di lavoro per la carenza di misure di sicurezza, perché si ha furia di risparmiare, per il presidente degli industriali «bisogna uscire da questo clima nel quale si sta facendo largo e non si capisce perché con questa urgenza, un inasprimento delle sanzioni che poco o nulla hanno a che vedere con politiche attive, di prevenzione e di formazione».
A Confindustria risponde direttamente il presidente del Consiglio Romano Prodi: il decreto, ha spiegato, «non ha intenti punitivi, non mette nel mirino le imprese, ma mette al centro la tutela della persona e il diritto al lavoro sicuro». E le polemiche? «Sollevare contrapposizioni - taglia corto Prodi - è un’offesa nei confronti dei lavoratori».
L’intesa sembrava vicina, o quantomeno il ministro del Lavoro Cesare Damiano la auspicava: il sistema di sanzioni è «estremamente calibrato rispetto alle violazioni», spiegava, e l’auspicio era che «le parti sociali apprezzino l’impegno profuso dal governo per definire questa delega con un lungo lavoro di concertazione».
D’altronde, qualche mediazione c’è già stata: nel decreto legislativo non è più solo l’arresto nei casi di violazioni più gravi ma, se l’imprenditore si mette in regola, dovrà solo pagare una multa da 8 mila a 24 mila euro. «È un incentivo per la prevenzione e per emendare la propria condotta», spiega il ministro della Giustizia Luigi Scotti. «L’arresto - chiarisce - è previsto solo per i casi più gravi, ossia per inadempimenti nella relazione sui rischi dell’attività imprenditoriale nei settori più pericolosi, con sostanze infiammabili o inquinanti».
Ma Confindustria grida battaglia: «Il provvedimento - riflette Montezemolo - punta tutto e solo su un inasprimento delle sanzioni, senza niente di attivo, nuovo, come supporto alla formazione e prevenzione, unica strada per ridurre davvero i rischi. L’impianto - prosegue - è tutto spostato sulle sanzioni, non c’è chiarezza sulle regole. Così si fa demagogia».
In realtà, spiegano i sottosegretari al Lavoro, Antonio Montagnino, e alla Salute, Gian Paolo Patta, nel testo appena approvato dal governo, si garantiscono «una più adeguata prevenzione, un potenziamento della formazione, un coordinamento della vigilanza, maggiore sostegno alle imprese per mettersi in regola, il potenziamento del ruolo dei rappresentanti per la sicurezza». E le sanzioni sono «concepite come ultima ratio, assolutamente equilibrate, che non rispondono affatto ad alcun intento punitivo». Concorda il ministro Damiano, secondo il quale le sanzioni «si muovono da una logica semplice: la proporzionalità alla violazione».
* l’Unità, Pubblicato il: 06.03.08, Modificato il: 06.03.08 alle ore 19.31
Sicurezza, Montezemolo attacca: «Ultimo atto della sinistra»
Prodi: non ho dubbi su approvazione *
«L’ultimo atto di una sinistra anti-industriale e demagogica». A parlare è il presidente di Confindustria Luca Cordero di Montezemolo. E l’atto in questione è il testo unico sulla sicurezza. Nonostante i tre morti al giorno che in media cadono sui luoghi di lavoro per la carenza di misure di sicurezza, perché si ha furia di risparmiare, per il presidente degli industriali «bisogna uscire da questo clima nel quale si sta facendo largo e non si capisce perché con questa urgenza, un inasprimento delle sanzioni che poco o nulla hanno a che vedere con politiche attive, di prevenzione e di formazione».
L’intesa sembrava vicina, o quantomeno il ministro del Lavoro Cesare Damiano la auspicava: il sistema di sanzioni è «estremamente calibrato rispetto alle violazioni», spiegava, e l’auspicio era che «le parti sociali apprezzino l’impegno profuso dal governo per definire questa delega con un lungo lavoro di concertazione».
Il Consiglio dei ministri ora è in corso e il testo, esclusa qualche «limatura», dovrebbe essere approvato così com’è. Ma Confindustria grida battaglia: «Il provvedimento - riflette Montezemolo - punta tutto e solo su un inasprimento delle sanzioni, senza niente di attivo, nuovo, come supporto alla formazione e prevenzione, unica strada per ridurre davvero i rischi. L’impianto - prosegue - è tutto spostato sulle sanzioni, non c’è chiarezza sulle regole. Così si fa demagogia».
In realtà, spiegano i sottosegretari al Lavoro, Antonio Montagnino, e alla Salute, Gian Paolo Patta, nel testo ora al vaglio del governo, si garantiscono «una più adeguata prevenzione, un potenziamento della formazione, un coordinamento della vigilanza, maggiore sostegno alle imprese per mettersi in regola, il potenziamento del ruolo dei rappresentanti per la sicurezza». E le sanzioni sono «concepite come ultima ratio, assolutamente equilibrate, che non rispondono affatto ad alcun intento punitivo». Concorda il ministro Damiano, secondo il quale le sanzioni «si muovono da una logica semplice: la proporzionalità alla violazione».
D’altronde, qualche mediazione c’è già stata: nel decreto legislativo non è più solo l’arresto nei casi di violazioni più gravi ma, se l’imprenditore si mette in regola, dovrà solo pagare una multa da 8 mila a 24 mila euro. «È un incentivo per la prevenzione e per emendare la propria condotta», spiega il ministro della Giustizia Luigi Scotti. «L’arresto - chiarisce - è previsto solo per i casi più gravi, ossia per inadempimenti nella relazione sui rischi dell’attività imprenditoriale nei settori più pericolosi, con sostanze infiammabili o inquinanti».
Intanto, entrando al Consiglio dei ministri, il premier Romano Prodi, ha chiuso ogni polemica: «Non c’è alcun dubbio» che il decreto sia varato.
* l’Unità, Pubblicato il: 06.03.08, Modificato il: 06.03.08 alle ore 18.39
ANsa» 2008-03-06 17:28
MORTI BIANCHE: SOLUZIONE GOVERNO DELUDE INDUSTRIALI
ROMA - Nei casi in cui è previsto l’arresto "se l’imprenditore rimette tutte le cose a posto gli si applica una sanzione pecuniaria da 8 a 24 mila euro". Lo ha reso noto il ministro della Giustizia, Luigi Scotti, sottolineando che si tratta di una sorta di "purgazione della propria condotta"
Le sanzioni nel decreto sulla sicurezza "si muovono da una logica semplice: la proporzionalità alla violazione. Il sistema sanzionatorio è estremamente calibrato", ha ribadito da parte sua il ministro del lavoro, Cesare Damiano, il quale ha auspicato che le parti apprezzino l’impegno del Governo che ha svolto un lungo lavoro di concertazione anzi una vera e propria trattativa.
CONFIDUSTRIA INSODDISFATTA, PERSA OCCASIONE
"Il nostro giudizio è di insoddisfazione: si è persa una buona occasione per dare un ottimo servizio allo stato". E’ quanto sottolinea il responsabile per le relazioni industriali di Confindustria, Giorgio Usai, al termine della riunione tra Governo e parti sociali sul decreto per la sicurezza sul lavoro. Per Usai le sanzioni sono comminate "in modo indifferenziato: non c’é un giusto equilibrio tra mancanze gravi e carenze formali o documentali".
FERRERO, CON DECRETO CONTROLLI E SANZIONI
ROMA - Aumentare i controlli, con maggiori ammende che arrivino fino all’arresto per rendere più efficaci le leggi che ci sono in materia di sicurezza sul lavoro e anche per far crescere nel paese la cultura della sicurezza. E’ quanto ha detto il ministro della Solidarietà Sociale, Paolo Ferrero, a Sky Tg24, parlando del decreto che sarà portato oggi in Consiglio dei ministri. "E’ necessario diffondere una cultura della sicurezza del lavoro, anche se si tratta di un’operazione dai tempi lunghi. Per fare questo - ha aggiunto Ferrero - è necessaria una mobilitazione politica e culturale ma bisogna anche far sì che le regole che si scrivono debbano poi essere applicate". Per questo, secondo il ministro, "bisogna aumentare le ammende e arrivare fino all’arresto, perché le aziende non facciano un calcolo economico, se gli conviene pagare le multe piuttosto che mettere in sicurezza il lavoro". Ferrero ha anche posto il problema delle commistioni di interessi tra controlli e consulenze e la necessità di aumentare i controlli attraverso i lavoratori responsabili per la sicurezza in azienda e sul territorio. Infine, una risposta ai dubbi sul decreto che arrivano da Confindustria e non solo: "La legge - ha conclude Ferrero - è incentrata moltissimo sulla prevenzione, ma insieme a questo elemento ci vogliono anche le sanzioni" per renderla più efficiente.
MOLFETTA: PROCURATORE TRANI, ’NON E’ STATA UNA FATALITA’’
ROMA - "Io non parlerei di fatalità". Lo ha detto il procuratore della repubblica di Trani, Nicola Barbera, riferendosi alle cinque vittime della Truck Center di Molfetta. Per il procuratore i lavoratori si sarebbero trovati di fronte a un "caso nuovo". Barbera lo ha detto all’uscita dell’audizione della commissione parlamentare d’inchiesta del Senato sugli infortuni sul lavoro, in corso stamane alla prefettura di Bari, affiancato dal pm Giuseppe Maralfa che dirige l’inchiesta. "Quantomeno - ha aggiunto Barbera - c’é stata una scarsa attenzione a quelli che potevano essere i pericoli, forse perché non erano conosciuti da chi li stava affrontando. Ci si può essere trovati di fronte ad un caso nuovo di cui non erano a conoscenza, perché nessuno vuole morire". "Non mi risulta ci sia mai stato un controllo sull’azienda". Lo ha detto il presidente della commissione parlamentare d’inchiesta del Senato sugli infortuni sul lavoro, Oreste Tofani, al termine di una parte delle audizioni in corso in Prefettura a Bari, con riferimento alla tragedia della Truck Center. "Le competenze sono della Asl - ha aggiunto - ma le responsabilità ora non mi sento di darle a nessuno. Questo sarà un percorso che faranno altri".
"Nell’azienda di Molfetta non sono state trovate mascherine di protezione", ha riferito Tofani. "Allo stato dovrei dire che il primo che poteva essere individuato come responsabile è deceduto, cioé il datore di lavoro. Per gli altri vedremo", ha aggiunto il procuratore di Trani, Nicola Barbera. Sui possibili indagati, riserbo totale. "Certamente - ha detto - non verremo a raccontarlo a voi perché dovrebbero essere indagati e quindi, come sapete, i nominativi degli indagati o degli indagabili sono sotto segreto e non possono essere resi noti".
MILANO, OPERAIO TRAVOLTO E UCCISO DA UN TRENO - Un operaio è stato travolto e ucciso da un treno in transito. E’ accaduto la notte scorsa a Milano poco prima dell’una in via Cristina Belgioioso, alla periferia cittadina lungo la linea Torino-Milano. L’uomo lavorava per una ditta appaltatrice della società Metro Milano per la realizzazione della fermata Rho Fiera. "La Clf, cooperativa di cui l’operaio era dipendente - sottolineano le Ferrovie - aveva richiesto a Rete Ferroviaria Italiana (Gruppo FS) l’autorizzazione ad accedere nell’area ferroviaria per effettuare lavori notturni. L’autorizzazione concessa prevedeva un’interruzione della circolazione ferroviaria a partire dall’ 1.30. L’investimento è avvenuto a mezzanotte e trenta". La vittima, 50 anni, era il responsabile del cantiere. I lavori sarebbero dovuti incominciare poco dopo l’incidente. L’uomo è stato immediatamente soccorso sul posto dal ’118’ ed è morto poco dopo.
Sicurezza, Confindustria non cambia idea
Prodi a Molfetta *
È «indignato», il vicepresidente di Confindustria Alberto Bombassei: non gli piacciono le «divisioni e le contrapposizioni» che sono nate tra politica e industriali sul tema delle morti sul lavoro. Si indigna, ma non cambia idea. «Nessuno mette in dubbio che l’impresa che non rispetta le norme debba essere sanzionata - ammette - ma la sanzione deve risultare sempre proporzionata alla gravità della mancanza». Insomma, non gli va giù «un apparato che punisce indiscriminatamente tutti i comportamenti dell’impresa» perché «ha solo l’effetto di mettere in difficoltà le imprese serie, la parte sana del Paese, e rischia di far aumentare il livello di economia sommersa».
A ventiquattr’ore dall’arrivo del testo unico sulla sicurezza sul tavolo del Consiglio dei ministri, Confindustria è ancora irremovibile sul tema delle sanzioni: nei decreti attuativi, si infervora Bombassei, «non solo sono stati quadruplicati gli importi, ma non c’è alcuna proporzione fra la sanzione e la mancanza. Questo perché - aggiunge - non si distingue fra mancanze meramente formali e mancanze che, invece, possono creare reali situazioni di pericolo per i lavoratori».
Resta, a quanto pare, inascoltato, dunque, l’appello lanciato mercoledì dalla manifestazione di Molfetta: in migliaia mercoledì hanno sfilato per le strade di Molfetta, la cittadina pugliese dove cinque operai sono morti mentre pulivano una cisterna di zolfo. Lo sciopero generale è stato indetto da Cgil, Cisl e Uil, «in segno di solidarietà alle vittime dell’ennesima strage sul lavoro e per chiedere l’immediata approvazione dei decreti attuativi del testo Unico sulla sicurezza sul lavoro». Proprio quello che martedì ha visto consumarsi lo scontro tra governo e Confindustria, e che ora Bombassei conferma.
Nel corso del corteo, Paolo Nerozzi, della segreteria generale nazionale della Cgil e ora candidato del Pd in Veneto ha sottolineato che «nessuna forza politica può appoggiare in questo momento le idee del vertice di Confindustria». Al corteo c’era anche il presidente della regione Puglia Nichi Vendola, esponente della Sinistra Arcobaleno, che ha voluto ricordare come, per combattere lo stillicidio delle morti sul lavoro, sia necessario «costruire un argine che deve essere fatto di leggi severe, di sanzioni più severe, di controlli continui ed efficaci».
Proprio quelle sanzioni di cui gli industriali non vogliono sentir parlare: «L’aggravamento delle sanzioni è inaccettabile», aveva detto già il direttore generale di viale dell’Astronomia, Maurizio Beretta. Il ministro del Lavoro Cesare Damiano l’aveva annunciato: «Ci sono resistenze della Confindustria sul tema delle sanzioni. Mi auguro vengano superate. Il Paese si aspetta una risposta dovuta, seria e forte». Martedì, a Molfetta era arrivato anche il presidente del Consiglio Romano Prodi che, spingendo sull’approvazione rapida del testo unico aveva anche spiegato il suo impegno ad «aiutare i familiari delle vittime a trovare un lavoro che possa in qualche modo sostituire il sostegno che dava il loro capofamiglia».
L’obiettivo è quello di approvare il dlgs in Consiglio dei Ministri «in questi giorni, forse giovedì». «Non c’è nessun intento punitivo nei confronti dell’imprese - spiega ancora Damiano - però le sanzioni devono essere proporzionali alle violazioni». La normativa, sottolinea, «è dell’agosto scorso, è composta da 12 articoli, 11 sono operativi e ce n’è solo uno in delega. fu approvata- specifica il ministro- con il concorso dell’opposizione». La parte in delega della normativa è in scadenza a marzo, pertanto, aggiunge, «abbiamo accelerato tempi al massimo, ora stiamo affrontando con il ministero della Giustizia la definizione delle sanzioni». Inoltre, tra i decreti attuativi, dovrebbe rientrare anche parte del tesoretto dell’Inail (si parla di 300 milioni di euro), da utilizzare per la prevenzione degli infortuni sul lavoro.
Contro il comportamento degli industriali si scaglia il ministro del Welfare Paolo Ferrero: «I decreti sulla sicurezza del lavoro devono andare in porto anche senza il parere favorevole di Confindustria». Mentre il sottosegretario alla Salute Giampaolo Patta in una nota afferma: «Mercoledì sera ultimo incontro con le parti sociali sul testo da portare giovedì in Consiglio dei ministri». E aggiunge: «Non accetteremo modifiche all’impianto, neppure a quello sanzionatorio».
* l’Unità, Pubblicato il: 05.03.08, Modificato il: 05.03.08 alle ore 15.14
Sono venuti in tremila a salutare per l’ultima volta Fabrizio Cannonero, il portuale genovese morto sul lavoro venerdì scorso. Tutto il porto di Genova si è fermato per l’intera giornata, mentre i sindacati Cgil, Cisl e Uil di tutti i settori, tranne trasporti e scuola, hanno proclamato tre ore di sciopero generale dalle 10 alle 13.
Presenti alle esequie la sindaca di Genova Marta Vincenzi, il presidente del consiglio regionale, Franco Ronzitti, il presidente dell’Autorità portuale, Luigi Merlo e l’ex presidente Giovanni Novi. Ai funerali ha partecipato anche il leader della Sinistra Arcobaleno, Fausto Bertinotti.
Cannonero era iscritto a Rifondazione Comunista. Bertinotti lo ha ricordato dicendo che «è un dolore intollerabile, perchè Fabrizio è morto in un modo che ci offende, il lavoro dovrebbe dare dignità. Questo dolore - prosegue Bertinotti - è conseguenza di 25 anni in cui il lavoro è stato considerato una variabile dipendente dalla competizione e dal mercato. Essendo disumanizzato - ha concluso - ha finito per vedere cancellato il valore della vita umana».
* l’Unità, Pubblicato il: 05.03.08, Modificato il: 05.03.08 alle ore 14.16
Il governo non vara i decreti di attuazione della legge per la sicurezza sul lavoro
Perché? Perché ormai gli imprenditori dettano legge in politica
Prigionieri di Confindustria
di Piero Sansonetti *
No, non è bastata: la Thyssen non è bastata. Il mondo politico, il governo, i partiti politici maggiori non riescono a convincersi che la guerra del lavoro merita la loro attenzione. Chiede un intervento drastico, leggi, decreti. E che se queste leggi costeranno qualcosina - una parte centesimale dei propri profitti - alle imprese, beh, è un prezzo che si può accettare per salvare centinaia di vite ogni anno. Tra tutti i generi di omicidio, l’omicidio sul lavoro - l’omicidio da sfruttamento - è di gran lunga il più frequente, oggi, in Italia. Ogni dieci omicidi per rapina, o per furto (o altre cause legate alla delinquenza comune, mafia compresa) ci sono 100 omicidi sul lavoro. E’ una grande emergenza, possiamo chiamarla emergenza-capitalismo.
Il Parlamento ha varato una legge quadro per contenere questa strage. Ma il governo non vara i decreti attuativi, e la legge resta lì, inerte. Perché il governo non vara i decreti? Noi abbiamo un sospetto: perché subisce le pressioni di Confindustria, che è contraria a quelle leggi e a quei decreti, che rendono un po’ meno flessibile il funzionamento delle aziende e aumentano di qualche centesimo di euro il costo del lavoro. E’ un sospetto infondato? Leggetevi l’intervista al ministro Damiano, che pubblichiamo a pagina 2, e vedrete che il sospetto non è solo nostro. E Damiano non è un "feddayn"...
Per questo parliamo di omicidio di Stato. E chiediamo che il governo intervenga nei prossimi minuti - non ore, giorni, settimane - riconoscendo le proprie responsabilità e chiedendo formalmente scusa ai parenti degli operai della Thyssen, e di quelli di Molfetta, e del portuale di Genova e delle altre decine e decine che sono morti in questi mesi mentre i decreti restavano sospesi e il consiglio dei ministri non li approvava. E subito dopo aver chiesto scusa, il governo deve varare immeditamente quei decreti. Infischiandosene delle pressioni di Confindustria. E possibilmente deve mandare a quel paese Montezemolo, che proprio ieri si è permesso di dettare un decalogo per i partiti, dal momento che lui ritiene di essere il padrone d’Italia. E sapete perché Montezemolo si crede il padrone d’Italia? Perché molti partiti - che riempiniono le loro liste elettorali con i capi della Confindustria e del padronato - glielo fanno credere.
Decreti sicurezza, Damiano: «Confindustria fa resistenza»
Molfetta, Prodi incontra i familiari
Il ministro Damiano«Ci sono resistenze della Confindustria sul tema delle sanzioni. Mi auguro vengano superate. Il Paese si aspetta una risposta dovuta, seria e forte». Lo afferma il ministro dimissionario del Lavoro, Cesare Damiano, sul dlgs in materia di sicurezza sul lavoro.
Damiano rende noto che oggi pomeriggio incontrerà le parti sociali al ministero. L’obiettivo è quello di approvare il dlgs in Consiglio dei Ministri «in questi giorni, forse giovedì».
«Non c’è nessun intento punitivo nei confronti dell’imprese, però le sanzioni devono essere proporzionali alle violazioni», aveva cercato di spiegare in precedenza Damiano a Confindustria.
La normativa, sottolinea, «è dell’agosto scorso, è composta da 12 articoli, 11 sono operativi e ce n’è solo uno in delega. fu approvata- specifica il ministro- con il concorso dell’opposizione». La parte in delega della normativa è in scadenza a marzo, pertanto, aggiunge, «abbiamo accelerato tempi al massimo, ora stiamo affrontando con il ministero della Giustizia la definizione delle sanzioni».
Sulle vittime di Molfetta, Damiano afferma ancora che «non si può assistere ad uno stillicidio di morti», tuttavia, «rimango contrario alle leggi speciali». L’unica cosa da fare, conclude il ministro, «poichè ce lo chiede il paese, è concludere la delega della legge 123».
Per Livia Turco, ministro della Salute «le leggi per la sicurezza sul lavoro sono necessarie ma non bastano: occorre una profonda svolta culturale».
Contro il comportamento degli industriali si scaglia il ministro del Welfare Paolo Ferrero: «I decreti sulla sicurezza del lavoro devono andare in porto anche senza il parere favorevole di Confindustria».
Al di là di queste ed altre reazioni, qualcosa di concreto sembra però profilarsi a breve scadenza: parte del »tesoretto« dell’Inail sarà probabilmente utilizzato per la prevenzione degli infortuni sul lavoro. La misura, auspicata all’unanimità da tutte le parti sociali, dovrebbe essere inserita, a quanto apprende l’Agi, nei decreti attuativi della legge sulla sicurezza sul lavoro (123/2007), che arriverà domani sul tavolo del Presidente del Consiglio. L’avanzo economico dell’istituto ammonta a circa 12 miliardi di euro, ma solo alcune decine di milioni (c’è chi parla addirittura di 300 mln) sembra potranno essere impiegate per finanziare gli interventi di prevenzione in materia di salute e sicurezza sul lavoro, pena l’ennesimo "veto" del ministero dell’Economia. Anche su questo, si starebbe facendo ora il punto in una riunione tecnica a palazzo Chigi.
Intanto a Molfetta non ce l’ha fatta il quinto operaio intossicato dall’esalazione di zolfo durante le operazioni di lavaggio di un’autocisterna in un’azienda di manutenzione e lavaggio di grossi automezzi, il Truck Center. All’alba Michele Tasca, che avrebbe compiuto vent’anni domani ed era ricoverato nel reparto di rianimazione dell’ospedale di Monopoli (Bari) per le lesioni ai polmoni provocate dall’ingestione di gas da zolfo, è deceduto a causa dell’aggravamento del quadro clinico. Erano stati i vigili del fuoco a tirarlo fuori che ancora respirava calandosi nell’autocisterna.
Nell’incidente erano morte altre quattro persone, compreso il titolare dell’azienda. Le altre vittime sono tre operai. Sono stati resi noti i nomi delle vittime: il titolare dell’azienda, Vincenzo Altomare, e i suoi dipendenti Guglielmo Mangano di 44 anni, Biagio Sciancalepore di 24 anni e Luigi Farinola di 37.
La procura della Repubblica presso il tribunale di Trani indaga per il reato di omicidio colposo plurimo. Il pm inquirente, Giuseppe Maralfa, indaga nei confronti di persone da identificare. Il magistrato inquirente ha disposto l’autopsia per accertare che cosa abbia provocato la morte dei cinque operai, verificare che cosa abbiano inalato e se siano state rispettate le norme di sicurezza nel Truck Center, una media azienda nella zona industriale di Molfetta che si occupa di autolavaggio e soprattutto del rimessaggio e del lavaggio di cisterne e di grossi mezzi industriali. Il contenuto dell’autocisterna era classificato "prodotto altamente tossico". La definizione del prodotto è contenuta nella bolla di accompagnamento del quale era corredato il mezzo.
I familiari delle vittime hanno incontrato il presidente del Consiglio. I familiari hanno lasciato la sede del Municipio dov’erano stati accolti dal commissario straordinario Antonella Bellomo. Romano Prodi ha espresso la solidarietà degli italiani e del governo e ha assicurato che sulla vicenda sarà fatta chiarezza.
* l’Unità, Pubblicato il: 04.03.08, Modificato il: 04.03.08 alle ore 17.36
Il capo dello Stato invia un video messaggio alla conferenza in corso a Napoli. Stigmatizzata la mancanza di garanzie per i lavoratori
Napolitano contro il precariato "Causa principale delle morti bianche"
"Non bastano più le denunce indignate. Occorrono misure efficaci" *
ROMA - La precarietà e la mancanza di garanzie dei lavoratori "sono in effetti le cause principali dell’abnorme frequenza e gravità degli incidenti, anche mortali, sul lavoro". Lo dice il presidente della Repubblica Giorgio Napolitano in un video-messaggio inviato alla seconda Conferenza Nazionale su Salute e sicurezza sul lavoro, che si è aperta oggi a Napoli.
Nel messaggio il presidente punta l’indice sul lavoro nero ("così diffuso nel Mezzogiorno"), minorile e degli immigrati. Proprio ieri l’Anmil aveva fornito i dati dei primi 9 mesi dell’anno: 1141 vittime di incidenti mortali e sempre grave la casistica delle malattie professionali con altre centinaia di decessi, molti riconducibili all’amianto.
"Non ci si può limitare alla denuncia commossa e indignata", aggiunge Napolitano sollecitando ad "adottare misure realmente efficaci": quelle previste nel cosiddetto "pacchetto sicurezza" inserito nel Decreto per il rilancio economico, approvato lo scorso luglio, e quelle del Testo unico sulla salute e sulla sicurezza del lavoro e del nuovo Codice degli appalti. "Spero che vedano presto la luce", auspica constatando la "fruttuosa collaborazione fra maggioranza e opposizione" che si è delineata su questi temi e ha portato all’istituzione della commissione parlamentare d’inchiesta sugli infortuni.
Altrettanto importanti sono però, sottolinea il capo dello Stato, "i controlli da compiere sistematicamente sull’osservanza delle leggi e di tutte le misure di garanzia".
In questo campo, fa osservare, non siamo all’anno zero: "in questi mesi si sono dati dei buoni esempi, e si è deciso anche un primo adeguamento delle risorse di personale necessarie per i controlli".
Napolitano ritiene di rivolgere un appello anche alla società civile e ai giornali: "si elevi il livello di attenzione, anche sui mezzi di informazione, per questi fatti e e questi problemi, si elevi il livello di comune sensibilità sociale e civile".
L’intervento del capo dello Stato non giunge inatteso. Come ricorda egli stesso nel messaggio, fin dal giorno del suo insediamento ha invitato a guardare con più attenzione "al valore del lavoro, come base della Repubblica democratica", e a fare di più per tutelare la sicurezza sui posti di lavoro. Le morti e gli incidenti sul lavoro, conclude, costituiscono "una piaga", ma questo "non è un prezzo inevitabile da pagare, come in qualsiasi altro grande Paese con milioni di occupati".
* la Repubblica, 25-01-2007.
Morti bianche, D’Alema: «Presto un disegno di legge» *
Di fronte allo stillicidio delle morti bianche (altri due morti in mattinata), il governo decide di intraprendere un’azione forte. Ad annunciarlo è lo stesso vicepresidente del Consiglio, Massimo D’Alema, nel question time in Parlamento ad un’interrogazione sull’incidente occorso all’oleificio di Campello sul Clitunno dove sono morte 4 persone. Nelle prossime settimane il governo intende presentare un disegno di legge per il riordino di tutta la disciplina sulla sicurezza e la salute dei lavoratori.
La lotta all’illegalità e lo sfruttamento in ogni forma nel mondo del lavoro è l’obiettivo dichiarato. Dopo aver assicurato che non mancherà l’impegno da parte del governo, delle amministrazioni coinvolte e delle autorità regionali di portare un aiuto concreto ai familiari delle vittime, il vicepremier ha infatti riepilogato le iniziative già esistenti per contrastare il fenomeno delle morti bianche: dal pacchetto sicurezza contenuto nelle «misure Visco-Bersani», che ha introdotto norme severe che rappresentano un vero e proprio punto di svolta nella gestione della sicurezza, alla finanziaria in corso d’approvazione, dove si introducono norme che combattono il lavoro nero e inaspriscono le sanzioni rispetto agli inadempienti e ridefiniscono i parametri di calcolo sul cosiddetto danno biologico.
Infine D’Alema ha annunciato che a gennaio il governo lancerà un grande iniziativa nazionale per la sicurezza e la salute sui luoghi di lavoro con il sostegno della Presidenza del Consiglio.
L’incidente nello stabilimento in Umbria, nel quale sono morti quattro operai, è anche al centro di un’interpellanza urgente dei parlamentari dell’ ufficio di presidenza del gruppo dell’Ulivo della Camera, nella quale si chiede ai ministri del lavoro, dell’ambiente e della salute di dichiarare lo stato di emergenza per tutta la zona interessata.
Franceschini, Sereni, Bocci, Stramaccioni, Di Girolamo e gli altri parlamentari dell’Ulivo della commissione ambiente e della commissione lavoro della Camera sottolineano che, oltre alle quattro vittime, l’esplosione ha causato «un danno ambientale non ancora pienamente quantificabile», riproponendo il dramma degli incidenti sul lavoro e quindi il tema della sicurezza, «autorevolmente riproposta dalle massime cariche istituzionali».
I deputati ulivisti ricordano, a questo proposito, che lo scorso anno si sono registrate quasi 940 mila denunce di infortuni e 1.206 incidenti mortali. Al governo, gli interpellanti chiedono quali elementi abbia a disposizione per valutare la vicenda di Campello, nonché «una prima valutazione dei suoi effetti sull’equilibrio ambientale della zona e sulla condizione della salute della popolazione circostante». Sollecitata, infine, «la definizione di un quadro giuridico che offra una maggiore e reale tutela della salute e della vita dei lavoratori, nonché un sistema di efficace monitoraggio e controllo del rispetto della normativa in materia di sicurezza nei luoghi di lavoro, anche prevedendo un miglior coordinamento delle strutture del Ministero del lavoro e delle aziende sanitarie locali preposte a tali funzioni».
La questione è quanto mai di attualità: in mattinata due operai sono morti in seguito allo scoppio di una caldaia difettosa mentre altre due lavoratori sono rimasti gravemente feriti a Sant’Angelo a l’Esca, piccolo centro a 40 chilometri da Avellino.
* www.unita.it, Pubblicato il: 29.11.06 Modificato il: 29.11.06 alle ore 17.48
ANCORA MORTI BIANCHE NEI CANTIERI
AVELLINO - Altre morti bianche nei cantieri. Due operai morti ed un terzo rimasto ferito: è il bilancio di un incidente sul lavoro che si è verificato a sant’Angelo a l’Esca, piccolo centro a 40 chilometri da Avellino.
Secondo quanto si è appreso gli operai stavano lavorando alla ristrutturazione di uno stabile quando, per cause imprecisate, si è verificata l’esplosione di una bombola di gas utilizzata, sembra, per eseguire saldature. Un terzo operaio è rimasto ferito. Sul posto vi sono ambulanze ed i carabinieri.
ANSA » 2006-11-29 14:57
Guerra di cifre sulle tragedie nei cantieri. L’Inail: casi in calo. I sindacati: statistiche solo sul lavoro regolare, strage sommersa
Cento operai morti ogni mese. "Più vittime qui che a Bagdad"
Se la vittima è un immigrato, non arriva neanche in ospedale e se anche ci arriva non risulta che stesse lavorando
di ATTILIO BOLZONI *
IN TUTTO il mondo, ogni anno ne muoiono più che in guerra. E in Italia più dei marines a Bagdad. Da tre a quattro al giorno. Se ne vanno in silenzio, nell’indifferenza. Se poi sono rumeni o moldavi o magrebini, a volte non fanno neanche statistica. Li raccolgono come sacchi e li buttano. Da Milano a Palermo i caduti sul lavoro dal 2001 sono stati più di 7 mila, gli incidenti quasi 5 milioni.
E’ quando comincia la settimana che il rischio è estremo, il lunedì. Verso le dieci del mattino nei campi, poco prima dell’ora di pranzo nei cantieri edili.
E’ una strage che non finisce mai. Al Sud, a Roma, in Veneto e in Lombardia e in Emilia Romagna, regioni che hanno il primato delle tragedie conosciute e legalmente riconosciute. Poi ci sono le altre, le tragedie fantasma. Gli immigrati che spariscono all’improvviso, che volano giù da un’impalcatura e vengono abbandonati in una discarica oppure li lasciano lì, in agonia sotto le macerie. E’ accaduto nemmeno due mesi fa davanti al mare di Licata, in provincia di Agrigento.
Sono in spaventoso aumento, secondo sindacati e organizzazioni onlus. E soprattutto per l’Associazione nazionale mutilati e invalidi sul lavoro. Sono in calo, secondo l’Inail. Nei primi tre mesi del 2006 l’istituto per le assicurazioni contro gli infortuni ha certificato che gli incidenti sono stati settemila in più rispetto all’anno scorso. A fine marzo erano già 222 mila. Ma a ottobre sarebbero scesi del 9 per cento. I dati dell’Inail parlano di "un risparmio di vite" nel quinquennio precedente, i suoi rapporti più recenti sostengono che ogni annata va sempre meglio di quella prima e che dal 2000 c’è "una tendenza complessiva al ribasso". Dati e valutazioni contestatissimi. È la "guerra dei numeri" su quei morti.
Tanti sono ragazzini. Bambini anche. Soltanto nel 2005, in Italia, sono stati 8.530 quelli che non avevano ancora 17 anni e sono rimasti vittime di una "disgrazia" sul lavoro. Dalla perdita della falange di un dito della mano sinistra all’infermità totale. La falange di un dito vale 3 mila euro l’anno di "rendita", 250 al mese. Nel linguaggio burocratico dell’Inail l’indennizzo ha proprio quel brutto nome: rendita.
I numeri raccontano tanto ma non raccontano tutto. "E noi quelli dell’Inail li critichiamo sempre perché ci lasciano stupiti, sono fluttuanti, disomogenei", accusa Sandro Giovannelli, il direttore dell’Anmil, l’Associazione mutilati e invalidi sul lavoro. Spiega: "Non ci importa di segnalare se c’è una vittima in più o in meno, sono comunque sempre tante, troppe. E non giustificano mai i toni così ottimistici dell’Inail". I dati che diffonde l’Inail non possono essere considerati "consolidati" se non passa almeno qualche mese, è questa una delle ragioni della distanza fra i suoi numeri e quelli di tutti gli altri. Una divergenza che accende furiose polemiche, anno dopo anno e report dopo report.
Per scoprire come si contano i morti e come si sfornano tabelle e grafici e si azzardano persino previsioni, venerdì scorso siamo andati in via Morgagni negli uffici della Fillea, il sindacato degli edili della Cgil. Abbiamo incrociato i dati da fonti diverse. E’ stata una prova rivelatrice per il riscontro dell’andamento degli infortuni in Italia, dei processi di stima e della loro attendibilità.
Secondo l’Inail, nei primi sei mesi di quest’anno, gli incidenti sul lavoro nel settore delle costruzioni hanno subito una flessione dell’0,8 per cento. Ma alla Fillea, dove quotidianamente raccolgono le segnalazioni e le denunce di tutte le sciagure nei cantieri, al 15 novembre avevano registrato 228 incidenti mortali, 47 in più dello stesso periodo dell’anno precedente e già 37 in più di tutto il 2005. Da un meno 0,8 per cento dell’Inail a un più 26 per cento della Fillea Cgil. Due verità, due Italie.
"Quello che ci preoccupa è che le statistiche fotografano solo il lavoro regolare, quella vastissima area di sommerso nelle costruzioni arriva a punte del 50 per cento e sfugge a qualsiasi controllo", denuncia Franco Martini, il segretario generale degli edili. Uno su cinque dei 191 edili ammazzati sul lavoro nel 2005 era immigrato, i lavoratori stranieri morti quest’anno nei cantieri sono già quasi il doppio, 52. E due erano minorenni. In testa alla luttuosa classifica del settore delle costruzioni c’è la Lombardia, subito dopo il Lazio. Le cause più frequenti di morte: caduta dall’alto; travolto da gru o ruspa; crollo di una struttura; colpiti da materiale, ribaltamento di mezzo; folgorato.
Dossier e contro dossier. L’ultimo è dell’Associazione mutilati e invalidi sul lavoro: nei primi sei mesi dell’anno 583 gli incidenti mortali. "La situazione è drammatica", dice ancora il direttore dell’Anmil Sandro Giovannelli. E aggiunge: "La tutela degli infortunati è diminuita, le aziende pagano troppo e i lavoratori ricevono poco. Nel 2000, in verità, il governo di centrosinistra aveva avviato una campagna per la sicurezza sul lavoro, però poi con Berlusconi si è fermato tutto". E attacca il presidente dell’Anmil Pietro Mercandelli, che da ragazzino faceva l’idraulico e a 18 anni ha perso una parte di gamba: "E’ un’ecatombe quotidiana, ci vogliono più controlli, i costi delle sicurezza non possono essere considerati costi aggiuntivi e l’Inail continua incredibilmente a ridurre il fenomeno".
Uno sterminio con morti invisibili. C’era stato il grido di dolore del presidente Giorgio Napolitano a fine giugno, quando un ragazzo messinese se n’era andato mentre stava tirando su i piloni dell’autostrada per Siracusa. Ai funerali di Antonio Veneziano c’era la corona di fiori del Quirinale, c’era un deputato della Regione siciliana che prima faceva il sindacalista e poi in chiesa solo panche vuote. Né un consigliere comunale, un rappresentante del governo, uno della Provincia. Ed era italiano Antonio.
"Degli altri spesso non sappiamo nulla, spesso non arrivano nemmeno in ospedale e quando ci arrivano non risultano vittime di incidenti sul lavoro", racconta Gino Rotella, responsabile del dipartimento del mercato del lavoro e immigrazione della Flai Cgil. Svela il sindacalista: "C’è un mondo parallelo e anche un sistema sanitario parallelo per quei disgraziati".
Chi si fa male sul lavoro ed è un irregolare, se gli va bene viene portato in un ambulatorio clandestino. Ogni gruppo etnico ha i suoi ospedali volanti e i suoi medici. E’ l’altra Italia, quella che nelle tabelle non compare mai. L’Italia della vergogna. Come quella dei morti di amianto. Come quella dei morti degli stabilimenti petrolchimici.
Chi lo sa quanti sono stati e quanti sono ancora i casi di tumore in quelle 13 aree a rischio ambientale, che vanno da Porto Marghera fino a Marina di Melilli? E quante sono le industrie killer che buttano sempre i loro fumi e i loro veleni? Si fa calcolo con certezza solo per quei cadaveri ancora caldi, il lunedì mattina, il giorno più carogna sul lavoro.
* la Repubblica, 21 novembre 2006
Clandestino e «invisibile» Ucciso dal lavoro nero *
«Perché l’imprenditore non ha detto subito che mancavano all’appello degli operai? Perché si è dovuto aspettare la denuncia della moglie dell’operaio? E perché dopo la denuncia prima che scattassero i soccorsi sono passate 24 ore?». Italo Tripi, segretario generale della Cgil siciliana, ed Enzo Campo, segretario del sindacato edili, non ci stanno a parlare di incidente nel caso dell’operaio morto in ospedale dopo essere stato estratto vivo dalle macerie della palazzina crollata mercoledì a Torre di Gaffe a Licata. E puntano il dito contro il «comportamento colpevole di chi ha pensato a se stesso anziché alla vita degli operai, e questo solo perché clandestini quindi "invisibili"». La storia di Spiridon Mircea, romeno di 32 anni, sposato con 3 figli, senza permesso di soggiorno e quindi lavoratore al nero nell’edilizia, sembrava infatti una storia a lieto fine e invece si è rivelata l’ennesima tragedia sul lavoro. Lavoro nero e di "invisibili", appunto. Dopo una durissima giornata culminata con il salvataggio da sotto le macerie della palazzina crollata a, è morto in ospedale. Sotto i resti di quell’edifico di 5 piani e 17 appartamenti l’uomo era rimasto per ben due giorni. Le ricerche non erano però scattate subito. La palazzina infatti era disabitata e, inizialmente, il titolare dell’impresa edile che stava ristrutturando l’edificio aveva dichiarato che nessuno stava lavorando quel giorno.
La macchina degli aiuti si è messa quindi in moto dopo circa 24 ore quando la moglie di Mircea ne aveva denunciato la scomparsa raccontando che suo marito lavorava in quel cantiere al nero e senza permesso di soggiorno ed era scomparso proprio dopo il crollo. Quando, venerdì mattina, i vigili del fuoco lo hanno individuato sotto la massa di detriti sembrava che l’uomo ce l’avrebbe fatta. Ma per estrarlo dalle macerie i medici hanno dovuto amputargli i piedi e Mircea è morto, poco dopo, i ospedale.
La storia però non finisce qui. Se da un lato la procura di Agrigento ha aperto un’inchiesta sul crollo dell’edificio (l’ipotesi di reato è disastro colposo) dall’altro la Cgil punta il dito contro il «comportamento criminale del titolare dell’impresa edile» che non ha subito denunciato la scomparsa dell’operaio. «Perchè l’imprenditore non ha detto subito che mancavano all’appello operai? - chiedono Italo Tripi, segretario generale della Cgil siciliana, ed Enzo Campo, segretario del sindacato edili - c’è un comportamento colpevole di chi ha pensato a se stesso anziché alla vita degli operai, e questo solo perché clandestini quindi "invisibili"».
Da sottolineare che la ditta che doveva ristrutturare la palazzina aveva ufficialmente assunto solo una persona il 18 settembre scorso ed aveva una concessione per il restauro dal Comune. «È impensabile che una sola persona possa ristrutturare il prospetto e l’interno di una palazzina con 17 appartamenti - sottolineano ancora i sindacati - Ecco perché l’ impresa ha denunciato in ritardo che forse c’era un operaio lì sotto e che forse ce ne sono altri due».
Secondo il racconto di alcune persone che abitano nella zona infatti sotto le macerie potrebbero infatti esserci almeno tre operai di nazionalità rumena. Hanno infatti raccontato che per la pausa pranzo gli operai della ditta e residenti nei pressi del cantiere si sono recati nelle proprie abitazioni, mentre sul posto sono rimasti i tre operai stranieri. L’unica denuncia di scomparsa è quella presentata dalla moglie di Mircea.
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www.unita.it, Pubblicato il: 23.09.06 Modificato il: 23.09.06 alle ore 16.10