"TFR", FONDI PENSIONI, VECCHIE LIQUIDAZIONI. Che fare? Sei mesi per decidere ...

venerdì 27 ottobre 2006.
 

Dopo l’accordo tra governo e parti sociali, 6 mesi per scegliere dall’inizio del 2007. Un vademecum per capire cosa conviene fare

Fondi pensione o vecchie liquidazioni: che fine farà il Tfr degli italiani

Obiettivo: recuperare almeno una parte del pesante gap futuro tra attuale stipendio e pensione. I diversi rendimenti a confronto

di ROSARIA AMATO *

ROMA - Tfr o fondi pensione? L’idea di "trasformare" in una rendita vitalizia la liquidazione (trattamento di fine rapporto), che per decenni è stata il coronamento di una vita di lavoro, il modo per offrirsi un lusso e comunque per "stare tranquilli", per acquistare una casa o comprarla ai propri figli, ha spiazzato molti lavoratori, che adesso devono fare i conti nel giro di pochi mesi, e scegliere.

Con l’accordo tra governo e parti sociali siglato, dopo molte polemiche il 23 ottobre, si è anticipata di un anno la riforma Maroni che prevede l’opzione tra il mantenimento del regime attuale del Tfr (non senza alcune importanti modifiche) e il conferimento della liquidazione ai fondi pensione. Nelle ultime settimane si è parlato molto della destinazione delle liquidazioni (aziende, Inps, fondi) ma, forse, non abbastanza di quanto e come tutto questo inciderà nelle tasche dei lavoratori. Vediamo.

Sei mesi per decidere. Dall’1 gennaio 2007 decorre il termine dei sei mesi entro i quali tutti i lavoratori dipendenti dovranno scegliere (col meccanismo del silenzio-assenso) se destinare la parte futura di Tfr ai fondi pensione. Nel caso in cui il dipendente di un’azienda di almeno 50 dipendenti non scelga i fondi, il Tfr "inoptato" andrà al fondo della Tesoreria istituito presso l’Inps. Rimarrà, invece al datore di lavoro nelle aziende con meno di 50 dipendenti. Ciò significa che, date le prevalenti dimensioni modeste delle imprese italiane, la maggior parte delle aziende non dovrà trasferire nulla all’Inps. La scelta è reversibile: in che misura e con quali modalità dovrà però stabilirlo un successivo decreto.

Necessario integrare la pensione. La scelta, diretta o indiretta, ha naturalmente delle conseguenze serie sui lavoratori. L’anticipo della riforma Maroni, la cui entrata in vigore era stata fissata al 1° gennaio 2008, è stato determinato soprattutto dall’intento di dare ai lavoratori la possibilità di costruirsi un’entrata da affiancare alla pensione. Per effetto delle ultime riforme, infatti, e il graduale passaggio dal sistema retributivo a quello contributivo, la previdenza degli italiani sarà sempre meno consistente.

Un "buco" pensionistico dai 45 anni in giù. "Secondo i nostri calcoli - spiega la professoressa Agar Brugiavini, ordinario di Economia all’Università Ca’ Foscari di Venezia e redattore del sito Lavoce.info - se nei prossimi dieci anni ci saranno ancora tassi di rimpiazzo (il tasso di rimpiazzo è il rapporto tra la prima pensione e l’ultimo stipendio, ndr) tra il 60 e il 70 per cento, già per la generazione successiva, quella che adesso ha tra i 40 e i 45 anni, si troverà con tassi di rimpiazzo al 30-40 per cento. L’unica via per coprire questo buco pensionistico è garantire, specialmente ai giovani, rendimenti più elevati all’accantonamento ora versato al trattamento di fine rapporto".

Rendimenti: confronto tra Tfr e fondi pensione. Attualmente il tasso di rivalutazione del Tfr è fissato dall’articolo 2120 del codice civile, e si ottiene sommando il 75% dell’aumento del costo della vita per gli operai e gli impiegati (Istat) nel mese in esame rispetto al mese di dicembre dell’anno precedente, a un tasso fisso pari all’1,5% su base annua.

L’anno scorso il rendimento del Tfr (calcolato nel modo appena detto) è stato solo del 2,6%. I fondi pensione di nuova istituzione sono andati molto meglio con un rendimento dell’8,5%. Quest’anno le cose però stanno andando diversamente: "Nei primi nove mesi del 2006 - ha detto il presidente della Covip (l’organismo di vigilanza sui fondi pensione, ndr) Luigi Scimia a un recente convegno bancario - il rendimento generale netto stimato dei fondi pensione di nuova istitutizione, pari al 2,4%, è stato leggermente superiore alla rivalutazione netta del Tfr che, nello stesso periodo, si è attestata a poco più del 2%. I fondi pensione negoziali (aziendali, ndr) hanno conseguito un rendimento medio del 2,5% mentre il rendimento medio dei fondi pensione aperti (quelli privati offerti dalle compagnie assicurative, ndr) è stato del 2,1%".

Rendimenti, una simulazione ’retrospettiva’. Tuttavia il rendimento medio dei fondi pensione, spiegano gli economisti, non va valutato e raffrontato al Tfr anno per anno, ma su periodi lunghi. In Italia l’istituzione e il decollo dei fondi pensione sono piuttosto recenti, tuttavia la Covip ha effettuato una simulazione ’retrospettiva’, calcolando "il rendimento teorico che i fondi pensione avrebbero conseguito in periodi passati sulla base di una composizione media di portafoglio tipicamente prudenziale, con una percentuale di investimento azionario dell’ordine del 25-30%". E’ risultato che tra il maggio 1982 e la fine del 2005 "il rendimento reale annuo composto dei fondi pensione, pari a circa il 5%, avrebbe abbondantemente superato il tasso annuo di rivalutazione reale del Tfr, pari allo 0,2%".

I pro e i contro/1. A questo punto la scelta sembrerebbe praticamente obbligata. Perchè lasciare il Tfr all’Inps o al datore di lavoro quando si può ottenere un rendimento ben più cospicuo dai fondi pensione? Per scegliere però bisogna tenere conto anche di altri fattori. "Resta confermato che i lavoratori conservano tutti i diritti previsti da leggi e accordi collettivi in materia di rivalutazione, liquidazione e anticipazione del Tfr", si legge nell’accordo sottoscritto il 23 tra governo e parti sociali. Il che significa che i lavoratori avranno comunque diritto a ottenere un anticipo del Tfr alle stesse condizioni attuali (per esempio per l’acquisto della prima casa nella misura del 75% purchè si sia dipendenti da almeno otto anni, per esempio). Però le cose non stanno esattamente così.

I pro e i contro/2. "Chi sceglie un fondo pensione è vincolato per un certo numero di anni, di solito cinque o sei", ricorda Agar Brugiavini. E questo incide sulla possibilità di chiedere anticipi. C’è anche poi una differenza rispetto alla possibilità di avere parte del Tfr nel corso della propria vita lavorativa in seguito a interruzione del rapporto di lavoro. Infatti alla fine di un contratto a termine, o quando un rapporto di lavoro si interrompe, il lavoratore ha sempre ricevuto finora la parte di Tfr corrispondente al periodo di lavoro effettuato. Sarà così anche in futuro per i lavoratori che lasceranno il Tfr in azienda o lo destineranno all’Inps. "Per chi ha optato per i fondi pensione invece le possibilità sono due - spiega Giovanni Pollastrini, consigliere del ministro del Lavoro - nel caso in cui una persona cambi lavoro, potrà chiedere il trasferimento del Tfr nel fondo negoziale che fa capo alla nuova azienda. Nel caso in cui perda il lavoro, e rimanga disoccupato o in cassa integrazione, il lavoratore deve aspettare 12 mesi per riscattare il 50% del Tfr dal fondo presso il quale lo aveva collocato. Per ottenere il rimanente 50% bisogna aspettare che passino 48 mesi durante i quali permanga la situazione di disoccupazione".

I pro e i contro/3. Naturalmente le conseguenze della scelta tra Inps e fondo pensione pesano anche arrivati alla fine della carriera lavorativa. Infatti chi ha effettuato la prima scelta si vedrà consegnare un certo ammontare di liquidità, rivalutato secondo la paramentrazione stabilita dalla legge. Gli altri potranno optare tra una rendita che venga calcolata sull’intera cifra, oppure sulla metà del Tfr rivalutato secondo i rendimenti del fondo, e chiedere la liquidazione del rimanente 50% in contanti. La rendita dei fondi pensione è tendenzialmente vitalizia, ma in qualche caso può essere reversibile. "La reversibilità ha però un prezzo, e incide sul calcolo della rata corrisposta", ricorda il consulente della Uil Giuseppe De Nardo.

Fondi chiusi e fondi aperti. Quanto alla scelta tra fondi chiusi e fondi aperti, che al momento non è possibile (possono optare per i fondi solo coloro rispetto ai quali è stato attivato un fondo negoziale di categoria), anche questa presenta pro e contro. I sindacati caldeggiano i fondi negoziali, ritenendo che offrano più garanzie: "Sono controllati da un’assemblea dei delegati - ricorda De Nardo - c’è un collegio sindacale, mentre i fondi aperti hanno semplicemente un responsabile". Inoltre al momento è previsto un contributo del datore di lavoro solo per i fondi aziendali, non per quelli aperti (anche se in futuro dovrebbe esserci un’equiparazione anche sotto questo profilo). Al momento inoltre i fondi aperti sono più costosi, anche per quanto riguarda la gestione. Ma in futuro, a parità di condizioni, potrebbero risultare più appetibili per quelle categorie di lavoratori che sono più propensi a investimenti più rischiosi ma a più alta remunerazione.

Le garanzie dei fondi pensione. In ogni caso i fondi pensione costituiscono una forma di collocazione "sicura": "A breve dovrebbe essere costituito un fondo di garanzia, che si affiancherà a quello già previsto per le imprese", dice la professoressa Brugiavini. "In ogni caso un fondo non può fallire, è escluso dalle procedure concorsuali", ricorda De Nardo. Senza contare tutti i limiti stabiliti per legge rispetto al tipo di investimento: non si possono comunque scegliere prodotti ad alto rischio e bisogna rispettare rigidi criteri di bilanciamento. (27 ottobre 2006)


Scrivi agli esperti del CeRP *

Chiuso l’accordo tra le parti sul trattamento di fine rapporto. La previdenza integrativa prenderà il via dal primo gennaio 2007. I lavoratori avranno sei mesi di tempo per decidere cosa fare delle quote future della liquidazione.

A soli due mesi dalla data di decorrenza della mini-rivoluzione del Tfr riprende il servizio di assistenza ai lettori degli esperti del CeRP.

Si è dovuto attendere molto per arrivare alla meta. Però alla fine ce l’hanno fatta. Il ministro del Lavoro Cesare Damiano (foto), Governo, Confindustria, Cgil, Cisl e Uil hanno trovato l’accordo sul trattamento di fine rapporto e sulla previdenza integrativa.

I quattro punti dell’accordo prevedono: l’avvio anticipato al primo gennaio del 2007 della previdenza integrativa; la destinazione - per tutte le imprese che hanno più di 50 dipendenti - del Tfr non destinato alla previdenza integrativa a un fondo Inps; la revisione per il 2007 del trattamento fiscale dei fondi pensione; accordi con il sistema bancario per andare incontro alle imprese che dovranno fare a meno dei fondi fino ad ora a loro disposizione.

Quali saranno le ricadute sui singoli lavoratori? Quali scelte sarà più opportuno fare? Come funzionerà la clausola del "silenzio-assenso"? A queste e ad altre domande risponderanno gli esperti del CeRP il cui servizio di assistenza riprenderà da fine ottobre.

I quesiti dovranno essere esclusivamente relativi alla previdenza integrativa e al trattamento di fine rapporto.

Le domande vanno inviate a lavoro@kataweb.it

23 ottobre 2006


* http://www.repubblica.it/2006/10/sezioni/economia/tfr-riforma/tfr-riforma/tfr-riforma.html


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