Italia

«NAPOLI SOLO ANDATA ... IL MIO LUNGO VIAGGIO». Addio a MARIO MEROLA, il re della sceneggiata. Nella Chiesa di Maria SS. del Carmine Maggiore il saluto della Città.

martedì 14 novembre 2006.
 

Il successo di massa con i film. Fu anche grande talent-scout

Vita e arte del re della sceneggiata.

Il ricordo del critico musicale *

Di umili origini e abituato fin da ragazzino a sbarcare il lunario con i lavori più disparati (è stato aiuto cuoco prima, scaricatore di porto in seguito), Mario Merola si dedicò da sempre alla canzone, ma giunse in realtà al teatro quasi per caso, dopo aver inciso una canzone dai toni violenti, «Malu Figlio». Il brano entrò a far parte di una sceneggiata che lo vide protagonista. Il grande successo ottenuto convinse Mario Merola a optare definitivamente per lo spettacolo e grazie a lui la sceneggiata inizia a imporsi fuori dai confini di Napoli, affermandosi anche all’estero, persino nel Nordamerica. Il primo film interpretato da Merola è Sgarro alla camorra del 1973.

Merola raggiunge in questo periodo la massima popolarità, e ottiene i suoi migliori ruoli, in una serie di pellicole dirette per la maggior parte da Alfonso Brescia. Fra queste Guapparia (1984), Torna (1984), Giuramento (1982), Lacrime napulitane (1981), Napoli, Palermo, New York il triangolo della camorra (1981), I figli... so’ pezzi ’e core (1981), Carcerato (1981), La tua vita per mio figlio (1980), Zappatore (1980), Il Mammasantissima (1979), I contrabbandieri di Santa Lucia (1979), Napoli... la camorra sfida, la città risponde (1979), Sbirro, la tua legge è lenta... la mia no! (1979), Da Corleone a Brooklyn (1978).

In una instancabile attività lavorativa cui era costretto sia dall’altissimo tenore di vita suo e del suo seguito, sia dalla sua passione per il gioco d’azzardo, già negli anni ’60 realizzava dischi, si esibiva in spettacoli, matrimoni, feste private.

E fu anche talent-scout contribuendo tra l’altro al lancio del giovane Massimo Ranieri. Tra gli anni ’70 e ’80 rilancia la tradizionale sceneggiata napoletana, un canovaccio teatrale ispirato a una canzone del repertorio popolare e di solito basato sulla triangolazione «isso, essa e ’o malamente» (cioè: lui, lei e il mascalzone). Aveva festeggiato i settant’anni il 18 settembre del 2004 con un mega party organizzato al Molo Beverello. E tutti i colleghi di varie generazioni, noti e meno noti, erano andati a rendergli omaggio. A cantare per lui, fra gli altri, Gigi D’Alessio, Valentina Stella, Mirna Doris, Tullio De Piscopo, Mariano Apicella e molti altri.

A fare gli auguri a Mario Merola andarono pure il governatore Antonio Bassolino e il sindaco Rosa Russo Iervolino, mentre la torta alla panna - guarnita con dei cornetti rossi portafortuna - fu portata sul palco da Gigi D’Alessio vestito da pasticciere.

I due cantarono insieme «Cient’anne», il brano scritto nel ’92 proprio per Merola. Una festa popolare e trasversale com’era sempre stato lui. Eppure l’uomo che aveva trasformato la sceneggiata e il personaggio dello «Zappatore» in una epopea internazionale aveva avuto riconoscimenti impensati. Poco prima dell’estate 2004, Hugo Race, ex chitarrista dei Bad Seeds (la band di Nick Cave) ha messo in commercio «The Merola matrix», un cd di brani lounge ed elettronici realizzati con canzoni e frammenti di dialoghi tratti dai film di Merola. Un disco diventato subito un hit tra il pubblico «alternativo».

«Merola è unico - ha detto Gigi D’Alessio - come Totò. Ha portato la canzone napoletana nel mondo. Ha seminato. Se noi riusciamo ad andare avanti lo dobbiamo a lui». Era una personaggio che amava l’esagerazione. Come lui stesso racconta nell’autobiografia «Napoli solo andata... il mio lungo viaggio» pubblicata nel 2005 da Sperling e Kupfer. La vita di Mario Merola assomiglia molto alle sue applaudite sceneggiate: fortuna, drammi, successi e lacrime.

Mario Luzzatto Fegiz

* Corriere della Sera, 13 novembre 2006


Addio a Merola, l’Arte della strada

di Leoncarlo Settimelli *

È ovvio, Merola lascia un vuoto nel panorama della canzone napoletana. Per quanto gli altri facessero a gara a pennellare aggraziati gorgheggi, ad apparire fedeli ad una tradizione di discreto canto da salotto, lui no, lui irrompeva nella melodia con la forza di uno scaricatore, qual’era stato al molo Beverello, finendo per interpretare il ruolo di duro, di scardinatore del pentagramma, di personaggio di una Napoli tutta core, passione e dramma. Non a caso lo chiamavano il re della sceneggiata, cioè di quel genere un po’ truculento e molto drammatico che costituisce un modello del teatro musicale napoletano. Un modello di cui ’O zappatore è forse l’esempio più classico ma anche d’impianto più semplice.

Mentre il resto - cioè le altre sceneggiate - è tagliato alla grossa: si prende cioè una canzone e se ne amplia il nocciolo, puntando su alcune figure classiche, per esempio isso essa e ’o malamente, dove quest’ultimo è naturalmente il cattivo, colui che approfitta della bontà degli altri ma che alla fine soccombe, per la gioia dello spettatore che urla contro i cattivi e applaude i buoni e che vuol tornare a casa contento di aver visto il bene trionfare. Merola era «’o malamente»?

Il suo volto, la forza che esprimeva il suo corpo, lo stile pieno di aggressivi melismi che scaturivano dalla sua gola, potevano farlo credere. Ma sarebbe stato troppo semplice. Eppoi «’o malamente» non entra mai nel cuore del pubblico, come invece Merola aveva saputo fare, anche se i suoi atteggiamenti pubblici qualche volta potevano apparire confinanti con le figure di quella Napoli violenta esibita in scena.

Non è un mistero che girasse armato e noi stessi, una sera, lo avevamo visto sbattere sul tavolo un’arma, che lui si affrettava a dichiarare gli servisse solo per difendersi. Dunque, preferiva il ruolo della vittima, a quello che - parliamo sempre di sceneggiata - sembra trascinato dal Destino verso la sconfitta ma che poi si riscatta rivelando che il colpevole è l’altro, inondando di lacrime il palcoscenico e soprattutto facendo svuotare le sacche lacrimali degli spettatori.

Ed eccoli i titoli delle sue sceneggiate, da Malu figlio (e subito si intuisce il plot drammatico del discendente che prende una cattiva strada) a Camorra (tema assai popolare, no?), da Mamma addò sta? a I figli so’ piezz’’e core, da ’O vendicatore fino appunto a ’O zappatore, dove due poveri contadini si svenano per mandare il figlio a studiare a Napoli, ma lui spende tutto in frivolezze a tabarin e quando i genitori piombano nel locale per riportarlo sulla buona strada, lui fa finta di non conoscerli, perché si vergogna di loro. E poi Guapparia, Lacreme napuletane.

Valori ancestrali, figure semplici tipici di una società con regole incerte e incerto futuro che se non trova giustizia nella realtà vuole almeno vederla trionfare nella finzione. Genere difficile per il quale occorrono figure di forte spessore, come Merola, che si era fatto strada con fatica e sudore. Era nato a Sant’Anna alle Paludi, da padre ciabattino e madre a casa che doveva preparare il pranzo anche per altri quattro figli, aiutata dal piccolo Mario. Intanto non può andare a scuola e imparerà da solo a leggere e a scrivere.

Poi viene il pallone, tra le riserve del Napoli, quindi il servizio militare, l’aiuto cuoco e infine lo scaricatore. Qui la sua voce si dispiega e, non si sa come, incide un disco che riscuote un certo successo e che lo convince a lasciare la fatica del porto per il teatro. Esordisce al Sirena ma presto fa il giro di tutti i teatri napoletani, partecipa ai festival partenopei del ’65, ’66, del ’67, del ’68 e diventa un personaggio che è tutt’uno con le sue canzoni.

Nel 1976 sfida Milano con le sue sceneggiate, ottenendo un grande successo in una città che sembrava inespugnabile per un genere prettamente meridionale. Ormai Merola dilaga, ormai è una figura centrale della canzone napoletana che sfonda anche in Canada, e che in America - dopo aver portato al successo presso gli italiani la sua versione di ’O zappatore - viene ricevuto dal presidente Ford. Intanto ha sposato Rosa Serrapiglia, che gli darà tre figli. Alla morte di lei, per cancro, sposerà la sorella Enzina, che ne mette al mondo altri tre. Polemico ed aggressivo, compare più volte in tv per dimostrare ai critici di bocca delicata che lui ha un pubblico sterminato.

Sullo schermo interpreta una serie di film musicali, tutti di taglio drammatico e fortemente popolare: Napoli serenata calibro 9, Da Corleone a Brooklin. Tradimenti, guappi, figlie che perdono l’onore e mamme in lacrime, figli traviati e padri in carcere, sparatorie e sangue ne sono i principali ingredienti. Roberta Torre lo fa apparire in Sud Side Story e nel 2003 Merola presta la voce anche per il cartoon Totò Sapore e la Magica Storia della Pizza.

La salute però comincia a tradirlo e qualche anno fa viene dato per spacciato. Ma torna sui palcoscenici, un po’ malconcio ma sempre aggressivo. La morte sembra spaventata da tale personaggio e rimanda la sua chiamata. Forse preferirebbe raccoglierlo in mezzo a una strada, in uno scenario simile a quello delle sue sceneggiate, con il puzzo della polvere da sparo e il sangue che scorre sul selciato. Invece è in uno scenario famigliare che, forse per aver mangiato delle cozze, inizia l’ultimo viaggio, senza drammi e senza «’o malamente» che gli tende l’agguato.

* www.unita.it, Pubblicato il: 13.11.06 Modificato il: 13.11.06 alle ore 13.22


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