In principio era il LOGOS (non il "logo")!!!

LA MORTE DI SOCRATE, I GIOVANI, E LA SCUOLA "CATTOLICA"!!! Una "doppia" interessantissima riflessione (lettera di Patrizia e risposta di Umberto Galimberti).

domenica 3 dicembre 2006.
 

Per questo Socrate fu messo a morte

Diceva Oscar Wilde: "Se hai trovato una risposta a tutte le tue domande, vuol dire che le domande che ti sei posto non erano giuste"

Risponde Umberto Galimberti *

Gli studenti sono, e tutti noi siamo, in Italia, cattolici. Se non lo siamo più, lo siamo stati. Abbiamo ricevuto, sin dalla più tenera età, un’educazione religiosa. E ci siamo trovati cattolici senza averlo mai davvero scelto.

Per questo il metodo della catechesi è il più diffuso, penetrante e non tematizzato metodo di insegnamento-apprendimento cui sia sottoposta la stragrande maggioranza degli italiani dai tre ai diciotto anni. Ciò comporta una serie, poco studiata, di implicazioni. Le quali, tra parentesi, sono abbastanza simili a quelle che conseguono dai metodi dell’imbonimento televisivo.

Intanto si bombarda subito il bambino con una serie di risposte già date e presentate come vere, e non si permette che nelle piccole menti acerbe si formi l’abitudine a porre domande e a cercare risposte. Difficilmente verrebbe in mente a un bambino di tre anni di domandarsi chi abbia creato il mondo. La domanda, così formulata, non è affatto spontanea e naturale, ma risente di millenni di cultura. Non può essere che una domanda indotta. Apprenderà la risposta e la ripeterà solo perché così gli è stato chiesto di fare e perché vede, che, facendolo, incontra approvazione.

Le risposte date continueranno a precedere le domande, nell’orientare il sapere. In questo modo non si trasmette la consapevolezza della storicità del sapere, della relatività dei punti di vista. Si otterrà il consenso, non la consapevolezza. Si indurrà ad aver fede nell’autorità, non a credere in se stessi e alla ricerca come metodo.

Lungo tutto il percorso degli studi una "materia" come la religione - fondata sulla credenza e sul principio di autorità - convive beatamente, nelle scuole di ogni ordine e grado, con discipline che si richiamano all’esperienza e alla razionalità scientifiche, cioè a fondamenti contrari a quelli della religione e sviluppatisi storicamente in conflitto con essa. Su menti così forgiate dalla pura ideologia faticheranno a mettere radici altri saperi.

Come stupirsi se nelle classi i visi, davanti alle sollecitazioni a pensare, restano attoniti, vagamente inebetiti? Se la lucidità e il rigore logico lasciano spazio a un disordine intellettuale in cui convivono un po’ di razionalità, un po’ di superstizione, in perfetta par condicio e non suscita problema alcuno consultare l’oroscopo e riconoscere il valore della scienza? E nessuno nota le contraddizioni, nessuno ne è disturbato o si premura perlomeno di spiegarle agli studenti. Ma se il professore, il preside, i capi non dicono niente, significa che andrà bene così. Dopotutto, è dall’alto che deve calare la predica, no?

Patrizia

Lei pone, per la pratica didattica nelle nostre scuole, un problema di fondamentale importanza che antecede la buona capacità o meno degli insegnanti di avviare al sapere e la buona volontà o meno degli studenti di accedervi.

Le scuole, non solo in Europa, ma in ogni parte del mondo sono state istituite dall’ordine religioso (sia esso cattolico, musulmano, ebraico, buddhista, taoista), il quale è persuaso di possedere la verità e di avere solo il compito di trasmetterla a quei vasi vuoti (vasum receptionis, diceva Paolo di Tarso) che sono le menti dei giovani. Di qui la loro passività nell’apprendimento, il loro disinteresse, la loro demotivazione.

Solo in Grecia, 2500 anni fa, con la nascita della filosofia, si affacciò un nuovo metodo che, in contrapposizione a quello "catechetico" che si pratica in ambito religioso dove si presume di possedere la verità, prese il nome di "metodo socratico".

Socrate, a differenza dei sapienti, riteneva di non possedere alcun sapere (sophia), ma solo amore per il sapere (philo-sophia), ossia di un buon metodo di ricerca per rinvenirlo, non cessando di interrogare e mettere in crisi le opinioni diffuse e condivise, ma mai verificate. Era il primo abbozzo del metodo scientifico, che rifiuta l’autorità perché questa paralizza e rende vana la ricerca.

Ciò era ben chiaro anche a Galileo che, nella sua difesa al processo che gli era stato intentato dalla Chiesa, ebbe a rispondere che sarebbe assurdo pensare che Dio abbia fornito agli uomini organi di senso e capacità mentali per scoprire i segreti della natura, la cui verità sarebbe già contenuta e rivelata nel gran libro della Bibbia.

Galileo fu costretto a ritrattare e il metodo catechetico, che abolisce la ricerca a favore dell’apprendimento passivo di una verità già costituita, ebbe il sopravvento e diventò la forma dell’insegnamento nelle nostre scuole anche quando furono laicizzate.

Se vogliamo costruire la testa ai nostri giovani dobbiamo stimolare in loro, in primo luogo, non tanto l’apprendimento quanto la "ricerca", che si combina con la naturale "curiosità" giovanile, su cui si radica l’"interesse", della cui carenza gli insegnanti sono soliti lamentarsi ogni volta che parlano con i genitori.

Ma che interesse può avere uno studente per un sapere che gli si offre come già costituito senza il suo anche minimo contributo? E ancora, che atteggiamento critico può acquisire uno studente se in tutti gli ordini di scuola che ha frequentato non gli è mai stata data la possibilità di interrogare il sapere costituito, ma solo di acquisirlo per poi riferirne nei termini in cui gli è stato insegnato? Nel metodo catechetico, invece che socratico, io vedo il peggior male della scuola e la sua funzionalità al potere, che meglio può governare se nessuno si pone domande e supinamente accetta tutto ciò che dall’alto gli viene detto.

* la Repubblica/D, 23.11.2006


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