[...] Quando Saddam Hussein sarà impiccato, una di queste ore, mentre tanti continuano a credere nel detto kennediano «un problema creato da uomini può sempre essere risolto da uomini», George W. Bush avrà proclamato per sempre il suo fallimento.
Ha fallito nel non avere capito l’immensa differenza che c’è tra il liberare un Paese da un dittatore e distruggerlo. Ha fallito nel non sapere (non voler neppure sapere) che cosa fare dopo la conquista, che non è mai stata una vittoria.
Ha fallito nel non avere intravisto, neppure per un istante, i volti veri e umani di un popolo che poteva, doveva partecipare alla ricostruzione, ed è stato emarginato, umiliato, imprigionato, escluso.
Ha fallito nel progetto strano e così palesemente sbagliato di unire l’ideale della democrazia a quello del potere sopra ogni legge e ogni trattato internazionale, immaginando (e ciò anche in futuro apparirà follia) che si possano costruire insieme Abu Grahib e la libertà, Guantanamo e il nuovo ordine democratico [...]
Sul patibolo |
Saddam Hussein è stato giustiziato
Bagdad, l’ex raìs è stato impiccato verso le 4 italiane (le 6 locali). L’esecuzione è stata filmata. Inutili gli ultimi tentativi dei suoi avvocati. La figlia ha chiesto che il corpo venga sepolto nello Yemen. Manifestazioni di giubilo a Bagdad e nelle aree sciite. Autobomba in un mercato nella città sciita a Kufa. Disordini nella zona di Falluja *
09:51 In onda le immagini dell’esecuzione
La tv Al Arabiya ha mandato in onda le prime immagini dell’impiccagione di Saddam. L’ex raìs è vestito con un cappotto blu e una camicia bianca, pantaloni e scarpe nere, una sciarpa bianca. Saddam entra in una stanza scortato da alcuni uomini incappucciati che gli mettono il cappio intorno al collo
09:39 Bertinotti: "No alla pena di morte"
Il presidente della Camera Fausto Bertinotti: "L’esecuzione di Saddam, un dittatore che ha identificato il proprio percorso politico con la pratica della distruzione e della violenza, in nulla sminuisce il sentimento di orrore e di rifiuto suscitato dalla pena di morte"
08:55 Mosca: "Ignorati appelli alla clemenza"
Il ministero degli Esteri russo ha espresso rammarico per l’esecuzione di Saddam Hussein e sottolineato che sono stati ignorati tutti gli appelli alla clemenza levatisi da più parti
08:52 Hamas: "Un omicidio politico"
Il portavoce di Hamas, Fawzi Barhoum: l’esecuzione di Saddam Hussein è un "assassinio politico" e "viola tutte le leggi internazionali"
08:46 A Kufa 30 morti e 45 feriti
L’autobomba nel mercato di Kufa ha provocato 30 morti e 45 feriti. Il bilancio è stato fornito da una fonte del ministero dell’Interno
08:45 In Libia tre giorni di lutto
La Libia ha deciso di decretare tre giorni di lutto nazionale per il "prigioniero di guerra Saddam Hussein". Lo ha annunciato oggi l’agenzia ufficiale Jana
08:25 Violenze a Falluja, proteste a Tikrit
A Qarma, vicino a Falluja, i manifestanti hanno dato fuoco al tribunale e hanno dato vita a scontri con le forze dell’ordine. Manifestazioni anche a Tikrit, nonostante il coprifuoco
08:08 Al Maliki, appello ai baathisti
Il primo ministro iracheno Nouri Al Maliki si è felicitato per "l’esecuzione del criminale Saddam". E ha lanciato un appello alla riconciliazione rivolgendosi in particolare ai sostenitori del passato regime le cui "mani non sono sporche di sangue"
08:04 Autobomba a Kufa
Un’autobomba è esplosa in un mercato di Kufa, la città sciita a pochi chilometri da Najaf dove vive Muqtada Al Sadr. Testimoni parlano di molte vittime
07:53 Vaticano: "Notizia tragica"
L’esecuzione di Saddam Hussein "è una notizia tragica". C’è "il rischio che alimenti lo spirito di vendetta e semini nuova violenza". E’ il commento di padre Federico Lombardi, direttore della Sala Stampa vaticana ai microfoni di Radio Vaticana
07:51 Teheran: "Una vittoria degli iracheni"
Il vice ministro degli Esteri, Hamid Reza Asefi, ha commentato l’esecuzione di Saddam parlando di "vittoria per tutti gli iracheni"
07:50 Violenti disordini a Falluja
Violenti disordini sono in corso nei pressi della città di Falluja, roccaforte della ribellione sunnita, per protestare contro l’esecuzione dell’ex presidente Saddam Hussein. Lo riferisce con una striscia in sovrimpressione l’emittente Tv al Arabiya, aggiungendo solo che alcuni edifici governativi sono stati assaltati
07:49 Saddam era ammanettato
"E’ stato rapido, E’ morto subito". Lo ha riferito Moaffaq al-Roubaï, uno dei funzionari iracheni presenti all’esecuzione di Saddam, precisando che l’ex raìs aveva il volto scoperto e le mani legate, e appariva calmo. "Saddam è montato con calma sulla forca, appariva deciso e coraggioso" ha ancora detto al Roubai, aggiungendo: "Ad un certo punto Saddam ha girato la testa verso di me come per dirmi ’non ho paura’. E’ stata una sensazione strana"
07:25 Quattro giorni di coprifuoco a Tikrit
Nella città di Tikrit, dove 69 anni fa è nato Saddam Hussein, è stato imposto il coprifuoco per quattro giorni. Lo ha riferito l’emittente tv al Arabiya precisando che la misura è stata decisa dal governo ieri sera, prima dell’esecuzione dell’ex presidente
07:23 All’esecuzione hanno assistito in sette
Il consigliere per la sicurezza nazionale Moaffaq al-Rubaï ha detto alla televisione al Iraqiya che all’esecuzione di Saddam hanno assistito in sette
07:20 L’esecuzione nella sede dei servizi segreti
Saddam Hussein è stato giustiziato nella sede dei servizi segreti militari iracheni nel quartiere Qadumiya, sul fiume Tigri, a una decina di chilometri dalla zona verde di Bagdad. Lo ha detto un deputato sciita Samir al Ascari, il quale ha precisato di non aver assistito all’esecuzione
07:10 Il testimone: "Non ha voluto il capuccio"
Mowaffaq al-Rubaie, il consigliere nazionale che era presente all’esecuzione ha detto che Saddam Hussein non ha voluto il capuccio: "Gli americani hanno consegnato il prigioniero agli iracheni. Nessuno di loro era presente all’esecuzione"
07:05 L’avvocato: "Il suo corpo verrà portato via dall’Iraq"
Il cadavere di Saddam Hussein sarà trasferito fuori dall’Iraq. A dirlo a Sky News è stato l’avvocato dell’ex rais, Najeeb al-Nuaimi. Conversando al telefono mentre si trovava con la famiglia dell’ex dittatore, Nuaimi ha precisato: "Abbiamo chiesto che ci consegnino le spoglie e noi le trasferiremo fuori Baghdad, fuori dall’Iraq. Un nostro collega sta aspettando nella zona verde".
06:28 "E’ stato giustiziato solo il rais" secondo un funzionario iracheno
Mowaffaq al-Rubaie, consigliere iracheno per la sicurezza nazionale, ha dichiarato che gli altri due imputati non sarebbero stati giustiziati insieme all’ex dittatore. In precedenza la televisione di stato Al-Iraqiya aveva riferito che Barzan Al-Tikriti e Awad Al-Bander, rispettivamente fratellastro del rais e ex giudice della Corte revoluzionaria del regime, erano stati impiccati anche loro.
06:20 "Bush dormiva al momento dell’impiccagione"
Il presidente George W. Bush dormiva nel suo ranch di Crawford in Texas mentre l’ex dittatore iracheno veniva giustiziato a baghdad. Lo ha riportato un portavoce della Casa Bianca. Era stato informato nel pomeriggio che da Baghdad era arrivato il via libera all’esecuzione.
06:15 Australia: "processo equo"
Dall’Australia, paese che sostiene la politica irachena del presidente Bush, giunge "rispetto" per la decisione delle autorità irachene maturata al termine di "un processo equo".
06:11 Il Giappone "rispetta la decisione delle autorità irachene"
"Si tratta di una decisione presa dal nuovo governo iracheno che è uno stato sovrano, di conseguenza la rispettiamo". In Giappone vigge la pena di morte, sono stati recentemente giustiziati quattro detenuti.
06:05 Parigi "prende atto" dell’ esecuzione.
"La Francia che, come i suoi partner europei, combatte la pena di morte, prende atto dell’esecuzione di Saddam Hussein", ha dichiarato il ministero degli Esteri francese che nella sua nota "sprona gli Iracheni a guardare al futuro e ad impegnarsi per la riconciliazione e l’unità nazionale".
05:51 Bush: "Tappa importante, ma non fermerà la violenza"
Per Bush, l’esecuzione di Saddam "è una tappa importante" per l’Iraq. Ma anche secondo il presidente Usa "non fermerà la violenza"
05:49 Bush: "Un atto di giustizia"
Il presidente George W. Bush ha definito l’impiccagione di Saddam Hussein "l’atto di giustizia che lo stesso Saddam aveva negato alle vittime del suo brutale regime".
05:48 Testimoni: "Paura sul suo volto"
Filtrano le prime testimonianze sull’esecuzione di Saddam. Secondo il consigliere nazionale per la sicurezza al Rubaie, l’ex presidente iracheno non ha offerto resistenza all’esecuzione. "Sul suo volto c’era molta paura". E’ entrato nella camera della morte con in mano un Corano che ha chiesto che venisse consegnato a una persona da lui designata.
05:16 Incertezze sul destino del cadavere di Saddam Hussein
La tradizione islamica prevede la sepoltura entro 24 ore dalla morte e fonti Usa e irachene a Baghdad hanno detto al New York Times che la questione è stata sollevata ai più alti livelli, ma nessuna decisione è stata ancora presa. Le opzioni includono quella di inviare il corpo del deposto dittatore alla famiglia che vive in Giordania. Un’altra ipotesi è di mandare il cadavere dell’ex dittatore nella sua città natale, Tikrit, perchè sia sepolto con membri della sua tribù.
05:12 Scene di giubilo tra esuli iracheni del Michigan
Sia la Cnn che la televisione di stato irachena hanno trasmesso immagini di una discreta folla che gioiva sventolando bandiere irachene nelle strade di Dearborne, una città dello stato del Michigan, dopo l’annuncio dell ’esecuzione del "rais".
05:02 Gb, il ministro degli Esteri: "Saddam Hussein ha pagato"
Margaret Beckett, il ministro degli Esteri del governo di Tony Blair si dichiara "sodisfatta che Saddam Hussein sia stato processato da una corte irachena per almeno una parte dei terrificanti crimini che ha commesso. Adesso ha pagato". Il ministro Beckett ha però ricordato che "il governo britannico non ha appoggiato e non appoggia la pena di morte nè in Iraq nè in altri Paesi", si legge nella nota, "ed è favorevole alla sua abolizione, indipendentemente dalle persone implicate o dal crimine commesso. Abbiamo esposto con chiarezza il nostro punto di vista alle autorità irachene, ma rispettiamo la loro decisione che è stata quella di uno Stato sovrano"
04:49 La Cnn parla di "Danze attorno al cadavere"
Secondo l’emittente americana che cita testimoni presenti all’esecuzione "si è ballato e cantato per la gioia" attorno al cadavere di Saddam Hussein. L’esecuzione è stata documentata ed esistono sia video che fotografie dichiara inoltre Cnn, citando la televisione statale irachena Iraqiya.
04:43 Sono stati giustiziati anche gli altri due imputati
Secondo Al-Arabiya sarebbero stati giustiziati anche il fratellastro dell’ex dittatore Barzan Al-Tikriti e l’ex giudice della Corte rivoluzionaria del regime Awad Al-Bander.
04:39 Il viceministro iracheno degli Esteri alla Bbc: "E’ stato giustiziato"
Labeed Abbawi, viceministro degli Esteri, ha dichiarato al telefono all’emittente britannica che la notizia era da considerarsi ufficiale.
04:34 Fonti militari americane confermano l’impiccagione
Secondo Cnn, membri dell’esercito americano confermano la notizia anticipata dalle emittenti arabe, Saddam Hussein è stato giustiziato.
04:27 La rete televisiva pubblica Iraqia conferma la morte del rais.
Anche l’emittente di stato conferma che Saddam Hussein è stato impiccato.La rete satellitare Al-Arabiya stabilisce l’ora dell’esecuzione alle quattro e cinque minuti ora italiana.
04:10 Secondo l’emittente Al-Hurra Saddam è stato giustiziato
La rete irachena ha dichiarato che l’ex dittatore è stato giustiziato qualche minuto prima delle quattro ora italiana.
03:58 Tv arabe: "Saddam è arrivato sul luogo dell’impiccagione"
Secondo l’emittente satellitare araba Al-Arabiya l’ex dittatore sarebbe stato portato sul luogo dell’esecuzione.
03:55 Uno degli avvocati del dittatore: "Ormai non c’è più speranza"
Assam Ghazawi , avvocato membro del collegio difensivo dell’ex rais ha dichiarato in diretta su Cnn che "è troppo tardi per sperare" e che Saddam affronterà la morte senza paura. "E’ l’uomo più coraggioso che abbia mai conosciuto in vita mia" ha dichiarato Gazzawi.Ha detto inoltre di aver visto il suo cliente per l’ultima volta oltre un mese fa e, come suoi altri colleghi , ritiene il processo sia stato viziato dall’inizio alla fine.
03:37 Ultimi preparativi per l’esecuzione
Diverse emittenti televisive arabe, tra cui Al-Arabiya, sostengono che oltre ai testimoni sia giunto sul luogo, tuttora ignoto, del patibolo un religioso musulmano per accogliere le ultime volontà dei condannati.
03:22 Le ambasciate Usa nel mondo avvertono di possibili violenze
Diverse ambasciate americane nel mondo hanno avvertito, secondo la rete televisiva americana Abc, i concittadini residenti nei rispettivi paesi e i turisti che l’esecuzione dell’ex presidente iracheno Saddam Hussein potrebbe innescare proteste o atti di violenza contro obbiettivi americani. Fonti dell’anti-terrorismo hanno citato in particolare le ambasciate Usa di Turchia, Irlanda, Gran Bretagna e Congo.
03:17 Il giudice Usa chiama i legali del rais: "Rinvio negato"
"La richiesta di un rinvio dell’esecuzione è negata", ha stabilito il giudice Colleen Kollar-Kotelly, della corte d’appello del distretto di Columbia, dopo un’udienza telefonica con gli avvocati di Saddam.
03:04 Una corte Usa respinge anche l’appello di Saddam Hussein
Un tribunale americano ha respinto anche il ricorso di Saddam Hussein per evitare il trasferimento alle autorità irachene e evitare in questo modo l’imminente impiccagione. Il ricorso alla corte d’appello del Distretto di Columbia poteva rappresentare l’ultimo ostacolo legale all’esecuzione dell’ex presidente iracheno condannato a morte.
02:19 Da giudici Usa il via libera all’esecuzione del coimputato del rais
Una corte di appello americana ha rifiutato di bloccare il trasferimento alle autorità irachene di Awad Hamed al-Bandar, ex giudice capo della Corte Rivoluzionaria di Saddam, che deve morire impiccato con l’ex dittatore iracheno. Un appello analogo è ancora aperto presso la stessa corte di Wahington.
La decisione della magistratura americana rimuove un ostacolo legale per il patibolo. I giudici Usa hanno stabilito che cittadini stranieri condannati da corti straniere non sono protetti dalla costituzione americana.
02:13 Tesimoni impiccagione si radunano nella zona verde
Secondo la rete televisiva americana Nbc, l’impiccagione sarebbe prevista tra le 3 e 30 e le 4 e 30 ora italiana.Con il dittatore iracheno saranno impiccati anche il fratellastro
Barzan Ibrahim e Awad Hamed al-Bandar, ex giudice capo della Corte Rivoluzionaria, ha detto una fonte irachena alla rete tv americana.
L’orario dell’esecuzione, mentre l’Iraq si prepara alla festa islamica di Eid, è stato concordato in una riunione del governo iracheno con le autorità americane.
01:57 La figlia del dittatore: "Vorrei fosse inumato nello Yemen"
Fonti vicine alla famiglia dichiarano che la figlia di Saddam Hussein, Raghd, che vive in Giordania vorrebbe che la salma di suo padre sia trasferita nello Yemen, "in attesa che l’ Iraq sia liberato e possa essere inumato nel propio paese".
01:31 Tv arabe: esecuzione entro un’ora
Secondo due televisioni arabe, l’esecuzione di Saddam Hussein potrebbe avvenire anche prima del previsto. Addirittura entro un’ora
01:17 La Nbc darà immagini dell’impiccagione
Citando i precedenti storici di altre esecuzioni di dittatori, la rete tv americana Nbc ha annunciato che romperà il fronte dei network mostrando un’immagine dell’impiccagione di Saddam Hussein. "Penso che sarà giusto mostrare un’immagine di Saddam da morto. Penso all’immagine iconica di Nicolae Ceaucescu in Romania. Voglio che sia fatto con gusto ma non mi voglio frapporre alla storia", ha detto il presidente della rete Steve Capus.
00:51 Un funzionario: "Presenzierò all’esecuzione"
Un funzionario del tribunale a Baghdad ha riferito che il governo iracheno gli ha detto di stare pronto a presenziare all’impiccaggione di Saddam Hussein tra le 5:30 e le 6:00 ora locale (tra le 3:30 e le 4:00 in Italia). La fonte, che ha chiesto l’anonimato, ha detto che un funzionario governativo gli ha telefonato dicendogli di essere pronto per andare sul luogo dell’esecuzione per le 5:30. L’importante funzionario del tribunale è una delle persone che devono, per legge, assistere ad ogni esecuzione.
00:35 Usa, rafforzata la vigilanza su tutto il territorio nazionale
Le autorità americane hanno deciso di intensificare la vigilanza su tutto il territorio federale non escludendo la possibilità di attentati terroristici nel caso dell’esecuzione dell’ex presidente iracheno Saddam Hussein.
00:34 Il governo iracheno: "Lo impiccheremo tra le 5,30 e le 6"
La decisione irachena è presa. Saddam Hussein sarà impiccato all’età di 69 anni tra le 5,30 e le 6 locali (3,30-4 ora italiana)
00:09 Tutto pronto per l’impiccagione
I testimoni ufficiali dell’esecuzione sono arrivati in serata nella Zona Verde, la cittadella fortificata nel centro di Baghdad dove sarebbe già pronta la forca per Saddam Hussein. Secondo la Cnn, fonti governative irachene hanno definito "spazzatura" il ricorso dell’ultim’ora che i legali dell’ex rais hanno presentato presso un tribunale distrettuale di Washington nella speranza di ottenere un rinvio. Il ’cartellino rosso’, la notifica ufficiale dell’esecuzione che veniva utilizzato per i condannati a morte anche quando Saddam era al potere, secondo la Cnn è stato debitamente compilato, firmato ed è pronto per la consegna.
23:14 Fonte Bagdad, esecuzione prima delle 6
L’impiccagione di Saddam Hussein avverrà prima delle 6 di domani mattina, ora di Bagdad, le 4 in Italia. Lo ha detto una fonte irachena.
22:10 Di Stefano: "Chiesto rinvio a giudici Usa"
Gli avvocati di Saddam Hussein si sono rivolti a giudici federali di Washington per chiedere un ordine che blocchi temporaneamente la consegna da parte dei militari Usa dell’ex rais alle autorità irachene: lo ha detto l’avvocato Giovanni Di Stefano, uno dei legali di Saddam, in una conversazione telefonica con la Cnn da Roma. Di Stefano ha detto che, per quello che gli risulta, Saddam sarebbe ancora nelle mani degli americani e per questo i legali stanno tentando un’ultima offensiva giudiziaria negli Usa per cercare di ottenere un rinvio.
21:44 Di Stefano: "Esecuzione entro due ore"
Giovanni Di Stefano, il legale italiano di Saddam Hussein, ritiene che l’esecuzione dell’ex raìs sia imminente. Alla Cnn ha detto di aver saputo da "una fonte credibile" che Saddam sarà impiccato "a breve, entro le prossime due ore".
21:18 Saddam, un cartellino rosso per l’esecuzione
L’annuncio che sta per arrivare l’ora dell’esecuzione verrà dato a Saddam Hussein con un "cartellino rosso", scrive oggi il New York Times on-line. Il documento, un avviso formale di morte imminente, è una creazione dell’era di Saddam, usato dalla polizia segreta dell’ex dittatore.
21:05 Pentagono: "Saddam in mani Usa fino al patibolo"
Saddam Hussein resterà in mano americana fino al patibolo: lo ha detto alla Abc una fonte del Pentagono, confermando che l’esecuzione dovrebbe avvenire nel fine settimana. La stessa fonte ha detto che anche sulla forca l’ex raìs sarà guardato da una massiccia presenza Usa: se si tratterà di una custodia congiunta americano-irachena. La stretta sorveglianza americana mira a evitare tentativi di fuga o di rapimento.
20:42 Zebari: "Data non ancora fissata"
Il ministro degli Esteri iracheno Hoshyar Zebari ha smentito le notizie secondo cui Saddam sarebbe stato consegnato dagli americani alle autorità di Bagdad e ha affermato che "non c’è alcuna data definita per l’esecuzione. Devono essere completate alcune procedure legali prima che sia consegnato", ha chiarito il ministro.
20:34 Giudice: "Esecuzione forse questa notte"
L’esecuzione di Saddam Hussein potrebbe avvenire "questa notte o domani": lo ha detto ai giornalisti Munir Haddad, giudice della Corte d’Appello che presenzierà all’impiccagione.
20:07 Prodi: "Decisione che riempie di sgomento"
"Abbiamo sperato che la pietà umana e il senso politico ispirassero più sagge decisioni. Ha prevalso evidentemente una visione della politica che prescinde da qualsiasi mozione umanitaria, da qualsiasi sentimento. La decisione presa sulla morte di Saddam riempie di sgomento": così il presidente del Consiglio, Romano Prodi, che rivolge "un ultimo appello alla saggezza dei grandi".
19:47 Al Nuaimi: "Saddam impiccato domani all’alba"
Saddam sarà impiccato domani mattina all’alba: è la convinzione di uno dei legali dell’ex raiss, Nadschi Al Nuaimi, che ha parlato con la Radio Sawaa.
19:28 Premier ha firmato ordine esecuzione
Il premier iracheno Nouri al Maliki ha firmato l’ordine di esecuzione della condanna a morte di Saddam Hussein. Lo riferisce Sky News, citando fonti del governo iracheno.
19:22 Usa: "Saddam ancora sotto la nostra custodia"
Saddam Hussein è ancora sotto la custodia delle forze Usa in Iraq. Lo ha detto un portavoce del Dipartimento di Stato americano. Gli avvocati dell’ex raìs avevano annunciato di aver avuto notizia del trasferimento della custodia con un messaggio e-mail.
19:09 Migliore: "Fermare la macchina di morte"
"Bisogna fermare questa macchina di morte affinché la sentenza non sia eseguita", dichiara Gennaro Migliore, presidente del gruppo di Rifondazione comunista-Sinistra europea alla Camera, aggiungendo che "bisogna rispettare l’integrità di ogni vita umana, anche quando si tratta di chi ha commesso orrendi crimini".
19:07 Per esecuzione atteso il parere dei religiosi
Per l’esecuzione di Saddam domani, giorno di festa nel mondo islamico, si attende il parere delle autorità religiose, informa il presidente della commissione Giustizia del Parlamento iracheno, Bahaa al Arraji, "per sapere se sia possibile applicare una condanna a morte nel giorno di una festa comandata. Se la risposta sarà affermativa, l’esecuzione avverrà domani entro le 12. Altrimenti si dovrà aspettare la fine delle celebrazioni dell’Aid al Adha", che cominciano domani e andranno avanti per cinque giorni. Per gli sciiti, che sono la maggioranza in Iraq e controllano il governo guidato dal Nouri al Maliki, le festa inizia domenica, ma per i sunniti come Saddam la festa inizia domani.
19:03 Matteoli: "Intervengano Ue e comunità internazionale"
"Auspico che la Ue e la comunità internazionale facciano sentire forte la loro voce per fermare l’esecuzione di Saddam". Lo dichiara il presidente dei senatori di An, Altero Matteoli: "L’esecuzione non sarebbe di buon auspicio per la nascente democrazia irachena. Coloro che ne hanno il potere mettano in essere ogni utile intervento per scongiurarla".
19:02 Casa Bianca: "E’ una questione degli iracheni"
La Casa Bianca non commenta l’iter per l’esecuzione di Saddam e non dà indicazioni sui tempi dell’impiccagione. Un portavoce di George W. Bush, parlando con i giornalisti al seguito del presidente a Crawford, in Texas, ha sottolineato che si tratta di questioni che riguardano il governo sovrano iracheno.
19:01 Cnn, riunione emergenza governo iracheno
E’ in corso a Bagdad una riunione d’emergenza del governo iracheno. Lo rende noto l’emittente Cnn, citando fonti del governo iracheno.
19:00 Pannella: "Un martire del terrorismo"
"Senza l’esecuzione, magari con la sua sospensione, Saddam avrebbe dovuto rispondere ad altri processi, più gravi di quello, sospetto e iniquo, che gli è stato fatto". Così Marco Pannella, che prosegue lo sciopero della sete e della fame contro la morte dell’ex raìs: "Senza l’esecuzione voluta da Washington, da Bush, si sarebbe potuto ancora ascoltare dalla difesa di Saddam storie e storia, in primo luogo quelle delle complicità ’insospettabili’ delle quali il dittatore poté godere o dalle quali è stato istigato e armato. In tal modo si regala un martire al terrorismo internazionale. Ma si chiude la bocca al complice".
18:57 Fonte Usa: "Saddam ancora sotto controllo americano"
Saddam Hussein è ancora sotto il controllo dell’esercito americano e non è stato ancora consegnato alle autorità irachene. Lo ha detto all’agenzia France Presse un responsabile statunitense a Bagdad.
18:56 Allestite due forche, una in Zona Verde
Due forche sono state già allestite, una di esse nella Zona Verde di Bagdad, l’area blindata all’interno della quale si trovano le massime istiuzioni irachene e le ambasciate. Lo ha detto, all’agenzia Ansa, Bahaa al Arraji, presidente della commissione Giustizia del Parlamento iracheno, senza però precisare se anche la seconda forca sia stata allestita a Bagdad.
18:55 Forze Usa in stato di allerta
Le forze americane in Iraq si trovano in stato di allerta per far fronte a eventuali reazioni violente all’esecuzione dell’ex presidente Saddam Hussein. Lo riferiscono fonti del Pentagono.
18:54 Dulaimi insiste: "E’ stato consegnato agli iracheni"
Il capo del collegio di difesa di Saddam Hussein, Khalil Dulaimi, ha ribadito che l’ex presidente iracheno è stato consegnato alle autorità irachene dalle forze Usa a Bagdad. "Ne siamo stati informati - dice l’avvocato - da un messaggio di posta elettronica delle autorità americane". La consegna di Saddam è stata confermata da un altro membro del suo collegio di difesa, Ziad Najawi. Il governo di Bagdad smentisce.
18:51 Un avvocato di Saddam: "Giustiziato domani all’alba"
Saddam Hussein potrebbe essere giustiziato all’alba di sabato. E’ quanto afferma, "in base alle informazioni" di cui è in possesso, uno degli avvocati dell’ex raìs, da Amman, in Giordania.
* la Repubblica, 30.12.2006.
Giannelli (Cor.Sera) |
Saddam giustiziato, Bush condanna se stesso
di Furio Colombo *
Quando Saddam Hussein sarà impiccato, una di queste ore, mentre tanti continuano a credere nel detto kennediano «un problema creato da uomini può sempre essere risolto da uomini», George W. Bush avrà proclamato per sempre il suo fallimento.
Ha fallito nel non avere capito l’immensa differenza che c’è tra il liberare un Paese da un dittatore e distruggerlo. Ha fallito nel non sapere (non voler neppure sapere) che cosa fare dopo la conquista, che non è mai stata una vittoria.
Ha fallito nel non avere intravisto, neppure per un istante, i volti veri e umani di un popolo che poteva, doveva partecipare alla ricostruzione, ed è stato emarginato, umiliato, imprigionato, escluso.
Ha fallito nel progetto strano e così palesemente sbagliato di unire l’ideale della democrazia a quello del potere sopra ogni legge e ogni trattato internazionale, immaginando (e ciò anche in futuro apparirà follia) che si possano costruire insieme Abu Grahib e la libertà, Guantanamo e il nuovo ordine democratico.
George W. Bush ha avuto sfortuna.
È stato circondato dai peggiori personaggi che si siano affacciati alla vita pubblica del mondo negli ultimi anni. O ha avuto la disgrazia di sceglierli.
Che cosa pensi l’America di questi personaggi e delle azioni di cui sono responsabili, lo ha detto nel modo più drammatico il rapporto di un americano al di sopra di ogni sospetto, James Baker, già segretario di Stato di Bush padre, statista stimato nel mondo. Il suo giudizio è il più umiliante che possa toccare a un presidente che ha proclamato una guerra sbagliata, ha vantato una vittoria che non c’è stata, continua a credere che vincere significhi più forza militare, più soldati, più armi, mentre persone vicine a lui - quelle che hanno integrità e coraggio - gli stanno descrivendo l’orrore di ciò che ha fatto.
Il New York Times di ieri ha pubblicato il discorso di un oscuro senatore repubblicano, Gordon Smith. Di lui, dice il giornale, non si era mai sentita la voce in Senato. Prima di Natale, tra lo stupore dei colleghi si è alzato e ha detto: «Il mio percorso con questa politica finisce qui, adesso. Mi chiedete di sostenere una guerra in cui ogni giorno la stessa pattuglia di soldati americani percorre una strada che non conosce, fra gente che non ha alcuna ragione di amarci, e ogni giorno qualcuno di quei soldati salta in aria. Non posso più dire di sì a questa politica. Dico che è assurda. Anzi temo che sia criminale».
Racconta il giornale: «Nel silenzio dell’aula le parole del leale senatore repubblicano sono risuonate con tanta forza che Washington e anche i più cinici addetti alla vita politica hanno dovuto tenerne conto. Molti senatori sussurravano: Smith ha parlato per me».
Ora è evidente la sfortuna più grande di George W. Bush: nessuno dei suoi collaboratori più stretti, in quella riunione del Crowford Ranch, in Texas, dove quasi certamente è stata decisa la morte di Saddam Hussein e dunque l’inizio della seconda parte della tragedia irachena, ha avuto il coraggio del «leale senatore Smith».
Bush ha avuto la sfortuna di avere accanto un amico inutile come Tony Blair, che gli ha dato sempre ragione e ha spaccato l’Europa in un momento cruciale. Adesso l’Europa è tutta unita e tutta contraria a un gesto che non ha niente a che fare con la pietà e molto con la politica, perché è un evidente e gravissimo errore. È triste che l’Europa non sia stata così unita quando era stata lanciata l’idea, infinitamente più realistica di questa guerra che non può finire, di «liberare» l’Iraq rimuovendo con una ben concertata manovra diplomatica Saddam Hussein, e dando origine a un processo democratico in un Paese senza macerie e senza morti, in un Paese in cui le vecchie orrende prigioni sarebbero state chiuse invece di aprire nuove orrende prigioni, invece di confondere ogni giorno gli iracheni che soffrono con i terroristi che sono un comune pericolo.
Molti ricordano, non solo in Italia, che deporre senza violenza Saddam Hussein era stata l’idea di Marco Pannella, e che era un’idea vincente. Per alcuni di noi adesso è facile ricordare l’inerzia deliberata dei giorni berlusconiani. Ma è stata una inerzia più grande, più estesa e diffusa.
Adesso il mondo sta dicendo a George Bush di salvare se stesso e quel che resta della sua reputazione, evitando questa impiccagione due volte immorale. Perché conferma l’orrore della pena di morte. E perché apre una nuova e più violenta stagione di vendetta e di scontro e chiama morti su morti.
Ma George Bush, lo abbiamo detto, è un uomo sfortunato. È sordo verso i suoi sostenitori leali. Ed è circondato di poche persone che gli danno ragione. Era rimasto in molti (parlo anche dell’opinione americana) quel barlume di speranza, Condoleezza Rice. Se la sua voce non si sente questa volta, anche il suo breve passaggio sulla scena del mondo ha finito il percorso, e non lascerà traccia. Resterà ai collezionisti di carte e documenti politici il compito di spiegarci perché. Resterà il problema di spiegare il ruolo, che sta diventando penoso, di Tony Blair, che si butta in una guerra che non può spiegare, da cui non sa come uscire. E sull’immenso e ovvio errore di «giustiziare» Saddam Hussein non ha speso una sola parola utile.
Chi tace e fa il complice adesso è un cattivo amico, conferma l’errore e si avvia nel loggione degli statisti che hanno perso l’occasione di cambiare la storia. Con l’impiccagione di Saddam Hussein tutto il peggio della storia (compreso il peggio di Saddam Hussein) si ripete. Che almeno non si dimentichi che tutto questo maledetto percorso si poteva evitare, e che la politica ha come primo compito di evitare il sangue, non di spargerlo.
Persino adesso George W. Bush poteva salvarsi. Per quel che sappiamo, ha scelto di no. Il suo carattere distintivo restarà sbagliare fino alla fine.
* l’Unità, Pubblicato il: 30.12.06, Modificato il: 30.12.06 alle ore 9.29
Le foto e i video sulla vita e la morte dell’ex dittatore iracheno
Ascesa, dittatura e fine di Saddam Hussein
Le terribili immagini tv degli ultimi stanti di vita dellìex rais. Le reazioni nel mondo, la scheda filmata, il processo...
Un altro passo nel delirio
di Luigi Bonanate *
Il governo iracheno ha superato ieri se stesso aggiungendo all’ignominia della ripetizione di un atto inutile e gratuito anche un tocco di allucinato cinismo, decapitando chi aveva appena finito di impiccare (malamente). E così, il plotone d’esecuzione va accompagnando nel suo macabro cammino un governo indifferente al giudizio del mondo e che da un anno e mezzo gestisce il paese peggio governato al mondo: non ce n’è proprio nessuno nel quale la mortalità violenta sia all’incirca di 20 persone al giorno, a cui vanno aggiunte le vittime statunitensi: le chiamo così perché ciascuno di questi soldatini americani lo è, della propaganda o del bisogno. Su questo governo la coalizione occidentale dei «volenterosi» aveva puntato tutte le sue carte perché l’unica giustificazione possibile per l’attacco all’Iraq era rappresentata dall’atteso successivo trionfo della democrazia.
Invece di questa abbiamo avuto una guerra civile di cui non si vuole si pronunci neppure il nome; e all’interno della guerra civile il trionfo della violenza gratuita portata da condanne sanguinarie, pronunciate da tribunali politici. No, non è così che si costruisce la democrazia, né se ne erigono le fondamenta. Una delle più profonde caratteristiche del costume democratico riguarda l’attenzione che il mondo della politica e delle istituzioni deve rivolgere all’opinione pubblica, intesa come elaborazione libera e pluralistica di un dibattito sulle cose del mondo che consenta a chiunque di esprimersi e di contribuire così a far nascere grandi idee-forza che travalicano i confini angusti delle ideologie o delle fazioni per diventare acquisizioni comuni dell’umanità. Quello della pena di morte è uno di questi casi, accompagnato dal pressoché unanime dissenso internazionale verso chi la applica ancora. Si sarebbe persino potuta ammettere una sentenza esemplare per un sanguinario dittatore che nessuno amava, ma senza eseguirla, ciò che era perfettamente inutile. L’opinione pubblica l’ha detto, in tutto il mondo; ha chiesto almeno che il boia venisse poi fermato e invece, lasciata passare la bufera mediatica, il governo iracheno ha ripreso il suo assurdo programma: quanti altri ne dovrà far salire al patibolo?
Non c’è praticamente personalità o istituzione al mondo che non abbia auspicato la moratoria della pena di morte proposta dall’Italia, fuor che il governo iraqueno. E come faremo noi a convincerlo ad ascoltare le nostre proteste, che sono anche delle preghiere, preghiere contro lo spreco della vita e per la difesa della dignità umana? Ciò che impressiona ulteriormente in questa pagina squallida della triste storia contemporanea dell’Iraq è la testardaggine, che non è prova di costanza, saggezza e forza, ma di ottusità e di incapacità ad ammettere errori o pregiudizi. Testardaggine del governo iraqueno che ormai non ascolta, forse, neppure più quello americano, per altro protettore e amico. Tutti ricordiamo la grottesca polemica che il primo ministro al-Jaafari ha instaurato con chi in Italia ha condannato l’esecuzione di Saddam, ricordandoci che anche noi avevamo sommariamente giustiziato il nostro, di dittatore. Non aggiungo argomenti a quelli che molti e autorevolmente sono stati espressi nel nostro paese, ma insisto a sottolineare l’arroganza di chi, in un frangente come questo, in cui avrebbe semmai potuto aggrapparsi alla Ragion di stato («era un’esecuzione necessaria, richiesta dalla pubblica opinione che talvolta va placata con il sangue»), ha piuttosto cercato la polemica, senza capire che non era quello il piano su cui il mondo civile contestava l’esecuzione di Saddam.
Che cosa diremo oggi, di fronte a questo nuovo passo nel delirio di un governo che ciecamente mena colpi a destra e a manca, trovandosi sempre più solo e isolato? Il governo iraqueno non ascolta più nessuno e continua compulsivamente a eliminare ogni barriera posta dal comune sentire mondiale. Al limite, in questo modo finirà per creare dei martiri o per favorire le ritorsioni, le vendette, la barbarie. E in Iraq non ce n’era proprio bisogno.
Farà effetto anche al governo americano, non essere più attentamente ascoltato e timorosamente obbedito. Ma è la stessa sensazione che prova l’opinione pubblica internazionale vedendo che i suoi giudizi, i consigli, le speranze che esprime vengono regolarmente sbeffeggiate dalla presidenza statunitense, che a ogni puntata rilancia, gettando impegno militare, finanziario e morale in una voragine spaventosa nel vano tentativo di riconquistare quell’opinione pubblica di cui ha dimostrato di disprezzare i giudizi.
Potremmo anche non dispiacercene, ma il fatto è che quello americano è, in gran parte e in buona sostanza, anche il governo della pace e della guerra nel mondo. Da quel governo dipende la società internazionale e la stabilità dei suoi commerci, tanto economici quanto culturali, scientifici e tecnologici come morali: per questo il governo americano ha non soltanto la prerogativa di essere il più importante e il più influente al mondo, ma anche il dovere di comportarsi più saggiamente di ogni altro, perché le conseguenze di ogni sua azione compiuta in un qualche punto del mondo si percepiscono (come avrebbe detto Kant, anzi, come disse, nella «Pace perpetua») in ogni parte del mondo.
Tutti ne facciamo parte. Tanto al-Jaafari quanto Bush devono capire che non si può accettare che la coscienza sia oscurata da azioni disgustose oltre che inutili; chiediamo che le ragioni del rispetto della vita umana e dei fondamenti dei diritti fondamentali, su cui l’Occidente si vanta giustamente di aver costruito la sua civiltà, tornino a guidare le azioni di tutti noi, governanti compresi.
* l’Unità, Pubblicato il: 16.01.07, Modificato il: 16.01.07 alle ore 10.47
Col cappio continua la guerra
di GIOVANNI DE LUNA (La Stampa, 4/1/2007)
Le immagini dell’esecuzione di Saddam sono l’esecuzione di Saddam. Di questa realtà erano consapevoli le autorità irachene che avevano un loro operatore ufficiale per riprendere la scena e lo sono ora i milioni di spettatori che sulla rete inseguono gli ultimi istanti del dittatore immortalate dai telefonini dei boia. Basterebbe solo questo riferimento al contesto tecnologico dell’esecuzione per collocarla nella nostra più stretta contemporaneità, rendendo incongrui tutti i riferimenti al passato, sia a quello di Mussolini maldestramente evocato da al Maliki, sia in generale ai molti esempi di tirannicidio che si rincorrono nei secoli della nostra storia.
Diciamolo subito: ghigliottinare Luigi XVI in una piazza di Parigi gremita di folla aveva un immediato significato politico. Il vecchio potere era morto; dalle sue ceneri ne nasceva un altro, pienamente legittimo, che manifestava pubblicamente questa sua legittimità rivoluzionaria attraverso l’atto sacrificale della messa a morte del vecchio sovrano. Per Mussolini non è stato così. Piazzale Loreto si colloca in quella terra di nessuno che si spalanca quando il vecchio potere statuale si è dissolto e il nuovo non si è ancora insediato. È la fase dell’«interregno»: si spezza il monopolio statuale della violenza legale, i cittadini si riappropriano del diritto di uccidere e farsi uccidere che avevano delegato allo Stato nel «patto» su cui si è fondata la politica dello Stato moderno, per un attimo provano l’ebbrezza di godere pienamente di uno degli attributi fondamentali della sovranità statuale, quello di decidere della vita e della morte degli altri. Fu questa la situazione di Milano nei giorni successivi al 25 aprile.
A maggio tutto era finito e il nuovo ordine repubblicano era pronto a legittimarsi pienamente attraverso un percorso che avrebbe avuto la sua sanzione legale nel referendum del 2 giugno 1946.
In Iraq oggi non c’è nessun «interregno». Formalmente c’è un governo in carica, legittimato anche dal consenso elettorale che si presume, quindi, in grado di dispiegare la sua sovranità senza remore, imprimendone il sigillo anche alla messa in scena «rituale» dell’esecuzione di Saddam, quella codificata dalla tradizione: un patibolo da ascendere, un boia impassibile che adempie una funzione istituzionale, il pubblico, la benda sugli occhi, ecc... Non è andata così. Saddam è stato giustiziato in una stanza dei servizi segreti prima usata per le torture; il boia erano tanti boia, mascherati, attenti a camuffarsi per non farsi riconoscere, un’accolita di invasati che urlava insulti. In quelle immagini non c’è un potere statuale legittimo e sovrano che celebra se stesso ma una banda che mette a morte il capo della fazione rivale. È la guerra civile irachena che è andata in scena ed è una guerra civile che ci restituisce la realtà totalmente postnovecentesca di quella esecuzione.
Quello che voglio dire è che il confronto non è tanto con i tirannicidi del passato, ma con le altre immagini che ci sono piovute addosso dall’Iraq, con le altre esecuzioni diffuse in Internet che hanno mostrato il loro orrore in diretta alla sterminata platea di un’umanità massificata dalla tecnologia, unificata dalle reti informatiche. Il loro contesto è quello della più dispiegata modernità, appartengono a un genere nuovo, inaugurato dopo l’11 settembre 2001 dalla decapitazione del giornalista Daniel Pearl, in Pakistan, filmata nel febbraio 2002. Non è più il campo di battaglia o il patibolo il «luogo» dello scempio, ma un set televisivo o una rappresentazione fotografica. Quei corpi non sono più condannati a morte, ma sono messaggi. E quei messaggi incorporano riti e simboli, segnalano che nel passaggio del millennio è affiorata di nuovo una concezione salvifica della violenza. Si dispiega una radicale volontà di impiegarla come strumento di rigenerazione spirituale del mondo sminuendo le vite dei singoli, fino ad annullarle in un progetto che prevede non solo l’eliminazione fisica delle persone che rappresentano il Nemico, ma anche la pubblica, clamorosa profanazione dei loro cadaveri.
I nuovi rituali annunciano in primo luogo «la necessità dello spettacolo, o in generale della rappresentazione» poiché, in particolare nel caso di messe in scena dell’estremo, ha scritto il grande esperto di «sacrifici», Georges Bataille, «senza la loro ripetizione potremmo, faccia a faccia con la morte, rimanere estranei, ignoranti».
Per dare forza ed efficacia ai loro messaggi, i carnefici degli ostaggi in Iraq hanno trasformato quei set improvvisati in terrificanti are sacrificali, con un rituale maniacalmente ripetitivo: le tute arancioni delle vittime (macabro contrappasso di Guantanamo), i cappucci neri dei boia, le didascalie, lo sgozzamento, e, alla fine, l’esibizione delle teste mozzate; con il cappio ostentato al centro della scena, il corpo di Saddam messo in mostra, le preghiere e le imprecazioni e un’applicazione feroce della «legge del taglione», il governo iracheno ne ha replicato sia i comportamenti che i messaggi.
Guai ai vinti
di Marco d’Eramo (il manifesto, 02.01.2007)
Ce l’avevano mostrata come un’impiccagione sobria, composta: il video rilasciato dal governo iracheno era muto. Ma poi è saltata fuori la colonna sonora in cui le guardie e gli spettatori sfottono a ripetizione Saddam Hussein; gli gridano come ultras allo stadio il nome di Moqtada al-Sadr, nemico acerrimo del dittatore; gli urlano «Va all’inferno!»; gli intonano una preghiera sciita a lui che è sunnita; finché, subito prima che si apra la botola, Saddam dice: «I veri uomini non si comportano così».
L’esecuzione si rivela dunque per quel che era, una vendetta, per di più vile, abietta. I media anglosassoni ora sono «scandalizzati»: avrebbero voluto un’uccisione asettica. Vige sempre negli Usa l’idea che la pena di morte possa essere comminata come in una sala chirurgica, con il gas, con la corrente elettrica, con l’iniezione, ogni mezzo basta che non ricordi il sangue. Si ritrovano invece con un assassinio da gangsters di strada che infine riescono a mettere le mani sul boss infine inerme della gang avversaria. Così ora i puritani s’indignano. La Bbc è «scioccata». Il New York Times nauseato. L’ipocrisia non ha limite: la colpa dell’obrobrio ricade naturalmente tutta sul premier Nuri Al Maliki. Loro, gli americani, avevano tentato di uccidere Saddam secondo il protocollo, ma quei barbari d’iracheni hanno rovinato tutto.
Al disgustato disagio dei media contribuisce anche la nuova soglia varcata dalle perdite Usa in Iraq che ora hanno superato il muro dei 3.000 caduti. È straordinario come all’improvviso certe cifre diventino soglie. Nessuno dei media americani aveva aperto bocca quando erano stati superati i 1.000 caduti, come erano stati assai discreti ai 2.000. Adesso di botto quota 3.000 diventa una «pietra miliare», come lo è la morte di Saddam Hussein, secondo George Bush il giovane. Ancora non è chiaro perché a partire dall’estate scorsa il sistema dei media Usa si sia svegliato di colpo, dopo anni di ossequioso silenzio, per non dire omertà, con Bush. Ora i media scoprono che la guerra è uno sporco affare, che il sangue si mischia sempre alla merda, come nella disgustosa impiccagione di Saddam.
È in questo contesto che un consigliere di Al Maliki ha redarguito Romano Prodi, l’unico tra i governanti europei ad avere espresso il proprio dissenso con qualcosa di più dell’imbarazzato bofonchiare delle altre capitali. Il consigliere iracheno ha detto: Prodi pensi a Mussolini che a Saddam Hussein ci pensiamo noi, concludendo con una chicca: «Alla fine della seconda guerra mondiale, Mussolini è stato processato per un solo minuto. Il giudice gli ha chiesto il suo nome e alla risposta ’Benito Mussolini’ gli ha detto: il tribunale vi condanna a morte e la sentenza è stata eseguita immediatamente».
Come fantasia non è niente male: non ci fu né processo, né giudice, né condanna, ma Mussolini fu sparato insieme alla sua amante Claretta Petacci vicino Como, il 28 aprile 1945 dai partigiani che li avevano catturati mentre tentavano di fuggire dall’Italia. Fu un gesto spregevole, ma del tutto diverso da un processo farsa conclusosi in un’esecuzione oscena. Somiglia più alla morte dei due figli di Saddam, Udai e Qusai, uccisi nel luglio 2003 dai soldati americani. Guerra è uccidere il nemico, non condannare il vinto solo perché ha perso. Più onesto sarebbe dire: «Guai ai vinti».
La strategia della vendetta
di VITTORIO ZUCCONI *
CI SAREBBE voluto più coraggio a risparmiargli la vita che a spegnerla, ma la banalità della vendetta è stata ancora una volta più forte dell’intelligenza della politica. La scontata sentenza di morte contro Saddam Hussein al-Majid al-Takriti, prodotta apparentemente da quella parodia di Norimberga che è stato il suo processo e forse già eseguita, è stata scritta tre anni or sono, al momento della sua estrazione dalla tana di topo dove si era nascosto e niente avrebbe potuto più cambiarla.
L’aveva firmata, in quel dicembre del 2003, George Bush, il Presidente della nazione occupante, quando aveva dichiarato alla BBC subito dopo la cattura che soltanto "la pena ultima (la morte)" sarebbe stato il giusto castigo per questo "disgustoso tiranno".
Caso chiuso e Capodanno con il patibolo. Non sono serviti tribunali internazionali, giuristi e giudici di peso e di altre nazioni, come fu appunto a Norimberga. La sentenza era già stata depositata a priori. Tutto il resto, il processo con giudici destituiti e cambiati a piacere dall’immaginario governo di Bagdad, le procedure seguite un tanto a spanna verso il finale già scritto secondo le leggi scritte ancora dal Rais, la sentenza, l’appello farsa che ha richiesto ben 15 minuti di delibere, l’esecuzione, sono pantomime organizzate per dare una parvenza di legittimità giudiziaria alla vendetta finale del vincitore contro il vinto, soprattutto contro l’uomo che aveva "tentato di uccidere il mio papà".
Nella guerra insieme globale e privata che da quasi sedici anni, dalla Tempesta nel Deserto, vede in campo Stati Uniti e Iraq ma senza che mai l’Iraq abbia aggredito gli Stati Uniti, alla fine il clan texano dei Bush ha saldato il conto con il clan sunnita dei Takriti. E il figlio potrà finalmente esibire la testa del nemico al padre.
Nell’entusiasmo voglioso con il quale Bush ha seguito il processo e ha accolto la sentenza, "una pietra miliare" l’ha chiamata, e "una svolta", l’ennesima, nel sentiero di sangue verso la stabilizzazione dell’Iraq (sulla "democrazia" esportata in Mesopotamia oggi si preferisce sorvolare) c’è molto più della oggettiva, dura risolutezza giustizialista con la quale Winston Churchill, nel vertice di Teheran con Stalin e Roosevelt, invocò l’esecuzione sommaria di Hitler, nel caso fosse stato catturato vivo come sarebbe accaduto con Mussolini, contro il parere degli Alleati.
La personalizzazione dei conflitti, che è sempre la forma preferita negli Stati Uniti per definire le guerre e per "venderle" meglio a un’opinione pubblica refrattaria alle astrazioni, aveva chiaramente assunto, in questo duello a distanza fra i Bush e Saddam, un carattere predominante, se non ossessivo. Anche per questo, di fronte alle ultime ore dell’agonia di un tiranno oggettivamente disgustoso, anche se non più ripugnante di altri che sono morti o moriranno nel loro letto riveriti e finanziati, l’America di "main street", delle vie di tutti i giorni, sembra assai meno agitata dell’America della politica e delle elite intellettuali.
In una nazione che sta riesaminando le procedure, ma non la sostanza morale, della forca, non può essere l’impiccagione di un personaggio descritto da un decennio come la incarnazione dell’anti Cristo, come colui che possedeva sterminati arsenali da scatenare contro le città americane ed era stato complice dei massacratori delle Torri, a muovere e commuovere la gente in questa fine anno segnata ancora da notizie di morte e di lutti.
Le contorsioni morali appartengono tutte alla intelligentsija, agli "opinionator", esclusi naturalmente i "boia chi molla" sempre e comunque favorevoli alla violenza risanatrice, dunque felicemente assolti dai dubbi che scuotono i non fanatici.
"Se esiste la pena capitale chi può essere più qualificato di Saddam a riceverla?" si chiede riflessivo il direttore di New Republic, un periodico considerato di sinistra, il professore di Harvard Marty Peretz, che critica Romano Prodi e l’Europa per la nostra opposizione al patibolo. "Non è questione di colpevolezza, che è fuori discussione - lo contraddice il New York Times - ma di una opportunità perduta per creare uno spartiacque morale tra il passato che lui rappresenta e il futuro che si vorrebbe creare".
Invece, l’uccisione per procura del grande assassino di stato decisa dal grottesco remake di Norimberga, lascerà indifferente quell’opinione pubblica americana che si prepara a digerire la "mini escalation" che Bush le proporrà al ritorno dalla fuga natalizia nel Texas e ben difficilmente quella forca potrà essere una svolta in un Iraq che da tempo si suicida in un bagno di sangue settario che con il rais deposto e ridicolizzato ha più nulla che fare.
Un Saddam umiliato dal coraggio civile e dalla lungimiranza di vincitori davvero forti e non soltanto forzuti, cioè da quei sentimenti che lui aveva ignorato nel suo regno del terrore e della, appunto, vendetta, sarebbe stato un segnale forse sconvolgente, nell’universo dei clan e delle sette arabe dominate da quella "legge del taglione" alla quale ora anche il Grande Liberatore venuto da Occidente si è golosamente adeguato.
La sua morte sarà perciò un atto banale, scontato, inutile, superato nel momento stesso in cui accade, un altro cadavere sopra quella montagna di morti che si alza ogni giorno nel caos fra il Tigri e l’Eufrate, come una nuova Torre di Babele. Il clan dei Texani avrà la vendetta che cercava dal 1991 e ora si guarda con inutile sgomento non alle possibili rappresaglie, in un luogo dove immaginare peggioramenti è arduo, ma alla ulteriore dimostrazione di miopia e di ottusità di questa presidenza americana quasi finita costituzionalmente e morta politicamente, ma ancora incapace di uscire da una ostinazione che scambia per "strategeria", come disse George Bush in uno dei suoi celebri lapsus.
"E’ affare che riguarda il popolo iracheno" ha avuto l’improntitudine di dire il portavoce di Bush a Crawford, mentre si contavano le ore dell’agonia del condannato sempre rimasto per tre anni saldamente incatenato in un campo militare americano, e mai affidato alle autorità irachene se non al momento dell’impiccagione, a riprova della fiducia che Washington nutre verso il governo e il sistema giudiziario locali.
George W. Bush ha avuto la "pietra miliare" che ha comperato con la vita di 2.992 soldati uccisi, 42 mila feriti e 600 miliardi di dollari, ma anche questa somiglia tristemente soltanto a un’altra pietra tombale.
* la Repubblica, 30 dicembre 2006.
Il corpo dell’ex dittatore iracheno sistemato in un mausoleo di famiglia nel piccolo centro a 4 chilometri da Tikrit
Saddam sepolto nella notte ad Awija riposerà con i figli Uday e Qusay
Alla cerimonia hanno partecipato diverse centinaia di persone *
TIKRIT - Saddam Hussein è stato sepolto durante la notte nel villaggio nativo di Awija, 4 chilometri da Tikrit nel nord dell’Iraq. Al-Nida dell’Ali, capo della tribù di Albu Nasir, ha detto ai giornalisti che la sepoltura è avvenuto a meno di 24 ore dall’esecuzione per impiccagione dell’ex rais per i crimini contro umanità.
Un membro della famiglia dell’ex rais, Mussa Faraj, ha dichiarato all’Afp che "Saddam Hussein è stato sepolto domenica mattina alle 4 ora locale (l’1 Gmt)" in un fabbricato, una specie di mausoleo, fatto costruire durante il suo regime nel centro di Awja. Sarebbe lo stesso sito in cui sono sepolti i figli Uday e Qusay uccisi dagli americani nel 2003.
"Gli americani - ha aggiunto Faraj che ha assistito ai funerali - lo hanno voluto seppellire il più rapidamente possibile". Anche la tv araba Al Jazeera cita un fonte della famiglia che afferma che Saddam è stato sepolto a Awija nonostante la famiglia affermasse ieri che il corpo dell’ex rais fosse stato portato da Tikrit alla città di Ramadi per la sepoltura. Fonti ufficiali a Ramadi hanno affermato di non sapere nulla di una sepoltura di Saddam Hussein a Ramadi.
Diverse centinaia di persone della tribù di Saddam Hussein, gli Albu Nasir, erano presenti alla sepoltura del corpo dell’ex presidente iracheno Saddam Hussein nel suo villaggio natale di Awija.
Tra i presenti anche il governatore di Salaheddin, Hamed al Chakti. Mussa Faraj ha anche precisato che le forze di sicurezza irachene avevano chiuso tutti gli ingressi a Tikrit fin da ieri.
Il corpo di Saddam era stato consegnato nella notte a Bagdad ad una delegazione della quale faceva parte lo sceicco degli Albu Nasir e il governatore di Salaheddin.
* la Repubblica, 31 dicembre 2006.
Iraq, impiccati all’alba i collaboratori di Saddam
Usa: l’Iraq applica le sue regole *
Eseguita la condanna a morte per il fratellastro di Saddam Hussein, Barzan al-Tikriti, e l’ex presidente del Tribunale Rivoluzionario, Awad al Bandar. I due erano stati condannati alla pena capitale per impiccagione insieme con Saddam, in quanto ritenuti colpevoli della strage di 148 sciiti nel 1982.
«Il governo ci ha chiamati prima delle esecuzioni - ha detto il magistrato Munqith al-Faroon - e ci ha detto di mandare qualcuno. Ho inviato un giudice sul luogo dell’esecuzione per testimoniare quanto accaduto». Il portavoce del governo, Ali Debbagh, ha fissato una conferenza stampa nella quale probabilmente ufficializzerà la notizia delle esecuzioni avvenute un paio di settimane dopo quella di Saddam. Barzan al Tikriti, il fratellastro di Saddam Hussein da parte di madre, è stato per anni il capo dei servizi segreti iracheni, il famigerato Mukhabarat.
Prima di diventare il 5 di fiori nel mazzo di carte degli uomini più ricercati dell’Iraq e di essere quindi catturato il 17 aprile 2003, otto giorni dopo la caduta di Baghdad, Tikriti era stato nel suo Paese uno degli uomini più potenti e più temuti, come esecutore materiale della repressione ordinata dal capo dello Stato. Secondo l’accusa al processo per la strage di sciiti a Dujail, nel 1982 - conclusosi il 5 novembre scorso con la sua condanna a morte - aveva personalmente torturato diverse persone.
Tikriti, 55 anni, era noto anche come finanziere del deposto regime. Secondo una sua lettera al fratellastro, venuta a conoscenza di fonti americane dopo la sua cattura, aveva curato il patrimonio finanziario del rais, compreso tra 2 e 7 miliardi di dollari. Egli era il responsabile della "cassa" di Saddam, costituita, fin dal 1983 con spostamenti di danaro all’ estero (forse in Svizzera, dove Tikriti fu, dal 1988 al 1999, ambasciatore dell’ Iraq presso l’Onu), investimenti in banche e società, e gestione di portafogli azionari; e riportata in Iraq al momento dell’ imposizione delle sanzioni economiche contro il Paese, in modo da permettere a Saddam di mantenere il proprio tenore di vita nonostante l’embargo Onu.
Secondo quanto scrisse nel giugno 2003 il settimanale americano "Time", dopo la cattura Tikriti avrebbe dichiarato di essere sempre stato «contro il regime», respingendo le accuse che lo dipingevano come uno degli uomini di governo più feroci nella repressione attuata verso il popolo curdo e proponendosi addirittura per un incarico nel nuovo esecutivo dell’Iraq. «Se mi liberate e mi lasciate lasciate andare - avrebbe detto alle autorità Usa - e poi trovate documenti che mi coinvolgono in qualsiasi atto criminale tornerò volontariamente alla detenzione».
La strage nel villaggio di Dujail, località a una quarantina di chilometri a nord di Bagdad è stata per oltre due decenni il simbolo della repressione del regime di Saddam Hussein. L’8 luglio 1982 Saddam fu accolto nella cittadina dal sindaco di allora, Abdullah Ruwaid, e dai dirigenti locali del Baath.
Al termine di una cerimonia ufficiale, il presidente e la sua delegazione salirono in auto per lasciare il villaggio e, poco dopo, diverse raffiche di mitra furono sparate contro le auto del convoglio presidenziale. Saddam Hussein rimase illeso, ma alcune delle sue guardie del corpo vennero ferite, mentre gli attentatori, cinque in tutto, furono individuati e uccisi immediatamente. Il giorno seguente la Guardia Repubblicana arrivò al villaggio e arrestò 450 persone, tra cui numerosi anziani e donne, e anche dei ragazzi che erano poco più che bambini. Per loro, venne allestito anche un centro di detenzione speciale in mezzo al deserto.
Per 148 persone il tribunale rivoluzionario pronunciò la condanna a morte, puntualmente sottoscritta da Saddam Hussein e quindi eseguita. Awad al Bandar era l’ex capo del tribunale che pronunciò la condanna a morte per i 148 abitanti di Dujail, mentre Barzan al Tikriti, secondo l’accusa, aveva personalmente torturato diverse persone.
La Casa Bianca commentando la notizia dell’impiccagione dei due collaboratori dell’ex presidente iracheno Saddam Hussein, ha detto che il governo iracheno «applica» la giustizia nei confronti dei responsabili di crimini. «L’Iraq è un governo sovrano che applica il suo sistema giudiziario contro chi è colpevole di crimini brutali contro l’umanità, ha detto il portavoce Scott Stanzel.
La Russia critica, invece, il governo iracheno per le esecuzioni commesse. Per il portavoce del ministero degli esteri russo Mikhail Kamynin «l’ esecuzione dei due collaboratori dell’ex presidente iracheno, così come l’esecuzione dello stesso Saddam Hussein, non favorisce la stabilizzazione della situazione nel paese». «Solo un dialogo largo, pan-iracheno, che coinvolga tutti i gruppi politici e confessionali con l’assistenza dei paesivicini, inclusi Siria e Iran, potrebbe normalizzare la situazione in Iraq» secondo Kamynin.
«Manteniamo la stessa posizione tenuta per Saddam Hussein. L’Italia è contro la pena di morte. Non spendiamo alcuna altra parola», ha detto il Presidente del Consiglio Romano Prodi. Il Presidente della Commissione Ue Jose Manuel Barroso gli fa eco. «Per una questione di principio la Ue è contraria alla pena di morte. Nessun uomo può togliere la vita ad un altro uomo. Apprezziamo le inziative italiane all’Onu e lavoriamo insieme per mettere fine alla pena di morte. Bisogna convincere quei Paesi dove ancora c’è la pena di morte ad accettare una moratoria».
* l’Unità, Pubblicato il: 15.01.07, Modificato il: 15.01.07 alle ore 10.16
Intervista del presidente Usa alla Pbs. "Il governo al Maliki deve maturare". Poi l’inquilino della Casa Bianca definisce il 2006 "un anno schifoso"
Bush: "Esecuzione di Saddam Hussein somigliava ad assassinio per vendetta" *
NEW YORK - Il presidente americano George W. Bush ha detto oggi che la caotica esecuzione di Saddam Hussein assomigliava a "un assassinio per vendetta" e ha dimostrato che il governo di Nuri al Maliki "deve ancora maturare".
Bush ha criticato l’esecuzione dell’ex presidente iracheno il giorno dopo l’impiccagione di due gerarchi del suo regime ieri a Baghdad. "Sono deluso per come sono stati maldestri, specialmente con Saddam Hussein", ha detto Bush in una intervista alla Pbs.
Nella stessa intervista il presidente americano definisce il 2006 un anno "schifoso". "Sono frustrato per gli scarsi progressi - ha detto Bush -. Un anno fa ero abbastanza fiducioso. Pensavo che stavamo raggiungendo il nostro obiettivo, che l’Iraq è un paese in grado di governarsi, sostenersi e difendersi da solo. Non c’e dubbio: il 2006 è stato un anno schifoso per l’Iraq".
* la Repubblica, 16 gennaio 2007