Capodanno

A quale di cotesti vent’anni vorreste che somigliasse l’anno venturo? Io? non saprei

venerdì 19 gennaio 2007.
 

di Vincenzo Tiano

Mi trovo a casa ed è la vigilia di Capodanno - un giorno come tanti ma con qualcosa di diverso. Innanzitutto lo stare a casa, per scelta, dopo una cenetta modesta per non tormentare ulteriormente lo stomaco della pesantezza di questi giorni. Questa sera più delle altre c’è la voglia di dire qualcosa. Come per altri a Capodanno c’è la voglia di ballare. Per parte mia, non un argomento ben preciso ma un libero sfogo di pensieri che mi frullano per la testa. Starò davanti allo schermo per quel che basta a scriverne il testo. Ho l’impressione che spesso si finisce per navigare senza meta, perdersi in piazze virtuali, curiosare in forum desolati, disumani ed anonimi. Tanto tempo impiegato in conversazioni elettroniche. Alla fine ti accorgi che ti manca la vicinanza fisica, l’umanità che è rappresentata anche dalla persona in carne ed ossa. Starò lo stretto necessario, non perché abbia a incontrare qualcheduno - per mia sfortuna è impossibile trovare anima viva fuori dai locali dove si balla -, ma perchè ho il semplice desiderio di leggere un libro con le parole impresse sui fogli di carta vera che puoi toccare, piegare, sfogliare con le mani piuttosto che su fogli informatici consultabili con un cursore comandato da un pigro dito. Dicevo, sono a casa a trascorrere un giorno diverso, tranquillo. Ed è il modo migliore per riflettere sulle contraddizioni che ci circondano e finiamo per fare nostre, abituandoci ad esse. Ho ascoltato con piacere il discorso del nostro Presidente della Repubblica: parole molto belle, pronunciate con equilibrio e profondità politica, un po’ retoriche (come è ovvio che sia), incoraggianti, tranquillizzanti, descrittive di una realtà umana perfettibile ma non certo tragica. L’intero discorso insomma una specie di ritrattino della Costituzione ad uso di mio figlio. Principi e valori fondanti il nostro ordinamento repubblicano: solidarietà, lavoro, giustizia, sicurezza, vita. Belle parole il cui significato è spesso disatteso nei nostri giorni, troppo disatteso. Sfogliando un quotidiano della Calabria non si leggono che atti di intimidazione, omicidi, indagati di ogni tipo, politici corrotti, istituzioni delegittimate, centri disumani, disoccupazione dilagante. Si ha l’impressione che quelle parole non siano altro che lettera morta. Penso ad un quartiere un po’ sfigato dove per via del piccolo crimine vite umane vengono spezzate. E ad un quartiere con villette a schiera ben vigilato, intoccabile ed impeccabile. Penso ad un ospedale dove la povera gente patisce una vita meno fortunata di altre, in carenza di servizi, calore e competenza. E a chi come Berlusconi va a farsi curare in America o come Bertinotti in una clinica privata italiana. Penso a tutti i giovani e non calabresi assetati di giustizia. E allo sfacelo politico-istituzionale che giorno dopo giorno si manifesta nella normalità più totale. Penso a tutti i sangiovannesi emigrati nel mondo. E a chi siede in uffici amministrativi, abusando del potere e facendosi beffa dei diritti. Penso a chi soffre per qualsiasi motivo. E a chi si arrovella la mente alla ricerca dell’abito migliore, del posto che tira di più dove poter aspettare l’alba di un nuovo anno che realisticamente sarà uguale al vecchio. Penso alle famiglie che non hanno la corrente elettrica in casa. E alle tante città illuminate all’inverosimile con negozi che scoppiano di luce anche in orari di chiusura. Penso a chi va a sentirsi un concerto in piazza. E a chi domani si accorgerà che l’anno nuovo gli ha portato via una mano o un occhio. Qualcuno di voi mi potrà dire che tutte queste sono banalità. Può darsi anche che lo siano, ma restano cose che non riesco bene a capire. E proprio le cose che non riesco a comprendere sono quelle che mi fanno più paura. Ora vi lascio. Ho voglia di leggere il “Dialogo di un venditore d’almanacchi e di un passeggere”. A quale di cotesti vent’anni vorreste che somigliasse l’anno venturo? Io? non saprei.


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