Vita

Poesia. "Un amore da quattro soldi", di Ermanno Bencivenga, è un libro da leggere subito. Forse l’autore sarà a San Giovanni in Fiore a marzo

sabato 10 febbraio 2007.
 

Ben ci venga. Ce ne fossero come lui. Ermanno Bencivenga continua a sorprenderci e graziarci con un libro bellissimo sull’amore, Un amore da quattro soldi. È una raccolta libera di poesie, nonostante le precisazioni tecniche e le catalogazioni da raffronto del filosofo Giuseppe Varnier, autore della postfazione, che orientano troppo il lettore. Fortunatamente alla fine.

«Il mondo trema di nervosa consapevolezza». «È cominciato un viaggio assurdo per ritrovare le tue tracce». «Tu sei la luce e il buio del mondo». «Non incanterò i demoni con la mia lira». «La philia è un ricordo molesto». «La mediocrità si rischiara/ appare più degna/ di rimanere al mondo». Il volume, sottile, è un compagno di viaggio prezioso. Nel tempo dello scontato e dello squallore, Bencivenga, che è anche e in primo luogo un logico, ci regala sprazzi e passaggi di poesia pura, di cui s’apprezza anzitutto il linguaggio.

C’è, nel verso, sciolto, fuori metrica, un lavoro di lima sapiente. Che non schizza alla vista, a nostro avviso, per non guastare il piacere di leggere d’amore. È strano che una mente rigorosa, abituata all’ordine di precise sequenze, si cimenti nel canto aperto della (sua) ricerca di felicità: questo è l’amore. «Lì avrei dovuto cogliere/ quell’impossibile desiderio/ che avevi di te stessa/ e amarlo con te/ che poi è l’unico modo di amare». Lontani dalla bestemmia, non abbiamo mai letto d’una tensione, come quella di Bencivenga in Un amore da quattro soldi, al completamento di sé nell’altro (sesso). E, di là dalle differenze biologiche e culturali che dividono l’uomo e la donna, con le poesie di questo libro, in cui la passione non è mai rapace né virtuale, l’autore ci aiuta a credere in un sentimento totale per l’amata, o l’amato, a volere. Soprattutto, ci esorta a vivere ogni istante di questo sentimento, che si chiama così solo per comoda semplificazione linguistica.

Credo che Bencivenga riprenderà questo punto fondamentale del suo lavoro in La logica dell’amore, annunciato saggio sulla materia, probabilmente complementare.

Ad essere onesti, la spinta dell’autore verso l’amata e l’amore ci riporta a Catullo, non tanto sul piano dell’effetto ai sensi quanto, invece, sul piano del coinvolgimento integrale dell’animo. «Poi è arrivato il calore/ impietoso/ candido/ della tua presenza/ ogni discorso si è riaperto».

E, poi, stupendi attacchi descrittivi: «Il tuo corpo si tende/ vibra nell’aria perplessa e insonne/ i suoi accordi/ riempiono il cosmo/ lo fanno pulsare inquieto».

Le parole (d’amore) di Bencivenga attraversano il tempo e riempiono lo spazio: «Un giorno qualunque/ senza nessun motivo/ la tua presenza mi è stata negata». «È cominciato un viaggio assurdo per ritrovare le tue tracce».

Questo stesso viaggio è in grado di compierlo ognuno di noi, dissociandosi dal piatto quotidiano, dal fisiologico, dall’incosciente incedere? «Hai anche tu il tuo re di carta», chioserebbe lo scrittore Giampaolo Spinato. Vagando con le pagine di Bencivenga, siamo arrivati lontani, lontanissimi, al punto da perderci per mesi, da non riuscire a trovare la via del ritorno, col sospetto che non ci fosse mai stata.

Sempre prossimi a scriverne, abbiamo modestamente realizzato che, nonostante le suggestioni e i richiami a versi altrui scanditi o vestiti, di cui avremmo detto, non c’è altro da fare se non lasciarsi trasportare dalla corrente nuova e antica che tutto il libro di Bencivenga origina.

In primo luogo, l’autore ci invita ad amare. E amare è sempre un essere turbato, un seguire la perturbazione, un cercare approdi e orizzonti, uno sperimentare, un patire.

Molto tempo fa, s’era ragazzini, avevamo colto di sguincio una certa concezione dell’amore dell’autore. Avevamo riletto, come d’abitudine innanzi a un testo, le note iniziali del suo Platone amico mio.

C’erano riferimenti al suo privato e, assieme, una bellissima dimostrazione d’amore di cui qui non scrivo. La storia di Ermanno Bencivenga è quella d’un uomo, non comune, che vive fra due mondi diversi, che passa l’Atlantico spesso e tenta di conciliare la profondità di sguardo d’una sponda con la praticità d’azione dell’altra.

Ciò che più sorprende di questo filosofo e poeta è la capacità di tenere assieme, con la saggezza degli universali, elementi del«l’un lito e l’altro». Anche alcune divergenze continentali, ad esempio, a cui allude la scrittrice Anna Paletta Zurzolo in Pane, vino e angeli, edito da Rubbettino.

La doppia lingua di Bencivenga, inglese e italiano, la doppia matrice culturale, la doppia ubicazione geografica, americana ed europea, sono certamente destinazioni d’un suo continuo viavai, che si coglie anche nel libro. In cui l’amore è su tutto, come principio, causa, mezzo, approdo. «Arriveremo gradatamente a casa/ ma non perché avremo camminato a lungo/ verso una meta/ in realtà non ci saremo mai mossi».

Emiliano Morrone

E. BENCIVENGA, Un amore da quattro soldi, Nino Aragno Editore, 13 euro.


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