La Chiesa di Pascal che piace a noi laici
di EUGENIO SCALFARI *
LA QUESTIONE è diventata talmente chiara che la stessa Chiesa italiana ha smesso di negarne l’esistenza: esiste uno scontro aperto tra la Conferenza episcopale (cioè il maggior organo pastorale e politico dei cattolici) e lo Stato italiano, la rappresentanza parlamentare, i vari partiti e associazioni democratiche.
Due concezioni si contrastano, due culture ciascuna delle quali deve moltissimo all’altra, si contrappongono e non soltanto sui modi per raggiungere un obiettivo comune, ma sulle finalità stesse che vengono proposte. Gli ultimi due papi scavalcando a piedi pari gran parte delle conclusioni e dello spirito del Vaticano II e di fatto cancellando i due pontificati precedenti, quello di Giovanni XXIII e quello di Paolo VI, hanno fatto dell’accusa di liberalismo e di relativismo un tema centrale e l’hanno usato sistematicamente per sconfessare di fatto l’intero valore della modernità, dal Rinascimento alla libera ricerca, dalla scienza sperimentale allo stoicismo di Montaigne, al "Discorso sul metodo" di Cartesio, all’"Etica" di Spinoza, all’Illuminismo, alla "Critica della ragion pura" di Kant e infine ai più recenti svolgimenti del pensiero filosofico derivanti da Schopenhauer e da Nietzsche e agli esiti scientifici di Freud, di Einstein e della fisica quantistica.
Tutto questo immenso deposito di pensiero e di sapere è impregnato di relativismo nelle sue diverse varianti metodiche conoscitive ed etiche e tutto, preso nel suo insieme, si è proposto di spodestare la metafisica dal vertice del pensiero filosofico dove si era insediata a partire da Platone. Se dunque Giovanni Paolo II e Benedetto XVI, pur dotati di diversa portanza e di diverso linguaggio, hanno deciso di eleggere come nemico numero uno della cattolicità il relativismo e l’Illuminismo e lo hanno ripetuto in gran parte delle loro pubbliche allocuzioni e delle più solenni encicliche; e se Ratzinger appena insediato sulla cattedra petrina, nella sua prolusione all’università di Ratisbona ebbe nei confronti del fondamentalismo islamico accenti addirittura meno severi di quelli riservati al pensiero moderno dell’Occidente, non è purtroppo lontano dal vero parlare oggi d’uno scontro in atto tra cattolicesimo e modernità. La Chiesa lo nega tenacemente.
E come potrebbe ammetterlo, visto che la sua missione è quella di stare tra la gente, ascoltarne i dolori e le richieste, darle un progetto di sicurezza e di salvezza senza mai separarsi dai diversi e dai peccatori? La Chiesa tiene ben ferma questa sua missione perché essa costituisce il fondamento del messaggio evangelico e della predicazione del Cristo e dei suoi apostoli. Ma la contraddice tutte le volte in cui fa passare questa missione in seconda fila di fronte ad altre incombenze che ritiene più urgenti per l’affermazione del suo potere.
In realtà nella Chiesa cattolica ci sono due anime. Una è quella dell’Evangelo, dell’amore, della misericordia, della povertà; l’altra è quello del potere, della politica, dell’"imperium". La prima spesso è perseguitata, sofferente e tuttavia portatrice di salvezza nel regno futuro delle Beatitudini; la seconda si sente forte e fonte unica e legittima d’investitura: investitura di verità e insieme di potere terreno.
Nella Chiesa cattolica questa divisione tra le due anime è stata particolarmente visibile per la struttura stessa della sua organizzazione centrata su un unico personaggio che la rappresenta interamente per il fatto stesso di rappresentare il Cristo incarnato e portare con ciò la presenza del Redentore. Nelle altre chiese cristiane questa unità di comando non esiste e neppure esiste nelle altre religioni monoteistiche: nell’Islam e nell’ebraismo. Probabilmente questa duplicità del cattolicesimo questa sua doppia anima riunificata in una persona è stato uno degli elementi che ne ha esaltato la dinamica e la capacità di comprendere e di aderire ai mutamenti della società.
Per capire a fondo le persone, individui e comunità, bisogna avere l’attitudine e l’attrezzatura psicologica per commerciare anche con gli interessi oltre che con i principi le convinzioni e i dogmi. La Chiesa cattolica è stata la sola ad avere questa vocazione e i frutti positivi ne sono stati copiosi per lei e per le popolazioni che ne hanno seguito il messaggio e gli incitamenti.
Ma non è certo un caso se in anni più recenti la sua influenza si è ristretta nel mondo occidentale ed è diventata assai più ampia in Africa e in America Latina. Questo movimento di sgonfiamento e rigonfiamento ha proceduto di pari passo con la secolarizzazione della società moderna l’affermarsi del concetto di laicità nelle nazioni dell’Europa e del nord America. La vocazione missionaria nel senso più ampio del termine della Chiesa cattolica ha finalmente sfondato in quei paesi ancora immersi nella povertà e in mitologie tribali che la Chiesa ha avuto la capacità di trasferire nel messaggio cristiano come del resto già aveva fatto nel momento della evangelizzazione dei popoli germanici alla caduta dell’Impero Romano.
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Il nemico è insomma il relativismo, la rivendicazione dell’autonomia di ciascuno, la ricerca sperimentale della verità che non esclude neppure l’inesistenza di un’unica verità assoluta. E di conseguenza l’abbandono della trascendenza, antico rifugio contro l’insicurezza del vivere e ultima istanza del giudizio finale tra buoni e cattivi, tra bene e male.
Il pensiero laico è stato lungamente silente su questa diabolizzazione cui la Chiesa l’ha sottoposto. Parlo del pensiero laico e non di quello anticlericale che ne rappresenta una caricatura.
Il pensiero laico non ha mai escluso (e come potrebbe?) il mistero, l’Increato, la necessità di dare un senso al nostro vivere. Si è sempre posto con estrema serietà i problemi della vita e della morte. Non ha mai confuso il complesso delle sue idee e delle sue convinzioni con la secolarizzazione consumista che è fenomeno diverso e per molti aspetti deteriore. Per di più il pensiero laico, anzi il mondo laico, non ha una struttura di potere, non ha associazioni proprie che lo rappresentino, non parla "ex cathedra". Predica libertà, democrazia, tolleranza. Perciò non ha alcuna responsabilità nello scontro che si è determinato con la Chiesa se non per il fatto di opporsi alle pretese ecclesiastiche di voler imporre ad una comunità dove convivono pacificamente cattolici, laici e fedeli di altre religioni, istituti che vietino l’esercizio e il riconoscimento dei diritti. Diritti di minoranze, certo, e proprio per questo ancor più sacri e degni di riconoscimento e tutela.
Ieri si è svolta a Roma una manifestazione in favore del progetto di legge sulle convivenze di fatto, sia eterosessuali sia omosessuali sia affettive tra amici e parenti lontani. Come tutte le proposte, anche queste possono essere migliorate ma non certo abolite. Questa sarebbe infatti una prevaricazione contro una minoranza del tutto inaccettabile per ogni democratico responsabile. Proprio per questo il documento dei sessanta parlamentari cattolici della Margherita in difesa della propria autonomia rispetto alle ingiunzioni dei Vescovi sul voto per le convivenze di fatto ha rappresentato un evento positivo e - senza esagerazione - storico. Non accadeva da mezzo secolo che il laicato cattolico politicamente impegnato prendesse una posizione di questo genere. L’episodio di De Gasperi, quando bocciò la lista clerico-fascista nelle elezioni comunali di Roma, proposta da Sturzo e caldeggiata da papa Pacelli, fu un atto di grande importanza che aveva però come autore un presidente del Consiglio capo e fondatore della Dc. Nel caso dei "sessanta" si è trattato di deputati e senatori per lo più sconosciuti e tuttavia fieri dell’autonomia del loro rango costituzionale e del loro impegno politico.
Gli avversari dei patti sulle convivenze di fatto cercano di dimostrare che quei diritti sono in gran parte già riconosciuti dal codice civile e che quindi una legge in proposito è del tutto inutile. Se la si vuole, la si vuole per dare riconoscimento pubblico a quei diritti e a quelle coppie. L’obiezione è in parte inesistente e in parte sbagliata. Inesistente perché la quasi totalità dei diritti in questione deve essere affermata "erga omnes" cioè nei confronti dei terzi, senza di che quel diritto è di fatto inesistente. Sbagliata perché il riconoscimento pubblico di una situazione è un atto fondamentale che attiene alla dignità delle persone ed alla loro riconoscibilità.
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Qualche giorno fa si è svolto nel salotto televisivo di Giuliano Ferrara un dibattito di spessore su questo tema. L’ho seguito con interesse; ho apprezzato la prudenza e anche il garbo con il quale ha sostenuto le ragioni della Chiesa il cardinale Barragan, le efficaci stimolazioni del conduttore il quale, per antica vocazione, vorrebbe che i suoi invitati preferiti facessero a pezzi gli avversari e che il suo manicheismo fosse fatto proprio da tutti i partecipanti non concependo lui, nella vita pubblica, altra modalità per regolare i conti tra opposte convinzioni, interessi, poteri. Ma ho soprattutto apprezzato l’intervento finale di Rosy Bindi, coautrice con il ministro Barbara Pollastrini del disegno di legge sulle convivenze di fatto ormai da tempo presentato in Parlamento. Sul tema specifico si era già detto tutto e del resto esiste un testo legislativo che non abbisogna di ulteriori spiegazioni. Di che cosa dunque doveva parlare la Bindi a chiusura di quel dibattito? Ha parlato di cristianesimo. Ha detto tre cose che mi hanno molto colpito e che voglio qui riportare con la massima chiarezza così come mi sono arrivate.
Vorrei che la religione si occupasse soprattutto di Dio e di Cristo.
Vorrei una Chiesa pastorale che non solo vivesse tra la gente ma tra i diversi, tra quelli che non la pensano come noi, che noi consideriamo peccatori, ma che sono pur sempre uomini e donne come noi. In loro dobbiamo percepire esaltare aiutare la scintilla divina che anch’essi possiedono al pari di noi. Che cos’altro il Cristo ci esorta a fare? Ma è questo che stiamo facendo?
Tanti uccelli si posano la notte sui rami degli alberi e ne ripartono al mattino. A volte ritornano, altre volte non più. Ma l’albero che li ha ospitati ha comunque dato e ricevuto da ciascuno di essi qualche cosa, qualche insegnamento e comunque la presenza di una vita.
Non so se questa conclusione d’un dibattito che si annunciava ed è stato polemico sia piaciuta al suo turgido conduttore. A me, laico non credente, è piaciuta molto. A me piace la Chiesa di Francesco e anche quella di Agostino, quella di Bernardo, quella di Duns Scoto. Mi piace quella di Pascal e quella di Maritain. Mi piace quella del cardinale Martini. Mentirei se dicessi che mi piace quella di Camillo Ruini. Politicamente sarebbe forse stato un papa migliore di Ratzinger. Ma la Chiesa ha bisogno di un politico sulla sedia di Pietro?
Se è questo di cui ha bisogno, allora è perduta.
Dura critica dell’Osservatore romano alla manifestazione di sabato nella capitale. "Una proposta ideata soprattutto per legalizzare le coppie omosessuali"
Il Vaticano sui Dico: una carnevalata bambini sfruttati per la causa gay *
ROMA - Una carnevalata, per di più isterica, i cui autori sono persone irrispettose. Questa l’opinione dell’Osservatore romano sulla manifestazione romana di sabato sui Dico. Una "esibizione carnascialesca della vera natura dei Dico", questo "il corteo di Roma a favore del riconoscimento legale delle coppie omosessuali. Una manifestazione nella quale - commenta il giornale vaticano - al di là dell’immagine borghese e rassicurante che si voleva dare, hanno trovato posto discutibili mascherate e carnascialate varie. Ironie e isteriche esibizioni da parte di chi invoca riconoscimenti e non esprime rispetto".
Nell’articolo, l’Osservatore rileva che "erano in molti, fra l’altro, i manifestanti omosessuali che recavano sulle spalle o per mano, dei bambini, frutto di precedenti relazioni o anche di fecondazioni praticate all’estero. Bambini - scrive il quotidiano del Papa - la cui presenza è stata sfruttata proprio allo scopo di accreditare l’immagine, che vorrebbe essere rassicurante, di una famiglia da tutelare. Almeno quando è nato, ogni bambino - ricorda la nota - gode, anche nell’ordinamento italiano, di diritti che gli vengono riconosciuti comunque, in ogni condizione si trovino i loro genitori. Anche per questo, sfruttare la loro ingenuità appare un’operazione particolarmente criticabile".
Secondo l’Osservatore, quanto è accaduto sabato a Roma è allora "ancora una volta, la prova evidente di quale sia la finalità di chi si batte per il riconoscimento legale delle coppie omosessuali, essendo la presenza di minori determinante per garantire ad un nucleo famigliare particolari diritti. Non è un caso - conclude la nota vaticana - che nelle immagini trasmesse sul corteo di sabato a parlare siano state quasi esclusivamente le coppie omosessuali, la categoria per la quale, al di là di ogni tattica politica, i recenti tentativi di regolamentazione sono concepiti".
* la Repubblica, 12 marzo 2007
-Che idea si é fatto della bagarre politico-mediatica sul "caso Dico", che si é immediatamente afflosciato dopo la crisi del Governo Prodi?
-E’ vero, come hanno scritto e detto in molti, che dal Risorgimento in poi non c’é stato momento di frizione più acuto fra Stato e Chiesa in Italia?
-Anche a Lei sembra che il mondo laicista italiano non aspettasse altro per rimettere in discussione i Patti lateranensi, ad appena 23 anni dalla sua revisione concordata fra le parti, e dopo la sconfitta subita con il referendum sulla procreazione assistita?
Non pretendo mai, ovviamente, che tutti i credenti siano d’accordo con me, ma devo dire che non ho alcuna intenzione di partecipare a crociate su simili temi. E non perché non ne veda l’importanza. Ma perché vedo anche l’effetto che provocano su tanti non credenti queste battaglie su temi morali. L’etica cristiana, e cattolica in particolare, è sempre più incomprensibile al di fuori di una prospettiva di fede. Non nego, certo, l’esistenza di una “morale naturale“, ma essa è sepolta e forse ormai irriconoscibile per molti sotto l’ammasso di punti di vista divenuti ora egemoni ma accumulati sin dal secolo dell’Illuminismo. Ricordo bene il primo referendum abrogativo, quello sul divorzio: il comitato promotore si propose di restare sul piano razionale, appunto di “morale naturale“, senza fare discorsi religiosi. Il risultato fu quello che sappiamo. E questo già più di trent’anni fa. Lo stesso avvenne per l’aborto. E la debacle sarà certa se si andrà a referendum su eutanasia, dico e così via. Non mi sono affatto illuso per quanto successo con il referendum sulla procreazione assistita : da decenni i referendum falliscono per l’assenteismo degli elettori, mi pare che questo sia stato l’ennesimo caso del genere. Per il pensiero dominante tra la gente, per la quale la fede è ormai un oggetto sconosciuto, l’insegnamento morale della Chiesa appare non solo retrogrado ma anche fastidioso. Invece che rispetto provoca dispetto, avversione, rivolta, invettive contro “i preti che vogliono mettere il naso“. Soprattutto in camera da letto.
Sono convinto che, noi cristiani, dovremmo deciderci a riscoprire la vocazione che ci ha indicato Gesù stesso: piccolo gregge, granello di senape, sale, lievito. Abbandonando le nostalgie di una cristianità da tempo perduta e che, forse, non merita poi tanti rimpianti. Abbiamo il diritto-dovere di dire la nostra, la Chiesa deve ricordare che non si può pretendere il suo plauso quando non può concederlo, dobbiamo ricordare che se hanno uno statuto perfino le bocciofile, la Chiesa è aperta a tutti ma ha le sue regole che occorre rispettare se si pretende di definirsi “cattolici“. Tutto qui, riannunciando il kérygma ma non dimenticando mai la logica della parabola del seminatore che non può pretendere che la semente cada sempre su terra feconda.
-Dopo che Benedetto XVI aveva detto che in questo momento la Chiesa é oggetto di un’offensiva da parte di potenti lobbies internazionali, Lei ne ha fatto un sintetico elenco in un’intervista a "La Stampa". Vuole precisare meglio per i lettori de "Il Nostro tempo"?
Nell’intervista a La Stampa ricordavo l’ovvio. Non ho tentazioni complottarde ma è evidente che la prospettiva morale della Chiesa è avversata da lobbies potenti. Ne ricordavo alcune: l’OMS, l’Organizazione Mondiale della Sanità, certi (non tutti, pare) settori della massoneria, soprattutto di scuola francese e spagnola; molte potenti organizzazioni ecologiste che giudicano micidiale per l’ambiente il messaggio biblico e vorrebbero ritornare al paganesimo della “dea Gaia“; molte delle forze politiche che a Bruxelles stanno sotto la sigla del PSE, il Partito Socialista Europeo e di cui Zapatero è un simbolo caricaturale; l’onnipotente Big Pharma, cioè le multinazionali farmaceutiche che hanno miniere d’oro negli anticoncezionali, nei preservativi etc; le minacciose organizzazioni, soprattutto americane, degli omosessuali... L’elenco potrebbe continuare. Ma aggiungevo però, in quella intervista, che l’avere potenti, spesso rabbiosi, antagonisti non è certo una novità per la Catholica. Li ha sempre avuti, anche se i volti e i nomi sono stati diversi. E per fortuna: quando un cristiano parla e tutti gli danno ragione, lo stimano, lo onorano, lo invitano, deve subito chiedersi in che cosa ha sbagliato. Il vangelo necessariamente divide. Solo il buonismo sentimentale, il politicamente corretto ipocrita, il volemose bbene pasticcione sembrano unire. Ma proprio in questo sta la loro condanna, la loro distanza dalla prospettiva di Colui che "non è venuto a portare la pace ma la divisione".
-Ai lettori dei Suoi libri non é certamente sfuggito un Suo pensiero di fondo: che la Chiesa non sia tanto vittima di poteri terreni, ma di un lento, continuo affievolimento della fede dei cristiani, conseguenza non tanto della secolarizzazione quanto dello smarrimento dei fondamenti di quella fede. Non per niente Lei scrive di Gesù, della Madonna, dei santi...Secondo lei é utile e opportuno che la Chiesa scelga oggi soprattutto i temi cosiddetti "eticamente sensibili" (matrimonio, divorzio, aborto, eutanasia...) per riportare all’attenzione degli uomini di oggi il Vangelo? E in generale, é possibile ricavare sempre norme morali imprescrittibili dal Vangelo?
Ma sì, da sempre ripeto, a chi vuole sentire, che rischiamo di perdere la doverosa gerarchia: prima la fede, poi la morale. L’etica non è altro che una naturale conseguenza dell’accettazione della verità del vangelo. Come dicevo prima , se vogliamo annunciare le “esigenze“ di Gesù prima di Gesù stesso non solo non siamo capiti ma ci si rivoltano contro. La crisi della Chiesa non è di strutture, di organizzazione, neanche di cultura: è crisi dei fondamenti, è crisi della fede stessa. Quella che oggi constatiamo è una costante, una sorta di legge implacabile: all’affievolirsi della fede corrisponde sempre un polarizzarsi dell’interesse per la morale. Guardi tanta stampa “cattolica“: è divenuta irrilevante, tediosa, inutile perchè dal moralismo sessuale di un tempo è passata al moralismo socio-politico. Doveri, ammonimenti, fervorini senza però citare mai la Fonte di queste esigenze. Diffidare di chi “fa le prediche“, eticamente corrette, ma non ti parla di Gesù. Se questi non è ciò che il Credo confessa, perchè dovrei seguirne i comandamenti, spesso umanamente così gravosi?
-Lei non ha mai dimostrato molto interesse per la politica corrente. Ma non Le dice nulla il fatto che molti commentatori abbiano attribuito lo scivolone del Governo Prodi al Senato e la conseguente crisi a pressioni congiunte di tre lobbies a loro volta potentissime, la Casa Bianca, la Chiesa e gli Industriali
Vengo da una laurea a pieni voti in Scienze Politiche, prima di scoprire il Vangelo la politica era il mio habitat, ho in proposito le mie idee ben precise e penso di poterle anche motivare in modo articolato e fondato. Se, dopo la “conversione“ mi sono sempre imposto di non parlare di politica e perchè se ne parla troppo. Taccio per non favorire il programma illuminista: sostituire, cioè, il discorso religioso con quello politico; polarizzare l’attenzione sulle “cose di quaggiù“ per fare dimenticare le “cose di lassù“. Ma taccio anche perchè sono consapevole che qui non ci sono dogmi, che dalla fede è possibile fare derivare scelte e prospettive diverse, in campo socio-politico. Non solo non mi indigna ma mi conforta che, tra credenti, ci sia accapigli sul sagrato: ciò che mi importa è che, entrati in chiesa, ci riconosciamo fratelli in ciò che importa, recitando con convinzione lo stesso Credo.
Detto questo, non so che dire sulla ipotesi di un “complotto“ per fare le scarpe a Prodi. Mi pare che le cause della sua caduta non necessitino di dietrologie, siano evidenti nella eterogeneità di una di quelle innaturali coalizioni cui ci costringe il sistema bipolare. Avere accettato questo bipolarismo è una delle tante stupide, provinciali, dannose scimiottature di quanto è “americano“ e, dunque, sembra a troppi il massimo della modernità. Gli anglosassoni si adeguano alla logica del protestantesimo che è l’aut-aut. Logica del cattolicesimo è invece l’et-et, anche in politica. Per noi, il giusto sistema non è la camicia di forza dell’ “aut destra” “aut sinistra” ma il vecchio, saggio sistema democristiano dei tempi migliori, purchè completato: dunque, un proporzionale, per garantire il pluralismo fisiologico, con sbarramento (possibilmente alto, al 5 per cento) e, inoltre, premio di maggioranza per assicurare la governabilità. Insomma, proprio ciò che proponeva la cosiddetta “legge truffa“ di De Gasperi che non passò per l’isterica reazione comunista e che, invece, ci avrebbe risparmiato tanti guai. Anche di oggi.
Il Nostro tempo, 3 marzo 2007. di Beppe Del Colle (intervista a Vittorio Messori)