Fuochi nella notte di San Giovanni

Chiusa la caserma dei Vigili del Fuoco

Nessuna protesta, tutto è bene quel che finisce male
lunedì 10 gennaio 2005.
 
Timido ed isolato, si mostra da pochi giorni un manifesto color sfiga, sui muri muti della città silana. Silente. A San Giovanni in Fiore c’è attenzione per gli affissi, rara. Spesso si guarda la morte; la vita, dunque. È abitudine curiosare od informarsi sui defunti, i funerali, l’età. C’è tanto, in questo mondo. Di contro, lo scritto in questione, rosa per l’esattezza, condito di parole un po’ retró, fra il risorgimentale e l’amministrativo degli anni Settanta, nessuno l’ha letto con giudizio. In fondo, alla fine, c’è un invito a tutti. Sembra dire: “Uniamoci e stiamo uniti, per il bene comune”. Viene dai Vigili del fuoco volontari, è la loro uscita pubblica. Da poco hanno lasciato, perché ci hanno rimesso. Soprattutto soldi; di tasca propria, a sentirli. La classe politica non li ha considerati sul serio. Nessuno ha reagito alla chiusura della loro sede operativa. E una reazione doveva esserci. “In campagna elettorale - raccontano i giovani volontari - ci furono promesse da parte degli attuali vertici politici”. “All’inaugurazione della sede - riferiscono - il sindaco Succurro venne con grandi propositi, con grandi discorsi e col bisogno di consensi. Come l’onorevole Mario Oliverio”. L’amministrazione comunale aveva assicurato una cifra per la loro attività. È accaduto, poi, qualcosa di anomalo, che non si comprende di là dalle posizioni delle parti in causa. “Serrande abbassate, pioggia sulle insegne delle notti andate”. A casa, luce spenta. Oggi questi ragazzi provano un appello, con un manifesto pubblico. Il sindaco Succurro ha già risposto: “Per la gestione dei locali il Comune ha speso oltre cento milioni all’anno [...] . Mentre erano in servizio i volontari centinaia erano gli incendi, da quando hanno cessato non si è registrato più un solo incendio nel territorio sangiovannese. Che qualcuno avesse interesse ad appiccare il fuoco?”. La dichiarazione è tratta da un articolo di Francesco Oliverio, pubblicato dal quotidiano La provincia cosentina, nel numero del 5 ottobre scorso. Non si sa in quale circostanza ufficiale sia stata rilasciata. Le parole di Succurro non sono un blando boccone pizzichino. Sono pesantissime, l’ennesimo autogol, per una ragione molto semplice. Chi legge individua negli ex volontari i responsabili degli incendi; centinaia secondo il sindaco. Dunque, la Sila dovrebbe essere un deserto. È stranissimo, poi, pensare che un pompiere dia fuoco al bosco per spengerlo dopo. Succurro lascia credere questo, aggiungendo l’interesse personale. E lascia immaginare di saperlo bene, di esserne certo, insomma. Perché non ha agito, allora? È vero o è solo un’accusa? Sarebbe, nella seconda ipotesi, una caduta verticale sul piano umano, morale, politico, intellettuale. Comunque, a questo punto il sindaco deve spiegare come stanno davvero i fatti. Non può tirarsi indietro o cambiare argomento. Che nel cuore della Sila non ci siano i pompieri è l’ennesimo assurdo di un’assurda e sorda città. Sordida per certe logiche, l’indifferenza, la meschinità, la falsità. Ci possono essere, diciamo, i fuoriclasse del pettegolezzo, quelli che girano i pollici, i Budda da bar, i passeggiatori stipendiati, i consiglieri consumati; può mancare l’acqua anche se piove per tre mesi, l’aria può essere assolutamente irrespirabile. Possono chiudere tutti gli uffici, fino a dover andare in Siberia per pratiche ed annessi. Tutto ammesso, financo che ci sia nessuno in caso d’incendio, fuga di gas e altro. La città non può tacere; la gente non può fottersene. Come non considerare la necessità di passare con la Provincia di Crotone? San Giovanni deve avere i vigili del fuoco, punto. E, se fossimo con Crotone, ce li avremmo; come tutti gli uffici adesso chiusi, morti. Intanto, continuiamo ad aspettare Godot. Sui vigili, la gratuità del volontariato è il nodo chiave, a mio avviso, della faccenda. Ora il sindaco deve chiarire in pubblico qual è stato il suo atteggiamento. Deve chiarire se col distaccamento provinciale dei vigili ha fatto o non ha fatto campagna elettorale, campagna politica. A meno che non si voglia dimenticare tutto e passare ad altro. La condotta della sua squadra, non si può negare, ha generato la convinzione che ci sono diritti senza doveri; che si può ricevere senza dare, anche considerando che agli assistiti non è stata affidata alcuna responsabilità lavorativa. Giusto e inevitabile, secondo il sindaco. L’uomo si realizza nel lavoro e con il lavoro. Questo concetto filosofico è stato dimenticato. Bisogna pretendere i vigili. Bisogna capire come è andata la storia dei giovani volontari. Per certo svolgevano bene un servizio utile. Anzi, indispensabile.

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