Il coraggioso appello del Presidente degli industriali calabresi Pippo Callipo rivolto al Presidente della Repubblica Ciampi perché lo stato Italiano decida, una volta per tutte, di affermare con atti concreti, e se necessario, anche con l’intervento dell’Esercito, la propria autorità ed il rispetto della legalità nella nostra regione, non può rimanere senza risposta ed anzi deve rappresentare una grande scintilla per tutta la società civile calabrese che non vuole rassegnarsi a consegnare le chiavi di questa splendida regione al potere brutale della n’drangheta e dei poteri occulti presenti sul nostro territorio. Lo Stato centrale, da un lato, deve quindi definitivamente capire che non possono coesistere su un territorio come quello calabrese, cosi come su quello di altre regioni meridionali, due differenti autorità, due differenti modi d’intendere lo Stato ed il rispetto della legge, pena la stessa credibilità ed integrità dello Stato medesimo. Dall’altro lato, quello della nostra Calabria, è il momento di rompere gli indugi e di capire che l’unica strada per liberare la nostra regione dalla zavorra criminale è quella indicata proprio da Callipo, ossia la consapevolezza che il rispetto della legalità rappresenta il punto di partenza per un vero sviluppo economico ed un rilancio definitivo di questa regione cosi come di tutto il Sud. Occorre che tutti i calabresi abbiano la forte consapevolezza che liberarsi della zavorra mafiosa rappresentata dalla crudele forza omicida, dalle intimidazioni, dall’omertà, da un sistema bancario-creditizio inquinato che favorisce i fenomeni dell’usura, da finti rappresentanti delle istituzioni e uomini politici collusi che operano in modo sottile e invisibile , significa liberare il territorio calabrese da tutti quegli ostacoli che impediscono alle vere energie e alle tante risorse presenti nella nostra terra di venir fuori, dimostrando la grande ricchezza ed il grande valore di questa terra cosi da restituirle, vista la sua strategica posizione geografica di ponte sul mediterraneo,la giusta considerazione sia in ambito nazionale che internazionale. Ebbene , questa consapevolezza unita al coraggio ed alla ferma determinazione di tutta la società civile calabrese, di resistere agli attacchi dell’organizzazione criminale mafiosa possono davvero annientare quest’ultima e farle perdere quel controllo che sin ora ha esercitato ed ancora, purtroppo, continua ad esercitare incontrastato sulla nostra regione. Di qui l’assoluta necessità della mobilitazione generale di tutta la parte sana della società civile calabrese, che di sicuro è la stragrande maggioranza di questa regione, al fine di creare una rete sempre più estesa e compatta di cittadini, studenti, associazioni, movimenti, comitati, organizzazioni sindacali, mondo universitario, che unita, porti avanti questo nuovo atteggiamento culturale, che non arretri dinanzi alla minaccia della forza criminale, sostenendo con tutte le forze l’azione di amministratori locali e rappresentanti dello Stato che cercano di svolgere onestamente il proprio dovere. Un punto di partenza di questa mobilitazione generale delle forze della società civile, può essere di sicuro rappresentato dalla straordinaria manifestazione contro la n’drangheta ed i poteri criminali , svoltasi a Lamezia Terme il 21 maggio scorso, che ha visto la straordinaria partecipazione di migliaia di calabresi che hanno deciso di cominciare a ribellarsi sul serio nei confronti di questa opprimente cappa mafiosa. In questo senso, l’appello coraggioso e drammatico di Callipo e di altri onesti e coraggiosi imprenditori calabresi deve essere accolto e rilanciato a gran voce da tutte le forze sane di questa terra. Occorre capire una volta per tutte, che quella che si sta giocando è una partita finale dove a soccombere non sarà l’isolato e coraggioso imprenditore o rappresentante delle istituzioni di turno, bensi tutto il popolo calabrese che dopo decenni di deleghe in bianco concesse ad un sistema politico-mafioso che ha condotto questa regione sull’orlo della bancarotta etica, morale ed economica, con grandi porzioni di territorio controllate più dalla n’drangheta che dallo Stato, rischia di perdere quei diritti fondamentali quali la libertà di muoversi ed operare nel proprio territorio, il diritto ad un lavoro dignitoso ed onesto e di tutti quei valori supremi che se pur affermati dalla nostra Carta Costituzionale, per noi calabresi sembrano soltanto delle vuote enunciazioni. Per queste e tante altre ragioni, ci vuole coraggio, coraggio ed ancora tanto coraggio affinché i tanti Callipo sparsi isolatamente in questa terra si uniscano per contribuire alla riscossa della nostra Calabria!
Associazione Gens di Cosenza
Generazione europea nuovo Sud
DIMISSIONI CALLIPO/ La sconfitta di Zingaretti preoccupa anche la Santelli
Dopo 5 mesi l’imprenditore antimafia Filippo Callipo si è dimesso da consigliere regionale della Calabria. Un addio che non ha scalfito la politica locale
di Emiliano Morrone (il Sussidiario, 01.07.2020)
L’imprenditore antimafia Filippo Callipo si è dimesso da consigliere regionale della Calabria. A cinque mesi dall’elezione, “non ci sono le condizioni - ha spiegato, lamentando abusi in Consiglio regionale - per portare avanti concretamente l’importante mandato conferitomi”. Il riferimento è alla recente approvazione - con successivo annullamento - del vitalizio per tutti i consiglieri regionali calabresi, anche quelli decaduti dopo pochi giorni.
Callipo aveva già detto d’essere stato gabbato, d’aver subìto il blitz con cui in “tre minuti”, crisi economica ineunte, il Consiglio regionale aveva preparato codesto “tiro mancino”, presentandolo come provvedimento privo di nuovi o maggiori oneri. E, assicurano fonti confidenziali, Callipo aveva pensato di denunciare quel “falso” all’autorità giudiziaria, prima di finire in un terribile tritacarne mediatico: dagli insulti d’ufficio su Facebook all’accusa di tirchieria rivoltagli dal presentatore di una tv locale, sino a quella di appartenere al “Partito della torta”, mossagli da Carlo Tansi, come lui ex candidato presidente della Regione Calabria.
L’addio del leader dell’opposizione consiliare non ha scalfito la politica calabrese, rimasta muta nel primo Consiglio regionale successivo. Per la cronaca, i parlamentari del Movimento 5 Stelle Francesco Sapia, Bianca Laura Granato e Giuseppe d’Ippolito hanno osservato che la vicenda si è consumata mentre l’indagata Domenica Catalfamo - secondo Il Fatto Quotidiano perfino con l’ipotesi di concorso esterno - ha scelto di mantenere la carica di assessore della giunta regionale guidata da Jole Santelli (Forza Italia). Invece il commissario del Pd calabrese, Stefano Graziano, ha chiesto a Callipo di ripensarci e, per quanto inutile, ai consiglieri dem di non votarne le dimissioni.
Finisce così l’esperienza del “Re del tonno” nel Consiglio regionale della Calabria: nessuna analisi dal palazzo, poca solidarietà politica, non un ragionamento sul futuro e, sullo sfondo, solo i brutti rimbrotti della rete, che tende a catalogare gli eletti sotto la specie post-moderna della “casta”.
La breve parentesi di Callipo sa di sconfitta clamorosa per il segretario del Pd, Nicola Zingaretti. Essa termina senza brindisi ed enfasi della controparte: con il più classico dei silenzi, che in Calabria non ha alcun legame con il tatticismo andreottiano e talvolta prelude, di contro, a un sommovimento delle acque, al timore di un cambio venturo di assetti ed equilibri, se non alla paura di nuove elezioni.
Questa storia si esaurisce all’anti-vigilia del maxi processo Rinascita Scott, in cui tra gli altri sono imputati faccendieri, già parlamentari e un ex vicepresidente della Regione Calabria. Se non bastasse, a conferma della pericolosità - per le cosche - del procuratore Nicola Gratteri, nel contempo arriva la notizia di un piano mafioso per ammazzare il magistrato.
Davanti alle dimissioni di Callipo, tra i portabandiera della legalità in Calabria, e alla possibile recrudescenza delle organizzazioni criminali, la politica locale è ferma: non guarda, non discute, non progetta, non fiata, vive di attese beckettiane. Né si interroga su che cosa da qui a fine anno accadrà nella regione dell’utopia e della speranza gioachimita, che ha il reddito pro capite più basso d’Italia, la sanità più disastrata del Paese, una burocrazia mostruosa, i servizi essenziali al lumicino, l’emigrazione in crescita e le idee di sviluppo respinte da un sistema di potere che non tollera il dissenso, il confronto e l’emancipazione collettiva.
Urge la creazione di un’assemblea costituente che, di là dai vecchi schemi della politica, riunisca le intelligenze e le coscienze sane di questa regione, che sappia presentare un programma di interventi e investimenti per il territorio e che dia un esempio al resto dell’Italia. Ancora divisa, distratta, diseguale, incosciente degli effetti economici e sociali del Covid.