[... ] PERCENTUALI
Nicholas Sarkozy (Ump) 53,29
Segolene Royal (Partito Socialista) 46,71
Affluenza 84,93
Astensioni 15,07
Schede nulle 3,77 [...]
FRANCIA: NICOLAS SARKOZY E’ IL NUOVO PRESIDENTE *
PARIGI - "Amo la Francia come si ama tutti coloro che ci hanno dato tutto. Voglio ora restituirle tutto ciò che mi ha dato". Lo ha detto stasera Nicolas Sarkozy, dopo la diffusione delle proiezioni che gli assegnano la vittoria nelle presidenziali. "Ho rispetto per Segolene Royal e per tutti i milioni di francesi che hanno votato per lei", ha aggiunto Sarkozy. Nicolas Sarkozy, indicato dalle proiezioni come prossimo presidente francese, ha affermato di "credere profondamente alla costruzione europea", ma anche che gli Stati Uniti "possono contare sulla sua amicizia".
Nelle prime dichiarazioni ai suoi sostenitori in festa, Sarkozy ha promesso di voler essere "il presidente di tutti i francesi, al di là delle loro opinioni". "Non è la vittoria di una Francia contro un’altra", ha aggiunto, tendendo la mano a chi teme che la sua elezione all’ Eliseo provochi una spaccatura del paese.
La Francia sarà sempre "dalla parte di chi ha bisogno di aiuto", ha sottolineato. Sarkozy ha anche assicurato il suo impegno a non lasciare da parte i più deboli. Il futuro presidente ha già lanciato un appello ai paesi africani per ’decidere insieme una politica di immigrazione (...) e una politica di sviluppo ambiziosa’’. Egli vuole anche un’unione che raggruppi i paesi del Mediterraneo e che faccia da ’trait d’union’ tra l’Europa e l’Africa.
Questi i risultati ufficiali del ballottaggio odierno per le elezioni presidenziali francesi resi noti alle 21:00 dal ministero dell’interno quando erano state scrutinate il 69,98 per cento delle schede.
CANDIDATI PERCENTUALI
Nicholas Sarkozy (Ump) 53,29 Segolene Royal (Partito Socialista) 46,71
Affluenza 84,93 Astensioni 15,07 Schede nulle 3,77
SEGOLENE ROYAL AMMETTE LA SCONFITTA
La socialista Segolene Royal ha ammesso la propria sconfitta nelle presidenziali francesi. La socialista ha "augurato al prossimo presidente della Repubblica di portare avanti la sua missione al servizio di tutti i francesi". Segolene Royal ha detto di aver "avviato un profondo rinnovamento della vita politica", osservando che "qualche cosa è nato e non si fermera’". Segolene Royal continuerà la sua battaglia politica per il "rinnovamento" della sinistra. Nella sua prima dichiarazione, dopo aver ammesso la sconfitta, la Royal ha detto ai suoi sostenitori di "conservare la fiducia, di conservare intatto l’ entusiasmo. Altri appuntamenti democratici ci aspettano". "Quello che abbiamo avviato per la Francia porterà i suoi frutti, ne sono sicura", ha affermato la Royal, rendendosi conto della "delusione e del dolore" dei suoi sostenitori. "Io continuo con voi - ha aggiunto - quello che abbiamo cominciato insieme, lo continueremo insieme. Potrete contare su me per approfondire il rinnovamento della sinistra e la ricerca di nuove convergenze al di là della sinistra". "Sarò pronta per questo appuntamento di un lavoro indispensabile ed accetterò - ha concluso - la responsabilità di questo impegno".
BUSH TELEFONA A SARKOZY
Il presidente degli Stati Uniti, George W. Bush, ha telefonato al presidente neo eletto francese Nicolas Sarkozy, per congratularsi per la vittoria odierna contro la candidata socialista Segolene Royal. Lo ha annunciato a Washington un portavoce della Casa Bianca. Una reazione del Dipartimento di Stato non è attesa prima di domani, è stato precisato nella capitale federale degli Stati Uniti.
JACQUES CHIRAC SI CONGRATULA CON SARKOZY
Il presidente francese uscente, Jacques Chirac, ha telefonato stasera al suo successore Nicolas Sarkozy per congratularsi per la sua vittoria nelle elezioni presidenziali e gli ha augurato "successo nella sua missione". Lo ha reso noto la presidenza francese. "Il presidente della repubblica ha chiamato Nicolas Sarkozy per congratularsi con lui e augurargli successo nella sua missione al servizio delle francesi e dei francesi", ha detto l’ufficio della presidenza.
* ANSA » 2007-05-06 21:26
Francia, affluenza record: 75,11% alle 17
Proiezioni, vince Sarkozy con il 53,5%
PARIGI - Affluenza record e proiezioni dati che rispecchiano i sondaggi della vigilia per l’elezione del nuovo presidente della Repubblica francese. Alle 17 aveva votato il 75,11% degli aventi diritto, contro il 73,83% del primo turno. Secondo le proiezioni del ministero dell’Interno francese, pubblicate dall’agenzia svizzera Ats, il candidato della destra Nicolas Sarkozy è in netto vantaggio con il 53,5% dei voti. In precedenza gli exit poll, condotti all’uscita dai seggi, e diffusi dal sito della Rtbf (la tv pubblica belga francofona), davano Sarkozy al 53% contro il 47% della socialista Segolene Royal. Grida di gioia dei sostenitori di Sarkozy e atmosfera triste nella sede del Partito socialista: "Abbiamo vinto, abbiamo vinto", gridano in coro nella sede dell’Ump. Le operazioni di voto si concluderanno alle 20.
I seggi per il secondo turno delle presidenziali si sono aperti questa mattina alle 8 in Francia. Ieri si era già cominciato a votare nei territori d’oltremare. Prima nel continente americano, in Polinesia e, alle 6 (ora di Parigi) nell’isola di Reunion. Complessivamente, sono circa 60mila i seggi, di cui un migliaio nei territori d’oltremare, e 44,5 milioni gli elettori (un milione e mezzo nei territori).
In tutto, gli elettori sono 3,3 milioni in più rispetto alle elezioni del 2002. Solo tra marzo del 2006 e marzo del 2007, un milione 800 mila persone si erano iscritte alle liste elettorali, concentrate tra l’Ile de France e il sud. Le operazioni di voto si concluderanno in tre fasce orarie: alle 18 chiuderà circa il 70% delle sezioni soprattutto nelle campagne; alle 19 il 5% nei centri medio-piccoli; alle 20, il 25%, soprattutto nei centri urbani.
Quanto alle proiezioni che gli istituti di sondaggi si preparano a elaborare, sono state selezionate dalle 200 alle 300 sezioni rappresentative dell’intero territorio nazionale. Le operazioni di aggiornamento vengono effettuate in continuazione ma dalle 18 in poi, e cioè con due ore di anticipo sulla chiusura ufficiale dei seggi, ci saranno dati che la legge in Francia vieta di utilizzare.
E dopo le polemiche sul voto elettronico registrate lo scorso 22 aprile, in occasione del primo turno, a causa di ritardi e intoppi, oggi alcuni dei comuni inseriti nella sperimentazione hanno deciso di tornare al metodo tradizionale.
* la Repubblica, 6 maggio 2007
Il ciclone di Parigi
di Cesare Martinetti (La Stampa, 07.05.2012)
François Hollande vince le elezioni francesi e subito manda ad Angela Merkel il messaggio che molta parte dell’Europa (Italia compresa) si aspettava: l’austerità «non è una fatalità» e la costruzione europea deve essere riorientata verso la crescita. È stato il grande tema della sua campagna elettorale, la questione si apre a Bruxelles e Berlino, Hollande ha la sfrontatezza tutta francese di dire che la sua vittoria accende una speranza e una nuova prospettiva per molti Paesi. Ma, di nuovo rispetto al vecchio socialismo francese, sa anche dire che i conti vanno raddrizzati per ridurre il deficit e in prospettiva tagliare il debito. Insomma, la sfida è alta, vedremo presto.
Oggi dobbiamo registrare un risultato elettorale clamoroso anche se non inatteso. François Hollande è il nuovo Presidente della Repubblica, diciassette anni dopo François Mitterrand un socialista torna all’Eliseo. Le circostanze sono simili: allora fu Valéry Giscard d’Estaing a mancare la rielezione dopo il primo mandato, questa volta è Nicolas Sarkozy, il giovane Presidente della «rupture», l’uomo che aveva promesso di rinnovare la destra francese e la Francia intera dopo gli incolori anni di Chirac.
Per Sarkozy la sconfitta è bruciante, direttamente proporzionale all’investimento emotivo e politico che quest’uomo frenetico e impulsivo aveva buttato in campo. I francesi hanno rifiutato il suo bonapartismo da parvenu e l’unica vera rupture evidente dopo cinque anni di potere è stata tra il Presidente e i francesi. Sarkozy ha riconosciuto la sconfitta e si è preso tutte le responsabilità. Non ha annunciato il ritiro dalla politica, ma ha detto che torna «un francese tra i francesi». Difficile immaginare un suo futuro, oggi come oggi. Certo il suo partito appare sconquassato in vista delle legislative che saranno tra un mese.
All’Eliseo arriva un uomo che si è presentato alla Francia come «normale» per contrapporsi agli eccessi caratteriali del suo antagonista. Hollande è stato detto anche «grigio», «molle» come un budino, incolore, l’eterno secondo. In questa campagna ha dimostrato invece qualità culturali, un progetto politico riconoscibile non soltanto dalla gauche e una tenuta temperamentale invidiabile nel momento clou dello scontro con Sarkò, il duello televisivo di mercoledì scorso. Tutti pensavano che Sarkozy se lo sarebbe mangiato, e invece è successo esattamente il contrario: il Presidente è apparso fragile come mai era accaduto in tutta la sua carriera politica, in difesa e indifeso di fronte al modesto bilancio della sua presidenza, incapace di replicare all’antagonista che con pacata, ma studiata sfrontatezza ha ripetuto come un mantra: «Moi, le Président de la République, si... ». Un artificio retorico molto mitterrandiano.
Il risultato del voto ha una dinamica essenzialmente franco-francese, come si dice a Parigi, ma potrebbe trasformarsi in un ciclone a Bruxelles e Berlino. Hollande, un europeista convinto, figlio politico di Jacques Delors, che rimane tuttora il più prestigioso presidente della Commissione, ha fatto della rottura del rigore da copyright di Angela Merkel (al quale Sarkozy si era accodato più per tattica difensiva che per convinzione) il principale obiettivo di politica europea.
Come lo farà lo vedremo presto. Il calendario è serrato: il 18 ci sarà il passaggio dei poteri, il nuovo Presidente scioglierà l’Assemblée e convocherà la elezioni politiche. Ma intanto si formerà un nuovo governo. I candidati al ruolo di primo ministro sono due: Martine Aubry, segretaria del Ps ed ex ministro del Lavoro del governo Jospin (la donna che ha firmato la legge delle 35 ore) e Jean-Marc Ayrault, professore di tedesco, sindaco di Nantes, capogruppo all’Assemblée e fedelissimo di Hollande.
Alle politiche crolla la sinistra. Comunisti senza gruppo e sconfitta socialista
Da Ségolène Royal e dal segretario Hollande appello agli elettori alla mobilitazione
Francia, trionfa il presidente Sarkozy
Neogollisti verso la maggioranza assoluta
Delude il centrista Bayrou. Verdi fuori dalla Camera bassa. Nessun seggio per Le Pen
Astensione record al 39,5%. Molti ministri eletti al primo turno. Successo del premier Fillon
PARIGI - Ora è praticamente certo: la valanga Sarkozy ha travolto sinistra e centristi francesi. Cinque settimane dopo aver dato le chiavi dell’Eliseo alla destra, i francesi si sono recati alle urne per rinnovare i 577 seggi dell’Assemblea Nazionale, decretando un grande successo per il neopresidente. Molti i ministri eletti al primo turno.
Exit poll. I candidati della maggioranza presidenziale avrebbero avuto il 45,6% secondo Ipsos, il 45,8% per Sofres e il 46,4% secondo CSA. La sinistra (Partito socialista e alleati, Partito comunista, Verdi e altri) avrebbe complessivamente tra il 39% e il 39,9%. In termini di seggi i partiti della maggioranza presidenziale (Ump, Nouveau Centre e altre formazioni minori), che nella precedente legislatura contavano su 359 deputati, si aggiudicheranno tra i 440-470 seggi su un totale di 577. La grande forbice tra i possibili seggi vinti è data dall’incertezza legata al risultato del ballottaggio in programma domenica prossima 17 giugno, cui parteciperanno tutti i candidati che hanno ottenuto più del 12,5% dei voti. Oggi risultano eletti solo i contendenti che hanno superato la soglia del 50%.
Ministri eletti al primo turno. Il ministro della difesa, il centrista Hervè Morin, è stato eletto al primo turno con il 50,05% dei voti nella circoscrizione dell’Eure nel primo turno delle legislative francesi di oggi. Al primo turno sono stati anche eletti il ministro del lavoro, Xavier Bertrand e quello del bilancio Eric Woerth. Bertrand, del partito di maggioranza UMP, ha ottenuto il 53,28% dei voti nella circoscrizione dell’Aisne. Woerth, ugualmente del’UMP, ha ottenuto il 57,40% dei voti nella circoscrizione dell’Oise.
Successo personale del premier Francois Fillon e del ministro dell’Economia Jean Marie Borloo, che hanno vinto al primo turno, mentre il numero due del governo Alain Juppe, è ancora in forse. Undici membri del governo si erano candidati alle legislative e, come anticipato dal premier, se non saranno eletti saranno esclusi dall’esecutivo.
Allo sbando i comunisti del Pcf. Per la prima volta, dal 1958, il Partito comunista francese non avrà più un gruppo parlamentare all’Assemblea nazionale per formare il quale occorrono più di 20 deputati. Le proiezioni danno al Pcf un 4-5%, una cifra che potrebbe portare a 6-12 deputati, insufficienti comunque a formare un gruppo parlamentare. Alla crisi politica si unisce una drammatica crisi finanziaria, anche perché il 5% alle presidenziali era la soglia utile per avere rimborsi statali, e i pochi voti alle legislative si tradurranno in minori finanziamenti pubblici.
Male socialisti, centristi e verdi. Netto il crollo dei socialisti, in crescente calo dopo la sconfitta alle presidenziali del 6 maggio di Ségolène Royal, cui Csa assegna tra 60 e 90 seggi contro i 149 vinti nel 2002. Deludente il risultato del centrista Francois Bayrou,giunto a sorpresa terzo alle presidenziali con il 18,6% dei voti e oggi costretto personalmente al ballottaggio domenica 17 giugno. Il suo nuovo partito Mouvement Democrate avrebbe ottenuto tra 1 e 4 seggi al massimo contro i 29 che la sua formazione storica, l’Udf, aveva vinto nel 2002. Le proiezioni danno fuori dalla camera bassa i verdi, che avrebbero perso i loro tre deputati, mentre l’estrema destra del Front National di Jean Marie Le Pen, penalizzato dal maggioritario a doppio turno, non avrebbe conquistato alcun seggio.
Affluenza. Bassa l’affluenza alle urne che ha raggiunto appena il 61% contro l’84% delle presidenziali. L’astensione ha toccato il livello record del 39%.
Appello ai socialisti. Ségolène Royal si è appellata agli elettori perché votino in massa al secondo turno domenica prossima 17 giugno. "Chiedo ai 17 milioni di persone che mi hanno votato alle presidenziali di andare a votare....perché ci sia un bilanciamento dei poteri, per consentire alla sinistra di trovare un nuovo sentiero per il domani", ha dichiarato la Royal. La candidata socialista uscita sconfitta nella corsa all’Eliseo ha sottolineato il peso negativo sul risultato del Ps che ha avuto la scarsissima affluenza alle urne, di poco superiore al 60% contro l’84% delle presidenziali.
Sulla stessa linea il compagno e segretario del Ps, Francois Hollande, che ha detto di temere "lo sbilanciamento delle forze all’Assemblea nazionale. Non è salutare avere un’istituzione in cui una parte abbia un numero di seggi mai raggiunto prima".
* la Repubblica, 10 giugno 2007
Il modello francese di rapporti fra lo Stato e le religioni va rivisto: parla padre Verdin, coautore di un volume con Sarkozy
«Laïcité», si cambia
Dice il teologo e scrittore: «La dimensione religiosa è fondamentale per la democrazia. -Chirac è rimasto fermo alla legge del 1905, il nuovo presidente è più libero»
di Carlo Baroni (Avvenire, 25.05.2007)
Dal convento dei domenicani, in rue Fauborg St.Honorè, si può arrivare all’Eliseo anche a piedi. Una strada tutta dritta come quella che aveva fatto incontrare padre Philippe Verdin e Nicolas Sarkozy. Un incontro da cui era scaturita una conversazione e poi un libro: La Repubblica, le religioni, la speranza, insieme al filosofo Thibaud Collin. Un sasso nello stagno della laicità alla francese. Il tentativo, riuscito, di rompere un tabù vecchio ormai di due secoli. Era il 2004. Tre anni dopo Sarkozy è diventato presidente della Francia. E padre Verdin uno scrittore di successo, oltre che editorialista di «Le Figaro».
Hanno definito la Francia "frutto dell’incontro fra morale laica e morale spirituale": significa ci sono radici comuni tra Voltaire e Pascal?
«È una definizione che ci può stare. Le radici comuni sono quelle cristiane dalle quali neanche il pensiero laico può prescindere. Penso a Voltaire e a Diderot e a quanto devono a chi li ha preceduti».
Tocqueville diceva che «il dispotismo può fare a meno della religione, non la libertà». È giusto, allora, dire che la République è stata (è?), sotto un certo profilo, un regime dispotico?
«La citazione di Tocqueville invita a tener conto della dimensione religiosa. Fondamentale in una società democratica. Qualcosa che la aiuta a crescere, un collante che la tiene unita. Un punto di riferimento per le giovani generazioni. Che va al di là dell’aspetto confessionale».
«La laicità non è una vacca sacra ma una statua di sale che cadrà per l’immobilismo del Paese»: sono parole di Sarkozy. È maturo il tempo per modificare la legge sulla separazione tra Stato e Chiesa?
«La legge è del 1905, emanata in un contesto molto diverso da quello di oggi. Col passare degli anni è diventata una sorta di "vitello d’oro" da idolatrare. Qualcosa che non si può nemmeno toccare o mettere in discussione. Un tabù a cui si assoggettano anche i politici cattolici. Penso all’ex presidente Chirac. Per ev itare di essere accusato di scarsa laicità si è sempre ben guardato dal prendere posizione su questioni religiose per non dare l’impressione che prendesse le parti della Chiesa. Una "preoccupazione" che Sarkozy non ha assolutamente. Lui pensa che la società francese si sia evoluta dal 1905 ad oggi ed occorre intessere nuove relazioni tra Stato e confessioni religiose. In altri Paesi, penso all’Austria, nessuno si scandalizza se uomini della Chiesa vengono chiamati a far parte di commissioni che trattano problemi etici».
La definizione e la difesa dell’identità nazionale è stato uno dei temi caldi di questa campagna elettorale. Quelli che sembravano solo simboli della destra, la «Marsigliese», la bandiera, sono diventati patrimonio comune. Che ne pensa?
«Viviamo un periodo di transizione. La Francia cerca un suo posto nel mondo. Vuole capire qual è il nuovo ruolo che le toccherà interpretare. C’è una sorta di crisi d’identità. Ci chiediamo chi siamo? Tutto questo porta a rifugiarsi nei simboli nazionali. Che, di per se, potrebbe anche avere risvolti positivi. Se non ci fosse il rischio di chiudersi. Lo abbiamo notato anche nella campagna elettorale durante la quale i temi di politica estera sono finiti in secondo piano. Eppure la Francia ha una vocazione internazionale. Pensiamo ai legami con l’Africa».
Lei ha avuto modo di conoscere e dialogare a lungo con Sarkozy e di scrivere con lui un libro importante. Che idea si è fatto del neo presidente sotto il profilo spirituale?
«Sarkozy ritiene che la religione, le religioni, abbiano un ruolo imprescindibile nel tessuto sociale. In questo è perfettamente in linea con il pensiero di Tocqueville. Il suo rapporto con la spiritualità non è superficiale, certo. Lui si definisce un cattolico. So che frequenta la Messa domenicale con la famiglia e che è stato in pellegrinaggio a Lourdes. Dice che qualche volta le omelie lo annoiano ma nel complesso ha grande rispetto per le autorità ecclesiastiche e vede con favore la possibilità di confrontarsi con i vescovi».
Si può parlare di risveglio della spiritualità in Francia?
«Credo che anche su questo si dia troppo retta ad un’immagine stereotipata del mio Paese: una Francia secolarizzata e aliena dalle religioni. Poi c’è la Gmg e Parigi si riempie di giovani. Con giornali e tv ad interrogarsi su qualcosa che non avevano messo in preventivo».
Lei è autore anche di romanzi gialli. Ce ne vuole parlare?
«Ho pubblicato una storia noir che sta riscuotendo un buon successo, L’assassin de Tassin. I miei riferimenti letterari? Simenon e Fajardi. Ho anche scritto un romanzo d’amore, La grande tribu».
Un americano a Parigi
cataclisma Sarkò
di Barbara Spinelli (La Stampa, 17/5/2007)
Prima ancora di salire sul trono dell’Eliseo, Sarkozy ha fatto capire che la Francia sotto la sua guida potrebbe cambiare in maniera imprevista e profonda. Ha cominciato a tessere rapporti stretti con personalità del campo opposto, chiedendo loro di partecipare alla propria avventura e anche di entrare nel governo. Ha detto che la nazione è malata d’immobilismo, lasciando intendere che il male è curabile solo se le abitudinarie divisioni fra destra e sinistra saltano. Ieri, nella cerimonia solenne del passaggio dei poteri e dell’addio a Chirac, il nuovo capo dello Stato ha elogiato i predecessori ma ha annunciato che il suo modo di presiedere e governare sarà diverso e originale, a cominciare dalla dialettica fra destra e sinistra: «Al servizio della Francia non esiste alcun campo: esistono solo le buone volontà di chi ama il proprio Paese. Esistono solo le competenze, le idee, le convinzioni di chi è animato dalla passione per l’interesse generale».
Questa forte apertura a sinistra, questo desiderio di superare una contrapposizione troppo rigida tra due blocchi di potere è stata la chiave, al primo turno delle presidenziali, dell’inatteso successo di François Bayrou, il centrista che ha raccolto il 18,57 per cento dei voti: quasi 7 milioni di francesi. Sarkozy negli ultimi giorni e nel discorso di ieri ha ripreso testualmente quel progetto e l’ha fatto proprio. Sarà lui il centrista rivoluzionario che cambia equilibri, linguaggio, vecchie usanze e servitù della politica. Sarà lui l’iniziatore del cataclisma che Bayrou aveva promesso.
Il cataclisma colpisce le immaginazioni e scompagina idee, piani, ambizioni. È una rivoluzione che getta nello smarrimento l’accampamento socialista oltre alla piccola roccaforte Bayrou, ma che al tempo stesso vede Sarkozy scompaginare il proprio campo e che somiglia a un’autosovversione del tutto inattesa per molti dirigenti di destra. L’eccitazione di questi ultimi è grande e l’entusiasmo non manca, ma quel che si percepisce è anche uno sgomento stupefatto, una irritazione mal celata, forse un principio di risentimento. Chi si vedeva già ministro degli Esteri si sente d’un tratto scavalcato da una personalità che viene da sinistra Bernard Kouchner, fondatore di Medici del Mondo e che l’intera campagna presidenziale l’ha vissuta a fianco di Ségolène Royal: consigliere magari poco ascoltato, ma pur sempre consigliere schierato.
Sarà premiata anche una personalità equivoca come Eric Besson, l’esperto economico che ruppe con Ségolène alla fine di febbraio ma che poco prima, in gennaio, aveva scritto un pamphlet brutale contro Sarkozy, accusandolo di essere un «neoconservatore con passaporto francese» e un «clone di Bush». Sono stati contattati socialisti come Hubert Védrine ex ministro degli Esteri di Jospin, Claude Allègre che dello stesso Jospin è confidente ed è stato ministro dell’Istruzione nel suo governo. Son numerosi infine i centristi e radicali di sinistra che s’avventurano nella terra chiamata Sarkoland, dove son promessi vasti cambiamenti culturali e costumi tradizionali restaurati. Per i fedelissimi di Sarkozy questo non è un cataclisma: è un finimondo.
Si può capire il loro disorientamento, come si capisce quello delle sinistre. Il rinnovamento del partito socialista viene congelato, e l’apertura al centro che il suo gruppo dirigente non ha saputo edificare in questi anni (gli anni della rottura fra Bayrou e la destra al potere) viene assediata e sfibrata sul nascere dalla tempestiva inventività di Sarkozy.
Ora bisogna fare presto, non dilaniarsi, salvare il salvabile: scommessa ardua per gli eredi ancora minorenni di Mitterrand. Di fronte a sé, essi hanno un Bayrou scippato che minaccia di spegnersi, e un Presidente la cui personalità si rivela poliedrica, ideologicamente più malleabile del previsto, e inoltre assai potente grazie ai legami di complicità coltivati per anni con i padroni di giornali e audiovisivi. Sarkozy si sta mostrando capace di temibili incursioni nelle terre di centro, e giunge sino ad occupare quelle di sinistra: in particolare, sta seminando dubbi e ottenendo conversioni nella cosiddetta seconda sinistra, che da cinquant’anni esatti avversa la tradizione massimalista e giacobina rappresentata da Mitterrand e che lungo i decenni s’è impersonata in politici e studiosi come Michel Rocard, François Furet, Pierre Rosanvallon, Cornelius Castoriadis, Alain Touraine.
Integrando parte di questa sinistra, Sarkozy vince una seconda volta. È quel che Tony Blair ha insegnato a numerosi politici europei, socialisti e di destra. Per vincere e mantenere il potere nella lunga durata occorre essere al tempo stesso se stessi e l’avversario; Blair e Thatcher; sinistra, centro e destra. La formula ha avuto successo, nonostante i fallimenti di Blair in politica estera. Il Labour governa l’Inghilterra da dieci anni e forse continuerà a farlo, avendo ridotto i conservatori a un partito che si mimetizza con la sinistra per vincere. In parte Sarkozy adotta questa tattica in vista delle legislative del 10 e del 17 giugno, con l’obiettivo di scongiurare un Parlamento socialista e una coabitazione per lui paralizzante. Ma non è solo tattica quel che sta tentando.
L’apertura più spettacolare avviene nei confronti di persone che non s’identificavano con il partito socialista e che negli ultimi venticinque anni hanno concentrato l’attenzione sui diritti dell’uomo violati nell’Est Europa, nei Balcani, poi in Cecenia o Darfur. Non è una corrente specialmente interessata alle istituzioni europee (il dibattito costituzionale la stanca, quel che essa vuol cambiare è essenzialmente la politica francese) e l’esportazione della democrazia propugnata da Bush l’ha affascinata: la Francia avrebbe dovuto fare quel che Washington ha malamente tentato. Kouchner rappresenta questo pensiero, assieme a saggisti come André Glucksmann e Alain Finkielkraut. Alcuni segni di delusione già fanno capolino tuttavia, anche se rari. Finkielkraut ad esempio, pur avendo sostenuto il candidato gollista, è insorto contro la crociera che quest’ultimo ha messo in scena nei giorni scorsi sullo yacht dell’amico-sostenitore Vincent Bolloré. L’homo novus che è Sarkozy ha tutte le caratteristiche degli uomini nuovi di Roma antica le caratteristiche del parvenu e questo non gli è piaciuto: «Per tre giorni ci ha fatto vergognare», si è lamentato lo scrittore su Le Monde. «Non si può fare appello al generale De Gaulle e comportarsi come Silvio Berlusconi. Non si può invocare Michelet, Péguy, Malraux e sguazzare poi nel cattivo gusto del jet-set e dello show-business». Ma Sarkozy non è Berlusconi. Ha un’ansia simile di dominare i mezzi di comunicazione ed è homo novus come il capo di Forza Italia, ma è anche un professionista politico che non sprezza né la politica né il ruolo dello Stato nell’economia. Anche la seduzione che esercita sul campo opposto è solo parzialmente simile: in Italia gran parte dei berlusconiani che vengono da sinistra erano già cambiati ai tempi di Craxi. In Francia il passaggio da un campo all’altro è fulmineo, avviene a caldo, ed è tanto più impressionante. C’è passione per la rivoluzione centrista ma c’è anche una precipitosa, camaleontica leggerezza nella defezione.
È una parte della generazione del ‘68 che passa nel campo Sarkò, e che di fatto accetta i principali discorsi di quest’ultimo. È vero che Sarkozy parla più chiaro dei predecessori sulla guerra in Cecenia e sui diritti dell’uomo. Ma Sarkozy non si riassume in queste posizioni. C’è nel suo linguaggio e nel suo programma un rancoroso desiderio di regolare i conti con la cultura dei diritti e delle libertà del Sessantotto, e anche con quella che chiama «cultura del pentimento». Due fenomeni che il Capo di Stato vuol «liquidare», perché «la Francia torni a essere fiera di sé». Due fenomeni che in passato distinsero le persone che oggi si schierano con Sarkozy. Quel che ha fatto Chirac per la memoria francese (il riconoscimento il 16 luglio 1995 delle colpe nazionali nel genocidio nazista e nel collaborazionismo) è cancellato con un tratto di penna, e gli ex di sinistra su questo tacciono. È vero, Sarkozy ha gettato uno sguardo infine inclemente sulla Francia, scoprendone il rattrappimento e l’incapacità di mutare. Ma cancellando la memorie spiacevoli rischia di ravvivare l’illusione d’un suo splendido e molto protezionista isolamento. È vero, il neo eletto Presidente apre a sinistra e l’Italia con le sue eterogenee coalizioni fra marxisti e centristi ha poco da insegnare. Quel che colpisce a Parigi è la turbinosa fretta in cui questo avviene. Le persone di sinistra attratte da Sarkozy apprendono il trasformismo italiano: un’arte centenaria, una scommessa ardita, un vizio il più delle volte.
Proteste contro Sarkò: cento arresti
Nuovi scontri nella notte a Parigi, Lione, Nantes e Lilla *
PARIGI. Nuove dimostrazioni di protesta in tutta la Francia contro Nicolas Sarkozy, il candidato della destra uscito vincitore dal ballottaggio presidenziale di due giorni fa. Nella notte cortei e manifestazioni si sono tenuti in diverse città del Paese: non dovunque nè sempre sono degenerati in episodi di violenza, anche perchè in parecchi casi erano stati autorizzati preventivamente, ma a Parigi, Lione, Nantes e Lilla ci sono stati atti di vandalismo e tafferugli con le forze dell’ordine, che sono spesso state costrette a caricare i dimostranti per disperderli.
Almeno un centinaio gli arresti effettuati in totale, in massima parte nella capitale: un drastico calo comunque rispetto alla notte prima, quando finirono in manette globalmente 592 persone e furono dati alle fiamme non meno di 730 veicoli in sosta. Questa volta ne sono stati incendiati nel complesso poche decine, insieme a cassonetti per l’immondizia, pensile alle fermate degli autobus e altri oggetti di arredo pubblico.
Lo stesso Francois Hollande, primo segretario del Partito Socialista nonchè compagno della candidata sconfitta Segolene Royal, oggi ha esortato i sostenitori a rinunciare a qualsiasi forma di intemperanza, e a esprimere piuttosto l’opposizione nei confronti dell’ultra-conservatore neo-capo dello Stato attraverso il voto nelle imminenti elezioni politiche, in programma il 10 e il 17 giugno. «Delusione e rabbia possono anche albergare, dopo il successo di Sarkozy», ha osservato Hollande, per il secondo giorno consecutivo ai microfonio dell’emittente radiofonica ’Rtl’, «ma l’unica maniera di reagire è con la scheda elettorale, non con altri strumenti».
* La Stampa, 8/5/2007 (9:50)
L’homo novus
di Barbara Spinelli (La Stampa, 7/5/2007)
I francesi hanno scelto l’homo novus, Nicolas Sarkozy, con determinazione. Gli hanno dato una maggioranza del 53 per cento. A Ségolène hanno dato il 47. Il desiderio d’un cambiamento radicale è stato più possente della paura suscitata dal leader gollista, più vigoroso dello slogan che raccomandava «Tutto tranne Sarkozy».
Il sesto Presidente è homo novus nel senso latino del termine. Nella Roma antica era homo novus chi veniva dalla provincia, chi era nobile da poco tempo, chi pur aspirando alle alte cariche non aveva la formazione requisita. Cicerone fu homo novus, e Catone il Censore, Mario, Agrippa. Lui, Sarkozy, non è di ceppo francese - il padre si chiamava Pál Sárkozy, lasciò l’Ungheria quando l’Armata Rossa vi esportò il comunismo. Da giovane non ha nemmeno frequentato l’Ena, la mitica Scuola Nazionale di Amministrazione che è il lasciapassare per le grandi ascese politiche. Ha preso il controllo del proprio partito (Ump, Unione per un movimento popolare) nel 2004, ma ha subito ostracismi lunghi. È un outsider, e come tutti gli outsider ha ambizioni smisurate.
È stato paragonato a Rastignac, l’eroe di Balzac che dalla lontana provincia guarda Parigi scintillante, ombelico delle umane commedie, dicendo a se stesso e al mondo: «A noi due, Parigi!», per diventare poi conte, due volte ministro, e cinico. Lui non vuol esserlo: fin da ieri sera ha teso la mano agli elettori di Ségolène, promettendo di governare anche in loro nome. Si vedrà.
L’homo novus ha i difetti tutti dell’arrivista, ma possiede un pregio. Vede la realtà con occhio più spietato, avendo studiato ogni minimo difetto del potere che ha scalato. Scruta meglio di altri quel che s’è inceppato nella sua meccanica, e non è un caso che alla sorridente Ségolène, la sera del duello televisivo, ha risposto che se lei sognava d’esser «Presidente della Francia che funziona», lui no, voleva diventare Presidente della Francia che non funziona. Gli outsider sanno gli scricchiolii dei più gloriosi monumenti.
La biografia di Sarkozy e il suo carattere spiegano non solo la straordinaria energia della campagna, ma la visione severa che egli ha del paese. È sua convinzione che la Francia debba guardarsi allo specchio e smettere infine la storia incantata che racconta a se stessa. La Grande Nation non è più grande, ma in un mondo dominato da giganti come America e Cina s’è rattrappita, immobilizzata. Rischia di cadere nell’irrilevanza, ha detto più volte: di divenire un «parco per turisti». Nel libro Testimonianza questa visione è ricorrente: «La Francia non parla più al mondo perché non lo comprende più e non ha più niente da dirgli». I suoi leader s’ostinano a proporre sogni: cioè menzogne, corregge Sarkozy. La Francia si presenta come un modello - economico, d’integrazione - senza più esserlo: «La nostra maniera di far politica è divenuta insipida, mentre la società resta piena di foga e impazienza».
L’esperienza dell’Iraq è stata essenziale per lui: pur con una posizione giusta, Chirac ha creduto in splendidi isolamenti e non ha offerto che inefficace arroganza. Qui è la rottura promessa da Sarkozy, di qui il suo slogan: «La Francia del dopo - la France d’après». Significativo è che ambedue i contendenti hanno cessato di credere nell’eccezionalità francese, mettendosi a cercar lumi in modelli stranieri: una rivoluzione copernicana nella francocentrica iconografia nazionale. I modelli sono l’Inghilterra ma soprattutto il Nord Europa, dove riforme rigorose si combinano con la preservazione dello stato sociale.
Non mancano i pericoli in questa vittoria, e alcune accuse non sono inappropriate. C’è in Sarkozy un enorme desiderio di regolare conti, con toni vendicativi. C’è un’ansia di usare politicamente la storia, di denigrare con rancoroso risentimento la memoria autocritica inaugurata da Chirac: un’«abitudine al pentimento» che il nuovo Presidente vuol abolire. Sarkozy è pronto a rischiare conflitti, e quasi sembra suscitarli. È ovvio che quando usò la parola racaille (feccia) per descrivere i comportamenti devianti nelle banlieue, contribuì alle terribili 25 notti di violenza, nel novembre 2005. Il fatto che queste parole siano state ripetute in questi giorni inquieta molti. Così come inquieta il suo appello a «liquidare» la cultura del ’68, che è parte della storia nazionale: il pentimento, in questo caso, è d’un tratto ammesso e la parola liquidare è violenta. Il rischio è quello di suscitare la paura per esserne il pompiere. Un rischio acuito dall’influenza che Sarkozy esercita su stampa e audiovisivo, attraverso tanti editori a lui vicini. Ségolène e Bayrou hanno denunciato queste connivenze.
E qui veniamo al secondo evento cruciale del voto: al fallimento di Ségolène, dei socialisti. La sinistra aveva un’opportunità grande, di vincere. Michel Rocard (socialista riformatore da sempre minoritario) ha detto giustamente che la maggioranza del paese aveva votato contro Sarkozy al primo turno, essendo questa la volontà degli elettori socialisti, della sinistra radicale, e di Bayrou. Se il socialismo francese ha perso, è perché la strategia era inadatta e forse anche la linea della candidata. Col senno di poi, si può dire che la sinistra non s’è veramente preparata a vincere, avendo intuito tardi, e in maniera improvvisata, poco sincera, che da sola non poteva farcela. Non avendo compreso che la vecchia Unione delle Sinistre di Mitterrand, buona per i tempi in cui ci si alleava solo col Pc, era inane a partire dal momento in cui i comunisti crollavano e Bayrou saliva.
Se il socialismo francese avesse intuito tutto ciò, avrebbe cominciato a lavorare in questa direzione non negli ultimi giorni ma molto prima, sin da quando Bayrou ruppe con la destra nelle elezioni europee del ’99. Eppure la verità è apparsa chiara nella campagna: Ségolène sarebbe magari passata al primo turno, ripetevano i sondaggi, ma le forze per battere Sarkozy non le bastavano. Al secondo turno solo la visione del mondo di Bayrou avrebbe vinto, e con ampio margine. Certo, sarebbe stata una mutazione dolorosa per il socialismo: si trattava di divenire socialdemocratici presto, di cambiare programmi, amici. Non avendo agito prima, occorreva farlo a caldo. Si trattava di capire che Ségolène doveva esser qualcosa di più che una originale, combattiva invenzione femminista.
Fin dal 22 aprile la strategia femminista è fallita: la maggioranza delle donne ha votato Sarkozy al primo turno. Alcuni osservano la combattività di Ségolène e dicono che un leader politico è nato, il che è possibile ma non sicuro: il partito e lei stessa ci credono, e forti del 47 per cento puntano sulle legislative del 10 e 17 giugno, sperando di conquistare il parlamento e costringere Sarkozy alla coabitazione. Per il momento, tuttavia, Ségolène non esercita sul socialismo un’autentica leadership. E anche quando si è mostrata veemente e forte, nel duello televisivo con Sarkozy, ha dato prova di debolezza. La sua collera, quando ha denunciato l’immoralità dell’avversario accusandolo d’aver ridotto il numero degli scolari handicappati, era non solo violenta ma artefatta. Un vero leader non scatena putiferi morali per esser smentito subito dopo (gli handicappati scolarizzati sono raddoppiati dopo il governo Jospin). La sinistra non ha sino in fondo voluto vincere le elezioni. Se avesse voluto, si sarebbe comportata con granitica volontà di guardare in faccia le mutazioni francesi e di cambiare. Non ha capito che in politica la parte della necessità è grandissima. Riconoscerlo è servitù gravosa ma la libertà e anche il successo sono a questo prezzo.
Sarkozy si è lungamente preparato. È un politico tenace, studioso, in fondo non ha l’improvvisato arrivismo di Rastignac. È come se la meta per lui fosse una necessità, se non un’avversità. Si può predisporre un destino politico con lo stesso spirito con cui si vive monaci nel deserto o si traversa un dolore. Non a caso c’è una parola, singolare per la cultura politica francese, che Sarkozy usa spesso quando racconta la propria pluriennale conquista: ascesi, che letteralmente vuol dire esercizio spirituale e fisico fatto di isolamento, preghiera, meditazione, perfezionamento e volontà ferrei. La parola araba è gihàd.
Accolto da una folla festante, ha invitato a "rispettare l’avversaria"
"Il popolo ha scelto di rompere col passato, vincono democrazia e unità"
Sarkozy, primo discorso da presidente
"Voglio restituire l’orgoglio alla Francia " *
PARIGI - Un pensiero "a tutti i francesi che non hanno votato per me", e un invito: "Rispettate l’avversaria, la socialista Segolene Royal e i milioni di francesi che l’hanno votata". A poco più di mezzora dalla chiusura dei seggi, e a vittoria ormai certa, Nicolas Sarkozy si è presentato davanti a una folla festante di sostenitori, nel suo quartier generale, e ha reso l’onore delle armi alla candidata sconfitta. "Amo la Francia come si amano tutti coloro che ci hanno dato tanto. Ora voglio restituirle tutto quel che mi ha dato". La Francia, ha aggiunto, "sarà dalla parte degli oppressi. E’ il messaggio della Francia. E’ l’identità della Francia. E’ la storia della Francia".
Nel suo primo discorso da presidente, Sarkozy ha voluto ringraziare "i milioni di francesi che mi hanno votato, che mi hanno fatto il più grande onore che abbia mai avuto". Il popolo francese, ha aggiunto, "ha scelto di rompere con le abitudini del passato, e a questo popolo voglio restituire l’orgoglio. Lo farò con uno spirito di unione e fratellanza in cui ognuno si sentirà riconosciuto nella sua dignità di cittadino e di uomo". Stasera, ha sottolineato Sarkozy, "non è la vittoria di una Francia contro un’altra Francia, ma la vittoria della democrazia e dell’unità per far sì che i francesi abbiano sempre voglia di parlarsi l’uno con l’altro".
Dal neopresidente, un segnale importante dopo la bocciatura del referendum sul trattato costituzionale europeo: "Voglio lanciare un appello agli alleati europei, da questa sera la Francia è rientrata in Europa". Si è detto europeista convinto, e si è rivolto ai Paesi che si affacciano sul Mediterraneo, ribadendo che la Francia vuole collaborare con loro. Resta saldo anche il legame con gli Stati Uniti dei quali, ha detto, "la Francia resta amica".
E proprio quella con il presidente George W. Bush è stata una delle prime telefonate di Sarkozy dopo i risultati, oltre a quella con il suo predecessore Jacques Chirac, e con Segolene Royal. Secondo l’Eliseo, "George W. Bush ha chiamato Sarkozy per congratularsi ed esprimergli gli auguri di successo nella missione di servire gli uomini e le donne di Francia". "Siamo partner e alleati storici" ha detto il portavoce del Consiglio di sicurezza nazionale, Gordon Johndroe, "il presidente Bush non vede l’ora di lavorare con il presidente eletto Sarkozy per portare avanti la nostra forte alleanza".
Che non sarebbe stata lei a varcare la soglia dell’Eliseo, si era capito ben prima della chiusura dei seggi. Così, dopo le 20, Segolene Royal era pronta ad ammettere la propria sconfitta e a inviare al "prossimo presidente della Repubblica i migliori auguri nel compimento della sua missione al servizio di tutto il popolo francese". Parlando ai suoi sostenitori ha detto di aver "avviato un profondo rinnovamento della vita politica" e che "qualche cosa è nato e non si fermerà". E che "come donna di sinistra continuerò la mia lotta, insieme a voi. Quel che abbiamo cominciato, porteremo avanti. Potete contare su di me per approfondire il rinnovamento della sinistra. Nuove battaglie democratiche ci attendono".
* la Repubblica, 6 maggio 2007
Scontri a Parigi e Nantes dopo la vittoria di Sarkozy *
PARIGI La polizia ha lanciato gas lacrimogeni e dimostranti rispondono con razzi stasera nella Piazza della Bastiglia a Parigi, dove gruppi di sostenitori della candidata socialista Segolene Royal riunitisi a manifestare contro la vittoria di Nicolas Sarkozy sono stati raggiunti da drappelli di simpatizxzanti del candidato vittorioso. Lo riferisconto testimoni oculari. Al centro della piazza, che da ognuno dei lati è presidiata da ingenti forze di gendarmi in assetto antisommossa, si levano dense nubi di fumo e c’è un fuggi fuggi generale.
Anche a Nantes, nel nord-ovest del Paese, la polizia francese ha disperso stasera centinaia di manifestanti che tentavano di avvicinarsi alla sede del partito di Nicolas Sarkozy, l’Ump. Lo ha constatato un giornalista della France Presse.
Secondo la polizia, circa 600 persone, in gran parte attivisti di estrema sinistra e del Movimento dei Giovani socialisti, si sono radunate nel centro della città e hanno tentato di avvicinarsi ai locali dell’Ump, presidiati dalle forze dell’ordine, contro le quali sono stati lanciati oggetti. I manifestanti sono stati dispersi con i gas lacrimogeni, ha riferito il giornalista dell’Afp.
Manifestazioni contro il vincitore delle presidenziali anche a Rennes e Brest, in Bretagna, dove una cinquantina di persone hanno occupato un presidio dell’Ump, secondo fonti della polizia.
BANLIEU, LA RABBIA DELLE "CANAGLIE" DI SARKOZY
Eccola la periferia che doveva esplodere alle 20, all’annuncio dell’elezione di Sarkozy. Eccoli i ragazzi che danno fuoco alle auto. Eccola la «racaille», la «feccia», come li ha chiamati una volta il neopresidente. Stanno appesi a un’impalcatura, in bilico sulle sedie, abbracciati uno all’altro come a una finale di coppa del mondo a fare il conto alla rovescia davanti al televisore. Già sanno, ma non si arrendono. Alle 20 e un secondo, il faccione di Nicolas Sarkozy appare sullo schermo e sono lacrime, grida e imprecazioni mentre qualche auto sgomma via minacciosa.
«Qui dicevano tutti che Sarkozy fa paura - dice Fatima, 21 anni - adesso capisco che è vero. Ho paura, sono preoccupata. Ha vinto con i voti di Le Pen». A Clichy-sous-Bois i giovani sono radunati nella sede della meritoria associazione ’AC le feù che da un paio d’anni, all’indomani della ’rivolta delle auto in fiammè, cerca di convogliare la protesta e trasformarla in impegno politico.
Il capo ha 32 anni, si chiama Samir, è algerino di origine, fa il professore in un liceo (’precariò, sottolinea) e getta acqua sul fuoco: «no, non succederà proprio niente. Almeno spero. I ragazzi hanno capito che la strada è un’altra, almeno qui a Clichy. In qualche altro posto no, ci hanno addirittura chiamato ’la vergogna della banlieuè. Ma noi andiamo avanti, anche se le cose adesso si fanno più complicate. La battaglia continua, dobbiamo creare le condizioni per una coabitazione, dobbiamo vincere alle legislative». Lontano, isolati dal resto dei ragazzi, dalle famiglie con i bambini che mangiano le ’merguez’ (salsicce) alla brace, ci sono quattro «oppositori», quelli della banlieue «pura e dura».
Uno indossa una t-shirt nera con il numero 93, quello del dipartimento di Clichy, stampato enorme, in bianco. Il vicino è tutto in nero, e ha la scritta ’no fear’ (nessuna paura), il berretto e gli occhiali da sole. Parla con la voce rauca e bassa tipica dei «duri» di queste parti: «ridete, parlate - dice sprezzante a quelli dell’associazione - ma parlare non serve, vedrete domani. Io mi vado a sotterrare per cinque anni. E qui in tasca (e indica il tascone dei pantaloni color mimetica) ho sempre qualcosa su cui contare...».
Imbarca gli altri e sgomma via con l’auto. Poi frena, dai finestrini di dietro tirano fuori una foto di Sarkozy e la bruciano filando via veloci. «Vedi - spiega Hamiza, 23 anni, un ragazzo di origini algerine da un mese nell’associazione - quelli sono contro il dialogo. Ma non capiscono che gli incendi appartengono al passato. Vedrete, non succederà niente. Almeno fino alle legislative di giugno. Questo è quello che tutti noi speriamo».
Qual è la prima cosa che chiedono i giovani di Clichy per uscire dalla precarietà? Risponde Samir: «dipende dall’età che hai. Se sei studenti chiedi una scuola alla pari con gli altri, dove i ragazzini non siano stipati e senza futuro. Se sei disoccupato vorresti il lavoro. Se ce l’hai vorresti un salario decente. Con 958 euro di minimo, come le paghi due stanze che qui a Clichy costano 500 al mese? C’è gente che lavora e che è senzatetto». Tu un lavoro ce l’hai...«sì, fino a luglio, quando mi scade un contratto. Sono cinque anni che insegno. Stavolta sanno anche che sono impegnato in politica, rischio davvero di non farmelo rinnovare».
C’è il sindaco, il socialista Claude Dilain, che tenta di rassicurare tutti sul domani. Il suo assistente si chiama Alì, ed è affranto: «che delusione! Speravamo tutti che qualcosa cambiasse, per Sarkozy ha votato la Francia profonda, le campagne, dove i problemi di sicurezza non esistono. Ma sono stati a sentire giornali e televisioni che raccontano favole sulle banlieue e ci hanno tagliato l’erba sotto i piedi. Qui si sopravvive, si respira con la testa fuori dall’acqua con gli aiuti dello stato. Adesso questo presidente aiuterà i benestanti e affosserà noi. Ho paura che succeda qualcosa, certamente adesso fanno festa, ma fra tre mesi stramalediranno questo presidente».
Restano le famiglie con i bambini, qualche ragazzo che fuma in silenzio e guarda nel vuoto, uno che tenta di risollevare gli animi facendo giochi di prestigio con le carte, un altro che lancia noccioli d’oliva ad amici e invitati e nasconde la mano, fino a quando un altro gli si avventa contro con l’indice minaccioso sotto il naso. Si respira nervosismo: «giornalisti, giornalisti - grida uno - eccoli qui, che oggi raccontano la banlieue perchè vince Sarkozy. E domani? Chi vi vedrà più?»
* La Stampa, 6/5/2007 (22:32)
Proteste nelle piazze della capitale, la polizia lancia i lacrimogeni
Auto incendiate nelle periferie, nel mirino sedi dell’Ump in varie città
Tensione dopo la vittoria di Sarkozy
Scontri a Parigi, nelle banlieue e in provincia *
PARIGI - Quello che si temeva, con gli allarmi per la possibilità di contestazioni, se dal ballottaggio fosse uscito vincitore Nicolas Sarkozy, è avvenuto. La protesta contro l’elezione del candidato neogollista è partita da Parigi, con gli scontri fra manifestanti e polizia in Place de la Bastille e un presidio in Place de la République, e si è allargata alle province, da Nantes a Tolosa a Lione, fino alle banlieue. E se nella capitale le forze dell’ordine, seppure a fatica, hanno fronteggiato i manifestanti con idranti e lacrimogeni, ricevendo in risposta razzi e pietre, nelle periferie il bilancio è più presante: decine di macchine incendiate, anche un parco giochi e una scuola dati alle fiamme.
Parigi. Circa un migliaio di manifestanti si sono riuniti in Place de la Bastille per esprimere delusione e rabbia per l’elezione del candidato della destra, ma sono stati fronteggiati da un ingente schieramento delle forze dell’ordine in assetto antisommossa. Di fronte ai lacrimogeni usati dalla polizia, i manifestanti hanno risposto con il lancio di razzi e con una violenta sassaiola. Un gruppo di persone, alcune delle quali a volto coperto, con il vessillo rosso e nero degli anarchici, ha dato fuoco a un ritratto di Sarkozy. Centinaia di giovani, soprattutto liceali, con le insegne del Movimento dei giovani socialisti, si sono radunati anche in Place de la République.
Le banlieue. La polizia ha ricevuto decine di chiamate nei dipartimenti Val-de-Marne e Val-d’Oise, dove sono state incendiate numerose automobili. Nell’Haute-des-Seine le forze dell’ordine hanno segnalato la presenza di "gruppi di giovani, armati di mazze da baseball, in tutto il dipartimento". Ad Asnières-sur-Seine sono bruciati i locali dell’associazione "Le Trait d’Union", per cause ancora sconosciute. Nell’Essonne, sono stati incendiati un parco giochi e una scuola, "senza conseguenze gravi", come riferisce la polizia.
Le province. Tensioni a Nantes, nel nordovest del Paese: la polizia ha disperso alcuni manifestanti che tentavano di avvicinarsi alla sede dell’Ump, il partito di Sarkozy. Circa 600 persone, in gran parte attivisti di estrema sinistra e del Movimento dei giovani socialisti, si sono radunate nel centro della città e hanno tentato di avvicinarsi ai locali del partito, presidiati dalle forze dell’ordine, contro i quali sono stati lanciati oggetti. Anche in questo caso i manifestanti sono stati dispersi con il lancio di lacrimogeni. Manifestazioni anche a Lione, e a Rennes e Brest, in Bretagna: una cinquantina di persone ha occupato un presidio dell’Ump. A Tolosa circa 2.500 persone si sono radunate nel centro della città scandendo slogan contro Sarkozy. Alcune si sono arrampicate sulla facciata del Comune, hanno staccato alcune bandiere francesi e suonato una campana, poi si sono dirette verso la sede dell’Ump ma sono state disperse dalla polizia.
L’appello di Hollande. Un appello "alla calma e alla coerenza" è giunto dal segretario generale del Partito socialista francese, Francois Hollande, che ha detto di capire la delusione degli elettori di sinistra e il loro disorientamento ma "nella Repubblica vale la legge del voto" ed è necessario "controllare collera e frustrazione".
* la Repubblica, 6 maggio 2007