Prima donna cattolica svizzera ordinata "prete", rischia scomunica
Rassegna stampa
Fonte: TICINONLINE
24/06/2006 - 17:50
Prima donna cattolica svizzera ordinata "prete", rischia scomunica
RORSCHACH (SG)- Cerimonia provocatoria per la Chiesa cattolica oggi sul Lago di Costanza. La teologa Monika Wyss di Riehen (BS) e altre due donne, una tedesca e una americana, sono state ordinate "prete" a bordo di un battello da altrettante donne "vescovo". Per loro si profila il rischio di una scomunica da Roma. La cerimonia è stata organizzata dal Gruppo sacerdotesse cattolico-romane dell’Europa occidentale. Nel 2002, su iniziativa della stessa organizzazione, erano già state ordinate a bordo di un battello sul Danubio sette donne di Germania, Austria e Stati Uniti. La consacrazione era stata effettuata dal vescovo argentino scomunicato Romulo Braschi e dall’austriaco Ferdinand Regelsberger, un ex monaco benedettino ordinato "vescovo" dallo stesso Braschi. Secondo la Chiesa cattolica-romana le ordinazioni di donne sono nulle. Il Vaticano, dove era prefetto della Congregazione per la dottrina della fede l’attuale papa Joseph Ratzinger, aveva subito scomunicato le sacerdotesse. Ciononostante tre delle donne si sono in seguito fatte ordinare vescovo. ATS
Fonte: swissinfo
24 giugno 2006 - 16.25
Una svizzera diventa sacerdotessa cattolica
La Chiesa cattolica continua ad essere dominata dalla figura maschile (Keystone) La teologa Monika Wyss di Riehen, nel Cantone di Basilea, diventa la prima sacerdotessa cattolico-romana della Svizzera. Divorziata e madre di quattro figli la teologa difende il suo diritto al sacerdozio, anche se probabilmente pagherà la consacrazione con una scomunica del Vaticano. La cerimonia di consacrazione, organizzata dal Gruppo sacerdotesse cattolico-romane dell’Europa occidentale, si è tenuta sabato a bordo di un battello sul Lago di Costanza. La Wyss è stata ordinata prete insieme ad una donna dell’America centrale e ad una californiana.
Monika Wyss sognava di diventare prete dall’età di 12 anni: "I miei fratelli facevano i chierichetti, ma io non potevo. Allora a casa giocavamo alla messa. Io ero il prete e loro i miei chierichetti", racconta a swissinfo.
Non c’è tolleranza
Nel 2002 erano già state ordinate prete sul Danubio sette donne di Germania, Austria e Stati Uniti. La consacrazione era stata effettuata dal vescovo argentino scomunicato dalla Chiesa cattolica Romulo Braschi e dall’austriaco Ferdinand Regelsberger.
Nella Chiesa anglicana una donna è stata consacrata prete per la prima volta nel 1992 in Australia, nel 1994 era seguita l’Inghilterra. Nel febbraio 2000 era stata invece ordinata per la prima volta in Svizzera una sacerdotessa della Chiesa cattolica-cristiana (o vecchio cattolica).
Secondo la Chiesa cattolica-romana le consacrazioni di donne sono però nulle. L’allora prefetto della Congregazione per la dottrina della fede e attuale papa, Joseph Ratzinger, aveva subito scomunicato le sacerdotesse. Ciononostante tre delle donne si sono in seguito fatte ordinare vescovo. E sono proprio loro che questa volta hanno guidato la cerimonia di consacrazione. Monika Wyss nel 2004, quando venne nominata diaconessa (Monika Wyss)
Fuori dal mondo
Secondo la Wyss senza le donne la chiesa cattolica è destinata al declino: il sacerdozio per lei non è un atto di ribellione nei confronti della Chiesa. "All’epoca di Cristo le donne erano accettate, è solo a causa dell’influenza dell’impero romano che furono escluse".
Le "vescove" non vorrebbero né un’esacerbazione del contrasto con Roma, né una divisione della Chiesa, ma è quasi certo che anche questa volta il Vaticano reagirà con una scomunica. Contattato da swissinfo il portavoce della Conferenza dei vescovi svizzeri non ha voluto fare commenti sulla consacrazione di sabato. In passato i vescovi hanno detto chiaramente che una scomunica sarebbe stata inevitabile.
"Continuerò ad essere cattolica - commenta Monika Wyss - anche se non ho alcuna possibilità di lavore nella Chiesa, viste le mie idée. Dunque per me non cambia molto".
La teologa, che ritiene normale che in una società non più unicamente dominata dagli uomini anche le donne vogliano diventare preti, ha intenzione di praticare il sacerdozio, celebrando messe, battesimi, matrimoni e portando aiuto ai fedeli.
In ogni caso l’incoraggiamento da parte di molti fedeli non le è mancato: "Uomini e donne che mi hanno detto che dopo 2000 anni di cristianesimo è venuto il momento che la Chiesa cattolica accetti le donne come esseri umani".
swissinfo, Scott Capper
traduzione ed adattamento, Raffaella Rossello
Svizzera: prima donna cattolica svizzera ordinata «prete», rischia scomunica
24/06/2006 17:35 Rorschach, 24 giu.- (Adnkronos/ats) - Cerimonia provocatoria per la Chiesa cattolica oggi sul Lago di Costanza. La teologa Monika Wyss di Riehen e altre due donne, una tedesca e una americana, sono state ordinate «prete» a bordo di un battello da altrettante donne «vescovo». Per loro si profila il rischio di una scomunica da Roma.
Fonte: http://espresso.repubblica.it
SVIZZERA: SFIDA A CHIESA CATTOLICA,DIVORZIATA "ORDINATA" PRETE
Una donna svizzera, divorziata e con quattro figli, e’ stata "ordinata" sacerdote cattolico, in aperta sfida alla Chiesa Csttolica, da due teologhe che hanno officiato oggi la sua vestizione a bordo di un’imbarcazione sul lago di Costanza.
Si chiama Monica Wyss, ed ha 46 anni di eta’. Ha ricevuto l’abito talare da una teologa austriaca e da una statunitense, secondo il rito cattolico. Per tutte e tre e’ prevedibile la scomunica.
Prima della Wyss, una ventina di donne hanno sfidato il Vaticano e si sono fatte ordinare sacerdote, nonostante la minaccia di scomunica: nel 2002, quando era ancora il prefetto della Congregazione per la Dottrina della Fede, Joseph Ratzinger scomunico’ sette donne per questo motivo. Le donne-sacerdote, che non hanno voluto rinunciate alla fede cattolica ed abbracciare il credo di quelle sette protestanti che ammettono il sacerdozio femminile, affermano che il divieto vaticano per le donne-prete "e’ un errore della Chiesa, e non una norma voluta da Gesu’ Cristo". (AGI)
(24 giugno 2006 ore 21.13)
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WWW.ILDIALOGO.ORG, Lunedì, 26 giugno 2006
Sul tema, nel sito, si cfr.:
RATZINGER ’A SCUOLA’ DEL VISIONARIO SWEDENBORG. Una nota di Leonard Boff e una di Immanuel Kant
L’urgenza di una riforma
di Vito Mancuso (la Repubblica, 13.05.2016)
FORSE ci troviamo al cospetto della prima significativa mossa di quella che potrebbe essere una rivoluzione davvero epocale. Credo la più importante tra tutte le meritorie iniziative di riforma intraprese finora dal pontificato di Francesco. Se c’è una via privilegiata infatti per il rinnovamento di cui la Chiesa cattolica ha oggi un immenso bisogno, essa è la via femminile.
PIÙ della riforma della curia, più dell’ecumenismo, più della riforma della morale sessuale, più della libertà di insegnamento nelle facoltà teologiche, più di molte altre cose, l’ingresso delle donne nella struttura gerarchica della Chiesa cattolica avrebbe l’effetto di trasformare in modo irreversibile tale veneranda e anche un po’ acciaccata istituzione.
Prendendo atto dell’emancipazione femminile ormai giunta a compimento in Occidente in tutti gli ambiti vitali, Giovanni Paolo II aveva prodotto una serie di documenti altamente elogiativi verso ciò che egli definiva “genio femminile”, si pensi alla lettera apostolica Mulieris dignitatem del 1988 e alla specifica Lettera alle donne del 1995. Né in questi testi né altrove però il papa polacco definì mai cosa intendesse realmente con tale espressione, usata in seguito più di una volta anche da Benedetto XVI nei suoi interventi in materia. Anche papa Francesco nell’esortazione apostolica Evangelii gaudium del 2013 ha parlato di “genio femminile”. Ieri però, con l’apertura al diaconato femminile, parlando davanti a oltre ottocento suore superiore, questa ermetica espressione papale ha ricevuto finalmente la possibilità di passare da edificante proclamazione retorica a concreto sentiero istituzionale.
Forse a breve non si parlerà più di genio femminile, ma di geni femminili, perché le singole donne avranno finalmente la possibilità di tornare a donare a pieno titolo il loro patrimonio genetico all’intero organismo di madre Chiesa, la quale ora nella sua mente è femminile unicamente quanto alla grammatica, mentre quanto al diritto canonico è esclusivamente maschile (e da qui le deriva l’attuale sterilità, perché anche la vita spirituale, oltre a quella biologica, ha bisogno di cromosomi y e di cromosomi x).
Ho usato l’espressione “tornare a donare” perché l’apertura al diaconato femminile da parte di Francesco non è una novità assoluta, già nel Nuovo Testamento si parla di diaconesse. Anzi, tale apertura papale può comportare la rivoluzione epocale di cui parlavo proprio perché rimanda a una doppia fedeltà: a una fedeltà al presente, al fine di rendere la Chiesa cattolica all’altezza di tempi in cui l’emancipazione femminile è almeno in Occidente un processo pressoché compiuto, e a una fedeltà al passato, al fine di recuperare la straordinaria innovazione neotestamentaria quanto al ruolo delle donne.
Se si leggono i Vangeli infatti si vede come Gesù, in modo del tutto discontinuo rispetto alla prassi rabbinica del tempo, ricercasse e incoraggiasse la presenza femminile. Luca per esempio scrive che nel suo ministero itinerante «c’erano con lui i Dodici e alcune donne», dando anche i nomi delle stesse: Maria Maddalena, Giovanna, Susanna e aggiunge «molte altre», espressione da cui è lecito inferire un numero di seguaci donne più o meno pari a quello dei seguaci uomini.
Non deve sorprendere quindi che la Chiesa primitiva conoscesse le diaconesse, come appare da san Paolo che scrive: «Vi raccomando Febe, nostra sorella, che è diaconessa della chiesa di Cencre» (Romani 16,1; il testo ufficiale della Cei purtroppo è infedele all’originale perché traduce il greco diákonon con “al servizio”! Ben diversa la Bible de Jérusalem che traduce correttamente “ diaconesse de l’Église”).
Che esito avrà l’istituenda commissione di studio sul diaconato femminile? Quanto tempo passerà prima che sia effettivamente al lavoro? Quanto prima che consegni i risultati? E questi che sapore avranno? Sono domande a cui al momento non è possibile rispondere, di certo però la riforma al femminile di papa Francesco è un’urgenza da cui la Chiesa non si può più esimere. Si tratta semplicemente di giustizia: quando si entra in una qualunque chiesa per la messa le donne sono sempre in netta maggioranza, com’è possibile che nessuna di esse possa commentare il Vangelo dall’altare? Il diaconato femminile metterebbe fine a questa ingiustizia e aprirà molte nuove strade.
È un sogno destinato ad avverarsi? Nessuno lo sa, certamente però il successo della riforma al femminile di papa Francesco dipenderà dalla capacità di saper mostrare la doppia fedeltà che vi è in gioco: fedeltà alle donne di oggi e fedeltà al Maestro di duemila anni fa, fedeltà all’attualità e fedeltà a quell’eterno principio di parità emerso al momento della creazione: «E Dio creò l’essere umano a sua immagine, a immagine di Dio lo creò, maschio e femmina li creò» (Genesi 1,27).
SVOLTA
Chiesa inglese, via libera alle donne vescovo
Il sinodo ha approvato formalmente la normativa. Le prime ordinazioni dal 2015. *
Via libera dalla Chiesa d’Inghilterra alle donne vescovo. Il sinodo generale, riunito alla Church House di Westminster, il 17 novembre ha dato infatti la sua approvazione formale alla normativa già approvata dal parlamento in ottobre che consente le prime ordinazioni di donne vescovo già dal 2015. L’emendamento è stato approvato con alzata di mano al sinodo generale.
L’Arcivescovo di Canterbury Justin Welby ha commentato il risultato come l’inizio di «un nuovo modo di essere per la Chiesa», ha riferito l’edizione online della Bbc. Ma nonostante il via libera, le divisioni tra anglicani restano: tra coloro che sentono tale svolta come un cambiamento coerente con la loro fede e i tradizionalisti che restano in disaccordo.
UN CAMMINO LUNGO ANNI. Il voto del 17 novembre segna la conclusione di un lungo e sofferto cammino che andava avanti da anni il cui risultato era sfumato ancora una volta nel novembre 2012, per soli sei voti. L’Inghilterra arriva con ampio ritardo sugli altri Paesi: ci sono già donne vescovo anglicane negli Stati Uniti, in Australia, Canada, e in Irlanda. La chiesa inglese ha invece ordinato le prime donne prete nel 1994, che ora rappresentano un terzo del clero.
Donna vescovo: Chiesa complice in Austria?
di Marco Tosatti (La Stampa, 05/11/2014)
Una donna prete (e vescovo) che è stata scomunicata undici anni fa in Austria partecipa regolarmente - una volta ogni quindici giorni - a cerimonie liturgiche presso i Benedettini. Questo accade in Austria, e il vescovo del luogo, a quanto pare, non ha niente da dire al proposito. La notizia viene dal Daily Telegraph . Un cronista è andato a parlare con Christine Mayr-Lumetzberger, e gli sono state mostrate fotografie in cui la si vede mentre presiede a cerimonie liturgiche nelle chiese cattoliche dell’Austria, fianco a fianco con un prete cattolico durante una processione per un funerale e all’altare del monastero di Kremsmunster.
I superiori dell’Abbazia dicono di essere sorpresi dall’articolo del Telegraph, e di non saperne niente. Non si esclude che le foto siano state prese in qualche chiesa dipendente dall’abbazia, tempo fa.
Nel 2002 Mayr-Lumetzberger e sei altre cattoliche decisero di farsi ordinare: “Avevo sentito la chiamata di Dio al sacerdozio sin da quando ero bambina - ha detto al Telegraph - e volevo diventare prete prima di morire. Sarebbe stato impossibile se avessi aspettato che i preti maschi decidessero”.
Furono scomunicate, ma in seguito si portò la sfida a un nuovo livello, e Mayr si fece ordinare vescovo da “più di un vescovo che si trova in buoni rapporti con Roma. E’ stata la loro idea, non la mia”. Non fa il nome dei vescovi implicati, nel timore che possano subire sanzioni da Roma.
La donna sostiene che “la maggior parte dei preti cattolici in Austria sono molto gentili, mi chiamano signora vescovo”. E mostra numerose fotografie di se stessa, in vesti liturgiche vescovili, mentre celebra battesimi, matrimoni e funerali in chiese cattoliche in tutta l’Austria.
Negli ultimi dieci anni l’ha fatto ogni due settimane, all’altare del più antico convento benedettino dell’Austria. Kresmunster. E a quanto sembra i vescovi non hanno preso nessuna misura.
Adesso si attende che il Prefetto della Congregazione per i Religiosi, il brasiliano Braz De Aviz, così fermo e severo con i Francescani dell’Immacolata per ragioni ancora tenute rigorosamente segrete, manifesti la sua presenza.
Papa Francesco ha scomunicato la fondatrice di “Noi siamo Chiesa”. Celebrava Messa in casa
di Redazione *
Il vescovo di Innsbruck ha consegnato personalmente il decreto a Martha e Gert Heizer, che però lo hanno respinto. I due officiavano l’Eucarestia senza preti per sfidare la Chiesa sul sacerdozio femminile
vaticano-guardie-svizzerePapa Francesco ha scomunicato Martha Heizer, co-fondatrice e presidente di “Wir sind Kirche” (Noi siamo Chiesa), una delle organizzazioni cattoliche più critiche verso la Chiesa e il suo magistero. Il caso Heizer era scoppiato nel 2011, quando la donna, insegnante di religione a Innsbruck, in Austria, decise di sfidare il Vaticano sulla questione del sacerdozio femminile annunciando la sua intenzione di celebrare l’Eucarestia nella sua casa di Absam, piccolo comune nei pressi del capoluogo tirolese. In seguito la signora 67enne cominciò effettivamente a officiare regolarmente la Messa insieme al marito Gert (anche lui scomunicato), davanti ad altri fedeli e in assenza di sacerdoti, e la Congregazione per la dottrina della fede istituì la commissione che adesso ha stabilito la scomunica. La pratica teorizzata e realizzata dalla teologa, infatti, profanando il sacramento dell’Eucarestia rientra per la Chiesa tra i “delicta graviora”, al pari della pedofilia e dei crimini contro la Penitenza.
«SIAMO INDIGNATI». Come ha riportato per primo il Tiroler Tageszeitung, ieri sera il vescovo di Innsbruck Manfred Scheuer ha voluto consegnare personalmente il decreto di Roma a Marta e Gert Heizer, ma la coppia lo ha respinto. Questa mattina poi i due hanno divulgato un comunicato in cui si dicono scioccati per la scelta della Chiesa. «Ci indigna profondamente il fatto di ritrovarci nella stessa categoria dei preti colpevoli di abusi. Ma siamo amareggiati soprattutto perché non conosciamo un solo caso in cui un colpevole di abusi sia stato scomunicato. (...) Non abbiamo accettato il decreto, ma al contrario lo abbiamo respinto. Non abbiamo mai accettato il processo nella sua struttura e conseguentemente non accettiamo neanche la condanna. Continueremo a impegnarci con maggior forza per la riforma della Chiesa cattolica. Proprio questo modo di procedere mostra con quanta urgenza essa abbia bisogno di un rinnovamento».
IL GRUPPO. Il movimento “Wir sind Kirche”, oggi uno dei più numerosi e sicuramente tra i più attivi in Europa nel promuovere modifiche in senso progressista della dottrina cattolica, nacque intorno a un piccolo gruppo di cattolici di Innsbruck capitanato da Thomas Plankesteiner e appunto da Martha Heizer - ricorda Giacomo Galeazzi per il Vatican Insider - che nell’aprile del 1995 pubblicò un “Appello dal popolo di Dio” rivolto alla gerarchia della Chiesa per chiedere proprio l’introduzione del sacerdozio femminile, oltre a una maggiore democrazia, all’abolizione del celibato dei preti e all’adeguamento della morale sessuale ai costumi moderni. Il testo raccolse moltissime adesioni in tutto il continente ma soprattutto in Austria e in Germania (rispettivamente 505 mila e 1,8 milioni di firme).
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Fonte: Tempi.it, maggio 22, 2014
Le donne e la Chiesa
Le vie del Papa per la questione femminile
di Carlo Marroni (Il Sole-24 Ore, 09.07.2014)
«La Madonna è più importante degli apostoli, la Chiesa è femminile, è sposa, è madre, e il ruolo della donna nella Chiesa non solo deve finire come mamma, come lavoratrice... limitata. No, è un’altra cosa!!!». Così esclamava un anno fa papa Francesco durante il viaggio di ritorno dal Brasile, interpellato sul ruolo delle donne nella Chiesa. Un tema ricorrente nell’apostolato del papa argentino, che più volte ha messo la donna al centro dell’attenzione. Qualcosa sta cambiando? Il tema è affrontato e analizzato da Papa Francesco e le donne, un bel libro pubblicato dal Sole 24 Ore in collaborazione con l’Osservatore Romano, in edicola da oggi e per un mese insieme al quotidiano. *
Il libro raccoglie tutti i testi in cui il Pontefice ha parlato della "questione femminile" nella Chiesa. Testi efficaci, profondi, sorprendenti, che hanno suscitato attenzione e che sono introdotti da due saggi di Giulia Galeotti e della storica Lucetta Scaraffia, firme di punta del quotidiano della Santa Sede, diretto da Giovanni Maria Vian, che da due anni pubblica un inserto mensile femminile.
«In un contesto di emancipazione femminile realizzato, quale è quello dei Paesi occidentali, l’atteggiamento della Chiesa sembra invece rovesciarsi. Soprattutto in una cultura in cui l’emancipazione delle donne è misurata sul libero accesso agli anticoncezionali e sulla legalizzazione dell’aborto, la Chiesa viene percepita come una nemica dell’emancipazione. A questo conflitto culturale si aggiunge - scrive Lucetta Scaraffia - l’assenza di donne nelle sfere decisionali della Chiesa, benché le religiose siano, almeno per ora, molto più numerose dei religiosi. Inoltre, esse sono in genere relegate in ruoli di sottoposte con compiti subalterni".
Gli ultimi dati disponibili, risalenti al 2012, dicono che le religiose cattoliche nel mondo sono 702.529, i religiosi (esclusi i sacerdoti) 55.314: a livello mondiale i maschi costituiscono il 7% della comunità religiosa cattolica. Le proporzioni cambiano se ai maschi religiosi sommiamo i vescovi (5.133) e i sacerdoti (414.313): in questo caso il peso femminile risulta ridimensionato, ma le donne rappresentano comunque il 60% della Chiesa consacrata, quindi un’ampia maggioranza. "Le donne nella Chiesa ci sono - scrive Giulia Galeotti - sono molte e fanno tantissimo (...) Eppure non contano. È incredibile la discrasia tra il reale impegno femminile nella Chiesa a tutti i livelli e il misero spazio che è loro lasciato ai vertici (...) Davvero - si chiede Galeotti a proposito degli uomini di Chiesa - non vedono oppure torna loro più comodo fingere di non vedere?".
Emblematiche appaiono le parole di suor Viviana Ballarin, che in passato ha guidato l’organismo da cui dipendono gli ordini femminili italiani: "È ancora raro che nella Chiesa siano affidati alle donne ruoli a più ampio respiro, di responsabilità, di decisionalità". La causa? Per Ballarin alla fine il nodo è un influsso culturale che "influenza e condiziona anche la Chiesa degli uomini. Ma non la Chiesa di Cristo". Parole coraggiose in un contesto "gerarchico" come quello ecclesiastico, che testimoniano come il dibattito sul tema sia franco e aperto, con prese di posizione decise.
In questo contesto sono provvidenziali le posizioni di Francesco che denuncia con una sincerità e un coraggio nuovi la condizione di subalternità in cui si trovano oggi le donne nella Chiesa. Dal libro emerge anche un’ansia di fondo, il timore che la straordinaria apertura del papa, per quanto forte e autorevole, da sola non sia sufficiente per un cambio strutturale e duraturo, che richiede una riflessione profonda a tutti i livelli.
E infatti l’ultimo capitolo del libro si intitola "Un cantiere aperto", "un cantiere - scrive Scaraffia - di cui il Papa indica sempre più nettamente le caratteristiche. Cominciare ad affrontare la situazione dal punto di vista teologico significa muoversi in una direzione ben lontana da quella auspicata da chi pensa semplicemente che la Chiesa si debba adeguare al mondo, introducendo donne a tutti i livelli di potere di decisione".
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“La donna per la Chiesa è imprescindibile” Il rivoluzionario pensiero di Papa Bergoglio sulle donne
Papa Francesco e le donne
Edizioni Il Sole 24 Ore,
Dal 9 luglio in edicola a 9,90 euro
«Papa Francesco, rivoluzionario per tanti aspetti, lo è anche per quanto riguarda la questione delle donne nella vita della Chiesa. Bergoglio denuncia con una sincerità e un coraggio veramente nuovi la condizione di subalternità in cui si trovano oggi le donne nella Chiesa, e chiede uno studio teologico approfondito per motivare una loro presenza più autorevole. Un approfondimento necessario non solo per risolvere la questione femminile, ma anche per riformare la Chiesa facendone il luogo dell`accoglienza, della compassione, dell`amore fraterno».
Dichiarazione del Forum 2013 delle teologhe indiane
di Indian Women Thologians’ Forum 2013
in “www.catherinecollege.net” del 14 maggio 2013 (traduzione: www.finesettimana.org)
Il Forum delle teologhe indiane (
Indian Women Theologians’ Forum
IWTF) si è riunito dal 2 al 4
maggio 2013 al
Montfort Spirituality Centre
, Bangalore, per riflettere sul tema
“Donne e
leadership”
. Condividere la nostra personale esperienza di donne leader in vari ambiti ha rivelato
un filo comune dell’esperienza delle donne nella presenza del divino e nella loro capacità di
rispondere con fede e coraggio.
L’ingiunzione scritturale “egli dominerà su di te” (Gen 3,16) sembra essere la sanzione religiosa che legittima il controllo maschile sulle donne all’interno delle sfere di famiglia, chiesa e società in senso generale.
Oggi l’abuso di questo potere ha assunto proporzioni violente, come si vede nella criminalizzazione della politica, nello spostamento obbligato di persone povere a causa dell’usurpazione della loro terra e delle loro risorse; nella corruzione dove la politica è usata per proteggere ricchezza, frode, stupro, crimine, cultura dell’impunità e dello status quo. La povertà sta scendendo a livelli di indigenza talmente bassi da non poter nemmeno essere descritti da percentuali o statistiche.
L’abuso di potere si riflette in problemi di governabilità, di legge ed ordine che di questi tempi stanno assumendo un significato cruciale e violento. Di primaria importanza è il problema dell’aumento di violenze contro le donne che si intensifica in grado, diffusione e brutalità.
Tale violenza contro le donne si sviluppa tra nuove categorie di persone in dimensioni sconosciute e riguarda persone di tutte le età. Le attuali istituzioni di legge e giustizia non riescono ad affrontare adeguatamente la situazione delle vittime e a render loro giustizia. Abbiamo bisogno di considerare in modo critico le radici della violenza contro le donne nelle strutture del potere patriarcale che continuano a influenzare la vita delle donne.
Come donne leader impegnate per il benessere della società, in particolare delle donne,
condanniamo fortemente:
l’escalation dei casi di brutale aggressione sessuale di ragazze e donne;
le vessazioni delle vittime da parte della polizia e durante le procedure processuali;
le procedure legali che causano tortura mentale alle sopravvissute agli stupri, specialmente
quelli per conflitto di comunità.
Mentre apprezziamo l’approvazione dell’emendamento della Criminal Law Act 2013, che assicura un processo veloce per le vittime di aggressione sessuale, speriamo che questa norma possa essere applicabile anche ai casi attualmente pendenti.
Vediamo la leadership femminista esercitare un potere di trasformazione ( transformative power ).
Transformative power è connesso con l’etica della cura, della compassione e col fatto di essere collegati. Transformative power ascolta le voci delle persone ai margini o alla periferia e vede attraverso gli occhi di chi è senza voce, senza speranza o senza potere.
Una leadership di trasformazione richiede che noi camminiamo mano nella mano con le persone, le accompagniamo e facilitiamo il cambiamento, non tramite il controllo, ma tramite l’amore.
La giustizia dovrebbe poter ricostituire la dignità delle persone e la riconciliazione, piuttosto che promuovere la vendetta e il castigo.
La leadership femminista lavora per il benessere delle persone, cooperando per fini comuni, creando ambienti che nutrano la crescita di individui e comunità, dando loro potere e libertà per la loro missione.
Siamo piene di speranza riconoscendo che gli emendamenti 73 e 74 alla Costituzione hanno creato delle donne leader alla base, molte delle quali sono state in grado di produrre un cambiamento rispetto ai giochi di potere politico per affrontare problemi centrali della loro comunità come acqua, istruzione e salute. Queste leader hanno distrutto il mito che le donne siano incapaci di amministrare il potere e svolgere incarichi di responsabilità al di fuori delle loro case.
Tuttavia siamo preoccupate per il tipo di leadership che è progettata nelle prossime elezioni, che minaccia il tessuto secolare della nostra nazione e marginalizzerebbe ulteriormente ampie masse di poveri in nome del cosiddetto sviluppo. Vorremmo vedere dei leader che siano impegnati a favorire l’etica della cura e della compassione nei confronti delle persone e della terra.
Osserviamo che la Chiesa centrale predica il messaggio e che la Chiesa alla periferia lo vive, malgrado il fatto che la Chiesa della periferia abbia un importante messaggio da condividere con il centro, che però il centro non riesce a ricevere. Apprezziamo e sosteniamo l’invito di Papa Francesco per una Chiesa dei poveri che “predica il vangelo in ogni tempo, usando le parole se necessario” (San Francesco d’Assisi). Questo avvicinerebbe il centro alla periferia per vivere davvero il messaggio evangelico.
Siamo preoccupate per il collegamento tra giurisdizione ed ordinazione sostenuto acriticamente e per la conseguente esclusione delle donne dalla leadership nella chiesa, specialmente quando hanno molto da dare ad una “Chiesa dei poveri”.
È ora di riconoscere i doni degli uni e degli altri ed unirci insieme per considerare con nuovi occhi la visione femminista che è egualitaria, inclusiva e compassionevole per affrontare queste diverse forme di violenza verso le donne e i poveri.
Prendiamo ispirazione dai modelli di leadership femminili nella tradizione biblica, particolarmente nelle comunità paoline, dove riscopriamo che delle donne erano leader dinamiche che avevano funzioni di diaconesse, investite di autorità per insegnare, predicare, amministrare ed evangelizzare.
La parola greca diakonos si riferisce sia ai maschi che alle femmine, e dalla citazione di Paolo di Phebe come diakonos (Rm 16, 1-2), Prisca come insegnante (Rm 16,3) e Junia come apostola (Rm 16,7) è ovvio che Paolo riconosceva la leadership delle donne negli ambiti della preghiera, dell’insegnamento, dell’amministrazione e dell’evangelizzazione. Ispirate da questi esempi esortiamo le donne a reclamare il loro legittimo spazio sul modello delle donne nella Chiesa primitiva.
In conclusione, riconosciamo che fare teologia è un compito politico che esprime critiche e invita le donne leader a sviluppare una nuova visione ed immaginazione e ad esercitare il potere che incoraggia e dà alle persone ai margini, in particolare quelle senza voce, capacità e possibilità ad esercitare il loro diritto a vivere la vita in tutta la sua pienezza (Gv 10,10). Ci impegniamo a far evolvere la leadership femminile che ha le sue radici nei vangeli ed è rivitalizzante per tutti.
Disobbedendo agli uomini, obbediamo allo Spirito. L’omelia di una donna prete *
PER UNA COMUNITÀ DI EGUALI
di Janice Sevre-Duszynka
Il Cristo risorto apparve per primo a Maria di Magdala affidandole il compito di farsi apostola presso gli apostoli. Che cosa farebbe e direbbe oggi? Come Gesù, suo maestro, sfiderebbe le autorità religiose e civili schierandosi a favore degli emarginati, tra cui le donne, e facendo appello a relazioni di giustizia e di uguaglianza.
Mentre si riunisce il Conclave, dove sono le donne? Dove sono gli uomini sposati? Dove sono i poveri? Dove sono i bambini e i giovani? Dove sono gli emarginati? Il Vaticano regala fiori alle donne, ma ciò che esse vogliono è la piena uguaglianza. Le donne prete sono qui!
Gli uomini del Vaticano sono così vincolati da scegliere di ignorare - colpevolmente - il movimento dello Spirito nel popolo di Dio? Preghiamo per loro. Come può la Chiesa parlare di giustizia quando la gerarchia non mette in pratica ciò che predica? Diciamo ai nostri fratelli: non limitatevi ad aprire le finestre, come nel Vaticano II, ma spalancate le porte del Conclave e lasciate entrare il popolo di Dio. Lasciate entrare le vostre sorelle.
La voce di Dio esprime nel nostro tempo la piena uguaglianza delle donne e degli uomini nella Chiesa e nella società, nel nostro mondo in cerca di comunità, di un legame profondo con lo Spirito presente nell’altro!
I leader della nostra Chiesa, i cardinali, hanno avuto centinaia di anni per dire sì al sacerdozio delle donne e degli uomini sposati, riconoscendo il ruolo di tutti coloro che sono impegnati nella creazione di una Chiesa più inclusiva, di una comunità d’amore in cui tutti siano i benvenuti e ricevano i sacramenti. E la sentiamo, la voce dello Spirito che sorge dalla base del popolo di Dio! Le donne prete sono qui!
Le nostre prime donne vescovo sono state ordinate da un vescovo uomo in una linea di successione apostolica, per promuovere la giustizia nella nostra Chiesa. Quante di noi hanno lavorato per anni nel movimento per l’ordinazione femminile hanno sempre affermato che, una volta che le donne fossero state ordinate, come lo siamo ora, non si sarebbe trattato solo di preti che si aggiungevano a preti. Abbiamo sempre chiesto un sacerdozio rinnovato in una Chiesa riformata. Ciò comporta la creazione di una comunità di uguali dove tutti, e non solo il prete, condividano ed esprimano i doni dello Spirito. La nostra funzione di donne prete è il servizio, non l’esercizio di un potere maggiore. Sono passati più di dieci anni da quando sette donne sono state ordinate sul Danubio, nel 2002. Nel 2006, 12 donne sono state ordinate a Pittsburgh: si è trattato delle prime ordinazioni negli Stati Uniti. Ora sono circa 150 in Europa, Stati Uniti, Canada e America Latina.
Nel nostro modello di comunità di fede, tutti sono benvenuti, tutti hanno uguali diritti. Non costituiamo una gerarchia. Non vogliamo replicare il modello clericale. Ciononostante, è molto importante per noi ottenere giustizia per le donne prete, per le immagini femminili di Dio, per il modo in cui le donne esprimono il sacro, perché i vangeli siano interpretati a partire dalla nostra vita e dalla nostra morte in quanto donne, dalla vita e dalla morte degli uomini sposati, dei poveri e degli emarginati. Lo Spirito esige che le richieste delle persone siano ovunque ascoltate, soddisfatte e considerate pienamente giuste e sane.
Le donne prete come noi sono state ordinate in una fase di passaggio. Dobbiamo rivendicare l’ordinazione come una questione di giustizia, per i nostri diritti di donne. Lo facciamo contra legem. Trasgrediamo una legge ingiusta ma restiamo all’interno della Chiesa cattolica. Il sacramento dell’Ordine deriva dal nostro battesimo, non dal genere.
Consideriamo il nostro ruolo come servizio e guida, non come potere o esclusione. Nelle nostre comunità di donne prete pratichiamo una decisionalità condivisa in un “discepolato di uguali”. Celebriamo liturgie inclusive in cui tutti vengono accolti, tutti partecipano e tutti possono avvertire un senso di appartenenza. Vogliamo appartenere, in spirito di comunione, a comunità in cui poter esprimere i nostri più profondi bisogni, desideri e aspirazioni. Qui, il nostro modello di Chiesa si eleva nello Spirito.
Poiché siamo tutti corpo di Cristo, nelle nostre celebrazioni eucaristiche tutti consacrano l’Eucaristia, tutti pronunciano l’omelia, tutti si benedicono reciprocamente. Tutti scrivono liturgie inclusive, incorporando tanto le immagini femminili quanto quelle maschili di Dio. Le donne prete rendono visibile il fatto che anche le donne sono immagini di Dio e quindi degne di presiedere all’altare. Vivono l’obbedienza profetica allo Spirito disobbedendo al diritto canonico, ingiusto, stabilito dall’uomo e discriminante nei riguardi delle donne nella nostra Chiesa. Il sessismo, come il razzismo, costituisce un peccato. Come Rosa Parks, il cui rifiuto di sedersi in fondo all’autobus nella zona riservata ai neri contribuì a innescare il movimento dei diritti civili, le donne prete non abbandonano la Chiesa, ma la traghettano verso una nuova era di giustizia e uguaglianza. Nessuna punizione, neppure la scomunica, potrà fermare questo movimento dello Spirito.
In Austria, Germania, Irlanda, Spagna, Portogallo, Svizzera, Australia e Stati Uniti, preti, vescovi e teologi hanno manifestato il loro appoggio alle donne prete, ai preti sposati e alle comunità di fede inclusive. Seguono così le orme di p. Roy Bourgeois, il prete di Maryknoll recentemente scomunicato ed espulso dall’ordine, colpevole di aver profeticamente espresso la necessità di un dialogo sulle donne prete nella nostra Chiesa. Sostiene p. Bourgeois: «Il silenzio è la voce della complicità. Perciò chiedo a tutti i cattolici, ai preti, ai vescovi, al papa e a tutti i leader della Chiesa in Vaticano di esprimersi a voce alta in merito alla grave ingiustizia dell’esclusione delle donne dal sacerdozio». L’arcivescovo di San Salvador mons. Oscar Romero è stato assassinato per la sua difesa degli oppressi. «Lasciate - diceva - che coloro che hanno voce parlino per i senza voce».
Il nostro Dio che ci ama ci ha dato la voce. Parliamo in modo chiaro e coraggioso e camminiamo, come avrebbe fatto Gesù, nella solidarietà con le donne nella nostra Chiesa, chiamate da Dio al sacerdozio.
* Adista Documenti n. 14 del 13/04/2013
Noi, cattolici, ci rifiutiamo di condannare “il genere”
di Anne-Marie de la Haye e la segreteria del Comité de la Jupe
in “www.comitedelajupe.fr” del 27 gennaio 2013 (traduzione: www.finesettimana.org)
Siamo delle cristiane e dei cristiani, fedeli al messaggio del vangelo, e viviamo lealmente questo attaccamento all’interno della Chiesa cattolica. La nostra esperienza professionale, i nostri impegni associativi e le nostre vite di uomini e di donne ci danno la competenza per analizzare le evoluzioni dei rapporti tra gli uomini e le donne nelle società contemporanee, e per discernervi i segni dei tempi.
Abbiamo preso conoscenza delle raccomandazioni del nostro Santo Padre, papa Benedetto XVI, rivolte al Pontificio Consiglio Cor Unum, nelle quali esprime la sua opposizione nei confronti di quella che chiama “la teoria del genere”, mettendola sullo stesso piano delle “ideologie che esaltavano il culto della nazione, della razza, della classe sociale”. Riteniamo questa condanna infondata ed infamante. Il rifiuto che l’accompagna di collaborare con ogni istituzione suscettibile di aderire a questo tipo di pensiero, è ai nostri occhi un errore grave, tanto dal punto di vista del percorso intellettuale che della scelta delle azioni intraprese a servizio del vangelo.
Affermiamo qui, con la massima solennità, che non possiamo aderirvi.
In primo luogo, è sterilizzante. Infatti, nel campo del pensiero, rifiutare di prender conoscenza di certe opere, o di affrontare argomenti con certi partner senza mostrare a priori un atteggiamento benevolo e disponibile al dibattito non è il modo migliore per progredire in direzione della verità.
Che cosa sarebbe successo se Tommaso D’Aquino si fosse astenuto dal leggere Aristotele, con il pretesto che non conosceva il vero Dio e che le sue opere gli erano state trasmesse da traduttori musulmani?
Del resto, sul campo, sapere se si deve o meno collaborare con soggetti animati da idee diverse dalle nostre, è una decisione che può essere presa solo in quel luogo e in quel determinato momento, in funzione delle forze presenti e dell’urgenza della situazione. Cosa sarebbe successo, a proposito della lotta contro il nazismo e il fascismo, se i resistenti cristiani avessero rifiutato di battersi accanto ai comunisti, atei e solidali di un regime criminale?
Veniamo ora al tema in questione: smettiamola di lasciare che si dica che la nozione del genere è una macchina da guerra contro la nostra concezione di umanità. È falso. Essa è frutto di una lotta sociale, e cioè la lotta per l’uguaglianza tra uomini e donne, che si è sviluppata da circa un secolo, inizialmente nei paesi sviluppati (Stati Uniti d’America ed Europa), e di cui i paesi in via di sviluppo cominciano ora a sentire i frutti. Questa lotta sociale ha stimolato la riflessione di ricercatori in numerose discipline delle scienze umane; queste ricerche non sono terminate, e non costituiscono affatto una “teoria” unica, ma un insieme diversificato e sempre in movimento, che non bisognerebbe ridurre ad alcune sue espressioni più radicali.
Il vero problema non è quindi ciò che si pensa della nozione di genere, ma ciò che si pensa dell’uguaglianza uomo/donna. E, di fatto, la lotta per i diritti delle donne rimette in discussione la concezione tradizionale, patriarcale, opposta all’uguaglianza, dei ruoli attribuiti agli uomini e alle donne nell’umanità.
Nelle società in via di sviluppo in particolare, la situazione delle donne è ancora tragicamente lontana dall’uguaglianza. L’accesso delle donne all’istruzione, alla salute, all’autonomia, al controllo della loro fecondità si scontra con forti resistenze delle società tradizionali. Peggio ancora: in certi luoghi è costantemente minacciato perfino il semplice diritto delle donne alla vita, alla sicurezza e all’integrità fisica.
Non si può, come fa il papa nei suoi interventi a questo proposito, pretendere che si accolga come autentico progresso l’accesso delle donne all’uguaglianza dei diritti, e continuare al contempo a difendere una concezione di umanità in cui la differenza dei sessi implica una differenza di natura e di vocazione tra gli uomini e le donne. C’è in questo una contorsione intellettuale insostenibile.
Come negare infatti che i rapporti uomo/donna siano oggetto di apprendimenti influenzati dal contesto storico e sociale? Pretendere di conoscere assolutamente, e col disprezzo di ogni indagine condotta con le acquisizioni delle scienze sociali, quale parte delle relazioni uomo/donna deve sfuggire all’analisi sociologica e storica, manifesta un blocco del pensiero del tutto ingiustificabile.
Dietro questo blocco del pensiero, sospettiamo un’incapacità a prender posizione nella lotta per i diritti delle donne. Eppure, questa lotta non è forse quella delle oppresse contro la loro oppressione, e il ruolo naturale dei cristiani non è forse quello di rovesciare i potenti dai troni?
Levarsi a priori contro anche solo l’uso della nozione di genere, significa confondere la difesa del Vangelo con quella di un sistema particolare. La Chiesa ha fatto questo errore due secoli e mezzo fa, confondendo difesa della fede e difesa delle istituzioni monarchiche, e più tardi dei privilegi della borghesia. Rifacendo un errore analogo, ci condanneremmo ad una emarginazione ancora maggiore di quella in cui ci troviamo già attualmente. Come non temere che questa condanna frettolosa sia uno dei tasselli di una crociata antimodernista mirante a demonizzare un’evoluzione contraria alle posizioni acquisite dell’istituzione?
Per questo motivo, con viva preoccupazione, ci appelliamo ai fedeli cattolici, ai preti, ai religiosi e alle religiose, ai diaconi, ai vescovi, affinché evitino alla nostra chiesa questa situazione di impasse intellettuale, e perché sappiano riconoscere, dietro a una disputa di termini, le vere poste in gioco della lotta per i diritti delle donne, e il giusto posto della loro Chiesa in questa lotta evangelica.
Di fronte al Vaticano, le religiose americane restano determinate
di Céline Hoyeau
in “La Croix” del 18 dicembre 2012 (traduzione: www.finesettimana.org)
Ancora una volta, fanno parlare di loro. Le Suore della Misericordia, una delle congregazioni religiose più importanti negli Stati Uniti, molto conosciute per le loro posizioni progressiste, hanno manifestato pubblicamente il loro sostengo a Roy Bourgeois, un prete che la Santa Sede ha da poco scomunicato e ridotto allo stato laicale per aver partecipato all’ordinazione di una donna prete. “Il suo impegno a favore del ruolo delle donne nella Chiesa riflette il nostro”, hanno precisato le religiose, a rischio di gettare olio sul fuoco, nel momento in cui Roma ha chiesto esplicitamente alla loro organizzazione rappresentativa, la Conferenza delle superiore delle religiose (LCWR) di rivedere le sue posizioni dottrinali “erronee”.
Altre religiose, la Federazione delle Suore di San Giuseppe, hanno invitato alcuni giorni fa a pregare e a digiunare per sostenere il processo di dialogo tra Roma e la LCWR. Un dialogo che rischia di essere lungo e complicato, poiché, se i vescovi delegati dal Vaticano non hanno lasciato filtrare nulla per ora sul dialogo in corso, le religiose americane, invece, non hanno intenzione di fare marcia indietro.
La LCWR conta al contrario su questo processo di dialogo per tentate di “far comprendere” le sue posizioni e di “far evolvere lentamente la Chiesa”, spiega la direttrice esecutiva, Suor Janet Mock: “Noi rispettiamo l’organizzazione gerarchica della Chiesa ma ci sembra impossibile tornare indietro rispetto al processo di rinnovamento intrapreso cinquant’anni fa nella nostra vita religiosa.”
Sia alla LCWR che sul campo, le religiose americane sono convinte di essere sulla strada giusta e di essere “profetiche”. “Abbiamo preso il Vaticano II molto sul serio”, assicura Suor Maureen Fiedler, che anima ogni settimana un programma radiofonico interreligioso. Personalmente, lei è entrata nella congregazione di Loreto un mese prima dell’apertura del Concilio. “Abbiamo aggiornato le nostre vite integrandovi il messaggio di giustizia e di pace del Concilio. Abbiamo anche attinto alla sorgente delle intuizioni delle nostre fondatrici per rispondere ai segni dei tempi e ai bisogni delle persone emarginate dalla nostra società”.
Come Maureen Fiedler, che vanta un dottorato in scienze politiche all’università di Georgetown, la maggior parte delle religiose americane sono brillantemente laureate, insegnano oggi all’università, dirigono scuole, amministrano i più grandi ospedali del paese... Ma provano la sensazione di essere “ignorate”, anzi “discriminate” nella Chiesa. Per suor Mary Tiernan, direttrice del noviziato internazionale delle Suore della Santa Croce, che ha passato tutta la vita in missione in America Latina e in Africa, le religiose devono essere trattate “da adulte”, e non come “povere suorine”. “Devono poter porre domande, condividere i loro talenti, essere rispettate nei loro pareri.”
Alcune di loro hanno la sensazione che loro e i loro vescovi abbiano intrapreso percorsi paralleli che col tempo si sono allontanati. “Nelle nostre comunità, spiega Suor Simone Campbell, presidente della rete per promozione della giustizia sociale Network a Washington, siamo passate da un modo di vivere gerarchizzato ad un governo fondato sul dialogo e sulla concertazione. Abbiamo imparato ad ascoltare profondamente i movimenti dello Spirito Santo per giungere ad una decisione. La nostra obbedienza religiosa non è militare! Viviamo in una democrazia, mentre Roma funziona come una monarchia.”
Femministe radicali? È uno dei principali rimproveri del rapporto della Congregazione per la dottrina della fede, che si preoccupa nel vedere alcune religiose rimettere in discussione la struttura gerarchica della Chiesa cattolica. Infatti molte religiose non nascondono una certa ostilità nei confronti della gerarchia. Denunciano più o meno apertamente la “dominazione dei maschi”, la “patriarchia”. “Molte di noi si sono impegnate nella società per difendere l’uguaglianza dei sessi, il che ci ha portate a rivendicare gli stessi diritti nella Chiesa, sostiene Suor Maureen Fiedler. Certo, alcune donne hanno alte responsabilità nelle diocesi. Ma non possono dire nulla sulle decisioni dottrinali!”
Da lì all’auspicio dell’ordinazione delle donne... Sono rare quelle che accettano di parlarne a volto scoperto, ma molte vi aspirano. “Siamo eguali nel battesimo. Sul campo, raccogliamo le confidenze e preghiamo con le persone per chiedere il perdono di Dio. La mancanza di preti provocherà dei cambiamenti, bisogna essere pazienti”, assicura una religiosa che ha passato la vita in missione in Brasile. Intanto, alcune, che si dicono a disagio nella messa in cui gli uomini sono “troppo presenti”, preferiscono partecipare discretamente a delle “eucaristie senza prete”... “Questo ci avvicina tra sorelle”, dice una di loro a giustificazione.
Preoccupato di queste derive, il rapporto della Santa Sede rimprovera anche alla LCWR di aver invitato alla sua assemblea annuale dei relatori poco in linea con il Magistero e di aver suscitato un clima in cui alcune danno meno peso alla divinità di Cristo, a favore delle teorie new age. Un rimprovero totalmente ingiustificato, ritiene Clare Nolan, Suora del Buon Pastore. “Certo, non recito più il rosario davanti al Sacro Cuore, ma amo il Sacro Cuore di Gesù, la mia preghiera è integrata nella mia vita”, assicura questa lobbista all’ONU. Suor Cecilia Canales, domenicana nominata vicario per la vita religiosa a Los Angeles, una diocesi con 1800 consacrate, è categorica: “Le conferenze della LCWR sul New Age servono semplicemente a farci scoprire le diverse correnti di pensiero attuali, per comprendere meglio perché attirano le persone presso le quali noi siamo impegnate... Ma non distorciamo l’insegnamento della Chiesa. È talmente evidente per le religiose che vado a visitare. Hanno donato la loro vita e non la riprendono indietro!”
Un lato più problematico per Roma, è il fatto che l’analisi dei documenti della LCWR ha reso evidente che se le religiose sono molto impegnate nella promozione della giustizia sociale, restano però silenziose sulla difesa della vita, in particolare sull’aborto e sull’eutanasia, e talvolta si oppongono al Magistero sulla sua concezione di sessualità. “La vita è ben più complicata delle etichette “pro life” o “pro choice”. Quando si è vicini alla gente, si condividono i conflitti interiori, e non ci si può rinchiudere in posizioni dottrinali”, argomenta Suor Pam, assistente sociale a Southbend nell’Indiana. “Lavoriamo ai margini, e le situazioni che incontriamo non sono scritte nei libri. Cerchiamo di ascoltare lo Spirito Santo, per scegliere la soluzione migliore”, riassume Suor Mary Tiernan.
In senso più ampio, alcuni rimproverano a queste religiose di essere secolarizzate e di aver abbandonato la vita comunitaria per scegliere esse stesse la loro missione, il luogo dove vivere, mentre le giovani novizie aspirano ad una vita comunitaria più radicale e scelgono istituti più tradizionali. “Piuttosto che marciare in fila indiana verso la cappella, abbiamo potuto, vivendo nei quartieri, rafforzare le nostre relazioni con le persone e incarnare la nostra spiritualità”, afferma Suor Nolan. “Ci sono modi diversi di vivere la vita religiosa nella Chiesa, e non ci deve essere conflitto tra gli ordini più tradizionali e noi, aggiunge Suor Janet Mock. Noi siamo in grado di raggiungere delle persone che loro non toccano per niente, e loro invece sono in grado di raggiungere delle persone a cui noi non parliamo. Lavoriamo tutte per costruire la stessa Chiesa."
Una religiosa difende i diritti delle donne alle Nazioni Unite
di Céline Hoyeau
in “La Croix” del 18 dicembre 2012 (traduzione: www.finesettimana.org)
Camicia aperta su T-shirt ed ampi pantaloni, Clare Nolan cammina a proprio agio nei corridoi nelle Nazioni Unite.
“Le persone mi riconoscono anche senza abito religioso”, assicura questa Suora del Buon Pastore, sulla sessantina, una delle prime religiose americane lobbista all’ONU (1).
Dopo un quarto di secolo passato sul campo ad occuparsi di donne in grande difficoltà, colei che, un tempo, aveva immaginato di entrare nel carmelo, ha preso a cuore “l’appello della Chiesa a promuovere la giustizia sociale” e si è formata per difendere i diritti delle donne su scala internazionale.
“Io che venivo dal mondo delle adolescenti, ho dovuto imparare la diplomazia!”, dice sorridendo. Alle Nazioni Unite, come nel suo minuscolo ufficio in centro a New York, la sua priorità è difendere i diritti delle ragazze nell’agenda dei governi.
“Una sola volta, un ministro ha girato sui tacchi quando l’ho affrontato. In genere, veniamo ascoltate, ma abbiamo dovuto impiegare tempo per far capire che la prostituzione è uno sfruttamento della persona.”
Clare Nolan forma anche le équipe sul campo alla dimensione spirituale della giustizia. La religiosa non nasconde che la sua missione ha trasformato in profondità la sua relazione con Dio. Ad esempio, per designarlo, ha bandito dal suo vocabolario ogni forma maschile, allo scopo di “manifestare spiritualmente” il suo rifiuto di sostenere “il sistema patriarcale che opprime tante donne nel mondo e nella Chiesa”. La lobbista evita anche di condurre della campagne di promozione della donna con i rappresentanti della Santa Sede all’ONU “fintanto che non applicheranno questi principi all’interno della Chiesa”. “La mia vocazione non è trattare prioritariamente con i vescovi, ma con i giudici, con i servizi sociali, con il sistema civico”, afferma a sua giustificazione.
Alla sera, Suor Clare si ritrova con le due religiose con cui condivide un appartamento a Brooklin, ma riconosce che i loro rispettivi impieghi rendono difficile una preghiera comune. Medita spesso da sola sui salmi, legge Teilhard de Chardin e Thomas Merton, ma anche i libri di teologia cosmica o femminista.
Quando andrà in pensione, questa donna indipendente, che ha sofferto nel vedere così poche novizie americane giungere a dare il cambio, desidererebbe continuare ad essere vicina alle giovani religiose della sua congregazione, nei paesi del Sud.
(1) Oggi sono rappresentate all’ONU una trentina di congregazioni
L’ordinazione di donne correggerebbe un’ingiustizia
di editoriale
in “National Catholic Reporter” del 3 dicembre 2012
(traduzione: www.finesettimana.org)
La chiamata al ministero ordinato è un dono di Dio. È radicato nel battesimo e richiamato e affermato dalla comunità perché è autentico ed evidente nella persona come carisma. Le donne cattoliche che hanno riconosciuto una chiamata al presbiterato e la cui chiamata è stata confermata dalla comunità dovrebbero essere ordinate nelle Chiesa Cattolica Romana. Sbarrare alle donne la possibilità dell’ordinazione al ministero è un’ingiustizia che non si può permettere.
L’affermazione peggiore contenuta nel comunicato stampa del 19 novembre che annunciava “scomunica, dimissioni e riduzione allo stato laicale” di Roy Bourgeois è che Bourgeois con la sua “disobbedienza” e la sua “campagna contro l’insegnamento della Chiesa cattolica”... “ignorasse le sensibilità dei credenti”. Nulla potrebbe essere più lontano dal vero. Bourgeois, attento in tutta la sua vita all’ascolto degli emarginati, ha sentito la voce dei fedeli ed ha risposto a questa voce. Bourgeois arriva al cuore del problema. Ha detto che nessuno può dire chi Dio chiama, chi Dio può o non può chiamare al magistero ordinato. Ha detto che affermare che l’anatomia sia in qualche modo una barriera alla capacità di Dio di chiamare un figlio di Dio, pone ulteriori limiti assurdi al potere di Dio. La maggioranza dei fedeli crede questo.
Rivediamo la cronistoria della risposta di Roma alla richiesta dei fedeli di ordinare delle donne. Nell’aprile 1976 la Pontificia Commissione biblica giunge a maggioranza a questa conclusione: non sembra che il Nuovo Testamento di per sé ci permetta di definire in modo chiaro ed una volta per tutte il problema del possibile accesso delle donne al presbiterato. In una deliberazione successiva, la commissione votò 12 a 5 a favore dell’opinione che la Scrittura da sola non escluda l’ordinazione delle donne, e 12 a 5 a favore dell’opinione che la chiesa potrebbe ordinare donne al presbiterato senza andare contro le intenzioni originali di Cristo.
In Inter Insigniores (datato 15 ottobre 1976, ma reso pubblico nel gennaio successivo), la Congregazione per la dottrina della fede ha scritto: “La Chiesa, per fedeltà all’esempio del suo Signore, non si considera autorizzata ad ammettere le donne all’Ordinazione sacerdotale”. Tale dichiarazione, pubblicata con l’approvazione di Papa Paolo VI, era un relativamente modesto “non si considera autorizzata”.
Papa Giovanni Paolo II alzò considerevolmente la posta in Ordinatio Sacerdotalis (22 maggio 1994): “Dichiaro che la Chiesa non ha in alcun modo la facoltà di conferire alle donne l’ordinazione sacerdotale e che questa sentenza deve essere tenuta in modo definitivo da tutti i fedeli della Chiesa”. Giovanni Paolo II voleva dichiarare il divieto “irriformabile”, una presa di posizione molto più forte di “tenuta in modo definitivo”. La cosa incontrò una sostanziale resistenza da parte di vescovi di alto rango che si riunirono in uno speciale incontro in Vaticano nel marzo 1995 per discutere il documento, incontro di cui NCR parlò all’epoca. Anche allora, vescovi attenti ai bisogni pastorali della chiesa avevano ottenuto una concessione alla possibilità di cambiamento dell’insegnamento.
Ma quella piccolissima vittoria fu effimera. Nell’ottobre 1995, la Congregazione per la dottrina agì ulteriormente, rilasciando un responsum ad propositum dubium riguardante la natura dell’insegnamento in Ordinatio Sacerdotalis:“L’insegnamento richiede un assenso definitivo poiché, fondato sulla parola scritta di Dio, costantemente preservato e applicato fin dall’inizio nella tradizione della Chiesa, è stato stabilito infallibilmente dal magistero ordinario e universale”. Il divieto all’ordinazione delle donne appartiene “al deposito della fede”, disse il responsum.
Lo scopo del responsum era di bloccare ogni discussione. In una lettera di presentazione al responsum, il cardinale Joseph Ratzinger, che era a capo della Congregazione, chiedeva ai presidenti delle conferenze episcopali di “fare tutto il possibile per assicurare la sua distribuzione e ricezione favorevole, facendo particolare attenzione che soprattutto da parte di teologi, operatori pastorali e religiosi, non fossero riproposte posizioni ambigue o contrarie.”
Malgrado la sicurezza con cui Ordinatio Sacerdotalis e il responsum furono diffusi, essi non rispondevano a tutte le domande sul problema.
Molti fecero notare che dire che l’insegnamento era “fondato sulla Parola scritta di Dio” ignorava completamente le conclusioni della Pontificia Commissione Biblica del 1976.
Altri fecero notare che la Congregazione per la dottrina non fece una richiesta di infallibilità papale, ma disse che ciò che il papa insegnava in Ordinatio sacerdotalis era ciò che “era stato stabilito infallibilmente dal magistero ordinario e universale”. Anche questo, tuttavia, è stato posto in discussione, perché in ogni epoca c’erano molti vescovi in varie parti del mondo che avevano serie riserve su tale insegnamento, benché pochi le esprimessero in pubblico.
In un articolo su The Tablet nel dicembre 1995, il gesuita Francis A. Sullivan, autorità teologica nel magistero, citava il Canone 749, affermando che nessuna dottrina deve essere intesa come definita infallibilmente a meno che questo fatto sia chiaramente affermato. Sullivan scriveva: “Il problema che mi rimane è se sia un fatto affermato chiaramente che i vescovi della Chiesa cattolica siano convinti dell’insegnamento quanto lo è evidentemente Papa Giovanni Paolo II.
Il responsum prese quasi tutti i vescovi alla sprovvista. Benché datato ottobre, non fu reso pubblico che il 18 novembre. L’arcivescovo William Keeler di Baltimora, allora presidente uscente della Conferenza episcopale statunitense, ricevette il documento senza nessun avvertimento tre ore dopo che i vescovi avevano rinviato il loro incontro annuale. Un vescovo disse al NCR che aveva saputo del documento leggendo il New York Times. Disse che molti vescovi erano profondamente preoccupati dalla dichiarazione. Sia lui che altri vescovi parlarono solo in maniera anonima.
Il Vaticano aveva già cominciato a giocare le sue carte per bloccare interrogazioni. Come riferì il gesuita Thomas Reese nel suo libro del 1989 Archbishop: Inside the Power Structure of the American Catholic Church, sotto Giovanni Paolo II, il modo di considerare l’insegnamento contro l’ordinazione delle donne da parte di un prete potenziale candidato all’episcopato, era diventato una cartina di tornasole per sapere se potesse essere promosso a vescovo.
Meno di un anno dopo la pubblicazione di Ordinatio Sacerdotalis, Suor Mercy Carmel McEnroy fu rimossa dal suo incarico di ruolo di insegnamento di teologia al St. Meinrad Seminary nell’Indiana per il suo pubblico dissenso dall’insegnamento della Chiesa: aveva firmato una lettera aperta al papa chiedendo l’ordinazione delle donne. Molto probabilmente McEnroy è stata la prima vittima di Ordinatio Sacerdotalis, ma ce ne sono state molte altre. Roy Bourgeois è stato la vittima più recente.
Il beato John Henry Newman aveva detto che ci sono tre magisteri nella Chiesa: i vescovi, i teologie il popolo. Sul problema dell’ordinazione delle donne, due delle tre voci sono state messe a tacere, questo è il motivo per cui la terza voce deve ora farsi sentire. Dobbiamo parlarne a voce alta e forte in tutti gli spazi pubblici che abbiamo a disposizione: durante le riunione dei comitati di parrocchia, nei gruppi di condivisione della fede, nelle convocazioni della diocesi e durante seminari accademici. Dovremmo scrivere delle lettere ai preti, ai redattori-capo dei giornali locali e alle reti televisive.
Il nostro messaggio è questo: noi crediamo che, per il sensus fidelium, l’esclusione delle donne dal magistero ordinato non ha alcun fondamento nelle Scritture né alcun altro fondamento logico convincente; quindi le donne dovrebbero essere ordinate. Abbiamo preso atto del consenso dei fedeli nelle parrocchie, in occasione di conferenze e di riunioni di famiglia. Individui e gruppi hanno studiato e pregato su quel problema. La direttrice esecutiva della Women’s Ordination Conference ci assicura, ad esempio, che i fedeli sono giunti a questa conclusione dopo una valutazione preceduta da preghiera e studio - sì, perfino studiando Ordinatio sacerdotalis. NCR unisce la sua voce a quella di Roy Bourgeois e invita la Chiesa cattolica a correggere questo ingiusto insegnamento.
Il sorprendente dibattito sulle donne prete
di Henrik Lindell
in “La vie - Le blog de Henrik Lindell” del 6 dicembre 2012 (traduzione: www.finesettimana.org)
I nostri colleghi del National Catholic Reporter militano a favore dell’ordinazione delle donne nella Chiesa. Una polemica nuovamente d’attualità negli Stati Uniti
Il dibattito sull’ordinazione delle donne nella Chiesa cattolica non è chiuso. Lo testimonia quotidianamente la stampa cristiana d’oltre Atlantico. Ad esempio il National Catholic Reporter, un giornale americano di riferimento con una tiratura di 30 000 numeri due volte alla settimana ed un sito estremamente popolare. Il suo editoriale del 3 dicembre è un’arringa a favore delle donne prete. Il titolo riassume l’essenziale dell’affermazione: “L’ordinazione delle donne riparerebbe un’ingiustizia”.
Gli autori scrivono: “Le donne cattoliche che hanno ritenuto di avere una vocazione al sacerdozio e che hanno avuto questa vocazione confermata dalla comunità dovrebbero potere essere ordinate nella Chiesa cattolica romana”. Per giustificarsi in una prospettiva cattolica, si riferiscono in particolare ad una Pontificia Commissione biblica che ha presentato le sue conclusioni nell’aprile 1976. Secondo una maggioranza netta dei membri di quella Commissione (12 contro 5), la Chiesa potrebbe ordinare delle donne al sacerdozio “senza andare contro le intenzioni originali di Cristo”. Il National Catholic Reporter contraddice così formalmente la lettera apostolica di Giovanni Paolo II Ordinatio Sacerdotalis del 22 maggio 1994. Il papa ha allora affermato che “la Chiesa non ha in alcuna maniera il potere di conferire l’ordinazione sacerdotale a delle donne”. Una posizione che, agli occhi di Giovanni Paolo II, “deve essere definitivamente mantenuta da tutti i fedeli della Chiesa”. Benedetto XVI ha ricordato questa posizione di principio diverse volte.
Come spiegare l’opinione del National Catholic Reporter? Innanzitutto con la sua forte convinzione in materia e con un’autentica esasperazione. I giornalisti cattolici ricordano che diversi ecclesiastici molto popolari sono stati licenziati o allontanati a causa della loro posizione a favore dell’ordinazione delle donne.
L’ultimo esempio in ordine di tempo è Roy Bourgeois. Questo prete, apprezzato per la sua azione a favore dei poveri, ha ricevuto in novembre una lettera della Congregazione per la dottrina della fede che lo informava della sua “scomunica, licenziamento e riduzione alla stato laicale”. Motivo: padre Bourgeois ha partecipato all’ordinazione di una donna prete nel 2008. Una colpa che, secondo il diritto canonico, comporta immediatamente l’esclusione.
Per i nostri colleghi del NCR, tale decisione è particolarmente insopportabile in un contesto in cui dei preti e perfino dei vescovi sospettati di coprire atti di pedofilia vengono mantenuti in funzione. Ad esempio l’attuale vescovo di Kansas City, Robert Finn, che non è stato ufficialmente messo in discussione dal Vaticano o dall’episcopato. Eppure è stato condannato da un tribunale nel settembre scorso per non aver riferito alla polizia che un prete della sua diocesi aveva scattato centinaia di foto oscene di bambini.
Diversi religiosi hanno preso la difesa dei preti e dei teologi condannati per il loro impegno a favore del ministero femminile. Una delle più importanti organizzazioni di religiose - le Sisters of Mercy (Sorelle della Misericordia) - ha espresso la sua “tristezza” e il suo “rammarico” di fronte alla decisione del Vaticano riguardo a Padre Bourgeois. Una presa di posizione che mette in evidenza e aggrava il conflitto latente negli Stati Uniti tra congregazioni di religiose e di laici da un lato e l’episcopato dall’altro. Queste frizioni riguardano sia punti dottrinali (in particolare sul ministero) sia visioni pastorali.
Certamente, il NCR riflette storicamente una certa sensibilità teologica: la corrente progressista. Quest’ultima ha conosciuto il suo momento di gloria negli anni ’70. Lo avrà di nuovo? In realtà, sarebbe difficile mostrare che i progressisti cattolici tornano in forze. Non disponiamo di alcun numero per sostenere tale tesi. In generale, la storia non si ripete. Al NCR, come in certe congregazioni religiose, il personale è piuttosto di sinistra. E piuttosto anziano.
Che cosa succede allora? Secondo noi, non si tratta né più né meno che di una protesta di gran parte dei cattolici. Cioè, come tante altre organizzazioni cattoliche, il NCR si ritrova praticamente - e probabilmente teologicamente - su una linea protestante, nello specifico luterana, che ammette il ministero femminile da molto tempo, eccezion fatta che qualche comunità recalcitrante.
Che cosa ci permette di affermarlo? In funzione del suo modo di intendere le Scritture e di ciò che intendono moltissimi cattolici oggi, il NCR ritiene che si può riformare profondamente la Chiesa, fino a rifiutare, frontalmente, l’insegnamento del papa attuale e del suo predecessore. “Il nostro messaggio, spiega l’editorialista, è che crediamo che il ’sensus fidelium’ esige che l’esclusione dal sacerdozio non abbia fondamento importante nella Scrittura né altre ragioni incontestabili; così, le donne dovrebbero poter essere ordinate”.
È chiaro che si tratta di un ragionamento molto vicino a quello dei luterani in generale, dei lutero-riformati in Francia, per non parlare degli anglicani (episcopaliani). Per evitare ogni malinteso, ricordiamo la versione originale in inglese: «Our message is that we believe the sensus fidelium is that the exclusion of women from the priesthood has no strong basis in Scripture or any other compelling rationale; therefore, women should be ordained».
Questa linea “femminista” del NCR potrebbe anche riflettere ciò che pensa la maggioranza dei cattolici laici e la società in generale. A questo titolo, bisogna ricordare che il cattolicesimo americano non è “conservatore” nel senso francese del termine. Negli Stati Uniti, si può essere un praticante cattolico e perfino tradizionalista, pur essendo molto “a sinistra”, se non anarchico (come mostra Dorothy Day e il movimento Catholic Worker). Si può anche essere un ultraliberale, ma tuttavia essere molto legato alla Chiesa e coltivare un grande rispetto nei confronti del magistero.
Queste caratteristiche sorprendono spesso i cattolici progressisti europei. I cattolici americani sanno soprattutto coltivare la loro libertà ed indipendenza di pensiero. Come i protestanti, certi ecclesiastici si oppongono francamente e valorosamente al magistero per ragioni dottrinali. Negli Stati Uniti, il cattolicesimo evolve da sempre in un contesto in cui è minoritario (rispetto al protestantesimo) e in cui l’individualismo moderno e il senso dell’uguaglianza - ad esempio tra i sessi - svolgono un ruolo sempre più importante. Di fronte a questa cultura i vescovi incontrano logicamente difficoltà crescenti ad imporre totalmente l’ordine romano. Un fenomeno che non impedisce loro di “fare dei discepoli”.
Del resto, contrariamente a molte comunità protestanti, la Chiesa cattolica negli Stati Uniti è in leggera crescita. Si può quindi dibattere all’interno e al contempo crescere! Osiamo imparare questa lezione: non si è obbligati a cercare di dissimularsi o a parlare sottovoce contro i vescovi quando non si è d’accordo con loro. Si può esprimere ad alta voce il proprio disaccordo. Ci si può anche far carico delle conseguenze. In definitiva, la Chiesa non dipende - non sempre, in ogni caso - dalla fedeltà ai vescovi. Dipende solo dalla fedeltà a Cristo.
di Giovanni Panettiere (Quotidiano.net, 29 novembre 2012)
CHI HA UCCISO le donne vescovo? Chi ha affossato la riforma della Chiesa d’Inghilterra? I successori degli apostoli? I parroci? No Signore, i laici. Metà dei quali di sesso femminile. A decretarlo l’analisi del voto al Sinodo generale che una decina di giorni fa ha bocciato l’ordinazione episcopale in rosa. Servivano i due terzi dei suffragi in ciascuna delle tre camere dell’assemblea (vescovi, preti e laici). I bookmakers scommettevano su una vittoria al filo di lana dei progressisti. Si sbagliavano: 44 voti a favore e tre contrari fra i vescovi, 148 sì e 45 no nel clero, ’solo’ 132 favorevoli e 74 contrari tra i laici.
ORA si è venuto a sapere che nella terza camera metà dei no all’ordinazione episcopale femminile
sono arrivati dalle rappresentanti del gentil sesso. Susie Leafe ha votato contro la riforma:
DI TUTT’ALTRO avviso il segretario generale del Sinodo, William Fittall, che è già al lavoro per
ribaltare il responso del 20 novembre. Nel documento intitolato Women in the Episcopate-Where
Next? sottolinea:
I LIBERAL sognano di poter tornare a discutere la questione, magari partendo dalla bozza Fittall, già nel Sinodo generale di luglio, anche se, di regola, servirebbero tre-cinque anni per poter ripresentare una proposta cassata dall’assemblea generale. Dalla loro hanno il fatto che la riforma non è passata per un soffio. Vedremo se basterà. La volontà finale del fronte riformatore è quella di sottoporre al Parlamento di Sua Maestà la delibera favorevole all’ordinazione episcopale femminile entro e non oltre il 2015. Non si deve dimenticare che il diritto costituzionale britannico e gli stretti rapporti tra Stato e Canterbury conferiscono al Sinodo la possibilità di avanzare e approvare proposte di legge inerenti la Chiesa di Inghilterra, ma la parola finale resta al Parlamento.
INSOMMA, la corsa contro il tempo è appena iniziata. C’è da chiedersi se la fretta sia la migliore consigliera dei progressisti. Verissimo che la riforma, cifre alla mano, è a un tiro di schioppo, ma è altrettanto vero che, se Eva si oppone alle donne vescovo, la strada del cambiamento si fa lunga e dall’ incerto destino. Con il rischio che i riformatori perdano non più la battaglia, ma la guerra
Padre Roy espulso in relazione all’ordinazione di donne: come giudicherà la storia?
di Bryan Cones
in “www.uscatholic.org” (U.S.Catholics In Conversation with American Catholics) del 21 novembre 2012 (traduzione: www.finesettimana.org)
Con molta tristezza ho letto la notizia dell’inevitabile riduzione allo stato laicale di padre Roy Bourgeois e della sua espulsione dalla congregazione dei Maryknoll dopo più di 40 anni di servizio. Dico “inevitabile” perché non ho mai avuto alcuna fiducia nella possibilità che la tattica dello stallo di Maryknoll di questi ultimi anni potesse mai avere successo. Bourgeois ha segnato il suo destino quando ha pubblicamente concelebrato nel 2008 un’ordinazione del gruppo Womenpriests; anche se avesse accettato di “ritrattare” il suo sostegno per l’ordinazione di donne al presbiterato, dubito che gli sarebbe mai stato permesso di esercitare pubblicamente la sua funzione di prete.
Il problema per il Vaticano è che coloro che lì decidono usano l’estrema arma del loro arsenale quando si arriva a punire preti che pubblicamente si esprimono in disaccordo sul tema dell’ordinazione delle donne. Secondo quanto afferma il National Catholic Reporter, anche il modo in cui è stato applicato è stato fuori dall’ordinario. La Congregazione per la dottrina della fede avrebbe potuto ridurre Bourgeois allo stato laicale senza che fosse espulso dalla congregazione dei Maryknoll (revocando la scomunica), ma non lo ha fatto. Usando su di lui anche l’ultima oncia del loro potere, in realtà hanno disarmato se stessi. Ora non hanno assolutamente alcun controllo su ciò che può fare Bourgeois.
Ad esempio, cosa succede se la gente continua a trattarlo da prete? Se celebra l’eucaristia con lui, se riceve la comunione da lui? In altre parole, cosa succede se la gente ignora completamente l’uso da parte del Vaticano dell’opzione nucleare nei suoi confronti? Con molta probabilità, alcune persone lo faranno, benché noi non sappiamo quali saranno le prossime mosse di Bourgeois.
Sono veramente deluso per il fatto che non possiamo avere un dialogo teologico da adulti sul problema dell’ordinazione delle donne, o almeno sul sessismo che esiste nella Chiesa. Ma non posso far a meno di pensare a che cosa succederà se verrà il giorno, forse tra decenni o tra secoli, in cui un futuro papa riaprirà la discussione che Giovanni Paolo II ha chiuso in Ordinatio Sacerdotalis. Mi sembra molto improbabile che tra 100 anni il dialogo sarà ancora come è adesso.
Molti teologi, un numero significativo, hanno affermato che l’ultima dichiarazione del papa, secondo cui la chiesa non avrebbe autorità per ordinare le donne, è reversibile. Ma nello stesso momento, i cattolici sono tenuti alla direttiva vaticana che prevede semplicemente che di questo non si parla.
Il prete, le donne e il Vaticano
di Louis Frayasse
in “Réforme” n° 3490 del 29 novembre 2012 (traduzione: www.finesettimana.org)
Roy Bourgeois, prete cattolico americano impegnato a favore dell’ordinazione delle donne, è stato ridotto [ndr.:o innalzato?] allo stato laicale dal Vaticano.
Un giudizio senza appello. Il 4 ottobre scorso, la Congregazione per la dottrina della fede, incaricata della conservazione del dogma cattolico, ha destituito il prete americano Roy Bourgeois, riducendolo allo stato laicale. La decisione era attesa da diversi anni. Nell’agosto 2008, Roy Bourgeois aveva concelebrato l’eucaristia in occasione dell’ordinazione presbiterale di una donna, Janice Sevre-Suszynska, delitto passibile di scomunica automatica nella Chiesa cattolica.
Il caso ha avuto molta risonanza oltre Atlantico in quanto Roy Bourgeois, oggi settantaquattrenne, è una figura familiare per molti americani. Da più di vent’anni questo prete della Società delle missioni estere cattoliche d’America, meglio conosciuta con il nome di società di Maryknoll, porta avanti una battaglia accanita all’interno della sua organizzazione, SOA Watch.
SOA Watch è nata nel 1990, un anno dopo l’assassinio di sei preti gesuiti in Salvador da parte dei soldati formati alla Scuola delle Americhe (School of the America, SOA, ribattezzata Western Hemisphere Institute for Security Cooperation, nel 2001). Dalla sua creazione nel 1946, questa scuola militare dell’esercito ha accolto decine di migliaia di soldati latino-americani per dispensare loro una formazione centrata attorno alle tecniche della contro-insurrezione. Il principale rimprovero rivolto alla SOA/WHINSEC è aver contribuito a formare - in particolare all’uso della tortura - gli ufficiali degli eserciti dei diversi regimi dittatoriali del secolo scorso in America Latina. Quegli ufficiali sarebbero responsabili della tortura, della morte o della scomparsa di centinaia di migliaia di persone in America Latina.
Fin dalla sua fondazione, l’obiettivo di SOA Watch è quello di far chiudere la Scuola delle Americhe e di modificare radicalmente la politica estera americana in America Latina. Per far questo, l’organizzazione organizza della manifestazioni, dei digiuni e delle veglie silenziose, nonché delle azioni di lobbying mediatico e parlamentare. Militante infaticabile, Roy Bourgeois ha passato diversi anni in prigione per essere entrato all’interno del recinto della scuola militare. Come coronamento di due decenni di attivismo, Roy Bourgeois e SOA Watch sono nominati per il premio Nobel per la pace 2010 dall’American Friends Service Committee, un’organizzazione quacchera, essa stessa premiata nel 1947.
Tuttavia, dopo diversi anni, Roy Bourgeois si è impegnato in un’altra lotta: quella dell’ordinazione delle donne all’interno della Chiesa cattolica. A causa della sua scomunica e della sua riduzione allo stato laicale, è stato costretto a lasciare la società di Maryknoll, in cui ha operato per 40 anni.
“Il Vaticano e Maryknoll possono destituirmi, ma non possono far scomparire il problema dell’uguaglianza dei sessi nella Chiesa cattolica”, ha dichiarato in un comunicato. “La rivendicazione dell’uguaglianza dei sessi è radicata nella giustizia e nella dignità e non scomparirà. Quando c’è un’ingiustizia, il silenzio è la voce della complicità. La mia coscienza mi ha imposto di rompere questo silenzio e di affrontare il peccato di sessismo nella mia Chiesa.”
Recentemente, Roy Bourgeois si era avvicinato all’associazione Roma Catholic Women Priests (RCWP, donne prete cattoliche), un organismo internazionale che rivendica l’accesso delle donne al presbiterato nella Chiesa cattolica.
“Roy è sempre stato solidale con tutti coloro che credono nell’ordinazione delle donne all’interno di una Chiesa non clericale e non gerarchica, afferma Bridget MaryMeehan, membro dell’associazione RCWP e ordinata vescovo nel 2009. La Chiesa cattolica non può continuare la sua discriminazione nei confronti delle donne e attribuirne la responsabilità a Dio. Tutti i battezzati sono a immagine di Cristo e, per questo, sia uomini che donne possono celebrare la messa. Noi non desideriamo lasciare la Chiesa cattolica perché la amiamo, ma desideriamo invece trasformarla affinché riconosca l’uguaglianza di tutti davanti al Vangelo, preconizzata da Gesù”.
Oggi, l’associazione RCWP rivendica la presenza di 150 donne prete nel mondo, la maggior parte delle quali negli Stati Uniti. Le prime sono state ordinate nel 2002 da un vescovo cattolico, Romulo Antonio Braschi, e questo permette alle donne prete di affermare, malgrado la scomunica automatica di cui sono vittime, che la loro ordinazione è valida, poiché non ha infranto la successione apostolica.
“Non si tratta semplicemente di inserire pienamente le donne nella Chiesa, spiega Janice Sevre- Duszynska, la cui ordinazione nel 2008 è all’origine dell’espulsione di Roy Bourgeois. Quello che noi rivendichiamo, è un presbiterato rinnovato in una Chiesa cattolica trasformata, una Chiesa nella quale tutti - divorziati, non cattolici, omosessuali - siano i benvenuti. Spero che i preti maschi trovino il coraggio di dire “ora basta”, e che chiederanno più giustizia ai loro vescovi.” Per il momento le donne prete RCWP celebrano la messa in “chiese case” o in locali presi in affitto ad altre denominazioni cristiane.
Continuano a porre, senza cedimenti, il problema delle donne all’interno della Chiesa cattolica
“La Chiesa mancherebbe al suo dovere di agire da «esperta in umanità» se non riconoscesse il posto delle donne”
dell’episcopato del Québec (1990)
in “www.comitedelajupe.fr” del 17 ottobre 2011 (traduzione: www.finesettimana.org)
Davanti a 1000 persone tra le quali i rappresentanti dell’Assemblea nazionale del Québec e di gruppi di donne, l’episcopato del Québec ha saputo fare un atto di pentimento. Preghiamo perché queste dichiarazioni dei vescovi del Québec nel 1990 possano ispirare le nostre Chiese d’Europa! (Comité de la Jupe)
«L’episcopato del Québec, in quest’anno che segna il cinquantesimo anniversario dell’ottenimento del diritto di voto delle donne in Québec, vuole celebrare, in un incontro di amicizia e di festa, questo avvenimento storico che ha riconosciuto alle donne del Québec il loro pieno diritto di cittadine. Questa festa avrà anche, diciamolo, una dimensione riparatrice poiché a quel tempo, l’episcopato e il governo avevano manifestato una lunga opposizione all’attribuzione di quel diritto. (...)
Quelle donne non sono sempre state riconosciute nel loro tempo. I loro inviti, spesso direttamente ispirati dal Vangelo, non sono sempre stati accolti con la necessaria disponibilità. A volte persino sono state frenate dalla diffidenza e dai pregiudizi dei loro capi politici e religiosi. Chi potrà raccontare le sofferenze di una Marguerite Bourgeois, desiderosa di portare l’istruzione alle Amerindiane nomadi, e alla quale Mons. de Saint-Vallier si è lungamente ostinato ad imporre il velo e la clausura? Quelle di una Marie Lacoste-Gérin-Lajoie, militante impegnata nella causa nazionale ed ecclesiale, ma alla quale i suoi capi spirituali tolsero il sostegno quando pretese di estendere alla sfera politica l’azione della Federazione nazionale San Giovanni Battista? (...)
Henri Bourassa e i vescovi dell’America del Nord (...) stigmatizzando il femminismo erano convinti di denunciare una pericolosa eresia. (...) Solo nel 1940 il Governo del Québec (...) si arrende alla fine agli argomenti delle donne. Ma si sente bene, nei commenti riservati dell’episcopato, che il femminismo vittorioso di quelle pioniere è ben lungi dall’essere riconosciuto come una forza positiva di cambiamento sociale. (...)
L’analisi femminista della storia e della tradizione cristiana (condotta nello specifico dalle teologhe) porta a volte scompiglio nelle nostre certezze e nelle nostre maniere secolari di vedere. Ma un numero sempre maggiore di teologi uomini si sentono solidali con il cammino delle donne e cercano di parteciparvi. Perché in questo procedere collettivo abbiamo acquisito la convinzione che la Chiesa, come la società, deve riconoscere il posto delle donne. Altrimenti si impoverisce essa stessa e manca al suo dovere di agire, secondo le parole di Paolo VI, come “esperta in umanità”. Questa convinzione ispira ampiamente la creazione, avviata dieci anni fa nelle nostre diocesi, di una rete di referenti per la condizione delle donne. E più recentemente, l’attuazione di forum diocesani di riflessione riguardanti il partenariato uomini-donne nella Chiesa.
Certo tutte queste donne che partecipano attivamente - spesso da volontarie - alla missione della Chiesa sono ancora troppo poco numerose. Ma soprattutto, il loro statuto nella Chiesa resta profondamente ambiguo. Ostacoli di ordine canonico, che dipendono per lo più dalla forza d’inerzia e dall’abitudine, dovranno essere tolti. Altri, molto più fondamentali, perché di ordine teologico, dovranno esser affrontati con umiltà e coraggio. L’universalità della Chiesa e la diversità delle culture che vi si trovano rappresentate non devono servire di pretesto per mantenere nella Chiesa, nei confronti della donna e della sua missione, una posizione minimalista. Posizione che, se incontra ancora qualche indulgenza storica presso una minoranza di cristiane, viene sempre più considerata un anacronismo, se non un ostacolo insormontabile, presso le credenti della generazione successiva. (...)
Non ce lo nascondiamo: è ad un’autentica conversione evangelica che siamo chiamati. Si tratta per tutti noi, credenti del Québec, di andare incontro allo Spirito che riconosciamo all’opera nelmovimento di affermazione delle donne, che caratterizza questo ultimo decennio del nostro secolo.
Vogliamo contribuire, come segno di riconciliazione e di pace, alla realizzazione del progetto di Dio sulla coppia umana, che si estende non solo alla famiglia, ma anche alla società e alla Chiesa. (...) “Obbedire, è anche resistere”. Resistere al venir meno della speranza di vedere un giorno abolite tutte le disuguaglianze, riconosciute tutte le competenze, realizzata finalmente la giustizia tra uomini e donne, nella Chiesa come nell’intera società. (19 aprile 1990)
Tratto da: Mons. Gilles Ouellet, “Messaggio del presidente dell’Assemblea dei vescovi del Québec in occasione del 50° anniversario dell’ottenimento del diritto di voto delle donne in Québec”, Assemblea dei vescovi del Québec, 1990. Recueil de Gonzague J.D.
Voir le texte complet.
Il Québec, laboratorio della modernità? (2)
di Jean-François Bouchard
in “www.baptises.fr” del 16 ottobre 2011 (traduzione: www.finesettimana.org)
La storia del cattolicesimo e dei cattolici nel Québec degli ultimi cinquant’anni è ricca e complessa. Per motivi di sintesi, ci limiteremo qui a tre punti di vista, che sono rivelatori di quanto è avvenuto in questo paese. Analizzeremo la questione del posto delle donne e del femminismo nella configurazione ecclesiale; poi vedremo il percorso degli intellettuali all’interno della Chiesa; infine affronteremo il fallimento dei nuovi movimenti nel rinnovare il tessuto della comunità.
1. Il posto delle donne e del femminismo
Non si può capire nulla del Québec contemporaneo se non si valuta l’importanza dell’emancipazione femminile e della cultura femminista nella costruzione sociale. Poche società occidentali hanno fatto entrare fino a questo punto il dato dell’uguaglianza dei sessi e dell’importanza della promozione delle donne in tutte le sfere della collettività.
Siamo passati in trent’anni da una società patriarcale nelle sue istituzioni sociali (e matriarcale nello spazio domestico) ad una società nella quale l’uguaglianza è un’esigenza di tutti i momenti. Certo, niente è perfetto, e soprattutto niente è mai del tutto acquisito. Ma, oggi, i progressi oggettivi renderebbero difficili i tentativi di far fare dei passi indietro. Questo dato di fatto ha avuto due conseguenze tra i battezzati.
La prima è stata una diserzione massiccia delle donne dalla Chiesa e dalle chiese. Per un gran numero di donne che oggi hanno più di 70 anni era diventato inimmaginabile trasmettere il cattolicesimo ai loro figli, e alle loro figlie in primo luogo, tanto l’istituzione era subito apparsa loro passatista, sessista e maschilista. Ci sono state persone che lo hanno proclamato a voce alta. Tuttavia, la maggior parte ne ha preso atto senza rumore, allontanandosi de facto da una Chiesa che rappresentava ormai un elemento nocivo nell’educazione all’emancipazione. In conseguenza di ciò, molte persone della mia generazione (io ho 50 anni) sono cresciute nel silenzio domestico su Dio e sulla Chiesa.
La seconda conseguenza del femminismo è stata la sua influenza diffusa all’interno stesso della Chiesa del Québec. Infatti, benché un gran numero di donne abbiano disertato la Chiesa a partire dagli anni ’60, molte sono però rimaste, motivate dalle riforme nate dal Concilio. E queste donne, molte delle quali hanno, a partire da quel periodo, invaso le facoltà di teologia e di scienze religiose, hanno sviluppato una riflessione nuova che ha introdotto il femminismo nella teologia e nell’ecclesiologia. Negli anni ’70 e ’80 un certo numero di vescovi hanno prestato attenzione a questo, e alcuni di loro hanno preso delle decisioni d’avanguardia nominando delle donne a funzioni riservate fino ad allora a degli uomini (ordinati, evidentemente).
Meglio ancora, i vescovi del Québec hanno promosso la questione femminile presso le istituzioni romane, e nei sinodi. Cosa che è valsa loro a volte di essere ridicolizzati, non tanto da prelati romani, quanto da confratelli francesi! Questa dinamica felice col tempo si è indebolita. Perché da parte della Chiesa universale sono venuti in risposta pochi segni di evoluzione. Perché il discorso ufficiale si è a poco a poco riclericalizzato. Da una quindicina d’anni, domina nettamente la sensazione di blocco. Ciò detto, bisogna ricordare che le organizzazioni fondamentali della Chiesa, in particolare le parrocchie, non vivrebbero oggi senza l’apporto delle donne. Senza il loro impegno, la Chiesa del Québec sarebbe in brevissimo tempo una conchiglia vuota.
2. Il percorso degli intellettuali
Come le femministe, una forte percentuale di intellettuali del Québec si è allontanata dalla Chiesa a grande velocità dall’inizio della Rivoluzione tranquilla. Ma anche in questa categoria certi sono rimasti. Il Concilio ha svolto un ruolo di motivazione. Molti vi hanno visto la porta aperta ad un dialogo con la modernità, e quindi, ad un contributo delle scienze umane al pensiero cristiano. Come altrove, le facoltà di teologia e i centri di formazione hanno dato ampio spazio allasociologia, alla psicologia, alla pedagogia... Il campo dei possibili appariva vasto, senza limiti. Dei battezzati, uomini e donne, hanno creduto possibile partecipare a pieno titolo alla riflessione della Chiesa.
In Québec, il segno più forte di quella speranza è stato lo svolgimento di una commissione di inchiesta sui laici e sulla Chiesa, istituita dall’episcopato, e presieduta dal sociologo Fernand Dumont, uno dei massimi intellettuali del secolo. I lavori della commissione hanno permesso di affrontare tutte le questioni del momento, e di condurre una riflessione molto articolata in un dialogo franco ed esigente.
Fino alla metà degli anni ’80, la riflessione comune “dei battezzati e della gerarchia” è stata portata avanti dall’episcopato. I vescovi del Québec sono stati a lungo riconosciuti per l’audacia di cui davano prova nei testi che pubblicavano su questioni sociali, culturali e religiose. I messaggi annuali del 1° maggio hanno alimentato la riflessione delle parti sociali a diverse riprese. In quel contesto, degli intellettuali sono stati motivati ad alimentare la riflessione, spinti dalla sensazione di contribuire tanto all’edificazione del pensiero credente che al dibattito sociale.
Dobbiamo constatare che anche questo bello slancio è venuto meno. Tra le altre cose per il fatto che i vescovi sono stati seriamente occupati dalla crisi del declino istituzionale che devono affrontare (diminuzione del clero, chiusura di parrocchie, deficit finanziari...). Ma anche perché il discorso istituzionale cattolico si è ricentrato sulla dottrina e sull’affermazione identitaria. I luoghi di dialogo con la modernità diventano rari. E poche persone ne vedono la pertinenza per la credibilità del cristianesimo. Cosicché si assiste ad un secondo esodo dei cervelli in cinquant’anni. Questo è grave per il futuro del cristianesimo in questo paese.
3. I nuovi movimenti religiosi
Come in quasi tutte le Chiese occidentali, l’influenza dei movimenti evangelical ha preso la forma del “Rinnovamento carismatico” presso i cattolici di qui. Il Rinnovamento ha riunito migliaia di persone. È arrivato a riunire 70 000 persone allo Stadio olimpico di Montréal nel 1970! La forza di un tale movimento ha lasciato tracce in certe Chiese in vari paesi del mondo, sono nate delle “comunità nuove”. La cosa che sorprende, è che (quasi) niente di simile è avvenuto nel Québec. Il “soufflé” è lievitato in maniera spettacolare. E si è afflosciato in modo altrettanto sorprendente.
Mentre si sarebbe potuto credere che sarebbe stato una fonte di rivitalizzazione del cattolicesimo di qui, ne sono derivate poche cose. Certo, ci sono state alcune comunità nuove che continuano a vivere in alcune zone del paese. Ma non hanno nulla a che vedere con la creazione di un nuovo tessuto sociale portatore di un futuro significativo per il cattolicesimo del Québec.
Per ragioni difficili da spiegare, poco di quanto è avvenuto dopo il Concilio, e dopo la Rivoluzione tranquilla, ha portato frutti durevoli per un avvenire possibile.
La Chiesa in Québec si trova oggi in uno stato di grande fragilità. Moli battezzati, pure motivati a vivere sinceramente la loro fede, si trovano smarriti. I luoghi dove ritrovarsi diventano rari. E l’Istituzione sembra spesso più occupata a “gestire la decrescita” che ad aprire la porta alla speranza.
Il religioso dei Maryknoll che sostiene l’ordinazione delle donne trattenuto in Vaticano
di Carol Glatz
in “National Catholic Reporter” del 17 Ottobre 2011 (traduzione di Maria Teresa Pontara Pederiva)
Al termine della marcia lungo l’ampio viale che si affaccia su Piazza San Pietro, padre Roy Bourgeois, religioso dei Maryknoll e due altri manifestanti a sostegno dell’ordinazione delle donne sono stati brevemente trattenuti dalla polizia italiana.
Un gruppo di 18 persone, la maggior parte provenienti dagli Stati Uniti, stava cercando di consegnare ai funzionari del Vaticano una petizione a sostegno della ordinazione sacerdotale delle donne.
La petizione, sottoscritta da 15.000 firme, elogia l’azione di padre Bourgeois, che si trova di fronte all’eventualità di una espulsione dal suo ordine e di una riduzione allo stato laicale per il suo rifiuto a ritrattare il suo supporto a favore dell’ordinazione femminile.
L’ordine di Maryknoll ha emesso, nel corso di quest’anno, due avvisi canonici al religioso settantatreenne. Egli sarebbe stato scomunicato "latae sententiae" - automaticamente - nel novembre 2008 dopo aver partecipato all’ordinazione illecita di Janice Sevre-Duszynska, presente anch’essa alla manifestazione a Roma.
Padre Bourgeois, però, fa ancora parte della congregazione dei Maryknoll poiché la questione è in corso di revisione, come ha dichiarato l’ordine con uno scritto indirizzato al Catholic News Service, lo scorso 11 ottobre.
La Congregazione dei Maryknol diceva di essere a conoscenza che padre Bourgeois era in viaggio per Roma e aveva aggiunto: "Fin dall’inizio, da parte dei Maryknoll si è ripetutamente tentato di favorire la comunicazione tra padre Bourgeois e la Chiesa gerarchica". Padre Bourgeois rivolto ai giornalisti ha detto: "Non voglio essere allontanato", ma ha detto altresì che stava combattendo per "ciò che ritengo giusto" e che avrebbe accettato qualunque decisione della sua congregazione "senza rancore".
Ha affermato che, a suo avviso, il divieto della Chiesa riguardo all’ordinazione delle donne "sfida la ragione e la fede stessa" e affonda le sue radici nel “peccato di sessismo”. I manifestanti, tra cui due donne, che sostenevano di essere un prete e un diacono, si sono recati a piedi con striscioni da Castel Sant’Angelo a Piazza San Pietro cantando e suonando un piccolo tamburello. Sugli striscioni era scritto: "Dio sta chiamando le donne ad essere sacerdoti" e "Ordiniamo le donne cattoliche".
Il Vaticano, però, non consente manifestazioni di protesta, dimostrazioni o altri segni sulla sua proprietà e la polizia italiana non ha permesso al gruppo di entrare in Piazza San Pietro. La polizia ha spiegato al gruppo che era illegale tenere una manifestazione non autorizzata e che sarebbe stato più opportuno interpellare in anticipo i funzionari del Vaticano così da consegnare loro la petizione.
"Non è come recapitare una pizza a domicilio, non si può semplicemente presentarsi senzapreavviso e privi di autorizzazione”, ha spiegato un poliziotto.
"Si tratta di una pizza molto importante", ha gridato di rimando uno dei manifestanti. A padre Bourgeois è stato ripetuto più volte dalla polizia italiana che non poteva essergli impedito di entrare in Piazza San Pietro, per tentare di consegnare personalmente la petizione a qualcuno in Vaticano, ma il gruppo nel suo insieme e in particolare le donne vestite con paramenti sacri non potevano entrare nella piazza in quanto "la foggia del loro abbigliamento è già una provocazione". Nonostante le trattative, la situazione di tensione si è aggravata quando la polizia ha cercato di sequestrare gli striscioni del gruppo e i volantini che tentavano di distribuire. I membri del gruppo si sono rifiutati di consegnare il tutto, anche perché lo striscione di vinile era particolarmente costoso, come ha spiegato uno dei manifestanti.
A causa del loro rifiuto di consegnare lo striscione pacificamente, padre Bourgeois e due membri del gruppo, Erin Saiz Hanna, direttore esecutivo della Conferenza per l’Ordinazione delle Donne, e Miriam Duignan di WomenPriests.org, sono stati fermati e condotti in una vicina stazione di polizia italiana. Non si tratta di un arresto e nessuna accusa è stata mossa contro di loro. Non è stata trattenuta, invece, Janice Sevre-Duszynska, che sostiene di essere stata ordinata prete cattolico nel 2008 a Lexington, in Kentucky.
Nel 2008 la Congregazione per la Dottrina della fede aveva formalmente decretato che una donna che cerca di essere ordinata prete cattolico e la persona che tenta di ordinarla sono da considerarsi automaticamente scomunicati. Nel 1994, il beato Papa Giovanni Paolo II ha dichiarato che il divieto stabilito dalla Chiesa in merito al sacerdozio femminile è definitivo e non esiste possibilità di aprire un dibattito tra i cattolici.
Padre Roy Bourgeois è stato espulso dalla società Maryknoll e ridotto allo stato laicale
di APIC
in “www.catholink.ch” del 21 novembre 2012 (traduzione: www.finesettimana.org)
Padre Roy Bourgeois, militante per la pace e figura di contestatore dei missionari di Maryknoll, negli Stati Uniti, è stato canonicamente espulso dalla Società delle missioni estere cattoliche d’America. Questa decisione della Congregazione per la dottrina della fede è stata resa pubblica il 20 novembre 2012 dalla società missionaria americana. Ridotto allo stato laicale e scomunicato, Roy Bourgeois è stato destituito dallo stato clericale.
Padre Roy Bourgeois è conosciuto da anni a livello internazionale per la sua lotta a favore della chiusura della “Scuola delle Americhe” - un centro di addestramento dei militari latino-americani situato a Fort Benning, nello stato americano della Georgia.
Il prete, che apparteneva ai missionari di Maryknoll da quarant’anni, aveva partecipato il 9 agosto 2008 ad una cerimonia di ordinazione organizzata dal movimento delle donne prete cattoliche romane (Roma Catholic Womenpriests). Si trattava dell’ordinazione sacerdotale di Janice Sevre- Duszynska, un’ordinazione illecita non riconosciuta dalla Chiesa cattolica, in cui non ci sono donne prete.
Il religioso è stato punito per la sua partecipazione a questo simulacro di ordinazione che si è svolto in una chiesta appartenente alla “Unitarian Universalist Church” a Lexington, nel Kentucky. In seguito a questo atto illecito, padre Bourgeois aveva ricevuto una lettera dal Vaticano nel 2008 che lo minacciava di scomunica latae sententiae (cioè automatica) se non avesse ritrattato.
All’epoca era stato convocato alla sede della sua congregazione, a Maryknoll (New York), dove era stato ricevuto dal superiore generale di allora, Padre John Sivalon, e da altri due membri del Consiglio generale. Nel giugno scorso era stato ricevuto dall’attuale superiore generale, Padre Edward Doucherty. In quell’occasione non si era parlato della sua espulsione. Il giornale americano “National Catholic Reporter”, citando il padre domenicano Tom Doyle, “specialista di diritto canonico e difensore di Padre Bourgeois, scrive che la decisione romana è stata presa uniteralmente il 4 ottobre 2012.
L’ex prete di Maryknoll ha rifiutato piegarsi alla richiesta esplicita di Roma di rinunciare al suo sostegno all’ordinazione delle donne ed è rimasto fermo sulle sue posizioni. Ha risposto al Vaticano affermando di ritenere che Dio chiami al sacerdozio sia gli uomini che le donne e che, per lui, dichiarare una cosa diversa a questo proposito e ritrattare per salvare il suo sacerdozio o la sua pensione equivarrebbe ad una menzogna.
“Sono giunto alla convinzione che le donne possano essere ordinate anche nella nostra Chiesa cattolica”, aveva dichiarato il giorno dopo quella cerimonia controversa. In questi ultimi anni ha ovunque militato contro gli insegnamenti della Chiesa cattolica relativi al non accesso delle donne al sacerdozio.
In un comunicato, la società di Maryknoll si dice rattristata dal fallimento del tentativo di riconciliazione con la Chiesa cattolica voluto sia dalla congregazione che da Roma. La società missionaria “ringrazia calorosamente padre Bourgeois per il suo servizio alla missione, e tutti i membri gli augurano il meglio nella sua vita personale”. In spirito di equità e di carità, sottolinea la società, “Maryknoll assisterà Bourgeois in questa transizione”.
di Fabrizio Mastrofini (La Stampa - Vatican Insider, 20 novembre 2012)
Padre Roy Bourgeois, notissimo pacifista ed attivista, non appartiene più alla congregazione di Maryknoll. La Congregazione per la Dottrina della Fede, responsabile ultima della vicenda (e non la Congregazione per gli istituti di Vita Consacrata e le Società di Vita Apostolica), ad ottobre ha emesso il decreto di espulsione.
Due giorni fa la Curia generale dei Maryknoll ha comunicato ufficialmente la decisione, pubblicando il decreto e cogliendo di sorpresa sia il protagonista sia il suo difensore, il frate domenicano Tom Doyle, esperto di diritto canonico. Doyle ha infatti dichiarato che in giugno insieme a Bourgeois aveva incontrato padre Edward Dougherty, superiore generale dei Maryknoll, ed in quella occasione si era deciso di proseguire nel dialogo, senza fare menzione di provvedimenti canonici in arrivo. Dal canto loro i Maryknoll hanno rifiutato qualsiasi commento, rimandando al comunicato ufficiale.
La vicenda che vede protagonista Roy Bourgeois inizia nell’agosto 2008, quando il religioso partecipa all’ordinazione a sacerdote di una donna, fatta dalla chiesa unitariana in Kentucky. La presenza del religioso è chiaramente una esplicita protesta rispetto alle norme canoniche in vigore e a distanza di poche settimane a padre Bourgeois viene comunicato che la sanzione è la scomunica «latae sententiae», cioè automatica.
La vicenda si trascina fino al 2011 quando la congregazione dei Maryknoll spiega a Bourgeois che rischia la riduzione allo stato laicale e l’espulsione qualora non avesse chiarito il senso della sua partecipazione e ritrattato le dichiarazioni a favore dell’ordinazione alle donne rilasciate nel frattempo qua e là negli Stati Uniti.
Il religioso in una serie di lettere con i suoi superiori e con altre interviste ribadisce che è intimamente convinto della bontà del sacerdozio femminile e della rispondenza di questo al messaggio evangelico.
Nell’ultimo incontro di giugno, secondo Bourgeois, si era parlato di libertà di coscienza in generale e in particolare di quanto i missionari di Maryknoll dovessero sentirsi liberi di parlare senza rischiare sanzioni.
Nel comunicato che decreta l’espulsione dalla congregazione si rileva che «il sig. Bourgeois ha scelto di portare avanti una campagna contro l’insegnamento della Chiesa cattolica e senza il permesso dei vescovi ed ignorando la sensibilità dei fedeli. La disobbedienza sull’insegnamento della Chiesa a proposito dell’ordinazione delle donne lo hanno portato alla scomunica, alle dimissioni dalla congregazione ed alla riduzione allo stato laicale».
Roy Bourgeois è nato in Louisiana il 27 gennaio 1938, si è arruolato nell’esercito per quattro anni ed in Vietnam è stato decorato per il suo coraggio. Nel 1972 è stato ordinato sacerdote ed ha lavorato come missionario per molto tempo in Bolivia. Dall’impegno missionario è scaturita la decisione di avviare una campagna pacifista, soprattutto per contrastare l’impegno di assistenza militare fornito dagli Usa ai regimi latinoamericani negli anni Settanta ed Ottanta.
Nel 1990 ha fondato dunque «School of the Americas Watch» (Soa Watch), un gruppo di pressione per chiedere la fine di ogni assistenza militare Usa in America Latina ed in particolare la chiusura del centro di formazione School of the Americas che ha sede a Fort Benning in Georgia. Ogni anno, a metà novembre, si svolge una marcia pacifista davanti ai cancelli del centro, che nel corso degli anni ha cambiato nome ma non destinazione finale e continua a formare gli alti gradi militari dei diversi paesi latinoamericani. L’impegno pacifista ha reso Roy Bourgeois molto famoso e popolare, portandolo però ad impegnarsi su temi ecclesiali diversi da quelli sociali della sua originaria ispirazione.
ATTACCO FINALE A PADRE BOURGEOIS. DOPO LA SCOMUNICA ARRIVA LA DIMISSIONE DALLO STATO CLERICALE *
36944. NEW YORK-ADISTA. Scomunica, espulsione dalla propria congregazione religiosa e dimissione dallo stato clericale: il massimo della “pena”, dopo quattro anni di braccio di ferro, per p. Roy Bourgeois, religioso dei missionari di Maryknoll, noto per la sua attività pacifista e per il suo impegno contro la famigerata Scuola delle Americhe (terra di coltura delle milizie paramilitari latinoamericane), colpevole di aver appoggiato l’ordinazione sacerdotale femminile (v. Adista nn. 86/08; 66/10; 28, 32, 69, 78, 80/11). Nel 2008, infatti, p. Bourgeois, 74 anni, concelebrò nel Kentucky la funzione in cui venne ordinata una donna, Janice Sevre-Duszynska, ricevendo una scomunica immediata latae sententiae. Non ha mai ritrattato il suo sostegno alla causa delle donne prete, facendone una questione di giustizia e di parità.
Secondo quanto si legge nel laconico e freddo comunicato emesso il 19 novembre dai superiori di Bourgeois, il provvedimento - di cui nemmeno il difensore del religioso, il canonista domenicano p. Tom Doyle, era al corrente - è stato firmato dalla Congregazione per la Dottrina della Fede ad ottobre. Lo scorso giugno, durante un incontro tra Doyle, Bourgeois e il superiore generale p. Edward Dougherty, la questione dell’espulsione non era neppure stata sfiorata: «Si pensava che le cose sarebbero continuate così, che non avrebbero espulso Roy e che il dialogo sarebbe proseguito», ha detto Doyle, secondo quanto riporta il National Catholic Reporter (19/11). «E invece è appena successo questo, uniltateralmente. Bourgeois non ne aveva idea».
Il comunicato ha un tono piuttosto freddo e parla di «disobbedienza e predicazione contraria all’insegnamento della Chiesa cattolica sull’ordinazione femminile». «Con questa divisione - si legge - la Società di Maryknoll ringrazia calorosamente Roy Bourgeois per il suo servizio alla missione e tutti i membri gli augurano il meglio per la sua vita personale. In uno spirito di equità e carità - conclude - Maryknoll assisterà il sig. Bourgeois [sic] in questo passaggio».
Dopo un primo “no comment”, p. Roy ha diffuso una propria dichiarazione. «Sono prete cattolico nella comunità di Maryknoll da 40 anni», afferma. «Vi sono entrato da giovane per il suo lavoro per la giustizia e l’uguaglianza nel mondo. Essere espulso da Maryknoll e dal sacerdozio perché ritengo che anche le donne siano chiamate ad essere preti è molto difficile e doloroso». Il Vaticano e Maryknoll, continua Bourgeois, «possono espellere me, ma non possono espellere il tema dell’uguaglianza di genere nella chiesa. La richiesta di uguaglianza di genere affonda le sue radici nella giustizia e nella dignità e non scomparirà». L’esclusione delle donne dal sacerdozio, ribadisce ancora una volta, «è una grave ingiustizia contro le donne, contro la nostra Chiesa e il nostro Dio d’amore che chiama sia uomini che donne ad essere preti». Di qui l’esigenza di parlare, perché «dove c’è un’ingiustizia, il silenzio è la voce della complicità». «Ad un incontro con la mia congregazione - aveva detto in un’intervista rilasciataci nel 2011 (v. Adista n. 80/11) ho detto ai miei confratelli: “C’è un grande dibattito nella Chiesa, il sensus fidelium va nella direzione dell’appoggio al sacerdozio femminile; le donne sono chiamate da Dio come voi”. Ma il superiore mi ha risposto: “Non capisci, Roy, papa Giovanni Paolo II ha detto che non vi sarà discussione ulteriore su questo tema”. “Ma i cattolici ormai sono adulti - ho ribattuto - e come adulti si sentono offesi. Il dibattito ci sarà, con o senza di voi. Anche se voi deciderete di non partecipare, la discussione andrà avanti lo stesso”». Un percorso faticoso
La vicenda di Bourgeois è complessa. Era il marzo del 2011, quando la congregazione dei missionari di Maryknoll aveva rivolto un primo ultimatum al religioso: entro 15 giorni avrebbe dovuto ritrattare il proprio sostegno alla causa del sacerdozio femminile pena l’espulsione dalla comunità (Bourgeois aveva già ricevuto, come detto, la scomunica automatica prevista per questi atti). Il provvedimento dell’espulsione, tuttavia, si è fatto attendere: il 7 marzo 2012 la punizione è stata decisa con votazione all’interno del consiglio generale della congregazione, formato dal superiore generale, tre assistenti e un’altra persona, necessaria per raggiungere il numero minimo di cinque voti. L’esito della votazione era però stato piuttosto ambiguo: due voti a favore dell’espulsione e tre astenuti.
Doyle e Bourgeois si erano lamentati già all’epoca della mancanza di comunicazione: la votazione era avvenuta già qualche mese prima, senza che nulla fosse stato notificato: un modo di procedere che indicava che «manca qualcosa nell’applicazione del diritto canonico», aveva fatto presente Doyle in una lettera al superiore generale, rimasta senza riscontro. «Hanno votato per espellere Bourgeois e lo hanno fatto sapere al Vaticano. Roy non aveva idea di ciò che stava accadendo e nemmeno io, che sono il suo avvocato». Da parte sua, Bourgeois ne faceva una questione di trasparenza: qualsiasi religioso di Maryknoll che si trovi in una situazione del genere, aveva detto, «deve avere il diritto di sapere cosa viene riferito in Vaticano».
La solidarietà
Numerose le attestazioni di solidarietà, tra le quali quella della Women Ordination Conference (Woc). «Forse non sarà più un prete agli occhi del Vaticano o della comunità di Maryknoll - scrive la presidente Erin Saiz Hanna - ma p. Roy resterà un profeta agli occhi degli emarginati. P. Roy si unisce a una Chiesa più ampia, la Chiesa del popolo di Dio, che comprende che uomini e donne sono uguali per Dio. La storia è dalla nostra parte e un giorno, quando lo canonizzeranno, il Vaticano chiederà perdono per questo errore doloroso». Solidariteà anche da parte dell’ex superiore di Maryknoll, p. John Sivalon, che ha parlato del «profondo amore per la Chiesa» di p. Roy e ha definito l’espulsione da parte del Vaticano un’interferenza negli affari della congregazione religiosa, che «ne ha intaccato l’integrità».
Il cammino che lo ha portato al sostegno della causa dell’uguaglianza di genere nella Chiesa è raccontato nel libro My Journey form Silence to Solidarity (scaricabile dal sito http://www.roybourgeoisjourney.org/. (ludovica eugenio)
* Adista Notizie n. 43 del 01/12/2012
In carcere il parroco che vuole le donne prete
Dopo una marcia in Vaticano è finito in manette
di CLAUDIA SANTINI *
Padre Roy Bourgeois, un prete cattolico di 39 anni, è venuto a patti con la propria coscienza sentendo di dover appoggiare l’ordinamento delle donne all’interno della struttura ecclesiastica. L’uomo si è manifestato contro la discriminazione sessuale, presa di posizione che gli costa non solo le dimissioni, ma anche una scomunica e un arresto in Vaticano.
I SUPPORTER - Nelle scorse settimane la Women Ordination Conference (WOC) ha lanciato una petizione s Change.org per supportare non solo padre Bourgeois, ma anche tutti i cattolici che credono che le donne meritino gli stessi diritti degli uomini all’interno della Chiesa come istituzione.. “Non posso parlare apertamente delle ingiustizie nella società e nello stesso tempo restare in silenzio davanti a questa ingiustizia nella mia chiesa”, ha affermato Bourgeois. La WOC desiderava che il Vaticano sapesse dell’impregno di questo prete e che lo sostenesse contro le minacce di essere buttato fuori dalla chiesa per aver sostenuto la causa femminile. Rispetto alle minacce di dimissione forzata, Bourgeois ha risposto in una lettera: “Dopo lunghe riflessioni, studio e preghiera, credo che l’insegnamento della nostra Chiesa che esclude le donne dal sacerdozio sfidi sia la fede che la ragione e non regge ad un esame. Questo insegnamento non ha nulla a che fare con Dio, ma con gli uomini, ed è radicata nel sessismo. Il sessismo, come il razzismo, è un peccato e non importa quanto duramente si può tentare di giustificare una discriminazione contro le donne, alla fine, non è la via di Dio, ma quella degli uomini che vogliono mantenere il loro potere “.
LA RICHIESTA - La richiesta del prete e quella del suo avvocato è di prendere in considerazione un aggiornamento della Chiesa Cattolica Romana. Negli ultimi dieci anni, 120 sacerdoti e 10 vescovi donne sono state ordinate dalla Chiesa Cattolica Romana Women Priests, grazie alla coraggiosa sfida dei loro fratelli sacerdoti che credono che la chiamata a servire Dio si estenda ad entrambi i sessi. Bourgeois cita sondaggi secondo i quali la maggioranza dei cattolici sosterrebbe l’ordinazione delle donne, mentre altri sacerdoti che condividono le sue idee tacciono per paura di affrontare il “licenziamento” e la scomunica, mentre il Vaticano e il Papa continuano ad aggrapparsi a pratiche tradizionali radicati nel sessismo. Un atteggiamento aspramente criticato dalla Roman Catholic Women Priests: “Il Vaticano non scomunica i preti pedofili che hanno violentato e sodomizzato dei giovani cattolici e non punisce i vescovi che hanno coperto questi casi”, ma scomunicano i preti a favore dell’ordinamento delle donne.
L’EPILOGO - La vicenda si è trasformata in qualcosa di grottesco quando è stata diffusa la notizia dell’arresto del reverendo Roy Bourgeois: dopo una marcia in Vaticano con due sostenitori per chiedere la parità dei sessi a livello di ordinamento, la polizia lo ha portato via in macchina. Secondo l’avvocato Bill Quigley, la polizia ha cercato di portar via con la forza i cartelli di protesta dei manifestanti, che hanno però resistito. Quali siano le conseguenze per Roy Bourgeois ancora non lo sappiamo, ma a questo punto è prevedibile la scomunica. Tutto ciò solo per aver difeso i diritti delle donne all’interno della Chiesa: come commenterà Ratzinger?
* Fonte: Giornalettismo, 17 ottobre 2011
http://www.giornalettismo.com/archives/158827/in-carcere-il-parroco-che-vuole-le-donne-prete/
300 preti austriaci scrivono un appello per il sacerdozio alle donne e una riforma della Chiesa
di Cindy Wooden
in “National Catholic Reporter” (“Catholic News Service”) del 12 luglio 2011 (traduzione di Maria Teresa Pontara Pederiva)
I vescovi austriaci hanno criticato l’attività di un gruppo di preti che chiede riforme nella prassi della chiesa - tra cui l’apertura al sacerdozio alle donne e agli uomini sposati - ma non hanno compiuto né minacciato azioni disciplinari.
Michael Pruller, portavoce del cardinale di Vienna, Christoph Schönborn, ha dichiarato che il cardinale ha in programma di incontrare a fine agosto/settembre i preti della diocesi viennese che sono tra i leader dell’"Iniziativa dei parroci", che ha lanciato un "Invito alla disobbedienza" nello scorso mese di giugno .
L’iniziativa, che afferma di raccogliere poco più di 300 membri, prevede di recitare una preghiera pubblica nel corso di ogni Messa per la riforma della Chiesa, di offrire la Comunione a tutti coloro che si avvicinano all’altare in buona fede, compresi i cattolici divorziati risposati, e privi di annullamento matrimoniale, di permettere alle donne di predicare durante la messa, e sostenere in ogni modo l’ordinazione delle donne e di uomini sposati.
In una intervista telefonica da Vienna, lo scorso 11 luglio, Pruller ha detto che per quanto ne sapeva, i vescovi austriaci non hanno discusso l’eventualità di una risposta comune da presentare ai preti. "Nessun vescovo ha minacciato azioni disciplinari, ma se un prete conduce la sua parrocchia lontano da quanto insegna la Chiesa, una sanzione la si dovrebbe prendere”, ha detto Pruller. Nell’ "Invito alla disobbedienza", si afferma che i preti si sono sentiti costretti a seguire la propria coscienza per il bene della Chiesa in Austria, anche perché i vescovi finora si sono rifiutati di agire in merito.
Il Cardinale Schönborn ha rilasciato una dichiarazione il 22 giugno dove diceva che avrebbe aspettato tre giorni prima di rispondere, perché non voleva reagire d’impulso "con la rabbia e il dolore" che l’iniziativa dei preti gli aveva causato.
"L’invito aperto alla disobbedienza mi ha letteralmente shoccato", ha detto. Il cardinale ha affermato che nessuno dei preti firmatari è stato ordinato con la forza e tutti loro hanno giurato obbedienza così come si sforzano di compiere la volontà di Dio. Il Cardinale Schönborn ha detto che è giusto per ogni uomo seguire la propria coscienza, e se i preti veramente credono di vivere un tale conflitto estremo tra la propria coscienza e la Chiesa, probabilmente essi dovrebbero considerare se appartengono ancora alla Chiesa. "Io credo e spero, però, che questo caso estremo non possa verificarsi qui da noi", ha scritto. Ma alla fine, "sta a tutti noi decidere se vogliamo percorrere la strada insieme al Papa, i vescovi e la Chiesa universale, o meno".
Il vescovo di Graz, Egon Kapellari, vice presidente della Conferenza episcopale austriaca, ha rilasciato una dichiarazione il 28 giugno, nella quale afferma che “le proposte dei preti stanno minacciando seriamente l’identità e l’unità della Chiesa cattolica".
“Mentre i pastori hanno ragione a essere preoccupati per fornire una cura pastorale migliore ai cattolici del Paese, la situazione in Austria non è così drammatica da richiedere ai preti di agire al di fuori della comunione con la Chiesa universale”.
“Una cosa è richiamare l’attenzione dell’opinione pubblica alle necessità della Chiesa - ha detto Kapellari - altro è incoraggiare le persone a disobbedire agli insegnamenti e alla prassi della Chiesa stessa.”
Mons. Kapellari ha aggiunto che mentre la coscienza personale è riconosciuta dalla Chiesa come un "valore di tutto rispetto", è sbagliato insinuare che il papa e i vescovi non agiscono secondo la propria coscienza quando promuovono l’unità e il rispetto della tradizione della Chiesa.
I preti austriaci rifiutano di revocare il loro appello alla disobbedienza
di Christa Pongratz-Lippitt e Sarah Mac Donald
in “The Tablet” dell’ 8 ottobre 2011 (traduzione di Maria Teresa Pontara Pederiva)
I membri dell’Iniziativa dei preti austriaci, guidati dall’ex vicario generale di Vienna, mons. Helmut Schüller, hanno dichiarano che non intendono revocare il loro "Appello alla disobbedienza" pubblicato il 19 giugno scorso. Nella loro ultima newsletter 407 preti e diaconi scrivono: "Ci è stato chiesto di revocare il nostro “Appello alla disobbedienza”, ma in coscienza non possiamo farlo, finché si continua a lasciare in stand-by il suo contenuto".
I preti chiedono una riforma o almeno l’apertura di un dialogo su temi come l’obbligo del celibato sacerdotale, il ruolo delle donne, la comunione ai divorziati risposati. E chiedono anche il rafforzamento del ruolo dei laici nella Chiesa.
"Disobbedire ad alcune regole e norme restrittive in vigore nella Chiesa fa parte ormai da anni della nostra vita e della nostra missione di preti. Se fossimo qui a professare pubblicamente che lo facciamo senza riflettere ciò potrebbe solo aggravare ulteriormente il dissenso interno alla Chiesa e minare il lavoro pastorale", hanno detto nella loro lettera. Essi si dichiarano pienamente consapevoli che la "disobbedienza" potrebbe essere un termine capace di infiammare gli animi, ma sottolineano: "Noi non intendiamo una disobbedienza generalizzata per amor di contrapposizione, bensì un’obbedienza progressiva che in primo luogo dobbiamo a Dio, poi nei confronti della nostra coscienza e in ultima istanza alle leggi della Chiesa”.
Parlando di questa settimana a Dublino, dove si è recato per partecipare alla riunione dell’Associazione dei preti cattolici irlandesi (ACP), mons. Schüller ha detto al nostro giornale che quando divenne vicario generale a Vienna nel 1995 - incarico che ha ricoperto fino al 1999, lavorando alle dipendenze dell’arcivescovo Christoph Schönborn - aveva sperato in un cambiamento nella Chiesa, in linea con quanto affermato dal Concilio Vaticano II. "Ma ora abbiamo il fondato sospetto che il Vaticano voglia che la Chiesa torni indietro", ha detto. Considerare la Chiesa come una sorta di "fortezza contro il mondo e in particolare contro il mondo laico" non è questo il modo con cui il Concilio Vaticano II ha lavorato.
Una questione fondamentale oggi riguarda il ruolo dei battezzati laici - che "non sono solo da considerare alla stregua dei consumatori all’interno di un qualche negozio ... bensì anch’essi pietre nella costruzione della Chiesa". Essi dovrebbero crescere in termini di influenza e partecipazione alle decisioni della Chiesa - ha detto - "a motivo della loro grande esperienza di vita". Ha dichiarato che la Chiesa “ha timore dei laici, perché li considera come infettati da secolarizzazione e relativismo”. L’Iniziativa riguardo al tema del sacerdozio si basa sul fatto che esiste un diritto al matrimonio riconosciuto dalle Nazioni Unite, e così pure la parità di diritti per le donne riconosciuta dal mondo laico, ma non da parte della Chiesa.
Nella loro newsletter i preti hanno detto che era stato consigliato loro di discutere alcuni dei temi riguardanti le riforme meno impegnative con il cardinale Schönborn, ma che essi erano interessati a evitare che "solo alcuni del clero di rango superiore" discutessero delle riforme che riguardano tutti i fedeli insieme "al clero di rango inferiore".
Il principale rappresentante della Pfarrer-Initiative, Helmut Schüller,
alla
prima riunione del “Movimento dei parroci irlandesi”
di “Ja-Kirchenzeitung” e Helmut Schüller
in “www.ja-kirchenzeitung.at” del (traduzione: www.finesettimana.org)
L’associazione irlandese “Association of Catholoic Priests” (ACP) fondata in primavera si è riunita per la prima volta a Dublino il 4 e 5 ottobre per la sua riunione generale costituente. Era presente Helmut Schüller, principale rappresentante della “Pfarrer-Initiative” austriaca, con la quale l’ACP desidera collaborare in futuro. L’ “Appello alla disobbedienza” dei preti austriaci è stato accolto con favore.
La riunione, a cui hanno preso parte 350 persone, ha espresso una severa critica nei confronti della gerarchia e ha richiesto decise riforme nella Chiesa, riferisce il quotidiano “The Journal”: una verifica della dottrina della Chiesa sulla sessualità, un nuovo modo di scegliere i vescovi, l’ordinazione di uomini sposati e di donne. Uno dei principale relatori, Kevin Hegarty, ha detto che la Chiesa irlandese è divisa in due: “Da un lato la Chiesa che costruisce comunità, che mi dà piena soddisfazione, e dall’altro la Chiesa istituzionalizzata, a cui mi sento estraneo.” Ha anche affermato che la Chiesa negli ultimi 30 anni ha impedito le riforme e si è ritirata in un ghetto per difendere strutture superate.
Se ci fossero elezioni democratiche, la Chiesa cattolica vivrebbe oggi in Irlanda la stessa debacle del “Fianna Fail”, il partito che per decenni ha guidato il paese, che nelle ultime elezioni alcuni mesi fa è praticamente caduto nell’irrilevanza.
ACP conta già 535 membri e secondo Sean McDonagh nei prossimi giorni si presume che ci saranno 100 nuovi associati.
Helmut Schüller ci ha inviato la seguente relazione sulle sue impressioni dell’incontro di Dublino (i titoli dei paragrafi sono della redazione): C’è fermento tra i preti cattolici irlandesi. Non si può spiegare altrimenti il fatto che la “Association of Catholic Priests” (ACP) fondata in primavera abbia già 535 membri. E questo con finalità ben chiare, come la piena realizzazione della visione e dell’insegnamento del Concilio Vaticano II, con particolare accentuazione del primato della coscienza individuale, della posizione e della partecipazione attiva di tutti i battezzati, di una Chiesa nella quale tutti i battezzati siano trattati allo stesso modo.
Ovvero: il rinnovamento delle cariche nella Chiesa con la finalità di includere i doni, la saggezza e l’esperienza di tutta la comunità dei credenti, uomini e donne. Ovvero: il cambiamento del sistema direttivo della Chiesa, che deve essere basato sul servizio e non sul potere e deve promuovere una cultura della consultazione e della trasparenza a tutti i livelli della Chiesa, specialmente nella nomina delle guide della Chiesa.
Ovvero: verifica della dottrina cattolica sulla sessualità con il riconoscimento del profondo mistero della sessualità umana e dell’esperienza e saggezza del popolo di Dio. Inoltre: la promozione di pace, giustizia e salvaguardia del creato, a livello locale, nazionale e globale. Il riconoscimento della separazione di Chiesa e Stato. Cerimonie liturgiche in una lingua di facile comprensione, che includa e sia accessibile. Il rafforzamento dei rapporti con i cristiani di altre Chiese e con le persone di altre fedi.
L’ACP vuole porre fine al silenzio dei preti che c’è stato fin’ora, esprimendosi con voce autonoma e anche partecipare attivamente alle discussione fondamentali della società irlandese. Si percepiva chiaramente il grande malumore per la mancante direzione della Chiesa da parte dei vescovi a proposito del notevole invecchiamento e del crescente sovraccarico di impegni dei preti. Anche difronte alla rivelazione e alla discussione pubblica di abusi sessuali nella Chiesa i preti si sentono assolutamente lasciati soli dai vescovi. Forte è stata anche la critica alla lingua del nuovo messale di lingua inglese e della sua imposizione dall’alto.
Il Consiglio direttivo dell’ACP ha ricevuto una chiara approvazione da parte dei membri di formulare i singoli obiettivi in maniera ancora più precisa e concreta, e di rappresentarli. A questo proposito all’ “Appello alla disobbedienza” della Pfarrer-Initiative in Austria è stata riservata particolare attenzione, appello su cui i membri della ACP erano già bene informati. Al termine della mia relazione sulla situazione attuale ho avuto richieste di chiarimenti in innumerevoli conversazioni. Nelle discussioni plenarie è stato più volte proposto di riflettere sulla possibilità dell’ACP di seguire un percorso analogo. Il Consiglio direttivo dell’ACP ha accolto queste proposte e ha espresso il suo grande interesse per un collegamento in rete con la PfarrerInitiative.
Incontro mondiale sacerdoti sposati
Roma, Piazza San Pietro 8 luglio 2006
L’8 luglio a Roma a Piazza San Pietro incontro mondiale dei sacerdoti sposati, preti sposati, religiose, suore sposate, preti che hanno clandestinamente una compagna, tutte le mogli dei sacerdoti e le compagne dei sacerdoti, tutte le donne che vorrebbero farsi preti...
Per parlare della giornata si terrà un incontro il 1 luglio a Chia (Viterbo) dalle ore 11 fino alle 15. Il 6 luglio si terrà la conferenza stampa di presentazione della giornata a Roma dalle ore 11,30 presso la Freelance International Press In via Sicilia 166/b nei pressi della stazione centrale, facilmente raggiungibile con i mezzi e a piedi (per info cell. 3285780719).
Per info dettagliate vedi il sito: http://nuovisacerdoti.altervista.org
All’iniziativa dell’8 luglio parteciperà anche una delegazione del sito www.ildialogo.org
WWW.ILDIALOGO.ORG, Lunedì, 26 giugno 2006